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Regioni ed enti locali

Le manovre sui conti pubblici vengono sempre presentate come misure tecniche di risanamento dei conti, più o meno necessarie a seconda delle contingenze economiche e politiche. Ma le manovre non sono mai solo tecniche a parità di risparmi, veri e presunti, ci sono sempre vincitori e vinti, cioè individui e settori che vengono risparmiati dalle mannaia e altri che vengono invece colpiti più pesantemente.

VINCITORI E VINTI

Il decreto economico varato dal governo il 31 maggio e ora in fase di conversione al Senato non fa eccezione alla regola generale. Il segno politico dell’’intervento è chiaro: colpito soprattutto l’’impiego pubblico, e in particolare la scuola; risparmiati pensionandi e pensionati. Minacciati gli evasori, ma con interventi la cui efficacia è tutta da vedersi; risparmiati i rentiers. Toccati i partiti, ma con misure minimali.
Tra i tartassati, in misura ancora maggiore del solito, Regioni ed enti locali, da cui ci aspetta oltre il 60 per cento delle riduzioni di spesa a regime, senza contare gli interventi sulla spesa farmaceutica.
Nel 2012, 4,5 miliardi in meno solo per le Regioni a statuto ordinario, 2,5 miliardi per i comuni, 500 milioni per le province, 1 miliardo per Regioni e province a statuto speciale. Non mancano naturalmente le solite eccezioni. Nel massacro, 300 milioni in più vengono regalati a Gianni Alemanno, che può avvalersi anche di interventi speciali, come per esempio la sovrattassa sugli imbarchi aeroportuali, per altri 200 milioni, oltre che della possibilità, data a lui solo, di re-introdurre la tassa di soggiorno, una opzione sempre richiesta dai sindaci italiani, ma finora sempre respinta per la pressione della lobby degli albergatori.

LE REGIONI A STATUTO ORDINARIO

Come tutti questi tagli verranno ripartiti, non è al momento chiaro. Si sa, per esempio, che verranno ridotti i trasferimenti erariali a comuni e province, ma non la loro distribuzione tra i singoli enti. Anche se è possibile ipotizzare, in linea con quanto previsto per i ministeri, che i tagli saranno “lineari”, cioè in qualche proporzione dei trasferimenti ricevuti, senza distinguere tra enti virtuosi e viziosi. Maggiori informazioni sono invece disponibili per le Regioni a statuto ordinario, per le quali circolano già tabelle dettagliate. (1)
Si tratta dell’’abolizione, per 4,5 miliardi di euro, dei trasferimenti elargiti a seguito della devoluzione delle competenze alle Regioni sul finire degli anni Novanta, dovuta all’’approvazione delle leggi Bassanini. Sono risorse vincolate a settori specifici, dai trasporti locali (per circa il 40 per cento del totale), agli incentivi alle imprese, all’’edilizia pubblica, all’’ambiente, alla viabilità, all’’agricoltura e così via.
È un taglio ambizioso. Sulla base di nostre stime su dati Istat, la spesa non sanitaria delle Regioni a statuto ordinario è pari complessivamente a circa 32 miliardi di euro; dunque, il taglio di 4,5 miliardi corrisponde a circa il 14 per cento di contrazione nella spesa, una cifra difficilmente assorbile nel giro di un paio d’’anni da parte delle Regioni, senza una corrispondente forte riduzione nei servizi offerti.
Ma se il taglio è in media severo, la sua distribuzione tra Regioni può renderlo davvero insostenibile. La tabella lo illustra. In termini assoluti, penalizza soprattutto la Lombardia che si vede ridurre i trasferimenti per oltre 700 milioni di euro. In termini di rapporto sulla spesa, però, la più penalizzata è la Puglia, con tagli fino a un quinto della spesa totale non sanitaria. In termini pro-capite, si va dai 69 euro del Veneto ai 180 della Basilicata. In generale, le più penalizzate in rapporto alla popolazione sono le Regioni piccole e quelle meridionali. Evidentemente, i trasferimenti della Bassanini, che a loro volta hanno sostituito spesa statale pre-esistente, avevano al proprio interno un forte contenuto redistributivo, che la manovra di oggi annulla completamente. Ma qualunque fossero le ragioni alla radice della distribuzione regionale dei trasferimenti Bassanini, è chiaro che i numeri sollevano perplessità sia sulla sostenibilità che sull’’equità dell’’intervento previsto.

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E IL FEDERALISMO FISCALE?

E in tutto questo che fine fa il federalismo fiscale, di cui tanto si discetta sulle pagine dei giornali? L’’impressione è che finisca nel nulla. Bisogna infatti sapere che la legge delega sul federalismo fiscale prevedeva già l’’abolizione dei trasferimenti prima indicati. (2) Ma ne indicava anche la sostituzione con un’’addizionale regionale sull’’Irpef, che poi sarebbe stata ripartita tra le Regioni sulla base di un non meglio precisato fondo perequativo sulla capacità fiscale. (3) E difatti c’’è un assai curioso capoverso nel testo del decreto (comma 2, articolo 14) che recita “in sede di attuazione dell’’articolo 8 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale, non si tiene conto di quanto previsto dal primo e dal secondo periodo del presente comma”, dove i succitati primo e secondo periodo sono appunto quelli che definiscono i tagli per le Regioni. Che significa questo? Che verranno comunque finanziati con l’’addizionale Irpef anche i trasferimenti aboliti? Ma allora dove sono i tagli? E questo come è compatibile, non solo con le esigenze della manovra, ma con la stessa legge delega, che prescrive che la sua attuazione sia “senza oneri aggiuntivi per lo Stato”? Un gran pasticcio, a testimonianza dell’’improvvisazione con cui è stato scritto il decreto.
È assai probabile che si intenda considerare i tagli alle Regioni come permanenti e dunque che non ci sarà più l’’addizionale Irpef regionale e il relativo fondo perequativo tra Regioni. Ed è un problema, perché le risorse così eliminate sono le uniche veramente “libere” delle Regioni; il resto è costituito da spesa per materie (sanità, istruzione, finanziamenti europei) in cui è fortissima l’’invadenza dello Stato centrale nella determinazione delle funzioni.
Il segno complessivo della manovra dunque non è solo quello della riduzione delle risorse a Regioni ed enti locali; è anche quello della riduzione dei loro spazi di autonomia. Se a ciò si aggiungono gli interventi limitativi sulle entrate (eliminazione Ici prima casa per i comuni, blocco addizionali comunali e regionali sull’’Irpef, blocco spazi di manovra sull’’Irap per le Regioni) è chiaro che il federalismo praticato dal governo è molto diverso da quello dichiarato.

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(1) Una curiosità: il comma 2 dell’’articolo 14 non definisce quali trasferimenti dovrebbero essere tagliati e anzi parla esplicitamente di “tutti i trasferimenti statali a qualunque titolo spettanti alle regioni a statuto ordinario”; tuttavia, sia la Relazione Tecnica, che le stime del Sole24ore e delle stesse Regioni fanno esplicito riferimento ai trasferimenti ex leggi Bassanini. Speriamo che qualcuno (il Tesoro?) glielo abbia detto.
(2) Eccetto che per i trasferimenti per i trasporti locali, la cui componente in conto capitale sarebbe dovuta confluire nella parte finanziata “a fabbisogno” della spesa regionale.
(3) A pressione tributaria invariata, dunque con una riduzione corrispondente nell’’aliquota dell’’Irpef statale.

Tagli 2012 in milioni di euro PIL 2008 valori ai prezzi correnti (milioni di euro) Totale spese al netto sanità in milioni di euro (stime su dati Istat) Popolazione in milioni Tagli sul Pil x 1000 Percentuale tagli sul totale spese al netto sanità (stime su dati Istat) Tagli
pro-capite
Piemonte 462,3 126.855,7 3.363,3 4,446 3,6443 13,7454 103,9757
Lombardia 707,8 326.130,5 4.337,7 9,826 2,1703 16,3176 72,0323
Veneto 338,8 147.982,8 2.563,7 4,912 2,2895 13,2154 68,9678
Liguria 149,5 43.766,0 808,8 1,616 3,4159 18,4846 92,5132
Emilia Romagna 386,8 139.529,4 2.090,9 4,377 2,7722 18,4996 88,3622
Toscana 374,7 106.073,2 2.253,0 3,730 3,5325 16,6309 100,4523
Umbria 117,7 21.747,8 858,5 0,901 5,4120 13,7097 130,6631
Marche 120,0 41.612,2 984,9 1,578 2,8838 12,1840 76,0612
Lazio 458,4 171.300,2 3.958,3 5,682 2,6760 11,5806 80,6777
Abruzzo 170,5 29.177,1 1.229,1 1,339 5,8436 13,8722 127,3435
Molise 43,1 6.498,9 454,5 0,320 6,6318 9,4836 134,5912
Campania 443,1 98.031,5 4.495,2 5,825 4,5200 9,8571 76,0731
Puglia 422,8 71.446,1 1.901,5 4,084 5,9177 22,2347 103,5251
Basilicata 107,4 11.198,1 950,0 0,589 9,5909 11,3052 182,3804
Calabria 193,9 34.156,2 1.838,3 2,009 5,6769 10,5478 96,4998
Totale 4.496,8 1.375.506,0 32.087,7 51,235 3,2692 14,0141 87,7686

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  1. MATELLINI ANGELO

    Questo comma non trova giustificazione nel contenimento della spesa, è contrario al federalismo fiscale e può solo servire a svendere entro il 31 dicembre attivi patrimoniali di enti pubblici e a non vendere attività poco remunerative con un ritorno negativo per i comuni al di sotto dei 30mila abitanti! quale è la ratio di questo comma?

  2. gabriele

    A proposito di tagli, si potrebbe risparmiare eliminando il famoso gettone di presenza dei nostri consiglieri regionali. Altro risparmio ci potrebbe essere eliminando il personale con contratto privatistico delle segreterie assessorili utilizzando il personale esistente.

  3. Vincesko

    Altroché se i pensionandi non sono stati toccati: in forza dell’art. 12, che ha portato la cosiddetta "finestra" – ora unica, mobile – a 12 mesi, a) quelli attivi non perderanno un euro, ma andranno in pensione con un anno di ritardo; b) quelli inattivi, per qualunque causa (inclusi i lavoratori in mobilità oltre le 10 mila unità), perderanno 13 mensilità di pensione e quindi anche decine di migliaia di € in un solo anno. Mentre i percettori di reddito privati (tranne i farmacisti), anche miliardari o milionari, non pagheranno neppure un centesimo!

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