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Inquinamento: se la diagnosi è sbagliata la terapia non funziona

Non è vero che la qualità dell’aria in Italia è peggiorata. Sono i vincoli dell’Unione Europea a essere divenuti più rigidi e molte città italiane faticano a rispettarli. Si è invece aggravato il problema della congestione stradale nelle grandi aree metropolitane. Ma per risolvere questo problema la strategia più adeguata non è il potenziamento dei trasporti collettivi. Sarebbe preferibile introdurre sistemi di pagamento per la circolazione nelle aree urbane.

L’inquinamento atmosferico? È in aumento. Ne è convinta la stragrande maggioranza dei cittadini europei. Non potrebbe essere altrimenti. Siamo in grado di dire per esperienza diretta se fa caldo o freddo, ma non possiamo valutare autonomamente come si evolve la qualità dell’aria. “Sappiamo” ciò che apprendiamo dai mezzi di informazione. E questi, tranne rare eccezioni, ci ripetono da anni che la situazione volge al peggio.

UNA DIAGNOSI ERRATA

Un esempio tra i tanti, è un lancio dell’agenzia Ansa dello scorso 20 settembre che inizia così: L’aria nel Belpaese è sempre più irrespirabile. Non è così. Per tutti gli inquinanti monitorati si è registrata negli ultimi decenni una progressiva riduzione dei livelli di concentrazione in atmosfera. A Milano, ad esempio, tra il 1990 e il 2005:
– il biossido di zolfo è passato da 38 a 5 micro-g/m3 (-87%);
– il biossido di azoto è diminuito da 115 a 60 micro-g/m3 (-48%);
– l’ossido di carbonio è stato abbattuto da 3,9 a 1,3 micro-g/m3 (-67%) (1)

Ancor più significativa è l’evoluzione nel lungo periodo della concentrazione delle polveri: a Milano oggi la concentrazione media di Pm10 è intorno ai 50  micro-g/m3; trent’anni fa le polveri totali (di cui il Pm10 rappresenta l’80-85 per cento) erano pari a circa 175 micro-g/m3  e con una varianza molto maggiore di oggi.

Concentrazione di polveri a Milano dal 1977 al 2005

L’EQUIVOCO DEI LIMITI

Sotto il profilo dell’inquinamento, dunque, a Milano – come nella media delle città europee – si sta nel complesso meglio, non peggio. (2) Il punto è che i limiti fissati dalla Unione Europea sono divenuti molto stringenti e Milano (come altre città italiane) fatica a rispettarli, finendo agli ultimi posti della graduatoria tra le città europee, stilata in base al numero di giorni di superamento dei limiti di legge relativi alle concentrazioni degli inquinanti. Così la Commissione Europea ha finito per inviare due avvertimenti all’Italia, con la richiesta di predisporre un piano che contrasti i continui superamenti dei limiti sulla qualità dell’aria. Di qui la conclusione che l’aria sta diventando sempre più irrespirabile. Ma si tratta di un non sequitur: alcuni limiti fissati dalla Unione non sono rispettati, dunque la qualità dell’aria peggiora. E poi, anche guardando all’indicatore sintetico “della qualità dell’aria, come viene erroneamente definito, pubblicato dall’Agenzia europea dell’ambiente, e costruito proprio sulla base del numero medio di volte in cui si superano i limiti delle concentrazioni, la situazione delle città italiane (Napoli a parte) negli ultimi anni è andata nel complesso lievemente migliorando (se l’indice diminuisce ci sono meno superamenti dei limiti). (3)

 

Indicatore sintetico di “qualità dell’’aria”, 2004-2008

   Fonte: Istat, Statistiche in breve, 22 giugno 2010

Come spiegare il miglioramento della qualità dell’aria se i consumi di elettricità sono aumentati, continuiamo a riscaldare i nostri edifici come e più di prima e il traffico automobilistico è cresciuto a dismisura? La cura che ha dato così buoni risultati si chiama esodo dellindustria e, soprattutto, innovazione tecnologica. La riduzione delle emissioni unitarie è stata, evidentemente, più rapida della crescita dei consumi energetici e della mobilità.
Se questa lettura dell’evoluzione della malattia e della cura (più o meno consapevolmente) adottata nel passato è corretta, ne discende un’importante conseguenza in termini di politiche da adottare nel futuro, in particolare per quanto riguarda il settore della mobilità.

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UNA TERAPIA CHE NON FUNZIONA

Com’è pressoché universalmente condivisa l’idea di un peggioramento in atto dell’inquinamento atmosferico, così vi è un largo consenso in merito al fatto che la strategia prioritaria da adottare per far fronte al problema sia quella del potenziamento dei trasporti collettivi al fine di favorire il riequilibrio modale.
In realtà, tale politica diviene col passare degli anni sempre meno efficiente. Per conseguire lo stesso obiettivo in termini di contenimento delle emissioni che vent’anni fa poteva essere ottenuto riducendo di mille unità il traffico veicolare oggi sarebbe necessario togliere dalle strade un numero di veicoli di un ordine di grandezza superiore. Per capire quale risultato può essere conseguito grazie a investimenti a favore del trasporto collettivo può essere utile analizzare quanto accaduto a Torino con la realizzazione della prima linea di metropolitana (costo di realizzazione: 650 milioni di euro; costo annuo di esercizio: 30 milioni). Ebbene, sulla base dei dati forniti dalla locale Agenzia per la mobilità metropolitana, la nuova infrastruttura ha determinato una riduzione del traffico privato pari a 8.500 spostamenti al giorno. Considerato che il numero totale di viaggi nell’area metropolitana di Torino è pari a circa 1,6 milioni, in termini percentuali il traffico è diminuito dello 0,5 per cento il che equivale a una riduzione media della concentrazione delle polveri sottili dell’ordine di 0,15 micro-g/m3(4) Un contributo trascurabile, se paragonato a quello passato e futuro dell’evoluzione tecnologica delle auto.

MA SI AGGRAVA LA CONGESTIONE

Invece, si è andato progressivamente aggravando il problema della congestione stradale nelle grandi aree metropolitane e soprattutto è aumentata la percezione di fastidio da parte dei fruitori delle strade, anche perché è aumentato il valore del tempo, sebbene, anche in questo caso, le stime più diffuse tendano a sovrastimare la rilevanza del problema.
Ma la congestione, a differenza dell’inquinamento, è un’esternalità che coinvolge solo chi usa la strada (in auto, in bici, in moto e ovviamente sui mezzi pubblici). Quindi, considerati i modestissimi risultati in termini di shift modale che possono essere conseguiti con il potenziamento dei trasporti collettivi, la strategia preferibile per porre rimedio al problema non sembra essere quella di incrementare l’entità delle risorse pubbliche destinate al settore del trasporto pubblico locale (Tpl) e in particolare quelle destinate a sussidiare servizi gravati da pesanti inefficienze.
Sarebbe preferibile introdurre sistemi di pagamento per la circolazione nelle aree urbane più congestionate (congestion charge). L’esperimento milanese avviato nel 2008 non era una vera congestion charge, ma un Ecopass, cioè una tariffa che mirava a ridurre il livello di inquinamento. Perciò prevedeva l’esenzione per le auto considerate “pulite”, oltre a molti altri sconti concessi su pressione delle varie lobby e a un’area di applicazione probabilmente troppo ristretta. Non sorprende che l’efficacia di Ecopass contro la congestione e i ricavi per le casse comunali si siano rivelati decrescenti nel tempo: man mano che il parco auto veniva rinnovato cresceva il numero dei veicoli esenti dal pagamento e che potevano circolare liberamente nel centro. Obiettivo mal centrato, dunque, e strumento debole.

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SI PUÒ FARE DI MEGLIO

A Milano come in altre città italiane, con la congestion charge e con una severa repressione della sosta selvaggia (fonte non secondaria di rallentamenti del traffico e, quindi, di congestione) e utilizzare le risorse acquisite per potenziare le infrastrutture capaci di contribuire a fluidificare il traffico, compresi i parcheggi e la rete stradale urbana di superficie e sotterranea (nessuno scandalo). Tra l’altro, con meno congestione sarebbe possibile incrementare il servizio di trasporto pubblico di superficie senza spendere di più, perché gli stessi mezzi e gli stessi autisti potrebbero fare più corse (ogni corsa richiede meno tempo) e comunque il servizio sarebbe di migliore qualità. Se poi si riuscisse a ottenere qualche aumento di efficienza nella gestione delle aziende di Tpl, ci sarebbe anche la possibilità di acquistare più mezzi e potenziare ulteriormente il servizio, sempre senza spendere di più. In alternativa, si potrebbe mantenere il servizio invariato e non fare investimenti infrastrutturali, riducendo invece il carico fiscale sulla cittadinanza o trovare un qualche mix opportuno tra le varie alternative.
(1) L’unico dato in controtendenza è quello relativo all’ozono, cresciuto da 13 a 42micro-g/m3. Ma a differenza delle altre sostanze inquinanti, l’ozono non viene emesso dai motori degli autoveicoli. La sua comparsa risulta da reazioni chimiche complesse che si producono talvolta tra il biossido di azoto e i composti organici volatili in presenza di radiazioni ultraviolette del sole. Va aggiunto che in media le concentrazioni di ozono sono più basse nelle città che in campagna, in quanto curiosamente un’altra sostanza emessa dagli autoveicoli  il monossido di azoto distrugge l’ozono quando si trova in sua presenza: non a caso la crescita più significativa della concentrazione di ozono a Milano si è verificata tra gli anni 1988 e 1997 contemporaneamente alla riduzione del monossido di azoto.
(2) European Environment Agency, Towards a resource efficient transport system”, EEA Report n. 2/2010.
(3) Istat: Qualità dell’aria nelle città europee, anni 2004-2008”, Statistiche in breve, 22 giugno 2010.
(4) L’attuale concentrazione media di Pm10 è pari a circa 60 micro-g/m3. Il fondo naturale  concentrazione di polveri sottili che si registrerebbe in assenza di attività antropica  è di circa 10 micro-g/m3. Il contributo antropico è dunque di 50 micro-g/m3. Assumiamo, prudenzialmente, che tutte le emissioni siano originate dal traffico. In prima approssimazione si può stimare che metà delle emissioni di polveri sia da ricondurre alle auto e l’altra metà ai veicoli commerciali, pesanti e bus. Gli spostamenti in auto sono quindi responsabili di una quota parte della concentrazione di polveri sottili dell’ordine di 25micro-g/m3. Una riduzione del traffico dello 0,5 per cento comporta una riduzione della concentrazione dell’ordine di 0,15micro-g/m3.

 

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21 commenti

  1. Dr. Stefano Galavotti

    Finalmente comincia a diffondersi – anche al di fuori di sparuti gruppi tecnici – la verità che l’inquinamento sta calando, mentre ciò che aumenta è la conoscenza del fenomeno, la capacità di misurarlo e l’uso disinvolto che di questi dati stanno facendo comitati locali, giornalisti non preparati, politici e medici interessati, orecchianti e passanti. Una spasmodica attenzione verso l’inquinamento collettivo e le altre "causalità sociali" riduce l’attenzione dei cittadini sul più grave e rimediabile dei fattori di rischio sanitario: il comportamento individuale. I danni da fumo, alcool, obesità, infortuni stradali e lavorativi ce lo dimostrano ogni giorno.

  2. Renzo

    Certo, se non si riesce a convincere la gente a usare meno la macchina (e anche le moto!) con le ragioni ambientali perché ormai del calo di inquinamento è vicino all’asintoto, non rimane che toccargli le tasche in attesa che cresca una nuova generazione di cittadini camminatori; Il problema è che grazie alla finanziaria le società di trasporto urbano aumenteranno i prezzi e taglieranno i servizi. Tariffe di accesso e incentivi fiscali dovranno andare di pari passo se non vogliamo che i grafici dei parametri riprendano a salire.

  3. Stefano Barazzetta

    Articolo interessante, ma sono sinceramente scettico sulla validità del messaggio. Sono d’accordo sulla possibilità di cercare di limitare le congestioni tramite pedaggi, ma mi sembra improbabile che questo non debba essere accompagnato da un rafforzamento del Tpl: la gente ha bisogno di alternative all’auto, se non può/non vuole permettersi di pagare i suddetti pedaggi. Segnalo anche che importante sarebbe il potenziamento del servizio di Tpl al di fuori delle ore di punta: il lavoro moderno è sempre più flessibile anche in termini di orari, e la programmazione dei Tpl dovrebbe tenerne conto. Segnalo anche che non inserirei tra le misure in grado di "fluidificare il traffico" la costruzione di nuovi parcheggi, al contrario: la presenza di parcheggio spinge ad un maggior utilizzo dell’auto, con conseguente aumento del traffico, penso per esempio al caso di Milano (che ha visto negli ultimi anni il proliferare di parcheggi sotterranei). Ricordo di aver letto che a Londra un grattacielo di recente costruzione adibito ad uffici è stato pensato con un numero minimo di parcheggi (per auto di servizio, etc..) proprio nell’ottica di incentivare l’utilzzo di mezzi pubblici.

  4. Giorgio

    Quando vogliamo inserire l’elettrosmog tra le forme di inquinamento dell’aria? I valori di fondo stanno enormemente aumentando . Se poi consideriamo che tutto ciò sta avvenendo negli ultimissimi pochi anni come può il nostro sistema fisiologico difendersi da una presenza di campielettromagnetici enormemente maggiori (e diversi) rispetti a quelli naturali? Noi siamo tutti partecipi – inconsapevoli ma impotenti – ad un’enorme sperimentazione che coinvolge tutto il mondo "sviluppato" … chi farà le statistiche !? Magari poi scopriremo che come nei casi di il fumo (passivo), l’amianto, per citarne due, anche i cem sono pericolosi per il genere umano (e non) ! Siamo tutti parte di un Truman Show Se becco il regista…

  5. Sergio Mantovani

    Tot capita, quot sententiae! Io so per esperienza diretta che nelle città fiamminghe di piccole (Loeven), medie (Gand, Bruges) e grandi dimensioni (Antwerpen) ci si muove con grande facilità. Là si vedono tante biciclette e frequenti mezzi pubblici. Scarseggiano le auto private. La gente ha un livello di istruzione e un grado di benessere generalmente superiore al nostro. Il clima è peggiore del nostro. Il confronto con la mobilità, con la qualità dell’aria delle nostre città è assolutamente sfavorevole per noi italiani. Io so una sola cosa: copiare dai migliori è indice di saggezza.

  6. maurizio

    Se non erro le norme attuali prevedono per il PM10 2 parametri: un valore limite di 50 µg/m³ come valore medio misurato nell’arco di 24 ore da non superare più di 35 volte/anno ed un altro valore limite di 40 µg/m³ come media annuale. I danni peggiori li fanno le polveri di diametro più fine che non sono intercettate ed espulse dalle vie aeree superiori ed arrivano agli alveoli polmonari. Non credo che vi siano controlli sistematici attualmente su granulometrie più fini. Il problema sanitario sono le concentrazioni di picco che sono altissime in zone ad elevata congestione e gli elevati tempi di esposizione dei residenti e di persone che per lavoro si trovano in quelle zone.

  7. Simone

    C’è una cosa che non capisco. Indipendentemente da come si ottiene la riduzione della circolazione, se uffici e posti di lavoro rimangono dove sono, in qualche modo ci si dovrà continuare a spostare, o no? E, se non con mezzi pubblici, allora con cosa? Che alternative ci sono? Car-sharing, bicicletta, taxi? Ditecelo, per favore… Non è che gli autori creano uno "straw man" mettendo in contrapposizione due politiche che in realtà dovrebbero muoversi insieme (mezzi pubblici e chiusura del traffico)?

  8. daniele b

    Una sola perplessita’ (determinante quando si ragiona su valutazioni empiriche): e’ significativo il paragone tra valori medi e varianze raccolti oggi e 35 anni prima? La domanda nasce spontanea da una banale considerazione tecnologica: possibile che Arpa abbia usato le stesse metodologie di rilevazione del pm10? E’ facile supporre come 35 anni fa l’agenzia non avesse a disposizione le stesse infrastrutture (stazioni, sensori, …) di oggi. Il valore comparato andrebbe come minimo pesato con il gap tecnologico (o almeno con il differente numero di stazioni di rilevazione presenti 35 anni fa…). Tolta questa considerazione, l’articolo e’ molto interessante.

  9. paola damiani

    L’articolo individua la strada breve per ridurre il traffico, ma cosi’ chi puo’ economicamente circola sempre, chi non puo’ mai o solo con grossi sacrifici. Occorrerebbe almeno un minimo di circolazione gratuito (a 2 accessi al mese) ed alcune aree devono essere soggette a ticket a pagamento, ma con un massimo di accessi ai non residenti. Quello che non si affronta e’ perche’ si usa la macchina e perche’ i mezzi pubblici sono inefficienti. Non si dice che l’urbanizzazione senza soluzione di continuita’ di aree perferiche quasi senza servizi, allettata da prezzi piu’ bassi, la creazione di centri commerciali esterni alle tangenziali, senza servizi a domicilio, ha reso l’automobile una necessita’ quotidiana per sopravvivere. I piani regolatori dei comuni hanno gravi colpe in materia e l’inefficienza del servizio pubblico nasce anche dalla estensione e frammentazione della rete sul territorio, oltre che da interventi spesso sovrapposti e non coordinati.

  10. Pincop

    Visto l’andamento del Pil mi sorprende non solo l’aumento del traffico stradale, ma negli ultimi anni la corsa alle grosse cilindrate. Sull’autostrada dominano adesso le macchine di lusso tedesche e svedesi; le Alfa e le Lancia sono quasi sparite. In città mi stupisce la grossa cilindrata di tante moto: da 500cc a oltre un litro. A cosa servono in città cento e piu cavalli? Negli anni cinquanta i campioni mondiali di corsa avevano BMW e NSU di meno di cento cavalli.

  11. Vincenzo

    Fate l’esempio con la metro di Torino che ha l’utilità di una tramvia di superficie e trascurate che l’inquinamento a Napoli è dovuto alle attività del porto. Interressante però il teorema del bus che fa più corse in assenza di traffico e che porta al miglioramento del servizio senza aumentare i costi, solo che, se il bus passa ogni dieci minuti anziché venti, e fa più corse, non è che aumentano i consumi? Si potrebbe obiettare che più corse si fanno, più ci saranno utenti attratti dal servizio. In tal caso, però, si avrebbero corse con bus pieni (in concomitanza degli orari di inizio e fine attività lavorativa o scolastica) e corse con bus vuoti (per esempio la corsa successiva). In pratica si rischia di avere lo stesso numero di utenti, anche con più corse.

  12. Alex

    Io vivo a Torino. Per circa 10 anni mi sono rifiutato non solo di usare l’auto, ma addirittura di acquistarne una. Quando però mi sono reso conto che con i mezzi pubblici, per coprire circa 5 km da casa a lavoro, andavano via 50 o più minuti, ho realizzato che qualcosa non andava. Allora a gennaio ho comprato l’auto. Adesso in 20 minuti, mezz’ora al massimo sono al lavoro, e lo stesso è per il ritorno. Certo il traffico è quello che è, ma vedeste cosa sale sui tram e sugli autobus dalle 17 in avanti. Inoltre, c’è anche la questione costi. Un abbonamento mensile della GTT costa 32 euro al mese. Una multa pagata in contanti 25 euro. Inutile dire che di gente che timbra il biglietto se ne vede ben poca. Purtroppo il limite di 1200 caratteri mi fa solo mettere carne al fuoco, comunque questi sono alcuni dei punti che fanno si che il traffico aumenti (e dei continui cantieri in tutta la città ne vogliamo parlare?) e si preferisca l’auto ai mezzi pubblici, almeno in una città come Torino.

  13. Roberto

    In questo articolo si parla di PM10. Questo è quello che c’è scritto nel sito dell’Arpa Piemonte (la mia regione): Evoluzione – La situazione per il particolato appare stazionaria o in peggioramento e molto dipendente dalle condizioni atmosferiche. La situazione specifica per il PM10 (particelle con diametro inferiore a 10 µn;) conferma che questa frazione rappresenta uno degli inquinanti a maggiore criticità, specialmente nel contesto urbano anche in considerazione della difficoltà di attuare politiche di risanamento e della necessità di un approfondimento della conoscenza del contributo delle varie fonti. Non so come si fa a scrivere che le emissioni stanno diminuendo, oppure l’Arpa non è attendibile.

  14. Lorenzo Bigagli

    Effettivamente basterebbe alzare i limiti di sicurezza e bye bye warning sull’inquinamento. E propostatamente mettendo tariffe altissime, e magaramente raddoppiando anche il prezzo dei carburanti, circolerebbero molte meno auto. Geniale quella di far trottare di più gli autisti dei mezzi mantenendo invariati gli investimenti. Soprattuttamente, grandiosa quella di stornare i proventi per abbassare le tasse. Ma come la mettimo su ‘u pilu?!?!

  15. Michele F.

    Continuo a non capire l’odio del sig. Ramella per i mezzi pubblici. Ieri ci spiegava che è meglio costruire tunnel automobilistici piuttosto che metropolitane, oggi ci spiega che è meglio impedire gli spostamenti in auto tassandoli piuttosto che fornire alternative migliori. Ieri con il tunnel si dimenticava che nuove strade portano più traffico, non meno traffico: la metro di torino non ha solo tolto auto dalla strada, ha anche generato 4500 nuovi spostamenti (secondo i dati che lui stesso linka). Oggi non sembra notare che rendere più costosi gli spostamenti in auto senza fornire alternative vuol dire distruggere spostamenti, tra cui quelli legati alle attività produttive. Sottolineo l’errore macroscopico dell’ultimo paragrafo, che dimostra la totale ignoranza in fatto di trasporto pubblico locale. Da circa un decennio, gli orari del trasporto pubblico sono cadenzati, ovvero hanno orari di partenza precisi (alla mezz’ora, al quarto d’ora etc), quindi pensare di guadagnare corse "facendo andare gli autobus più veloci" è quantomeno semplicistico. Vi invito infine a fare più analisi quantitativa tra investimenti in TPL e benefici da minor congestione.

  16. Fabrizio Balda

    Che i dati del PM10 siano in miglioramento è noto ormai da tempo da chi ha sotto mano i rilevamenti ARPA e non legge i giornali, che fanno molto spesso disinformazione. Vorrei chiedere, invece, a Ramella che non perde occasione di dire che la metro di Torino è inutile, che cosa ne pensa della M5 di Milano costruita in project financing. Sarebbe stato possibile se non ci fossero già 3 linee complete e funzionanti da tempo? Non vale lo stesso discorso per Torino? (prima si finanziano le prime 2-3 linee, poi, sfruttando l’effetto rete, se ne potrà costruire una che si auto-finanzia).

  17. Ervi

    I dati riportati ad inizio articolo non sono contestabili. Così come il fatto che il progresso tecnologico sia il più potente alleato dell’ambiente, se opportunamente incentivato. Ma perchè non adottare politiche del trasporto pubblico/privato già adottate in Europa evitando le "invenzioni" italiane, come la tassa di circolazione nel centro città? Bisogna incrementare la mobilità, non vietarla, quindi ben venga un mix di soluzioni in tal senso. Monaco di Baviera, patria della BMW, a fronte di 1 milione e trecentomila abitanti, ha 14 linee di metropolitana, che la rendono città vivibilissima perchè completamente "fruibile" in pochissimo tempo, con ingorghi (per chi va in auto) praticamente inesistenti…

  18. f.m.parini

    Ricordi;quando frequentavo l’università mi capitava spesso d’utilizzare l’auto per motivi famigliari. Lasciavo l’auto in via Venezian, la ritiravo alla sera per recuperare mia madre a Pioltello e poi rientravo a Milano. Ogni giorno si depostaiva sull’auto uno strato di materiale untuoso,oggi scomparso. Il problema in Italia, come sempre, è costituito dai controlli all’italiana. Mezzi pesanti, autobus, furgoni, motorini eruttano milioni di particelle di polveri sottili, ma nessuno li ferma, nessuno li controlla. Non si riesce a capire come mai a Milano i mezzi di trasporto utilizzano il gasolio, ma non il metano. Non esiste la volontà politica di affrontare il problema; la tassa d’accesso, o meglio la tassa di percorrenza potrebbe essere istituita per le tangenziali e per la città basterebbe una lotta spietata al divieto di sosta e alla sota in doppia fila. Il problema globalmente dovrebbe essere affrontato tra regioni con l’estensione e l’introduzione sia dellla cogenerazione e del teleriscaldamento sia con l’efficienza energetica destinando a questo scopo gli inutili soldi per il nucleare. Sono un nuclearista, ma sono pure in Italia; oggi non ci sono i requisiti istituzionali ed etici per il nucleare.

  19. Monica Giambitto

    La metro di Torino ha portato a una riduzione di soli 8500 spostamenti con mezzi propri, dato di fatto a quanto pare. La mia perplessità risiede nella conclusione che si trae a partire da tale assunto: non credo che sia una conseguenza del fatto che la metro sia, per sé, inutile, quanto piuttosto del fatto che non essendoci ulteriori linee, la metro sarà utile solo a coloro che hanno luogo di lavoro/residenza. Ritengo che la quantità di spostamenti sostituibili sia tanto maggiore quanto più estesa ed efficiente è la rete. Dove è l’eventuale errore del mio pensiero?

  20. maiuscolo

    pur condividendo l’analisi molto dettagliata mi permetta di formulare una proposta, più che introdurre nuovi sistemi coercitivi (pagamento di pedaggi) considerando il gia alto carico fiscale sugli autoveicoli privati (accise, tasse di circolazione oneri assicurativi e manutentivi) agirei sul “trasporto pubblico gratuito” penso che una ricerca su costi/benefici per la collettività introducendo un incentivo ad usare il trasporto pubblico agirebbe sia sugli indicatori di congestione che sui parametri della qualità dell’aria e principalmente della vita. invogliare, rendere conveniente con un sistema premiale e non coercitivo. saluti

  21. Carlo Mariconda

    Apprezzavo la voce per la chiarezza dei dati e dei numeri.
    Trovo alquanto sorprendente che allì’interno di una sezione dal titolo “l’equivoco dei limiti” non venga spiegata cos’è l’unità considerata nel grafico dell’indicatore sintetico di qualità dell’aria, una quantità molto complicata ottenuta dalla media di tre fattori ben distinti. La stessa fonte Istat mostra in realtà (sito:
    http://www.amblav.it/download/135_10_aria.pdf )
    che i giorni di superamento del PM 10 a Milano dal 2004 al 2008 sono si scesi, ma da 140 giorni all’anno a 100: Va detto poi che la legge prescxrive un massimo di superamento del limite di 50 microgrammi al giorno per 35 giorni mentre l’OMS suggerisce dei limiti meno della metà dei nostri limiti italiani. La stessa fonte ISTAT mostra poi che i giorni di superamento dell’ozono aumentano da 50 a 60.

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