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Quei necessari nuovi italiani

Le previsioni demografiche degli anni Ottanta indicavano come probabile un invecchiamento insostenibile e una rapida diminuzione della popolazione italiana, con conseguenti gravi problemi sociali ed economici. Non è accaduto, perché negli ultimi trent’anni sono entrati in Italia milioni di giovani cittadini stranieri. E tutto fa pensare che il meccanismo di rimpiazzo della popolazione continuerà. Perché neppure la crisi fermerà l’afflusso dei nuovi italiani.

Secondo le previsioni demografiche degli anni Ottanta, il crollo della fecondità e l’’incremento della sopravvivenza adulta e anziana avrebbero potuto generare un invecchiamento insostenibile e una rapida diminuzione della popolazione italiana, con conseguenti gravi problemi sociali ed economici. Ciò non è accaduto, perché negli ultimi trent’’anni sono entrati in Italia milioni di nuovi giovani cittadini stranieri.

GENITORI E FIGLI D’’ITALIA

I 3 milioni e 800mila italiani che avevano 28-32 anni nel 1985 (per semplicità i “genitori”) hanno avuto “solo” 3 milioni di bambini. Tuttavia, nel 2015 vivranno in Italia almeno 3 milioni e 800 mila persone di 28-32 anni (per semplicità i “figli”), di cui almeno 800mila figli di genitori stranieri (figura 1). Gli immigrati stanno sopperendo alle mancate nascite dell’’ultimo trentennio, garantendo dunque il rimpiazzo delle generazioni nate negli anni Cinquanta e Sessanta.

Fonte: Francesco Billari e Gianpiero Dalla Zuanna: Replica ai commenti sul libro “La rivoluzione nella culla”, Polis, XXIV, 1, 2010, pp. 143-148.

GIOVANI IN VENETO

Alcuni recenti dati dettagliati sull’’occupazione giovanile illustrano bene questi meccanismi di replacement migration. (1)
Nel quinquennio 2004-08 gli occupati dipendenti esordienti con meno di 30 anni del settore privato del Veneto sono stati, in media, 65mila l’’anno. È la quasi totalità della nuova occupazione giovanile generata dal sistema produttivo della Regione, perché difficilmente il primo lavoro proveniva dal sistema pubblico o era di tipo autonomo. Di questi 65mila nuovi posti di lavoro, 43mila sono stati occupati da giovani italiani e 22mila da giovani stranieri. Venticinque anni prima, negli anni 1979-83, nel Veneto sono nati ogni anno 43mila bambini, quasi tutti di nazionalità italiana, con una fecondità media di 1,41 figli per donna. Se nel 1979-83 i genitori veneti avessero avuto un numero di figli sufficiente per rimpiazzarli, ossia 2,10 figli per donna, nel Veneto sarebbero nati 64mila bambini l’’anno: quelli sufficienti a coprire, venticinque anni dopo, il fabbisogno di lavoratori. Invece, queste 21mila “nascite mancate” sono state sostituite, venticinque anni dopo, dall’’ingresso nel mercato del lavoro di altrettanti giovani stranieri.
Grazie alla replacement migration, il declino di popolazione ci è stato risparmiato. (2) Ma cosa accadrà in Italia nei prossimi decenni? Tutto fa pensare che il meccanismo di rimpiazzo della popolazione continuerà. Nei prossimi venti anni, i nuovi sessantenni italiani saranno 850mila l’anno: sono i figli del baby-boom, nati nel 1951-70. Nello stesso ventennio 2011-30, se non ci saranno immigrazioni, i nuovi ventenni saranno ogni anno 570mila. Ogni anno si ripeterà quanto è accaduto nell’’ultimo decennio, ma con un “deficit” demografico ancora più accentuato: 280mila persone l’’anno in meno nella fascia di età 20-59 anni. Nello stesso periodo, nei paesi in via di sviluppo –(se non ci saranno emigrazioni)– la popolazione in età 20-59 aumenterà di 60 milioni di persone ogni anno. Non dovrebbe essere difficile trovare, in questo immenso “esercito di riserva”, 300mila persone disposte a trasferirsi, ogni anno, nel bel paese là dove il sì sona, mantenendo gli stessi ritmi immigratori del primo decennio del Ventunesimo secolo.
La vera incognita è un’’altra: l’’Italia continuerà a creare lavoro? L’’impatto occupazionale della crisi è stato durissimo, specialmente per i giovani. Lo stesso Rapporto 2010 di Veneto Lavoro ci dice che nel 2009 i giovani occupati esordienti nel Veneto sono stati appena 44mila, ossia 21mila in meno della media annua del quinquennio precedente. Di questi nuovi occupati, 26mila sono stati gli italiani (16mila in meno), 18mila gli stranieri (solo 5mila in meno). In questa fase della crisi, nel Veneto, e probabilmente in tutto il Centro-Nord Italia, è stato più facile trovare lavoro per un giovane straniero che per un giovane italiano. Si tratta di un caso, oppure gli imprenditori – nei momenti di difficoltà – preferiscono la manodopera straniera, più flessibile e meno costosa? Se questo è vero, neppure la crisi fermerà l’’afflusso di questi nuovi italiani.

Leggi anche:  Un falso enigma sul lavoro

(1)Regione del Veneto. Rapporto 2010 di Veneto Lavoro, Franco Angeli, Milano, 2010, p. 51.
(2)Francesco Billari e Gianpiero Dalla Zuanna: La rivoluzione nella culla. Il declino che non c’’è, Università Bocconi Editore, Milano, 2009.

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Un commento di Iacopo Viciani e la risposta degli autori

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  1. Dino Battistuzzo

    Continuerà il flusso di uomini e donne disposti ha lavorare per un salario da fame, questo sicuramente .Un contesto produttivo come quello veneto, fatto di microimprese e medie aziende, non assume certamente il laureato o il diplomato, ma l’analfabeta, meglio se straniero, così è più facile sfruttarlo.Sono lontani, anzi lontanissimi i tempi in cui l’operaio veneto si sentiva partecipe dell’azienda, assieme all’imprenditore. Forse non aveva capito,non ha capito e non capirà mai,che l’imprenditore si fà in ogni caso i suoi interessi. Lo dico da veneto DOC che il nostro modello di sviluppo non ha futuro in un mondo globalizzato. Serve investire soprattutto sui giovani, sulle nuove generazioni, ma sinceramente ho poca fiducia, almeno nel breve termine.

  2. Giorgio Agrini

    Premio George Orwell all’autore. Da “immigrati” a “nuovi italiani”: eccellente esempio di neolingua. Il Grande Fratello ringrazia.

  3. walter

    Perché non cambiare punto di vista ? Un declino di popolazione è necessario a livello mondiale, a causa della sovrappopolazione, del consumo di risorse ecc..perché il discorso non può valere a livello nazionale? Il problema si pone a livello pensionistico, con troppe pensioni da pagare e pochi contribuenti inps. Se si vuole adottare questo punto di vista è ragionevole aumentare l’età pensionabile? O esistono meccanismi di contribuzione alla pensione più diretta di questo?

  4. roberto

    C’è chi non gradisce il termine "nuovi italiani". Oddio, visto che nell’articolo si parla di "figli di genitori stranieri" con tutta probabilità stiamo parlando di nati in Italia e con cittadinanza italiana. Il termine "nuovi italiani" mi sembra adeguato, anzi toglierei persino il "nuovi". Per carità, nessuna polemica, ma la realtà è questa.

  5. Luca

    Tra tante parole sull’immigrazione, finalmente un articolo che mette nero su bianco le cause del fenomeno. Demografia. Quindi economia, non sinistra, cattocomunisti e via blaterando. L’unica alternativa all’immigrazione, come qualcuno ha già ricordato in un commento precedente è innalzare l’età pensionabile (chissà come sarà contento Bossi!). Comunque non credo che sia la soluzione migliore. Proprio perché la popolazione aumenta vertiginosamente in altre aree del pianeta, le migrazioni porterebbero a un riequilibrio demografico mondiale. L’Italia dovrebbe invece pensare a sfruttare al meglio le competenze di chi entra (molti sono laureati), modificando il sistema produttivo. Ad esempio, meno mattone, meno autotrasporti e più ricerca, più green economy, più istruzione. Detto questo, trovo il finale dell’articolo un po’ fuorviante. Dimentica di dire che se il numero dei "neo-assunti" stranieri e’ rimasto relativamente alto è soprattutto per via della sanatoria, quindi non proprio dei neo-assunti. Poi e’ chiaro, l’imprenditore spesso cerca il dipendente più ricattabile, un fenomeno che si contrasta dando a tutti pari diritti.

  6. Alberto Lusiani

    L’articolo riassume numeri utili a comprendere l’immigrazione, ma offre una raccomandazione pro-immigrazione per me sbagliata e fuorviante. Dal 1995 ad oggi la Germania (che ha la medesima natalita’ italiana) ha aumentato considerevolmente il suo reddito pro-capite rispetto all’Italia, pur sostanzialmente azzerando l’immigrazione (saldo negativo negli ultimi anni). Dati analoghi valgono per Francia e UK (con natalita’ superiore alla nostra). Tra i Paesi elencati, l’Italia e’ la piu’ sovrappopolata su territorio abitabile, e quella col minor reddito pro-capite, reddito costantemente in diminuzione rispetto ai Paesi citati dal ~1995. I dati elencati riguardano stime attendibili Eurostat sull’immigrazione totale, clandestini inclusi. Il confronto indica che la strada italiana, che dal 1995 ad oggi prevede tasso di immigrazione ai vertici mondiali, e’ fallimentare nel confronto con Paesi comparabili. E’ probabile anzi che la bassa natalita’ italiana sia la reazione piu’ corretta ad un territorio troppo congestionato dall’impronta umana (doppia rispetto alle risorse, secondo alcune stime, con densita’ di popolazione oltre il doppio rispetto a Francia e Spagna).

  7. Tommaso

    Indipendentemente dal fatto di essere stranieri o italiani, la stituazione demografica in Italia resta estrema. http://italiapiu20.wordpress.com/2010/08/07/gli-anni-sulle-spalle/

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