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L’AFFITTO LANGUE ANCHE CON LA CEDOLARE SECCA

Riuscirà l’introduzione di una tassazione con cedolare secca del 20 per cento a ridare fiato al mercato delle case in affitto in Italia? Sarà molto difficile. Le simulazioni mostrano qualche vantaggio solo per i proprietari collocati negli scaglioni di redditi Irpef più elevati, mentre per quelli degli scaglioni più bassi il nuovo sistema potrebbe risultare addirittura svantaggioso. I guadagni sarebbero ancora più limitati se i vincoli di gettito portassero a un aumento del canone imponibile.

L’introduzione della cosiddetta cedolare secca su redditi da locazione, cioè di una imposta sostitutiva con un’aliquota unica del 20 per cento al posto dell’attuale tassazione ad aliquota progressiva, trova un consenso diffuso. I suoi sostenitori ritengono che possa generare diversi effetti positivi: ridare ossigeno a un mercato dell’affitto divenuto troppo asfittico a causa della scarsa redditività dei capitali in esso investiti; accrescere le possibilità per le famiglie di prendere in affitto un alloggio, come conseguenza della riduzione dei canoni che accompagna l’aumento dell’offerta; aumentare la trasparenza del mercato rendendo poco conveniente affittare senza contratto ed evadere il fisco.
Ci soffermiamo qui esclusivamente sul primo punto, per valutare, sulla base dei risultati di alcune elementari elaborazioni, se e a quali condizioni l’introduzione del nuovo sistema di tassazione dei canoni può aumentare il rendimento (al netto delle imposte) dell’investimento immobiliare e, per questa via, stimolare l’offerta di alloggi in affitto.

LA TASSAZIONE CON ALIQUOTA PROGRESSIVA

Per semplificare, si ipotizza che 1) i proprietari degli alloggi da affittare assumano le loro decisioni unicamente considerando il rendimento al netto della tassazione dell’investimento, trascurando altri importati fattori, come rischio di morosità o incertezza dei tempi necessari per rientrare in possesso dei beni; 2) i canoni restino agli stessi livelli precedenti – il che rende conflittuali tra di loro i primi due benefici indicati sopra. (1)
In virtù della legge 431/1998, di disciplina delle locazioni, i contratti di locazione possono essere assoggettati oggi a due diversi regimi di tassazione. Il regime che chiamiamo ordinario tassa nella misura dell’85 per cento il canone liberamente contrattato tra il proprietario e l’inquilino dell’alloggio. Il regime che chiamiamo concordato riguarda le città classificate ad alta tensione abitativa e tassa il 59,5 per cento del canone, il cui importo viene determinato applicando criteri stabiliti in via generale da accordi tra le associazioni dei proprietari e quelle degli inquilini. I canoni devono essere più bassi di quelli di mercato, ma ai nostri fini ciò è irrilevante.
Per valutare in che misura l’introduzione della cedolare secca potrebbe stimolare i proprietari ad accrescere l’offerta di alloggi in affitto, si può fare riferimento a un canone annuo di 9.600 euro per un appartamento del valore di 240mila euro (rendimento lordo del 4 per cento).

LA TASSAZIONE CON ALIQUOTA UNICA

Applicando al canone ipotizzato di 9.600 euro il regime di tassazione ordinario, il reddito al netto delle imposte oscilla tra i 7.723 euro per i proprietari collocati nello scaglione di reddito più basso ai 6.091 per quelli collocati nell’ultimo scaglione; con il regime concordato questi valori estremi sarebbero rispettivamente 8.286 e 7.144 euro. Con la cedolare secca il reddito netto sarebbe uguale per tutti i proprietari, a prescindere dal loro livello di reddito. Sarebbe però fortemente influenzato dalla percentuale del canone assoggettata a imposta. Tassando l’intero canone si avrebbe un reddito al netto dell’imposta di 7.680 euro che diverrebbe di 7.968 euro tassandone l’85 per cento e salirebbe a 8.458 euro sottoponendo a imposta il 59,5 per cento del canone (i dettagli nella tabella 1).

Tabella 1. Reddito imponibile e reddito al netto dell’imposta relativo ad un canone di locazione annuo di 9.600 euro nei diversi regimi di imposta. Valori in euro

Scaglioni di reddito AliquotaIrpef Regime ordinario Regime concordato Cedolare secca
Canone tassato al 100% Canone tassato al 85% Canone tassato al 59,5%
Reddito imponibile = 9.600 x 0,85 Reddito al netto dell’imposta Reddito imponibile = 9.600 x 0,595 Reddito al netto dell’imposta Reddito imponibile Reddito al netto dell’imposta Reddito imponibile Reddito al netto dell’imposta Reddito imponibile Reddito al netto dell’imposta
da 0 a 15.000 23,0%   8.160  7.723   5.712   8.286   9.600  7.680   8.160 7.968   5.712 8.458
da 15.000,01a 28.000 27,0%   8.160  7.397   5.712   8.058   9.600  7.680   8.160 7.968   5.712 8.458
da 28.000,01a 55.000 38,0%   8.160  6.499   5.712   7.429   9.600  7.680   8.160 7.968   5.712 8.458
da 55.000,01a 75.000 41,0%   8.160  6.254   5.712   7.258   9.600  7.680   8.160 7.968   5.712 8.458
oltre 75.000 43,0%   8.160  6.091   5.712   7.144   9.600  7.680   8.160 7.968   5.712 8.458

 

RISULTATI CONTENUTI ANCHE CON DEDUCIBILITÀ DA REGIME CONCORDATO

Come si nota dalla tabella 2, che evidenzia le differenze di reddito nelle varie ipotesi contemplate nella tabella 1, affinché gli effetti del nuovo regime impositivo assumano un qualche rilievo è necessario che il locatore sia negli scaglioni di reddito più elevati e che a fronte della riduzione di aliquota non vi sia un aumento del canone assoggettato a tassazione.
Ad esempio, nel caso di regime concordato (tassazione del solo 59,5 per cento del canone), un contribuente con un reddito di oltre 75mila euro avrebbe un risparmio di imposta di circa 1.300 euro, se la base imponibile a cui si applica la cedolare rimanesse il 59,5 per cento del canone, ma il risparmio si ridurrebbe a meno di 550 euro se il canone fosse interamente tassato (i dettagli nella tabella 2). I guadagni sarebbero più elevati con il regime ordinario, superando però i duemila euro l’anno solo nel caso estremo e ben poco realistico in cui, assieme all’introduzione della cedolare, il canone imponibile passasse dal regime ordinario (85 per cento del canone) a quello concordato (59,5 per cento del canone).

Tabella 2. Differenza tra l reddito netto  ottenuto applicando la cedolare secca a diversi valori del canone imponibile e i valori ottenuti applicando i due  regimi vigenti ordinario e  concordato

Scaglioni di reddito Aliquota Irpef Regime di riferimento
Ordinario Concordato
Cedolare secca applicata al 100% del canone Cedolare secca applicata al 85%del canone Cedolare secca applicata al 59,5%del canone Cedolare secca applicata al 100% del canone Cedolare secca applicata al 85%del canone Cedolare secca applicata al 59,5% del canone
da 0 a 15.000 23,0% – 43    245 734 -606 –   318    171
da 15.000,01 a 28.000 27,0% 283    571  1.061 -378 – 90    400
da 28.000,01 a 55.000 38,0%  1.181 1.469  1.958  251 539 1.028
da 55.000,01 a 75.000 41,0%  1.426 1.714  2.203  422 710 1.200
oltre 75.000 43,0%  1.589 1.877  2.366  536 824 1.314

 

QUALCHE VANTAGGIO SOLO PER I PROPRIETARI “RICCHI”

L’incremento, al netto dell’imposta, che ci si può attendere dal ricorso alla cedolare secca non sembra essere tale da eliminare l’ostacolo dello scarso rendimento che, si ritiene, comprime l’offerta di alloggi in locazione. L’aumento massimo che può verificarsi non raggiunge il punto percentuale neppure nel caso estremo e poco realistico di un contribuente che attualmente paga l’aliquota più elevata (43 per cento) su una base imponibile pari all’85 per cento del canone, e che sarebbe invece tassato, dopo la riforma, con una cedolare secca del 20 per cento su una base imponibile del 59,5 per cento del canone (vedi tabella 3). Se il passaggio dalla tassazione progressiva alla cedolare secca si accompagnasse, invece, a una abolizione delle deduzioni dall’imponibile (ossia se fosse tassato, dopo la riforma, il 100 per cento del canone), il maggior rendimento, per un contribuente nello scaglione più elevato, sarebbe solo di 0,22 punti percentuali o di 0,66, a seconda che il regime vigente fosse, rispettivamente, il regime concordato o regime ordinario. Naturalmente, scivolando negli scaglioni di reddito più bassi, la crescita del rendimento si riduce fino a diventare, in taluni casi, perfino negativa (i dettagli nella tabella 3).

Tabella 3. Punti percentuali di incremento del rendimento netto che si ottengono applicando la cedolare secca rispetto al rendimento netto ottenuto applicando il regime ordinario e il regime concordato

Scaglioni di reddito Aliquota Irpef Regime di riferimento
Ordinario Concordato
Cedolare secca applicata al 100% del canone Cedolare secca applicata al 85%del canone Cedolare secca applicata al 59,5% del canone Cedolare secca applicata al 100% del canone Cedolare secca applicata al 85%del canone Cedolare secca applicata al 59,5%del canone
da 0 a 15.000 23,0% –  0,02 0,10    0,31 – 0,25 -0,13 0,07
da 15.000,01 a 28.000 27,0%    0,12 0,24    0,44 – 0,16 -0,04 0,17
da 28.000,01 a 55.000 38,0%    0,49 0,61    0,82   0,10  0,22 0,43
da 55.000,01 a 75.000 41,0%    0,59 0,71    0,92   0,18  0,30 0,50
oltre 75.000 43,0%    0,66 0,78    0,99   0,22  0,34 0,55

 

I VINCOLI DI GETTITO

Le elaborazioni svolte fanno sorgere rilevanti dubbi sulla possibilità che l’introduzioni della cedolare secca con aliquota del 20 per cento contribuisca a dare elasticità all’offerta di alloggi in affitto.
L’introduzione della cedolare secca può risultare in parte conveniente solo per i proprietari di immobili collocati negli scaglioni di redditi Irpef più elevati. Per quelli collocati negli scaglioni più bassi, l’applicazione del nuovo sistema può risultare addirittura svantaggiosa, a seconda di come sarà determinata la quota di canone assoggettata a tassazione.
In ogni caso, anche per i proprietari più ricchi l’aumento del rendimento dell’investimento non sembra tale da poter indurre, da solo, un aumento degli alloggi da affittare.
Dall’applicazione della tassazione fissa si ottengono effetti di qualche rilievo solo se una quota molto elevata del canone viene portata in deduzione dall’imponibile e in particolare se alla riduzione di aliquota si accompagna anche una riduzione del canone imponibile. Se per vincoli di gettito l’imponibile dovesse invece aumentare, i vantaggi sarebbero limitati, anche per i contribuenti più ricchi.

(1) Per una valutazione delle scarse possibilità di riduzione dei canoni derivanti dall’applicazione della cedolare secca si veda Raffaele Lungarella, La cedolare che piace solo ai proprietari.

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26 commenti

  1. Antonio

    Sono in grave disaccordo con per due semplici ragioni. La prima è che stiamo parlando di diritto tributario e questa materia ha un principio costituzionale che prevede la tassazione dei redditi in maniera progressiva (art. 53 co.2). Violare (ancora una volta) questo principio non appare una genialata. Questo per quanto attiene la legittimita della proposta. Nel merito invece, evidenzio che questa proposta consentirebbe a chi può permettersi (per eredità conseguite/patrimoni familiari) di starsene tutto il giorno pancia all’aria di pagare il 20 % sul suo reddito mentre i professionisiti non figli di papà che si stanno creando una carriera e lavorano 10-12 ore al giorno pagano il 43% + l’IRAP !! Tutto ciò è illogico e viola peraltro l’art.3 della costituzione. L’evasione e l’elusione sono presenti nel nostro paese perchè le aliquote sono troppo alte e sono il primo a dire che vanno ridotte. Tale riduzione però, a differenza della proposta dell’autore dovrà valere per tutti i contribuenti e per tutti i redditi da essi percepiti in modo tale che non vega agevolato uno specifico segmento di "contribuenti".

  2. massimo

    Solo la possibilita’ di avere in tempi brevi la proprieta’ dell’immobile in caso di necessita’ o di morosita’ potrebbe smuovere il il mercato delle case in affitto,tutto il resto sono delle tarantellate.

  3. Carlo Turco

    Gli argomenti sono piuttosto convincenti. Forse c’è da considerare il possibile effetto dell’emersione di affitti in nero (contratti irregolari e non registrati), specie nelle grandi città. Ma, per riferire di un’esperienza personale – che però mi risulta diffusa – i proprietari sarebbero disposti a regolarizzare il contratto, in caso di approvazione della norma, a patto di aumentare l’affitto del 20%… Quello che non si spiega assolutamente, invece, è: ma perché non si incrociano i dati della polizia (obbligo di denuncia degli occupanti di immobili), del catasto, delle società di erogazione luce, acqua e gas, della tassa sui rifiuti, per stanare agevolmente tutti gli affitti irregolari e gli evasori? Unicamente perché non lo si vuole fare.

  4. giampaolo vitali

    Come indicato nella premessa dell’articolo, il reddito è soltanto una delle determinanti della scarsità di offerta, e forse nemmeno la più importante. Poichè questa riforma favorirebbe solo una parte dei padroni di casa (quelli con i redditi più elevati) occorre sicuramente intervenire anche sulle altre cause che riducono l’offerta di case in affitto. In particolar modo, mi sembra importante ridurre l’incertezza dei casi di morosità, favorendo la diffusione di fidejussioni bancarie (per es. con associazioni di extracomunitari) o di contratti con "mutualità condivisa" (per es. coinvolgere i famigliari di una giovane coppia con lavoro precario); inoltre, occorre ridurre l’incertezza sul rientro in possesso dei beni, con clausole di recesso anticipato per documentati motivi famigliari del locatore (matrimonio di un figlio, espatrio, malattia grave, ecc.). Queste ultime cause sono più importanti per i padroni di casa con reddito basso. Si interviene così, anche se parzialmente, su tutte le determinanti della scarsità dell’offerta e si modifica il comportamento di tutti i padroni di casa e non solo di quelli che hanno redditi più elevati.

  5. Marco Esposito

    Ho più di qualche perplessità sulle conclusioni a cui giunge l’autore dell’articolo e sulla comparabilità dei risultati. L’autore ipotizza un rendimento del 4% lordo sugli immobili. La conclusione a cui giunge è che con l’applicazione della cedolare secca i proprietari di immobili avrebbero un extra-rendimento che va dallo +.12% allo +0,6..

  6. ciro daniele

    Credo che in Italia il mercato degli affitti e quello immobiliare siano bloccati da almeno tre fattori, e nessuno di essi è toccato dalla cedolare secca. Il primo, e più generale, è la scarsa protezione reale dei diritti di proprietà: è praticamene impossibile sfrattare un inquilino o perfino obbligarlo a pagare l’affitto regolarmente. Il secondo è la scarsità di offerta: l’80% delle abitazioni è occupata dai proprietari e quindi non può essere messa sul mercato. L’ultimo è la polverizzazione della proprietà edilizia: se ciascun proprietario è in grado di offrire solo uno o due appartamenti, non può distribuire i rischi (di insolvenza, danneggiamenti, illiquidità, ecc.) tra diversi affittuari e quindi tende a particare prezzi più elevati del necessario, anche a costo di lasciare gli appartamenti sfitti per lunghi periodi di tempo. Paradossalmente, per sbloccare il mercato, sarebbe necessario imporre una patrimoniale secca su tutti gli appartamenti, a prescindere dall’uso che se ne fa.

  7. daniele porta

    Sono agente immobiliare. I punti a favore della cedolare secca sono: stimolo alla emersione del nero (soprattutto se accompagnata da controlli comunali obbligatori) e maggiore equiparazione all’investimento puramente finanziario (il lettore prima di me che si scandalizza per la non progressività della imposizione non fa cenno a cio’!). Punti contro la possibile diminuzione delle entrate fiscali. Posto che l’articolo dimostra, sepppur dall’altro punto di vista, che diminuzione sostanzialmente non ci sarebbe, a mio avviso dimostra esattamente che la cedolare secca sarebbe assai opportuna.

  8. Francesco

    Una domanda. A parità di imponibile, come mai applicando il 23% dello scaglione fino a 15.000 €, risulta un esborso inferiore all’applicazione del 20%? Altri commentatori hanno espresso, molto meglio di come potrei fare io, i problemi del settore. Il recupero edilizio deve essere sostenuto anche dalla possibilità di affittare. Sono molti gli edifici vuoti o cadenti che non vengono recuperati. Si costruisce su terreni vergini, si occupa suolo, si svuotano i centri di città e paesi, spostandosi in periferia. Questo crea problemi sociale ed ambientali, senza contare l’impatto economico. Tempo fa leggevo che in Olanda, se le case restano vuote un anno, sono "occupabili" avvisando la Polizia, che sistema il rapporto con il proprietario ed il contratto. Come si può immaginare, ad un anno di casa vuota non arriva più nessuno. Prezzi scesi, molti giovani hanno trovato casa.

  9. Nadia Senzacqua

    Concordo con i commenti sulla scarsa protezione per i proprietari, da qui molta della reticenza a cedere i propri immobili in affitto, oltre che ovviamente una tassazione molto alta sui redditi percepiti. Mi auguro che la cedolare secca possa in parte incoraggiare a ridare ossigeno al mercato degli affitti.

  10. luigi del monte

    Condivido più i commenti che l’articolo.. non sono contrario di principio alla cedolare secca, ma non ne faccio nemmeno un dogma. Non ripeto cose già dette da altri che motivano la carenza degli affitti (rischio di non prendere soldi, lungaggine degli sfratti) aggiungerei la pochissima offerta pubblica. una volta che un cittadino entra in una casa popolare ne diventa quasi automaticamente proprietario. Una considerazione: l’80% degli italiani è proprietario della propria abitazione, il restante 20% delle abitazioni è in mano di chi? Cambia molto se questo 20 è distribuito equamente sull’80% o se è in mano ad un misero 1 per cento! Riflettete.

  11. Marcello Battini

    Occorre mettere mano ad un massiccio piano casa. Il pubblico non ha soldi per finanziare questo piano, allora occorre obbligare i proprietari di case ad affittare perchè è socialmente antieconomico tenere degli alloggi sfitti (vedi Olanda), per mezzo di un fisco eccezionalmente persecutorio (nel senso che normalmente il fisco deve essere neutrale in campo economico). Non è giusto per i proprietri d’ immobili, ma è intollerabile che qualcuno non possa aver un tetto per ripararsi, per farsi una famiglia, per spostarsi per motivi di lavoro. Ubi maior, minor cessat.

  12. Elio Gullo

    La dimensione dell’evasione dei redditi da locazione è elevata e qualche acuto commentatore ha giustamente indicato prima di me come si potrebbe fare (incrocio di dati dei gestori delle utenze). Ma probabilmente servono edilizia pubblica (lato offerta) e riduzione complessiva delle aliquote fiscali. Senza un patto di lungo periodo su questi due fronti, la cedolare secca o meno secca avrà la portata di un balzello in più (peraltro facilmente eludibile). I miei vicini di casa continuano a profetare sul momento migliore per modificare l’alloggio in attesa del prossimo condono, mi auguro che sbaglino ma la statistica è dalla loro. Aggiungo: cominciamo subito (vedi Francia) con l’eliminazione di ogni tassa sugli alloggi che non derivi da affitto (un appartamento sfitto quale reddito porta?). Togliamo così una piccola e civilmente dannosa tassa di proprietà e proviamo a diminuire le possibilità di evasione con strumenti elementari (no contanti, eliminazione sovrattassa da seconda casa per le utenze, voltura e/o trasferimento delle stesse con un click, etc.). Se si ha un servizio e si pagano tasse solo se si percepisce reddito, forse sarà più "agevole" contribuire alla fiscalità generale.

  13. AM

    Nella tassazione dei redditi da locazione di immobili il fisco confonde il ricavo con il reddito, che è invece dato dalla differenza fra ricavi e costi. Indipendentemente dall’aliquota applicata, dovrebbero essere detraibili tutti i costi inerenti alla locazione, purchè adeguatamente documentati con regolari fatture. La detrazione percentuale è nella maggior parte dei casi insufficiente a coprire i costi documentati. Assurdo è poi il fatto che sia concessa la medesima detrazione per la locazione pluriennale di un appartamento vuoto in città e per l’affitto stagionale o mensile di una casa completamente arredata in località di villeggiatura. Nel secondo caso la detrazione riesce a stento a coprire la sola fattura con Iva dell’agenzia immobiliare che gestisce la locazione e provvede alle pulizie. In più gravano sul proprietario tanti altri costi fra i quali quelli di riparazione e sostituzione dell’arredo danneggiato o mancante. Un commento finale. Ben venga la cedolare secca, ma al fine di incentivare le entrate è forse più importante che il fisco dia il buon esempio di correttezza tassando i redditi e non i ricavi..

  14. Maurizio

    Sono d’accordo sull’applicazione della cedolare secca, aggiungendo però maggiori tutele per il proprietario in caso di sfratto, e si potrebbe anche pensare ad una tassa patrimoniale: chi ha una seconda casa pagherebbe qualcosa in più di Ici se non affittata…o ci sarebbe la rivoluzione ?

  15. antonio

    Come ho detto la proporzionale sugli affitti sarebbe un’altra e non opportuna violazione a quella progressività già più volte calpestata. I redditi di capitale (eccetto partecipazioni qualificate) sono si tassati in modo proporzionale (12,5% – 27,5%) ma la ratio era ed è quella di non far scappare gli investimenti in attività finanziarie verso lidi fiscalmente più vantaggiosi. Per gli immobili il discorso è diverso perchè non beni mobili, sono fissi, radicati al terreno e pertanto non c’è concorrenza fiscale tra i paesi per questa fattispecie. Uno strumento finanziario è facilmente acquisibile/vendibile, uno immobiliare sicuramente meno. Se l’immobile è locato da persona fisica vi è una deduzione forfettaria del 15%, quindi mi entra in base imponibile solo l’85% dell’affitto. La fortettarizzazione ha logica semplificatoria e viene concessa ogni anno il che fa pensare che, nel medio-lungo periodo, i costi effettivamente sostenuti riescano a star dentro a questo plafond.

  16. Luca Buracchi

    Quello che rende così stratosferica la quantità di immobili lasciati sfitti in Italia è la paura che l’inquilino te lo occupi militarmente e sia dannatamente difficile scacciarlo pure se moroso, oltre al fatto che non vengono tassate le case lasciate vuote. Peraltro, sappiamo tutti che la tassazione delle case sfitte non colpirebbe solo quelle realmente sfitte, ma anche quelle che lo sono solo ufficialmente. Per molti evasori sarebbe quasi l’unica tassa. Non si tratta di aumentare la pressione fiscale. A parità di imposte complessive, se gli introiti di una tassazione specifica per gli immobili sfitti andassero a ridurre le tasse sugli affitti concordati e venissero difesi i proprietari dalla militarizzazione degli affittuari, avremmo una massiccia immissione di immobili nel mercato dell’affitto. Mercato che, faccio presente, non è solo una questione fra proprietari ed inquilini. E’ una questione che riguarda tutti, dai "bamboccioni" ai proprietari del singolo immobile, perché riguarda la crescita economica. Fra le tante, troppe cause della scarsa crescita economica dell’Italia c’è anche la scarsa mobilità sociale condizionata anche da un mercato degli affitti paralizzato.

  17. Paolo Tonegutti

    Lo sgravio fiscale secondo le intenzioni dei promotori dovrebbe consentire l’emergere degli "affitti in nero". Non capisco perché il proprietario dell’immobile dovrebbe sottoporsi a una tassazione del 20%, se fino ad oggi ha avuto un esborso fiscale pari a zero, grazie all’evasione.

  18. AM

    Leggendo i vari commenti mi sono reso conto che non tutti coloro che intervengono conoscono la situazione italiana. Le seconde case, ad esempio, sono assoggettate ad una tassazione più elevata sia in termini di IRPEF che di ICI. Inoltre subiscono maggiorazioni sulle tariffe dei vari servizi. In molti comuni i parcheggi comunali sono gratuiti per i residenti e a pagamento per i non residenti (fra i quali i proprietari di seconde case). Ribadisco infine che la tassazione con la cedolare secca può semplificare il pagamento dell’imposta, ma concordo con l’autore sul fatto che sia poco influente sul fenomeno evasione. Assai più efficace sarebbe una semplificazione delle procedure burocratiche (con una riduzione degli adempimnenti e dei costi) ed una tassazione dei redditi netti delle locazioni invece che dei ricavi (che in alcuni casi sono solo virtuali). I redditi da tassare sono il risultato della differenza fra ricavi e costi inerenti alla locazione.

  19. raffaele

    Penso che molti commenti abbiano già sviscerato l’essenzialità del problema (problemi nello sfratto, assenza di controlli ecc.). Volevo solo aggiungere due cose: 1) Quanti proprietari di 2° casa hanno un reddito inferiore ai 28.000 € (reddito di "indifferenza" secondo l’autore)? Dalla mia esperienza e a logica vi dico nessuno. Tanto più che questa casa dovrebbe costare 240.000 €!! Impossibile per una persona che ha 1400 euro al mese netti (28k). Per cui immagino che il 90% dei proprietari di 2° casa che percepisce un affitto ne avrebbe un vantaggio. L’altro 10% sono evasori che dichiarano meno di 28000 annui. 2) Chi dice che gli immobili sono poco "mobili" non sa che il mondo è cambiato. A parte il fatto che ormai ci sono fondi che investono in immobili, l’investimento in immobili è mobilissimo, tant’è che c’è gente che compra nei paesi dell’est o compra oggi per rivendere domani. Dati i mercati finanziari che ci troviamo, è una buona alternativa il mattone. Per cui avere una differenziazione cosi alta, ossia 38% (aliquota da classe media..sic) vs 12,5% mi sembra eccessivo, posto che la rendita immobiliare va sempre e comunque penalizzata! Raffaele.

  20. Pietro

    La cedolare secca del 20% cui canoni di locazione, sia per abitazione sia commerciale, darebbe il grosso vantaggio di assimilare la rendita di locazione alla rendita finanziaria e una enorme semplificazione sui pagamenti. La cedolare del 20% potrebbe essere versata mensilmente dall’inquilino allo Stato in conicidenza con il versamento del canone al proprietario. Sarebbe ridotta quasi totalmente l’evasione e i costi per i relativi controlli.

  21. gaspare

    Si sta proponendo un emendamento per proporre la cedolare secca sugli affitti.

  22. Massimo

    Buongiorno a mio parere la cedolare secca è una buona idea, ma solo nell’ambito di una riforma più generale del sistema degli affitti, che dovrebbe prevedere (oltre la cedolare secca): – per l’inqulino: detraibilità di una quota significativa (40-50%) del canone di locazione dall’IRPEF (reddito imponibile); – un sistema sanzionatorio rapido ed efficace per entrambe le parti; -per il proprietario: accertato il mancato rispetto della normativa (pagamenti in nero, ecc.), i canoni di affitto dovuti dall’inquilino al proprietario verranno versati in un fondo pubblico che potrà essere utilizzato per edilizia pubblica e/o popolare; – per l’inquilino moroso, sfratto forzoso dopo tre mesi di mancato pagamento. Saluti

  23. Silvia

    La cedolare secca potrebbe portare alcuni piccoli proprietari con basso reddito a pagare di più. Mi spiego con un esempio (il mio!): -famiglia monoreddito (24000 euro lordi annui) – canone di locazione concordato: 550 euro mensili per un totale di 6600 annui – imponibile sul canone di locazione 3894, che non mi fanno passare lo scaglione successivo – totale imposte pagate sulla locazione: 1051 euro, che corrispondono al 16% del canone totale percepito Capirete che passare alla cedolare secca del 23% o anche al 20% non sia un gran vantaggio (non so poi che fine farebbe il risparmio sull’ICI, che attualmente per me è di 408 euro l’anno)… Conclusione: occorre pensare ad un modo per non rendere la nuova imposizione conveniente solo per i più abbienti!

  24. Silvia

    Gent.mo Raffaele, io ho un reddito di 24000 euro lordi (come dipendente), sono rimasta vedova ed ho ereditato un appartamento che desidero affittare del tutto in regola. Quindi, anche se non saremo in tantissimi nella mia situazione, esistiamo anche noi e non dichiariamo nessun reddito in nero. Proprio ora mi sto accingendo ad affittare l’appartamento a canone concordato, avendo fatto determinati calcoli, e mi ritrovo a sentir parlare di questa cedolare secca che mi penalizzerebbe: non mi sembra giusto. Spero si trovi una soluzione anche per i redditi bassi come il mio, che almeno consenta di avere il (buon) trattamento fiscale attuale.

  25. giuseppe

    Sono un locatore e su un canone mensile di 300 euro, 3600 annui, pago 828 euro di Irpef, con la cedolare pagherò 720 euro senza considerare l’imposta di registro di 72 euro. Il vero risparmio in Italia è essere nullatenenti e vivere di sussidi (quando ci sono), fare tanti sacrifici per avere qualcosa viene sempre punito dallo stato italiano.

  26. Snna

    Speriamo che, con la introduzione della cedolare secca, rimanga in vigore la deduzione del 15% sul reddito da locazione, sgravio che riguardava le spese forfettarie per la manutenzione degli immobili. O, anche in questo caso, il governo ha dimenticato di specificare? Altrimenti altro che vantaggi, se l’imponibile diventerà il 100% non servirà a nulla. Se, invece, la deduzione del 15% sarà mantenutà, vi saranno sensibili vantaggi fiscali.

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