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Dietro al “federalismo solidale”

Il federalismo solidale proposto da Fini a Mirabello sembra implicare costi standard più alti al Sud o addirittura definiti ai livelli delle Regioni meno efficienti. Così, il federalismo avrà costi molto elevati per le casse dello Stato. Non solo. Il nuovo partito si candida a essere un sindacato del territorio, con base nel Mezzogiorno. E le elezioni politiche potrebbero sancire una cesura territoriale delle rappresentanze politiche senza precedenti.

“Nessuno può obiettare il fatto che i costi nel fornire servizi pubblici in Emilia Romagna non sono la stessa cosa di quelli in Calabria”. Questo passo del discorso di Gianfranco Fini a Mirabello è stato del tutto ignorato dalla valanga di commenti al discorso del Presidente della Camera che hanno riempito le pagine dei quotidiani in questi giorni. Eppure offre la misura dello spazio politico che il nuovo partito vuole occupare.

STANDARD NON PIÙ STANDARD

L’’intervento di Mario Baldassarri alla Commissione bicamerale di attuazione della legge delega sul federalismo chiarirà quali siano le precise rivendicazioni del nuovo partito. Ma l’’impressione è che si voglia consentire l’’esistenza di “costi standard” differenziati tra Regioni. Si tratta di un ossimoro (che standard sono, se non standardizzano?) che stravolge l’’impianto della legge delega approvata in Parlamento solo un anno e mezzo fa. Questa stabiliva che quattro quinti dei fabbisogni finanziari di Regioni ed enti locali, le risorse loro comunque garantite per coprire servizi essenziali ai cittadini, dovessero essere fissati in base ai costi che un’’amministrazione efficiente normalmente sostiene nel fornire le prestazioni. Il principio allora condiviso da quasi la totalità dei parlamentari e da tutti gli attuali membri del gruppo che fa riferimento al presidente della Camera, è che non ci sono costi diversi nel fornire servizi come l’’istruzione, le biblioteche o l’’assistenza ospedaliera in diverse parti del paese perché le tecnologie utilizzate sono le stesse ovunque in Italia. Ogni differenza di costo unitario nel fornire queste prestazioni, nello spirito della legge delega sul federalismo, è attribuibile a sprechi e inefficienze, a errori di programmazione e di coordinamento delle amministrazioni che spendono di più. Se l’’assistenza alla maternità è più costosa in Calabria, ad esempio, questo avviene perché in quella Regione si ricorre molto di più che altrove (in 44 casi su cento contro i 28 su cento in Lombardia) ai parti cesarei, che rendono di più agli ospedali (e ai medici) di un parto tradizionale. Il principio secondo cui i costi standard sono gli stessi in tutto il paese è, perciò, un principio di efficienza. Tutte le amministrazioni devono raggiungere livelli minimi di affidabilità. Si tratta di risparmi che non riducono la qualità del servizio, ma possono addirittura migliorarlo, ad esempio evitando un eccessivo numero di ricoveri e di interventi chirurgici. La legge delega prevede peraltro un periodo di transizione di cinque anni (purtroppo prorogabili come sempre avviene in Italia) in cui le diverse Regioni devono adattarsi progressivamente ai costi standard, riportando il costo unitario della fornitura di questi servizi in linea con quello definito per tutte le Regioni a livello nazionale. In altre parole, si tiene conto dei tempi necessari a riorganizzare la fornitura dei servizi in base a principi di efficienza. E la conta di questi cinque anni non è ancora iniziata. Dunque, le diverse amministrazioni locali hanno ben più di cinque anni per affrontare i problemi di cattiva programmazione.
Se il “federalismo solidale” proposto da Fini a Mirabello significa costi standard più alti al Sud, o, ancor peggio, standard definiti per tutti ai livelli delle Regioni meno efficienti, il federalismo avrà costi molto elevati per le casse dello Stato. La scommessa sulla sostenibilità del federalismo è proprio legata al raggiungimento di una maggiore efficienza nel fornire servizi ai cittadini. Si tratta di guadagni potenzialmente molto rilevanti. Ad esempio, diverse stime concordano nel ritenere che miglioramenti nel funzionamento della sanità in Campania, Sicilia, Puglia e Lazio, a parità di servizi offerti ai cittadini, potrebbero portare a risparmi superiori ai 10 miliardi, contribuendo fortemente al contenimento della spesa sanitaria complessiva (-10 per cento).

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I PARTITI TERRITORIALI

Ma c’’è anche un’’implicazione in termini di rappresentanze politiche di questa scelta, forse ancora più dirompente rispetto al disegno del federalismo. Il fatto è che, pur nascendo in mezzo ai tricolori e in nome dell’’unità nazionale, il partito di Fini si candida a essere un partito territoriale, un nuovo sindacato del territorio, basato nel Mezzogiorno. Potrà raccogliere ampi consensi al Sud, andando ben al di là del bacino elettorale oggi paventato da molti sondaggisti. Perché il federalismo oggi è più che mai un nervo scoperto in queste Regioni. Agli occhi di molti nostri concittadini, le risorse che dovevano essere assegnate alle Regioni meridionali nell’’ambito della programmazione del Fondo per le aree sottoutilizzate sono state utilizzate per finanziare ogni tipo di spesa corrente, spesso lontano dal Sud. È un portato della scarsa trasparenza in cui si è mossa la politica economica di questo governo. Ora il federalismo appare come la mazzata conclusiva. Per capire quante ansie siano associate al federalismo, basta sfogliare i quotidiani meridionali. La Gazzetta del Mezzogiorno, ad esempio, ha trattato del federalismo in ben 358 articoli negli ultimi tre mesi, tutti molto preoccupati circa i suoi effetti sull’’afflusso di risorse al Sud. Si tratta di quattro volte il numero di citazioni del termine sul Secolo XIX di Genova, sei volte l’’attenzione dedicata al federalismo dall’’Eco di Bergamo. Addirittura supera i riferimenti al federalismo sulla Padania, il giornale della Lega (341 citazioni negli ultimi tre mesi).
Rischiamo pertanto di trovarci di fronte a un esito paradossale della crisi della maggioranza. Elezioni politiche tenute a 150 anni dall’’unità nazionale che sanciscono una cesura territoriale delle rappresentanze politiche senza precedenti: la Lega e ciò che rimane del Popolo delle Libertà presenti soprattutto al Nord, il Pd radicato al centro e il nuovo partito di Fini assieme all’’Udc fortemente concentrati al Sud. Equilibri fra partiti così fortemente territorializzati rischiano di richiedere un gonfiamento ulteriore della spesa pubblica, oltre che ovviamente creare tensioni sul piano della coesione nazionale. L’’antidoto sarebbe la nascita di una classe dirigente al Sud in grado di capire che è nel suo interesse avere vincoli di bilancio più rigidi e ben definiti. La trasparenza e la scarsità possono infatti diventare una potentissima arma contro i potentati locali e la criminalità organizzata. Ma oggi non esiste ancora un partito, un’’organizzazione collettiva, che abbia investito nel costruire questo tipo di classe dirigente al Sud. Ovunque, si vedono ancora i partiti e i politici della spesa pubblica.

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30 commenti

  1. Diego d'Andria

    È vero che le tecnologie di produzione dei servizi erogati sono le stesse al nord come al sud. I salari, però, non necessariamente sono uguali, e dato che molti servizi pubblici sono a bassa intensità di capitale, ciò incide anche parecchio. Dato che i salari reali nelle regioni meridionali e nelle isole sono, con tutta probabilità, inferiori alla media delle regioni "ricche", non è corretto richiedere che i costi standard siano parametrati a tali differenziali? Ciò ovviamente comporterebbe costi standard più bassi al sud, e non il contrario come paventato dagli autori.

  2. Fulvio Krizman

    Una analisi sul problema che mi trova d’accordo. La atavica questione meridionale si supererà solo con una politica dei dirigenti locali vera, responsabile e non solo interessata al mero consenso populista, di interesse o altro.Trovo però difficile che ciò si realizzi in tempi brevi, perché non bastano strumenti legislativi a modificare inneficenze e malcostume. Il problema è più profondo e non tocca solo il nostro meridione ma tutto il paese. Noi Italiani siamo esperti in diritto privato, ma manchiamo di conoscenza in diritto pubblico, ossia non abbiamo una educazione al rispetto della cosa pubblica e quindi sulla sua gestione. Fulvio Krizman

  3. Corrado Truffi

    Complimenti. Un articolo che sarebbe piaciuto, credo, ad Angelo Vassallo, raro esempio di quella classe dirigente del sud che non c’è ancora.

  4. giorgio

    I costi standard inevitabilmente sono espressi in moneta corrente. Il bilancio pubblico non è deflazionato, tanto meno per i prezzi dei servizi regionali. Tuttavia, mi si deve spiegare perché, se le tecnologie sono uniformi, come mai – al posto di un presunto federalismo – non si procede all’accentramento degli acquisti? Ad esempio se in Italia si devono acquistare 100mila camici l’anno, il cui costo medio è di 115 (fatto 100 la Lombardia e 130 poniamo la Campania), non è meglio un unico appalto chiamando tutte le ditte interessate ovviamente (non solo gli amici degli amici) anziché avere 20 centri di spesa che in media acquistano 5000 camici? Nel primo caso, il monopolio della domanda innazi alla pluralità dell’offerta potrebbe portare, a parità di qualità di tessuto o altra carattersitica richiesta, ad un prezzo anche inferiore a 100. Perché gli economisti, grandi teorizzatori delle economie di scala, quando c’è la possibilità di utilizzarla a vantaggio dei contribuenti non ne parlano e vagheggiano un federalismo che, dai primi albori, non sarà altro che la creazione a livello locale di cricche per favorire gli amici degli amici?

  5. Cyrano

    Penso che il Sud debba assecondare la Lega nei suoi propositi di secessione. L’unica possibilità di riscatto per il Sud, è quella di sganciarsi da un Nord che una volta lo considerava una riserva di manovalanza a basso costo ed ora che questa condizione è stata acquisita dagli extracomunitari, lo considera una pattumiera a costo quasi zero. Una classe politica illuminata, al Sud, non ci sarà mai fintanto che i Meridionali saranno tenuti alla fame e saranno costretti ad andare a chiedere aiuto al politico di turno. La ricchezza del Sud è la bellezza del territorio, da valorizzare e sfruttare economicamente e non ci sarebbe Cina o India che possano nuocergli. Incrementando in modo oculato l’industria turistica, non ci sarebbe più bisogno di farsi fregare dai politici con promesse che non possono mantenere, per evitare di tagliarsi le gambe da soli. Cattedrali nel deserto come la Fiat, al Sud , non servono, è accanimento terapeutico per tenere in vita un settore, quello dell’auto, ormai alla frutta. In Italia ormai si può produrre ben poco, ma il turismo, al Sud è tutto da sviluppare. Certamente non è facile risvegliare l’orgoglio dei Meridionali…

  6. Biagio Mastarazio

    Ci era sfuggito che il partito della spesa pubblica fosse una creatura esclusiva del Sud e che in altre parti d’Italia il problema della ricerca di “un partito, di un’organizzazione collettiva” dedita alla trasparenza e ai vincoli di bilancio fosse stato felicemente risolto. Si vede che abbiamo interpretato male le cronache recenti, dalle vicende più eclatanti degli appalti del G8, a quelle delle multe per le quote latte, fino a quelle più miserevoli sull’uso delle auto blu da parte di alcuni dei paladini del senso civico settentrionale. Ma siamo sicuri che lo slogan del Sud inefficiente non faccia alla fine il gioco proprio degli spreconi e dei loro manutengoli, distraendo l’attenzione degli elettori del Nord dalle “marachelle” dei loro rappresentanti politici? Ci dispiace riconoscerlo, ma la triste realtà è che la cattiva politica unisce il nostro paese molto più dell’inno di Mameli.

  7. mirco

    "L’antidoto sarebbe la nascita di una classe dirigente al Sud in grado di capire che è nel suo interesse avere vincoli di bilancio più rigidi e ben definiti." Concordo con questa ultima frase che in fondo detta la soluzione ma ho poche speranze che si possa addivenire a questa soluzione poichè l’intera classe dirigente nazionale non è all’altezza. Se si dovesse verificare la spaccatura definitiva far nord e sud come io prevedo, mio malgrado, spero soltanto che ciò avvenga con le modalità con cui si sono separate la Cechia dalla Slovacchia e non con tramite gli eventi che hanno funestato la ex Jugoslavia.

  8. paolo rosa

    Fini nel suo intervento a Mirabello ha dimostrato di non possedere alcun fondamentale in materia economica e di parlare a vanvera sul punto assecondando con un comizio i pochi presenti. Ma se intende dividere il paese tradendo le sue origini ora lo dovrà dire con maggiore chiarezza oppure ammettere che dovrà lasciar stare l’economia e parla d’altro. Ogni altro commento mi pare superfluo.

  9. Mirko

    Credo che l’idea dei costi standard sia un qualcosa che possa servire a ridurre la spesa sanitaria, ma mi si permetta di sollevare qualche dubbio sull’effettiva applicazione. Siamo veramente sicuri che: 1) le tecnologie siano le stesse tra nord e sud; 2) il livello di occupazione che incide sulla spesa sanitaria non è forse più alto nel sud che nel nord; 3) il livello di efficienza operativa che si traduce inevitabilmente in efficienza economica è veramente uguale.

  10. Ermanno Tarozzi

    Chissà perchè tutti questi giornali e giornalisti ultrademocratici non hanno parlato dell’Emilia-Romagna. Neppure il Fatto quotidiano, pensate un po!

  11. Salvatore Modica

    Faccio un copia e incolla: "La cagione dei mali della Sicilia è nel suo stato sociale, cioè nelle sue condizioni economiche; quelli dureranno quanto queste, e non cesseranno se non quando queste saranno mutate, quando cioè sarà sorta in Sicilia una numerosa classe media." Cambiando "Siclia" con "Sud" e "media" con "dirigente", il copia-incolla è perfetto. Ma è da Franchetti, 1876. Mi sa che oggi si dovrebbe essere un pò più smaliziati. La secessione non è una prospettiva reale (vedi Belgio), e le regioni meridionali non smetteranno di succhiare dove possono (nella sola Sicilia il premio di maggioranza al Senato sono 15 seggi). L’unico modo di togliere il ciuccio ai politici del Sud è di centralizzare Scuola Giustizia e Sanità (gestendo dal centro scuola per scuola, ospedale per ospedale, tribunale per tribunale, senza intermediari), e che ognuno badi al resto con le proprie tasse. O volete aspettare altri centocinquant’anni? Per inciso, sulla cesura territoriale della rappresentanza c’è un articolo su lavoce dell’anno scorso: "Se nasce il partito del Sud".

  12. Walter Maggi

    Forse basterebbe dividere la spesa complessiva in pro-capite, ossia dare ad ogni regione in proporzione al numero di abitanti.

  13. luigi del monte

    Ottimo articolo, complimenti! Ma scusate un attimo, io sono del nord con i miei genitori del centro e sud italia e quindi ho un po’ più di conoscenze del simpatico "el trota" che non è sceso mai sotto roma.. al sud c’erano e ci sono ancora sprechi. Ma sto federalismo fiscale non dovrebbe essere fatto dal basso e non dall’alto? Mi spiego meglio, da quello che ho capito i soldi arrivano e arriveranno a roma. L’unica differenza è che verranno ripartiti secondo logica dell’efficienza e quindi si spera secondo parametri univoci (popolazione per la sanità, km di strade per le manutenzioni ecc). Ma tutto ciò non si poteva fare in sede di finanziaria senza nessuna legge (Calderoli, minima semplificazione dove sei?) e cioè scrivere anno per anno nel capitolo sanità della calabria o sicilia il 15% in meno per n anni? In parole povere sarebbe un taglio non lineare, c’è bisogno di fare una legge per fare un taglio non lineare? Federalismo lo intendo che ci sono ben determinate funzioni (sanità, scuole professionali e tecniche, strade regionali, traposrti locali) che sono di competenza esclusiva regionale con altrettante tasse locali che le alimentano. La parola solidale si attua con le tassazioni nazionali.

  14. Domenico

    L’articolo difende il principio giusto dei costi standard unici in tutte le regioni e attribuisce a Fini l’idea di costi standard definiti a livello regionale. Sinceramente non vedo nel discorso di Fini a Mirabello niente riconducibile a quest’ultimo concetto di costi standard, probabilmente è stato frainteso. È anche affrettata l’attribuzione al nascente partito Futuro è Libertà di essere un nuovo partito del sud.

  15. luigi zoppoli

    Tecnicamente i costi standard è noto come verrebbero calcolati? Mi spiego. Se la Liguria ha una incidenza di popolazione anziana proporzionalmente superiore alla Camania, ad esempio, la sua spesa sanitaria sarà proporzionalmente maggiore. C’è una nota tecnica che fornisce indicazioni sulle modalità di calcolo?

  16. umberto carneglia

    L’assistenzialismo è stata una delle cause principali del degrado del Mezzogiorno. L’eventuale differenziazione dei parametri standard a favore del Mezzogiorno sarebbe catastrofica. Quello che occorre è l’esatto contrario: è proprio il rigore la cura adatta per per gli enti pubblici che sprecano. Il lassismo finanziario diventa un cosume ideologico. Quello che manca al Sud è la sicurezza , la legalità e le infrastrutture.

  17. franco

    Concordo pienamente con il desiderio, finalmente espresso a chiare lettere, che la collocazione politica dei finiani sia nettamente meridionalista: lo stesso richiamo all’unità nazionale appare strumentale a volere, in realtà, continuare a mantenere lo status quo. Evitare cioè che le regioni più virtuose smettano di mantenere servizi costosi ed inefficenti come la sanità calabra, in cui il numero di operatori pro capite è enormemente elevato. A nulla credo poi valgano i richiami ad un’amministrazione meridionale della cosa pubblica più virtuosa, in quanto la malavita e il clientelismo decidono anche le nomine dei primari negli ospedali; per non parlare dei soliti appalti in ogni settore. Solo chiudendo il rubinetto statale si potrà portare il sistema al punto di collasso in grado di riscattare il sud, in quanto la sua classe dirigente appare ormai permeata, se non collusa, col malaffare; o perlomeno si potranno salvare un pò più di risorse per chi veramente le merita. Spero che l’anniversario dell’unità d’Italia serva da momento chiarificatore e non si riduca ad un mero trionfalismo storico di un meridionalismo piagnone, populista e furbesco da finti patrioti.

  18. Emilio Longo

    Sembrerebbe dunque che Fini intenda rappresentare una fetta di elettorato del Centro-Sud preoccupato di un federalismo troppo penalizzante, bilanciando così lo strapotere della Lega. Gli autori stigmatizzano l’inadeguatezza della classe dirigente di quelle Regioni, incapace di capire i benefici derivanti da vincoli di bilancio più rigidi e ben definiti. E’ proprio così? Onestamente, non è immediato comprendere quali benefici possano attendersi i cittadini del Mezzogiorno a fronte dei sacrifici imposti dai minori trasferimenti dallo Stato e, in fondo, l’utilitarismo che spinge la Lega a chiedere rapida attuazione del federalismo per il Nord, non è dissimile da quelle alla base delle istanze di Fini. Forse la verità è che non è facile accettare l’efficienza nella spesa pubblica come obiettivo in sé. Probabilmente perché tale efficienza, più che un fine dovrebbe costituire un mezzo necessario per alimentare nuove prospettive di sviluppo per un Paese in declino. Purtroppo, nessuna forza politica, al Nord come al Sud, è stata finora in grado di unire il Paese attorno ad una visione credibile e coerente del futuro su cui investire e per la quale accettare gli inevitabili sacrifici.

  19. PDC

    Ho seri dubbi sull’affermazione: “L’antidoto sarebbe la nascita di una classe dirigente al Sud in grado di capire che è nel suo interesse avere vincoli di bilancio più rigidi e ben definiti. La trasparenza e la scarsità possono infatti diventare una potentissima arma contro i potentati locali e la criminalità organizzata”.
    Ma la classe dirigente del Sud, in effetti, di chi è espressione?

  20. Franco

    In bocca all’erede di Almirante la parola "federalismo" suona di un accentramento lungo dalle Alpi alla Sardegna. Non dico poi dell’aggettivo "solidale", che suona tanto di costrizione bella e buona e non di una libera scelta fatta su precise analisi di situazioni e sforzi reali. Mi sa tanto invece che il signor Fini al di là delle fanfaluche propagandistiche pro domo sua ( salari dei precari più alti rispetto a quelli dei fissi, legalità e non impunità, etc. etc. tutte cose scoperte dopo 15 anni di assecondamento a precariato permanente, impunità a ogni piè sospinto ) abbia fondamentalmente ribadito la sua fedelta "federalista" al duce Berlusconi pur di avere un suo governatorato suddista: La solidarietà non può scaturire che da una libera scelta e non può essere imposta. Di più : deve partire da basi comuni di valutazione perchè solo da quelle i più virtuosi potranno liberamente e specificatamente indirizzare le risorse aggiuntive per abbattere le cause delle diseguaglianze. Purtroppo i pericoli di disgregazione del popolo italiano sono molto più vicini di quanto possano far temere queste avvisaglie. Il federalismo deve partire dal basso ed essere guidato dalla Costituzione.

  21. Paolo Telesforo

    Il Sud non ha proprio bisogno di costi standard più alti. Il Sud può ritenersi soddisfatto se il costo standard venga definito per singola prestazione e non venga fuori da alchimie dettate da interessi particolari delle lobby delle Regioni del Nord. Mi spiego: al Sud va benissimo che per esempio una Risonanza magnetica nucleare, una T.A.C., un ricovero per un intervento di colecistectomia, di ernia del disco venga pagato allo stesso modo in Puglia come in Lombardia. Si vada a vedere cosa hanno speso l’Emilia-Romagna e la Puglia per la Sanità dal 1997 ad oggi. A parità di abitanti, l’Emilia-Romagna in tredici anni ha avuto dallo Stato Centrale, in sede di ripartizione, oltre dieci miliardi di euro (ripeto oltre dieci miliardi di euro) in più rispetto alla Puglia. Ciò che queste due Regioni hanno prodotto in termini di efficacia ed efficienza è un altro discorso , questo è il vero problema che occorre approfondire. Ma questo problema non interessa a nessuno.

  22. Marco Esposito

    Il principio dei costi standard porta in una regione povera la necessità di spingere la leva fiscale al massimo. Bisogna puntare invece ai tre standard: costi, servizi, aliquote. Se una regione povera rispetta i costi della regione ricca e virtuosa e soprattutto eroga servizi al medesimo standard, allora le aliquote fiscali devono essere standard e la perequazione deve coprire il resto. Solo se i servizi sono inferiori o i costi superiori devono aumentare le tasse. Tale principio porta potenzialmente a servizi e costi uguali sul territorio. Ma forse il desiderio di alcuni è solo trattenere risorse economiche al Nord.

  23. Emanuele Pugliese

    Probabilmente a causa dell’intento divulgativo, ma l’articolo sembra più politico che economico. Più interessato a bianchi e neri rispetto al grigio dell’aspetto quantitativo che dovrebbe interessare un economista. Marchiare qualsiasi diverso standard come "mala gestione" e "corruzione" è riduttivo e ingenuo. Portare l’acqua potabile, a Venezia o a Ponza o a Roma, ha costi diversi. I trasporti interni, in una città di pianura o di montagna, hanno costi diversi. Le infrastrutture rimarranno a capo delle società appaltatrici nazionali. Se in Calabria vi sono determinate condizioni di trasporto e in Emilia altre, costi diversi per l’amministrazione sono attesi. La copertura della banda larga non è diffusa uniformemente, con costi diversi per i rapporti con i cittadini. La criminalità organizzata pesa in modo diverso sulle aziende appaltatrici. Un conto è fissare uno standard per regione corretto, basato su un’analisi econometrica ragionevole (ad esempio i costi dei privati). Un conto è dire "Sì" o "No". Quello lo fa la politica, un economista, visto che ne è in grado, può parlare di numeri e dire "Quanto".

  24. Giuseppe Rallo

    A propostito di federalismo fiscale, tanti economisti si sono cimentati nell’individuare come meglio distribuire le entrate tra le varie regioni, ma nessuno finora aveva studiato da dove provenissero i flussi finanziari delle varie regioni. Addirittura qualche giornalista riporta frasi prive di senso: "se non ci fosse il sud il PIL della Lombardia…". Finalmente tre validi economisti ( Savona, De Bonis, Tondi ) hanno fatto questo lavoro e l’hanno pure pubblicato (Laterza), peccato che nè lavoce.info nè altri organi di informazione hanno ripreso questo studio in cui si evidenzia che i fondi dati per il mezzogiorno, tornano attraverso gli acquisti netti e l’attivita’ commerciale alle regioni del centro-nord. Questo spiegherebbe pure come il divario economico tra le due aree del paese si amplia invece che restringersi negli anni. Le conclusioni ‘sorprendenti’ di Savona sono che ”la massa di trasferimenti pubblici che prende la via del Sud, al centro di infinite discussioni e polemiche, viene di fatto restituita alle altre regioni sotto forma di acquisti, dato il divario commerciale che esiste tra nord e sud”. Così emerge che la Lombardia presenta una saldo negativo verso l’estero e un ”fortissimo avanzo” verso le altre regioni italiane. Si potrebbe dire che senza il resto d’Italia la Lombardi sarebbe una delle regioni più povere d’Europa. Infatti, la tesi contenuta nel volume e’ che ”il modello con cui si guarda alla realta’ produttiva del paese andrebbe rivisto”. Dal sud escono risorse per 72 miliardi l’anno e di questi 63 miliardi vanno al centro-nord sotto forma di acquisti netti, mentre i trasferimenti pubblici sono stimati in circa 45 miliardi”.C’e’ da far meditare, in particolare, la Lega Nord e poi l’intera classe politica. Purtroppo si sa che se una notizia va contro i luoghi comuni per i media non va bene. Ma per lavoce.info?

    • La redazione

      L’idea che il sud resti povero perché finanzia con i soldi del nord gli acquisti di merci provenienti dal nord non è nuova e si inserisce in una consolidata letteratura nell’economia dello sviluppo. Ma giusto o sbagliato che sia quest’argomento (e le implicazioni sono probabilmente un po’ diverse da quelle che ne trae il lettore), questo non c’entra nulla con il tema del nostro articolo, che va invece riferimento al fatto che anche a parità di risorse per alcune funzioni fondamentali, i servizi offerti al sud sono nettamente peggiori che al centro nord. Nella principale funzione regionale, la sanità, per esempio, una volta tenuto conto della età della popolazione e la mobilità ospedaliera, la Banca d’Italia calcola che la spesa procapite pubblica, fatta 100 la media nazionale, sia 96 al nord e 104 al sud. Eppure, una pluralità di indicatori oggettivi e soggettivi indicano che si servizi offerti siano peggiori al sud. Su questo occorre intervenire, e una migliore standardizzazione dei costi e di riparto dei fondi, accompagnata da sistemi di incentivazione, può dare una mano in questa direzione.

  25. Rita Prodi

    Condivido pienamente l’analisi e gli interrogativi presenti nell’articolo. E’ una situazione molto delicata, perchè alla parola "federalismo", a seconda degli orientamenti politici, vengono date interpretazioni le più disparate. Inoltre, parlare di federalismo fiscale (e non solo…) innesca paure nelle regioni in cui gli sprechi sono macroscopici, come d’altro canto anche nelle regioni "virtuose", che temono una drastica riduzione delle risorse disponibili. Sarebbe necessaria una classe politica differente, in grado di vedere e considerare il tutto in una prospettiva di unità e di standard nazionali, perchè, fino a prova contraria, siamo ancora una Repubblica.

  26. GIUSEPPE RALLO

    Vi ringrazio per la cortese risposta al mio commento. Comunque il mio intendimento non era quello di valutare la formulazione dei costi standard o l’efficenza dei servizi erogati. Su questo c’è un dibattito in corso e "lavoce.info" ci ha dato la possibilità di valutare tutti gli aspetti. Io volevo solo precisare che oltre alla qualità della spesa pubblica bisogna tener conto della provenienza delle entrate fiscali e gli scambi tra le regioni italiane. Non vorrei fare un esempio banale ma buona parte del fatturato della Barilla vien fatto al Sud, dove se ne mangia di più, ma l’IRES viene pagata al nord. La sede italiana di quasi tutte le multinazionali è a Milano. Voglio semplicemente far presente che quando si parla di federalismo dobbiamo tener conto anche di questi aspetti. So per certo che voi li date per scontati, ma molte persone no.

  27. Riccardo

    Ammetto di non essere un assiduo frequentatore di questo sito, ma leggo con attenzione quanto proposto dagli autori e i commenti di tanti internauti. Vedo con piacere che molta gente, dall’alto della posizione settentrionale in cui si ritrova, è in grado di giudicare quello che accade dovunque in Italia. in particolare nel meridione d’Italia. Così il meridionale d’Italia diventa il luogo del finto patriottismo, dei piagnoni, della classe politica addormentata se non, addirittura, collusa con la mafia. Leggo che le rivendicazioni di Fini (che sono le stesse del capo dello Stato e della Cei), relativamente ad un federalismo solidale che aiuti a far convergere il Pil delle regioni italiane, viene interpretato in una logica meridionalistica e quindi, per antonomasia, inefficiente, sprecona. Leggo con piacere che gli autori degli articoli hanno almeno l’onestà intellettuale di scrivere che i fondi FAS sono stati parzialmente utilizzati per altre questioni che poco (si fa per dire) hanno a che fare con le aree meno ricche del paese. Vi suggerisco di ricordare i 300 arresti di Luglio, l’evasione fiscale e la lottizzazione della sanità lombarda. Giusto per tornare con i piedi per terra.

  28. bob

    Cosa c’entra il Federalismo con la buona amministrazione? Perché dimenticare che dal ’70 con l’avvento delle Regioni la spesa e il debito pubblico è esploso a Nord e a Sud. Come si può credere senza un minimo di buonsenso che 21 Regioni grandi come un quartiere di Roma possono leggiferare ognuna per suo conto? Questo Paese ha bisogno esattamente del contrario di quello che si sta facendo ( o non facendo). Io sono un imprenditore del centro-nord, non credo alla favola del "federalismo" credo che ogni sistema deve avere uno Stato, una buona amministrazione, una assunzione di responsabilità degli amministratori. Vi rendete conto che sono cinque mesi che parlano della moglie di Fini, dell’inno d’Italia, del dialetto nelle scuole e altre menate.

  29. Vito Tanzi

    Il "Federalismo Solidale" proposto da Fini è chiaramente riprovevole.Ma la questione che Boeri e Bordignon avrebbero dovuto affrontare ma non lo hanno fatto è se c’ègiustificazione in italia per una politica ridistributiva verso il Mezzogiorno. Fino ad ora una tale esplicita politica non è esistita e la (poca) ridistribuzione è avvenuta principilmente attraverso l’ inefficienza nella pubblica amministrazione nel Mezzogiorno che ha dato piu’ impiegati pubblici nel Sud. Se si richiede la stessa efficienza nella pubblic amministrazione in tutte le regioni, sarà forse necessario chiedersi se tale politica dovrebbe essere accompagnata da una esplicita politica ridistributiva.

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