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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie degli utili e interessanti commenti, positivi e negativi.
I due aneddoti che ho raccontato (su Brian e Giovanna) vanno presi per quelli che sono: aneddoti, appunto. Mancano della generalità e della scientificità delle analisi statistiche. E non sono un trattato sociologico sui vizi degli italiani e sulle virtù degli americani. Ma i due aneddoti hanno certamente un obiettivo: quello di provare a scalfire un’opinione diffusa, quasi presa per scontata nel dibattito pubblico sul post-crisi, la favola che parla della formica e della cicala che tanto piace agli economisti vicini al governo come Fortis e – curiosamente – a quelli no-global come Stiglitz. Dopo tutto, anche le favole sono come gli aneddoti.  Non sono generali e a volte colgono meglio di mille numeri gli aspetti profondi delle cose. A volte. Ad una favola si può opporre un aneddoto, non un’analisi statistica.
Ricordo però brevemente i fatti, cioè il punto di partenza della storia, per capire da dove vengono fuori gli aneddoti.  I dati del terzo e quarto trimestre 2009 ci dicono che gli Stati Uniti stanno davvero uscendo per primi dalla crisi rispetto alla vecchia Europa, compreso l’Italia. Non solo: anche le previsioni di crescita per il 2010 e il 2011 dicono sostanzialmente le stesse cose: l’America è avanti. E anche se guardiamo gli ultimi quindici anni viene fuori che il Pil degli americani, al netto della crisi, è cresciuto ben più di quello degli europei e degli italiani che tra i grandi paesi europei sono quelli che sono cresciuti di meno. Quindi, anche gli ottimisti e chi vede una specie di elisir di lunga vita nell’arte di arrangiarsi degli italiani potrebbe almeno considerare di porsi qualche domanda.
Qualcuno scrive che Brian è solo uno stupido Big Jim – uno che spende un sacco di soldi per trovarsi al punto di prima. Veramente no:ha razionalmente scelto di spostarsi nel Sud Europa fiducioso che la nuvola di cenere si sarebbe sciolta con qualche giorno di anticipo in Italia (che è lontana dall’Islanda). Inoltre, quando ha deciso, non si poteva escludere che il vulcano avrebbe mandato in aria altra cenere. A me è sembrato previdente, non stupido. Si può anche ricordare che in Italia ha continuato a lavorare e ad incontrare clienti. La sua azienda ha infatti approfittato della prolungata permanenza di Brian in Italia per risparmiare i soldi dell’aereo di un suo collega che avrebbe dovuto venire in Italia.
Qualcun altro scrive che di Brian ce ne sono anche in Italia. E’ vero e per fortuna.  Sono i Brian italiani che facevano crescere l’economia italiana del 5-6% negli anni cinquanta e sessanta. E ce ne sono parecchi anche oggi (e certo non producono solo fiammiferi).  Ma se i fatti di ieri, oggi e domani  sull’economia italiana, europea ed americana sono quelli ho indicato, evidentemente i Brian italiani oggi non riescono a invertire l’effetto negativo della sfiducia che da molti anni prevale nella società italiana. La sfiducia alimenta la corsa al sommerso di cui addirittura i nostri governanti si fanno vanto come se fosse una normale attività produttiva alternativa a quella legale che genera posti di lavoro ed entrate fiscali.  La sfiducia ostacola la voglia di investire, di scommettere sul domani, di mettere in pratica quelle che in un libro con Carlo De Benedetti e Federico Rampini abbiamo chiamato le “centomila punture di spillo”, cioè le tante iniziative poco convenienti individualmente nell’Italia di oggi  ma che messe insieme fanno muovere un’economia. L’aneddoto di Giovanna e i genitori italiani non è semplicemente sul pessimismo, ma su come la sfiducia produca un risultato negativo che va al di là degli esiti individuali.
Qualcun altro scrive: per fortuna che ci sono le formiche, confrontando Grecia e Stati Uniti con Germania e Cina. Faccio fatica a mettere nella stessa scatola Grecia e Stati Uniti. (Faccio anche fatica a vedere i PIIGS, ma sarà un mio problema). I greci hanno consumato quello che non producevano per molti anni senza avere una valuta di riserva come il dollaro a loro disposizione e senza avere una solida struttura industriale. Gli Stati Uniti si saranno ubriacati con la finanza creativa, ma rimangono la terra delle opportunità per tutti gli emigranti del mondo. Ci  sarà una ragione. O gli emigranti vogliono andare tutti a lavorare a Wall Street? I cinesi risparmiano in modo precauzionale perché non hanno l’assistenza sanitaria e non accumulano debito pubblico perché crescono rapidamente, il che li rende forti nell’economia mondiale super-indebitata. Ma anche loro hanno un problema: pur essendo il settore manifatturiero del mondo riescono a crescere solo esportando (e quindi devono trovare qualcuno che compri i loro prodotti). E crescono creando posti di lavoro a 300 euro al mese, il che mantiene i loro consumi al 35-40% del loro Pil. Il consumo di beni e servizi non fa la felicità, ma aiuta chi ha sempre avuto poco ad essere meno infelice di ieri.

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CONTRORDINE: MEGLIO IL TUNNEL DEI MEZZI PUBBLICI

  1. Armando Pasquali

    Peccato non ci sia un nuovo Mascheroni a cantare l’Italia di oggi. "Si sa ma non si dice" sarebbe un intramontabile hit. Si sa perfettamente che l’Italia non cresce perché non può crescere. Perché è specializzata in prodotti a basso contenuto tecnologico, molto esposti alla concorrenza internazionale, ed è poco presente nei nuovi settori che stanno nascendo e che richiedono appunto conoscenze particolarmente avanzate. (E chi lo nega tace e fa il mendace.) Anche se ci fosse la rivoluzione culturale auspicata da Daveri, le cose andrebbero probabilmente meglio, ma non più di tanto. Il punto è che non si capisce il motivo per il quale il modello è sempre e solo il mondo anglosassone, quando gli esempi virtuosi non mancano anche in Europa. Consiglio quindi di farsi un giretto nelle numerose tendopoli americane: su youtube ne troveranno a iosa e potranno leggere tanti commenti interessanti. Scopriranno che molti abitanti di quelle baraccopoli non sono emigrati recenti ma statunitensi di lunga data. Prodotti, anzi, rifiuti inevitabili e necessari di un modello culturale che tanto viene esaltato.

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