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La parola ai numeri: lavoro

 

 

Ieri l’Istat ha pubblicato il comunicato su occupati e disoccupati nel secondo trimestre del 2010. Aggiorniamo la tabella e i grafici già pubblicati su queste pagine in cui analizziamo l’andamento dell’occupazione durante la crisi.

LIEVE RIMBALZO DELL’OCCUPAZIONE, MA LE ASSUNZIONI SONO CON CONTRATTI TEMPORANEI.

Il tasso di disoccupazione peggiora ed ha raggiunto il livello più alto dal 2003, 8.5 per cento. Grave in particolare è la situazione della disoccupazione giovanile (27,9 per cento oggi contro il 20,4 per cento di due anni fa). I posti di lavoro bruciati tra i ragazzi di età compresa tra i 15 e i 24 anni sono 131.000 (-16.6 per cento sullo stock). La figura 1 è un aggiornamento delle stime già pubblicate sulla percentuale di lavoratori in cassa integrazione (1).

Il peggioramento dei dati sulla Cassa Integrazione nel secondo trimestre 2010, in gran parte dovuto alla CIG in Deroga insieme al nuovo aumento del tasso di disoccupazione, porta questa stima della quota di forza di lavoro in cerca di occupazione all’11,3 per cento.
Le ripercussioni della crisi sul mercato del lavoro non si arrestano anche se sembra esserci per la prima volta un’inversione di tendenza sul lato dell’occupazione. Il numero complessivo di occupati è salito rispetto al trimestre precedente, benché sia ancora inferiore rispetto allo stesso trimestre di un anno fa. Questa lieve ripresa è avvenuta esclusivamente attraverso le nuove tipologie contrattuali, su cui sin qui si era concentrata la distruzione di posti di lavoro (i contratti a tempo determinato sono calati del 10 per cento dal secondo trimestre 2008 e pesano per ben il 42 per cento del totale dei posti andati persi). La fine del periodo di Cassa Integrazione e il fatto che ormai non si assuma più con contratti a tempo indeterminato contribuisce a spiegare la loro flessione (-1 per cento, rispetto allo 0,7 per cento dello scorso trimestre).

Figura 2

Il numero di posti di lavoro bruciati dal secondo trimestre 2008 ad oggi è 929.307. Questi sono i posti di lavoro persi tra i lavoratori italiani, tenendo conto dell’aumento della componente straniera (che per la prima volta ha superato 2 milioni di unità). Tuttavia, come già ricordato tre mesi fa, le statistiche che riguardano gli stranieri risentono delle regolarizzazioni e sono pertanto meno attendibili.
Aggiorniamo di seguito anche la tabella e il grafico che riassumono l’andamento del mercato del lavoro in questo periodo.

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(1) Per ottenere queste stime si calcolano il numero di lavoratori equivalenti a tempo pieno, dividendo le ore autorizzate totali di cassa integrazione per le ore lavorate in un trimestre da un lavoratore medio italiano.

Tabella 1

Figura 3

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La risposta ai commenti

  1. Felice Di Maro

    Mi ha fatto veramente piacere aver letto quest’articolo e ringrazio gli autori. Naturalmente sono critico perché anche se il lavoro è un diritto costituzionale ormai è considerato un regalo. Se "il tasso di disoccupazione peggiora ed ha raggiunto il livello più alto dal 2003, l’8.5%" mi si spieghi perché certe aziende di eccellenza parlano di delocalizzazione e non di rilancio dell’innovazione tecnologica e nell’insieme anche di innovazione di prodotto s’intende? Si voglia o no le risorse umane debbono essere considerate fattori produttivi insieme a quelle dei capitali costituite da impianti e liquidità monetaria. Naturalmente è necessario rilanciare una diversa organizzazione del lavoro e raffinare i stili di vita. Ma tutto ciò non basta in quanto siamo in una fase di globalizzazione e dobbiamo stare nei mercati internazionali. Ovviamente per concorrere bisogna serve un rilancio di una nuova professionalità che bisogna farsela anche a livello personale investendo in proprio in quanto gli attuali governanti non sono sensibili alle tematiche degli studi e della ricerca e non conoscono naturalmente il significato della parola "aspettative".

  2. Roberto A

    Sono abbastanza stupito che si continui con questo giochetto. Parto dalla fine:si fa il cacolo prendendo le ore di cassa integrazione autorizzate invece di prendere le ore di cassa integrazione effettivamente poi utilizzate e cio’ già inficia i numeri. E in un certo punto si dice che le persone in cerca di occupazione, calcolando anche la cassa integrazione,sale all’11,3%:ma coloro che sono in cassa integrazione non sono in cerca di occupazione e non sono disoccupati,smettiamola di scimmiottare i numeri e le parole in questo modo.Al limite, allora,facciamo raffronti sulle ore lavorate ma usiamo i termini giusti non quelli errati come fate voi. Parliamo di ULA semmai. Già ci pensano un po’ tutti i giornalisti incompetenti sui giornali a fare confusione, ma da voi non me lo aspetterei visto che le competenze dovreste averle.

    • La redazione

      Durante l’attuale crisi economica la Cassa Integrazione Guadagni è servita a evitare licenziamenti in massa in presenza di esuberi di personale. Ma chiaramente non può durare all’infinito. Per questo motivo è fondamentale avere misure della forza lavoro in cerca di impiego che includano le persone che continuano ad essere in CIG. L’Inps non pubblica i dati sulle ore utilizzate, ma solo il cosiddetto tiraggio, cioè il rapporto fra ore utilizzate e ore autorizzate. Questa statistica, a detta degli stessi tecnici dell’istituto, è priva di significato in quanto le notificazioni dell’utilizzo vengono fornite con ritardi che cambiano da regione a regione e non sono comparabili alle autorizzazioni. Comunque se applichiamo i dati sul cosiddetto "tiraggio" ai dati sulle ore autorizzate, emerge comunque un andamento crescente nel tempo delle ore utilizzate.

  3. Informazione corretta

    Prima si è lodata la riforma Biagi, dicendo che ha creato 3 milioni di posti di lavoro che però in larga parte erano posti con contratti a tempo determinato e atipici e ora ci si viene a dire che si c’è stata una piccola inversione di tendenza, ma dovuta alla crescita dei posti a tempo determinato: beh,mi pare una contraddizione, visto che prima, non si lamentava del fatto che molti nuovi posti di lavoro fossero di quel tipo. E poi ancora con la questione dei posti di lavoro italiani e stranieri e dell’iscrizione all’anagrafe: possiamo cominciare a parlare solo di posti di lavoro, siano essi italiani o stranieri? Se si tratta di valutare la capacità della nostra economia di creare occupazione, non occorre fare queste differenziazioni speciose, tra l’altro mi pare anche superficiali. Ripeto,anche gli anni precedenti, quando si lodava la legge Biagi e l’aumento dei posti di lavoro, molti benefici erano dovuti a notevoli aumenti dei lavoratori stranieri e di regolarizzazioni.

    • La redazione

      Gli immigrati vengono inclusi nelle statistiche solo se iscritti all’anagrafe. Quindi gli irregolari non vengono rilevati. Ogni qualvolta c’è una regolarizzazione il campione delle forze lavoro comincia a rilevare occupazione di persone che erano già in italia e che non erano state rilevate solamente per le ragioni di cui sopra. Quindi si osserva un incremento dell’occupazione che non c’è stato. Questo fatto rende poco attendibili le statistiche sulla variazione dell’occupazione sugli immigrati.

  4. Dario Di Pierro

    Sono d’accordo con il commento di Roberto A. e con la soluzione di ricorrere all’utilizzo delle ore lavorate. Come ben sapete la definizione di disoccupato è molto rigorosa; se, come dite nella risposta al commento, vi interessa una misura delle forze di lavoro in cerca di occupazione allora utilizzate in maniera chiara una definizione "allargata" (che tra l’altro terrebbe anche conto degli scoraggiati). Dato che poi parlate in generale di forze di lavoro, allora dovreste includere anche tutti gli occupati (non solo quelli in CIG) in cerca di occupazione. Altre considerazioni: a parte l’aspetto formale della continuazione del rapporto di lavoro, non tutti i lavoratori in CIG non lavorano, sono cioè in CIG a zero ore; un lavoratore in CIG molto probabilmente non considera sé stesso disoccupato e molto probabilmente non è alla ricerca attiva di lavoro.

  5. Claudio Cosmaro

    Sono un funzionario di vigilanza e resto sempre molto perplesso quando leggo le statistiche sulla disoccupazione perchè, dalla mia finestra sul mondo del lavoro, ho la sensazione che le statistiche siano ancora costruite utilizzando strumenti che fanno riferimento al mondo del lavoro di 10 anni fa. Oggi sono moltissime le persone che hanno un’occupazione saltuaria e con un orario molto ridotto. Da profano chiedo: non sarebbe possibile fare un conteggio sulle ore effettivamente lavorate e verificare il tasso di occupazione reale partendo dall’ipotesi che se vi fosse piena e totale occupazione avremmo un numero di ore di lavoro settimanle dato dal numero di persone occupabili per 40. Esiste una statistica di questo tipo? Grazie

  6. Roberto A

    Questo potrebbe essere un indicatore diverso che tiene conto delle ore lavorate http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20100604_00/testointegrale20100604.pdf

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