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I numeri del lavoro

Ieri l’’Istat ha fornito i dati su occupati e disoccupati nel primo trimestre del 2010. La notizia non ha avuto grande risalto sui media nazionali. I principali siti di informazione, i quotidiani e i telegiornali hanno preferito a questa notizia le stime di Confindustria sull’’andamento del Pil nel 2011 (sì, nel 2011, e non nell’’anno in corso). Peccato: ancora una volta si è dato maggior rilievo a previsioni piuttosto che ai dati di consuntivo certificati dall’’istituto ufficiale di statistica.

SOFFRONO I CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO

La crisi ha avuto le prime ripercussioni sul mercato del lavoro nel secondo trimestre del 2008. E ad oggi non si è ancora arrestata. Il numero di posti di lavoro bruciati da allora è 1.000.876, e non 528mila, come riportato ieri dai media nazionali. Questi sono i posti di lavoro persi tra i lavoratori italiani, tenendo conto dell’’aumento della componente straniera. Le statistiche che riguardano gli stranieri risentono delle regolarizzazioni e sono pertanto meno attendibili.
Qui di seguito proponiamo una semplice tabella e un grafico che riassumono l’’andamento del mercato del lavoro in questo periodo. Le elaborazioni, che possono essere replicate semplicemente a partire dalle tavole allegate al comunicato Istat, considerano lo stock di lavoratori nel secondo trimestre 2008 e quello attuale. Da questi numeri si può facilmente dedurre la variazione percentuale durante la crisi e la composizione dei posti di lavoro bruciati per tipologia contrattuale.
I contratti a tempo determinato sono quelli che hanno sofferto maggiormente (-16,2 per cento dal secondo trimestre 2008 e pesano per ben il 48,1 per cento del totale dei posti andati persi), mentre lo stock dei contratti a tempo indeterminato è calato solo dello 0,7 per cento.
La figura 3 è un aggiornamento delle stime già pubblicate sulla percentuale di lavoratori in cassa integrazione (1).
Secondo queste stime il tasso di disoccupazione salirebbe all’10,9 per cento.

(1) Per ottenere queste stime si calcolano il numero di lavoratori full time equivalent dividendo le ore autorizzate totali di cassa integrazione per le ore lavorate in un trimestre da un lavoratore medio italiano.

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Figura 1

Figura 2

Figura 3

Fonte: nostre elaborazioni su dati Inps per la Cassa Integrazione, Istat per il tasso di disoccupazione ufficiale

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Catricalà, Fini e il futuro dell’Italia

  1. Paolo Rebaudengo

    I dati sono molto allarmanti. Sui 823.000 posti di lavoro persi rispetto al secondo trimestre del 2008 quelli a tempo determinato (396.000) rappresentano il 48,1% come indicato nello scritto. Quelli a tempo indeterminato (111.000) il 13,5% e non lo 0,7% come appare dall’articolo. Lo 0,7% corrisponde all’incidenza dei posti a d.i. persi rispetto allo stock di contratti a t.i., ma è disomogeneo e fuorviante. E’ giusto tener conto anche dei cassintegrati. Lo fa anche la Banca d’Italia, che tuttavia, correttamente, li somma (anzi somma le ore perse per cassa con le ore perse per disoccupazione) per definire l’incidenza della forza lavoro inutilizzata (spreco sociale ed economico e dramma individuale e familiare). Assimilare tout-court disoccupati e cassintegrati mi sembra invece improprio, occorrendo almeno distinguere tra cassa ordinaria (che dovrebbe implicare, anche se non sempre è così, il rientro in attività) e cassa straordinaria.

    • La redazione

      Ringraziando il lettore per il commento, facciamo presente che la porzione di posti di lavoro andati distrutti corrispondente alla tipologia dei contratti a tempo indeterminato è 13,5% così come evidente dal grafico "a torta" in figura 1 che indica appunto una percentuale del 13,49%. Il dato 0,7% si riferisce invece alla figura 2 che mostra l’incidenza relativa della crisi sulle diverse tipologie contrattuali. Nella nota di figura 2 precisiamo infatti che "Le diminuzione percentuali per tipologia contrattuale" sono "in rapporto al numero di lavoratori con quel contratto". Stiamo parlando quindi di due misure diverse, entrambe significative a nostro modesto avviso.
      Per quanto riguarda i dati della cassa integrazione, facciamo un’operazione del tutto simile a quella di Banca d’Italia. Prendiamo infatti le ore totali di cassa integrazione autorizzate e le dividiamo per il numero di ore lavorate in un trimestre da un lavoratore medio italiano ottenendo il numero teorico di lavoratori a tempo pieno in cassa integrazione che risulta quindi essere ben più basso del numero effettivo di lavoratori attualmente in cassa integrazione. Concordiamo in linea teorica con il lettore sull’opportunità di distinguere tra cassa ordinaria e straordinaria, ma in un paese come l’Italia che non prevede un sistema di sussidi di disoccupazione efficace è illusorio aspettarsi che tutte le ore di cassa ordinaria verranno reintegrate in attività a fine crisi.

  2. paolo moro

    Ma, sono perplesso. Mi sono chiesto infatti perchè il confronto non è stato fatto – più correttamente- con il 1° trimestre 2008, Ho fatto i conti e mi è venuto fuori che la perdita dei posti di lavoro si sarebbe ridotta a 400mila, cioè sarebbe dimezzata…
    Inoltre se è vero che “è illusorio aspettarsi che tutte le ore di cigo verranno reintegrate in attività a fine crisi” è anche vero che non tutte, per fortuna, le ore di cigs si traducono automaticamente in esuberi e, quindi in disoccupati.
    Poi: perchè gli autori,nella prima tabella, contano solo i CTI persi (per dirci che sono stati pochi in confornto ai CTD ed ai cocopro) e non anche quelli sospesi e poi, nel grafico, contano i CTI sospesi come disoccupati? Perchè, da una parte, va bene dire che “soffrono i CTD” e, dall’altra, che il tasso di disoccupazione è quasi 12% mettendoci dentro tutti i 600mila sospesi?
    Scomettiamo invece che soffre anche una quota di CTI sospesi a meno di 800 euro al mese e che, però, solo una parte di questi si trasformerà automaticamente in disoccupati?
    Infine, mi rimane oscuro l’accenno agli stranieri: se aumenta la loro occupazione, vale meno?

    • La redazione

      La nostra analisi si concentra sull’andamento del mercato del lavoro durante il periodo di crisi, la quale è appunto iniziata (nel mercato del lavoro italiano) nel secondo trimestre del 2008, ultimo trimestre in cui è cresciuto il numero degli occupati. Dal terzo trimestre infatti è iniziata la distruzione dei posti di lavoro. Nel primo trimestre 2008 gli occupati erano 23.170.457, nel secondo 23.581.044, mentre nel terzo sono scesi a 23.517.942.
      Inoltre, il terzo grafico vuole solo dare una misura di come si muoverebbe il tasso di disoccupazione nel caso in cui, come continuiamo a temere, una grandissima parte delle ore autorizzate non venissero più reintegrate (o come sarebbe in un paese europeo che non prevede un tale programma, cioè quasi tutti tranne la Germania e l’Italia). Grandissima parte perché la nostra è potenzialmente una sottostima: infatti, se dovessimo conteggiare le persone reali attualmente in Cassa Integrazione queste sarebbero molte di più di quelle equivalenti a tempo pieno che noi calcoliamo.
      Infine, per quanto riguarda il positivo andamento della forza lavoro straniera, non la consideriamo certo un male, anzi. Il nostro commento, riguarda però altri due aspetti. Innanzi tutto, senza l’aumento del numero di occupati stranieri il numero dei posti distrutti sarebbe di gran lunga superiore a quello da noi documentato (si arriverebbe appunto a 1.000.876).
      Inoltre, le statistiche sugli stranieri risentono in parte di problemi di campionamento dovuti alla regolarizzazione dei permessi di soggiorno e dei contratti di lavoro. Per questo motivo, potrebbero non essere completamente affidabili.

  3. Antonino Barbera Mazzola

    In figura 2 mostrate le differenze tra due punti nel tempo per CT determinato e CT indeterminato. Tuttavia durante il periodo considerato le due serie hanno andamenti molto differenti (CT determinato tende a diminuire lentamente ma pressoché constantemente, CT indeterminato sale fino a fine 2008 poi comincia a scendere), quindi considerare la differenza tra inizio e fine periodo mi sembra ingannevole.

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