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L’INGEGNERIA ELETTORALE REGIONE PER REGIONE

Il 28 e 29 marzo si terranno le elezioni per il rinnovo di tredici consigli regionali. Elezioni importanti, che hanno una fortissima valenza politica. Ma con quale sistema elettorale si vota? Una legge costituzionale del 1999 dà alle Regioni la possibilità di disciplinare in maniera indipendente le norme elettorali. E il quadro delle regole sul voto è oggi molto variegato. Non mancano neanche i conflitti con lo Stato, che ha fissato i principi generali a cui le Regioni dovrebbero attenersi. Il caso più eclatante è sul vincolo al numero dei mandati del presidente.

 

Il 28 e 29 marzo prossimi si terranno le elezioni per il rinnovo di tredici consigli regionali, cioè la quasi totalità delle Regioni a statuto ordinario: sono escluse solo Abruzzo e Molise, che hanno rinnovato i propri consigli rispettivamente nel 2008 e nel 2006.
Sia per il ruolo sempre più importante svolto dalle Regioni, sia per l’ampiezza dell’elettorato coinvolto, si tratta di elezioni che hanno una fortissima valenza politica.
Al di là delle incredibili vicende burocratiche che stanno arricchendo le cronache di questi giorni, sono numerosi gli aspetti di interesse della tornata elettorale. In questo contributo, preme sottolineare in particolare la differenza tra i sistemi elettorali utilizzati dalle diverse Regioni.

 

LA LEGGE ELETTORALE REGIONALE ORIGINARIA

La possibilità di disciplinare in maniera indipendente le norme elettorali è stata introdotta con legge costituzionale 1/1999. Prima, le elezioni regionali (consiglio e presidente) erano tutte regolate da un sistema di norme che comprendeva la legge 108/1968, la legge 43/1995 (legge Tatarella) e la stessa legge costituzionale 1/1999. A esse, si è più di recente aggiunta la legge 165/2004, sui principi fondamentali per la disciplina delle leggi elettorali regionali.
Peraltro, le norme di disciplina originaria si applicano ancora alle Regioni che non hanno approvato una propria legge elettorale. Prevedono l’elezione diretta del presidente della giunta regionale e un complicato sistema di attribuzione dei seggi spettanti ai consiglieri regionali. L’elezione del consiglio regionale, infatti, avviene per l’80 per cento dei suoi membri su base provinciale e proporzionale, con possibilità di esprimere un voto di preferenza. I voti raccolti da un partito a livello regionale determinano il numero dei suoi consiglieri. Questi vengono ripartiti ulteriormente tra province, a seconda dei voti conquistati in ciascuna di esse dal partito, e, una volta stabilito il numero dei consiglieri ottenuti da ciascuna provincia, i seggi vengono attribuiti in base alle preferenze conquistate dai candidati consiglieri. Il restante numero di seggi viene assegnato con un premio di maggioranza che è pero variabile. Ogni candidato presidente è anche a capo di un “listino” bloccato. Il candidato che ottiene più voti diventa presidente della Regione. Senza entrare nei dettagli della successiva ripartizione dei seggi, è sufficiente sapere che se i seggi ottenuti al proporzionale dal candidato vincente non superano il 50 per cento dei seggi totali, tutti i componenti del listino vengono eletti per garantire la maggioranza al presidente eletto. In caso contrario, viene eletto un numero proporzionalmente inferiore al crescere dei seggi già conquistati nella parte proporzionale. Questa complicazione è principalmente dovuta alla possibilità di esprimere un voto disgiunto: l’elettore può decidere di votare per un candidato presidente e allo stesso tempo di votare per un partito non collegato a quel presidente. Con il premio di maggioranza variabile si evitano situazioni, non così rare nel caso delle città con più di 15mila abitanti, in cui il candidato vincente non dispone di una maggioranza nel consiglio. Il presidente eletto avrà, grazie a questo meccanismo, una maggioranza pari ad almeno il 55 per cento dei seggi. Le liste che ottengono meno del 3 per cento dei voti su base regionale sono di norma escluse dalla ripartizione dei seggi; tuttavia, sono ammesse se sono collegate a un listino che ha ottenuto più del 5 per cento dei suffragi. Infine, il primo tra i candidati presidenti sconfitti è automaticamente eletto in consiglio regionale.

DOVE NON CAMBIA NULLA

Vediamo ora nel dettaglio quali Regioni hanno sfruttato la possibilità di personalizzare le regole elettorali e come questa possibilità si è in effetti tradotta in differenze sostanziali rispetto alla disciplina esistente.
Alcune Regioni hanno mantenuto la legge originaria: Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia e Veneto. Al massimo, in sede di approvazione degli Statuti, è stata variata la dimensione dei consigli regionali. La Basilicata ha modificato in extremis la legge elettorale regionale con la Lr 3/ 2010 (abolizione del listino bloccato), ma la sua applicazione è stata comunque rimandata alla prossima legislatura. Il provvedimento è inoltre oggetto di ricorso del Consiglio dei ministri presso la Corte costituzionale.

LE ALTRE REGIONI

Dall’analisi delle riforme elettorali regionali in Italia, emerge un quadro davvero interessante. Procediamo in ordina alfabetico.
La Calabria ha già votato nel 2005 con la nuova legge elettorale, approvata con Lr 1/2005. La legge prevede l’abolizione del listino bloccato e soglie di sbarramento al 4 e 8 per cento, rispettivamente per partiti e coalizioni. Recentemente, con Lr 25/2009, è stato anche introdotto l’obbligo di elezioni primarie, e l’esclusione dai rimborsi elettorali del partito che non candida il vincente delle primarie.
La Campania ha approvato una nuova legge elettorale con Lr 4/2009. Mantiene il premio di maggioranza, pur eliminando il listino bloccato, e introduce due norme di pari opportunità: la possibilità di un secondo voto di preferenza (nel caso uno dei due voti sia stato espresso per un candidato donna) e una quota di candidature per genere, all’interno di ogni lista, non superiore ai due terzi.
Il Lazio ha approvato una legge simile con Lr 2/2005, in cui spiccano la quota di candidature per genere inferiori ai due terzi (collegata al mancato rimborso delle spese elettorali) e la garanzia di rappresentanza per ogni provincia.
Nelle Marche, la Lr 27/2004 prevede l’eliminazione del listino e della possibilità di voto disgiunto. In Puglia la nuova normativa elettorale è stata introdotta con Lr 2/2005. Come nel Lazio, stabilisce l’esclusione dai rimborsi elettorali delle liste che non rispettano le quote per genere; l’abolizione del listino e una soglia di sbarramento del 4 per cento su base regionale per ogni partito.
In Toscana, la Lr 25/2004 aveva introdotto il ricorso alle primarie per la formazione delle liste e la scelta del candidato presidente. Le liste così risultanti erano però bloccate e non era possibile esprimere preferenze. Nel 2010, la norma viene rivista con l’introduzione di una soglia di sbarramento per partiti e coalizioni pari al 4 per cento.
Infine, in Umbria, con Lr 2/2010, è stato stabilito che siano eletti consiglieri regionali tutti i candidati alla carica di presidente sconfitti e collegati a liste che abbiano conseguito almeno un seggio. Inoltre, alle minoranze è garantito il 35 per cento dei seggi.

LEGGE NAZIONALE E LEGGI REGIONALI: CONFLITTI E RICORSI

Il processo di riforma in senso federale dell’Italia ha previsto in questi anni una nuova suddivisione di competenze legislative tra Stato e Regioni. Puntualmente, insieme al processo di revisione delle competenze sono aumentati i ricorsi per conflitti di attribuzione davanti alla Consulta. Anche in ambito elettorale, i ricorsi dello Stato contro le Regioni sono stati numerosi, ma quasi sempre la Consulta ha dato ragione ai governi locali (per esempio, nel caso della Campania).
Un altro livello di scontro emerge dal conflitto tra leggi regionali e principi fondamentali cui quelle dovrebbero attenersi. Uno degli esempi più eclatanti, da questo punto di vista, è il vincolo di mandato previsto dall’articolo 2 della legge 165/2004, ma non rispettato da Regioni come Emilia-Romagna e Lombardia.

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IL COMMENTO DI DANIEL GROS

15 commenti

  1. padanus

    Spiegatemi meglio il caso del vincolo al 3zo mandato: Lombardia – Emilia Romagna non hanno leggi regionali, per loro vale la nazionale. Così si capisce dal vs. articolo. Ma sul finale dite che c’è conflitto tra la norma (nazionale) e i principi fondamentali (altra norma nazionale). Ma come può essere? Sono due leggi dislessiche? E se c’è conflitto veramente perchè nessuno lo solleva nelle sedi adeguate? Vuoi vedere che la Lombardia è di destra, l’Emilia è di sinistra, ed è meglio per loro non farsi la guerra? Grazie per una risposta e per le dovute precisazioni. Saluti

  2. Luigi Del Monte

    Abito in un comune bergamasco di 7.500 abitanti, abbiamo avuto un buon sindaco per 2 mandati (più 1 con la legge vecchia) e alle amministrative di due anni fa non gli è stato consentito di ricandidarsi proprio perché la legge (giusta, perché l’elezione è diretta) non prevede più di due mandati e quindi anche candidature. Perché in Lombardia è stato ricandidato Formigoni e in Veneto è stato mandato a casa Galan? Sta parlando uno che è simpatizzante di quell’area politica…

  3. Elena 29

    Una domanda: perché non è possibile avere, prima delle elezioni, un modello semplice, comprensibile da tutti, un fac simile insomma, regione per regione? Mi piacerebbe andare a votare con le idee chiare e votare non solo per il candidato Presidente di Regione ma anche (se la legge della mia Regione lo consente) anche i candidati Consiglieri. Chiedo troppo?

  4. Alfonso Salemi

    Non riesco a capire. Se una legge prescrive che non si possano avere più di due mandati successivi per la presidenza della regione per quale motivo sono state accettate le candidature di persone incompatibili? Chi deve intervenire per fare applicare le leggi? Se un candidato viene eletto per la terza volta consecutiva perché non viene automaticamente escluso? E’ possibile avere una risposta coerente a queste domande oppure si autorizzano i cittadini a "fare quello che pare a loro" in qualunque circostanza?

  5. Franco REGIONALISTA

    Al di là dello spiraglio del voto disgiunto, che, spesso, anziché essere un riconoscimento di libertà dell’elettore nei confronti della macchina partitica è invece fucina di furbeschi intrallazzi di potere tra gli stessi partiti, la legge elettorale regionale soffre del condizionamento a monte della legge generale "porcata" Calderoli. Oggi in Italia viene affermato senza pudore (vedi ministro Brunetta, che vuole fare il Sindaco e il ministro, il ministro Zaia che vuole fare il Governatore, il Governatore Galan che lascia solo per fare il ministro, etc.) che l’efficienza di un governo regionale, comunale o provinciale che sia, è legata solo al suo collegamento ombellicale al governo nazionale. Dal momento, però, che quel governo deriva da un parlamento designato direttamente dai partiti ogni discorso su federalismo e autonomia locale è una semplice fandonia. Soltanto l’abolizione della Legge "porcata" e una dettagliata regolazione dei poteri di candidatura dei partiti e delle altre organizzazioni sociali, potranno dare agli enti locali la possibilità di essere vere espressioni delle diversità locali nell’ambito dell’unità democratica del Paese.

  6. Bruno Stucchi

    Strano che nessuno degli arguti e suppongo dotti autori e commentatori di questo forum ignori che l’eleggibilità o meno di Tizio o Caio sia decisa (è la prima cosa che si fa!) nella prima seduta del consiglio Comunale, Provinciale, Regionale ecc. Tutti si possono candidare. Poi, se sono eletti, si decide della loro eleggibilità. Queste cose si studiano alle materne. Ma forse non alla Bocconi?

  7. Massimiliano Bardani

    Vorrei segnalare che la legge regionale umbra approvata il 21 dicembre 2009 ed entrata in vigore il 21 gennaio 2010, è stata attaccata da radicali ed altre liste minori. I radicali ritengono incostituzionali le norme che hanno aumentato il numero di firme necessarie alla presentazione delle liste, hanno ridotto il periodo valido per la raccolta firme a poco più di un mese, mentre contestualmente esoneravano dall’obbligo tutte e solo le liste espressione di partiti già presenti in consiglio regionale o che accettino di collegarsi a questi. In tal modo la legge regionale ha violato il principio di eguaglianza, discriminando alcuni gruppi politici e favorendone altri, nonché il principio di rappresentatività delle minoranze (art. 4 c.1 lett. a legge 2.7.04 n.165), in quanto il sistema prescelto impedisce di fatto d’accedere alla competizione alle minoranze "esterne al sistema", che non accettino la coalizione. I radicali hanno già fatto ricorso al Tar, chiedendo di sollevare questione di legittimità costituzionale, hanno segnalato il caso alla Presidenza del Consiglio, all’OCSE, al Parlamento Europeo e hanno preannuzniato il ricorso alla Corte di Strasburgo.

  8. Silvia Rastello

    Ammiro la sua forza e il suo continuo informare ed informarmi. L’ammiro sempre piu’.

  9. Zan Azuna

    Il piemonte non è contemplato nell’articolo eppure si vota.

  10. Carlo Fusaro

    Grazie per un articolo che fa capire cosa è il federalismo: differenziazione. Precisazioni: Calabria (l’obbligo di primarie è stato successivamente revocato); Campania (non è questione di uomini o donne; quale che sia la prima, la seconda dev’essere di genere diverso – se no, è nulla); Lazio/Puglia (il non rispetto delle quote di genere porta a una riduzione del contributo, non all’eliminazione); Toscana (le primarie ci sono; le preferenze non c’erano e non ci sono; c’è il vincolo dei due mandati, c’è la garanzia di 1/3 di seggi per le minoranze, e molto altro perché è l’unica legge che sostituisce interamente il sistema statale). Per Salemi: il vincolo dei due mandati non è applicato in alcune regioni anche perché si interpreta (erroneamente) come "due mandati da quando la legge165/2004 fu approvata". In Toscana e altrove la regola è stata fatta propria dalla legge locale. In Lombardia no. La norma della 165/2004 è un principio fondamentale dello stato che le future leggi regionali. Varrà comunque per tutti dal 2015. Per Del Monte: in parte vedi sopra; penso che il vincolo dei due mandati sia giusto; anche se un sindaco è bravo e lo vogliono i cittadini.

  11. silver

    Veramente qualcuno aveva raccolto x mila firme per un Parlamento pulito, e anche per cancellare la "legge porcata", se non mi ricordo male…addavenì un federalismo trasparente in Italia… dove purtroppo la realtà supera ogni fantasia: ma non sono ancora stufi i lumbard di continuare ad eleggere l’ on.Formigoni? Saluti dal Piemonte!

  12. roberto fiacchi

    Molto interessante l’articolo, che evidenzia ancora una volta come sia ben presente la complicazione. A proposito delle elezioni, non solo si complicano le cose che dovrebbero essere semplici, ma non si fa molto per fare in modo che i cittadini elettori possano avere le idee più chiare. Qualcosa si spiega alla televisione. Ma perché, essendoci i telegiornali regionali ed i giornali locali, non si dettagliano, con una comunicazione semplice, le modalità di voto, spiegando bene il nocciolo della questione; per esempio l’architettura che prevede le liste provinciali, quelle del presidente, la possibilità del voto disgiunto, lavorando su una scheda, esattamente strutturata come quella che si troveranno davanti gli elettori? Fare gli esempi possibili dando certezze a chi vota di non mettere in pericolo il suo voto con l’annullamento? Questo è soprattutto importante per le preferenze, che dovrebbero permettere di mandare nei Consigli le persone che si ritengono più idonee. Spesso l’elettore rinuncia a dare preferenze perché non sa come fare o teme di sbagliarsi. Solo chi fa politica ha idee chiare; forse.

  13. antonio

    Sarò pure un idealista, ma non concepisco gli stipendi onerosi (a livello di categorie nazionali, già eccessivi in rapporto al loro contributo ed ai colleghi europei) per i consiglieri, gli assessori, i presidenti delle regioni. A maggior ragione non riesco a capire le auto blu, i cosiddetti rimborsi elettorali e spese presunte: se uno ha voglia di fare politica seria deve mettere in conto anche le spese per la campagna elettorale, che devono essere a carico del partito di appartenenza, retto dai contributi degli iscritti e non addossando alla comunità oneri gonfiati a dismisura!

  14. Alessandro Massara

    Una regione come il Piemonte, 4.500.000 di abitanti, non è neanche presa in considerazione. Come mai? Appartiene forse a un terzo gruppo?

    • La redazione

      E’ vero, si vota anche in Piemonte (con la legge nazionale)! La Regione è sparita per qualche strano motivo in versioni successive dell’articolo. Mi scuso comunque per la dimenticanza e ringrazio il lettore per l’osservazione.

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