Non c’è da stupirsi se a Milano diminuiscono i residenti nella fascia di età 25-35 anni, quella in cui si concentrano le famiglie con figli al di sotto dei tre anni. L’inizio d’anno scolastico per i nidi milanesi è stato all’insegna del caos. In molti mancavano le educatrici e sono stati sospesi i nuovi inserimenti con gravi ripercussioni sull’organizzazione familiare e, soprattutto, sui bambini. Tutto a causa di una incomprensibile disorganizzazione dell’amministrazione comunale.
Negli ultimi 5 anni il numero dei residenti nel comune di Milano nella fascia di età tra i 25 e i 35 anni è sceso di oltre 33 mila unità, portando il peso di questo gruppo di età sulla popolazione del comune dal 16,4 per cento al 13,9 per cento, contro una media nazionale del 14,8 per cento. In altre parole, i giovani tra i 25 i 35 anni stanno lasciando Milano, rendendola sempre più una città senza giovani, senza famiglie e senza bambini.
Poiché questa è la fascia di età nella quale di concentrano le famiglie con figli al di sotto dei 3 anni, ovvero i potenziali utenti dei servizi comunali per l’infanzia, è plausibile pensare che il saldo negativo sia legato anche all’offerta di tali servizi.
INSERIMENTO A TAPPE
E infatti l’inizio dell’anno scolastico 2010-2011 è stato particolarmente turbolento per i nidi comunali a Milano. Per motivi difficili da comprendere, il numero delle educatrici disponibili non è adeguato al numero di bambini ammessi al servizio. La carta dei servizi del comune di Milano prevede che nei nidi comunali vi siano almeno un educatore/trice per ogni 6 bambini e, sulla carta, molti asili soddisfano questa condizione. Tuttavia, a inzio anno scolastico in moltissime strutture il numero di operatori effettivamente in servizio era assolutamente inadeguato e ben al di sotto di quanto previsto dalla carta dei servizi.
Conosciamo direttamente la situazione di uno di questi asili, dove il giorno precedente l’inizio delle attività è stato comunicato ai genitori che all’organico dell’asilo mancavano 5 persone, alcune perchè, pure regolarmente assunte, assenti per maternità o malattia, altre semplicemente mancanti. Poiché tali carenze non erano ancora state risolte dall’amministrazione comunale, le educatrici dell’asilo hanno deciso (correttamente) di rifiutarsi di inserire nuovi bambini. In mancanza di nuove educatrici in una sezione dell’asilo in questione ci sarebbero stati, dopo i nuovi inserimenti, 27 bambini (tra i 12 e i 24 mesi) con sole due educatrici. Una situazione obiettivamente insostenibile. Di conseguenza, in attesa che il comune provvedesse alle assunzioni, gli inserimenti di nuovi bambini sono stati sospesi, con conseguenze devastanti sull’organizzazione delle famiglie interessate: mamme che avevano previsto il rientro al lavoro, baby sitter reclutate all’ultimo momento, nonni richiamati improvvisamente in servizio, e così via.La situazione è particolarmente sorprendente alla luce del fatto che le ammissioni ai nidi sono state definite dal comune stesso e comunicate alle famiglie già a luglio e non si capisce come mai non si sia stati in grado di organizzarsi di conseguenza per il regolare inizio delle attività a settembre. E’ possibile che nel giro di un paio di mesi (tra l’altro quelli estivi) si siano verificate così tante richieste di malattia e maternità da parte delle educatrici da generare questa situazione? Forse è più plausibile che si tratti di disorganizzazione oppure, più maliziosamente, si potrebbe pensare che si è voluto ammettere più bambini possibile per gonfiare le statistiche del comune riguardo ai posti offerti nei nidi mentre le assunzioni o le sostituzioni vanno a rilento per ristrettezze di bilancio.
Incredibilmente, infatti, il comune sta provvedendo alle assunzioni solo ora, ad attività già iniziate, col contagocce e in modo rocambolesco, con le educatrici che firmano il contratto la mattina e cominciano a lavorare dopo poche ore.
Nell’asilo che conosciamo l’arrivo di una nuova educatrice ha permesso di iniziare l’inserimento dei nuovi bambini, nella speranza che altre arrivassero a breve. Nella prima settimana di inserimento i bambini vedono tre educatrici diverse e per quasi tutta la settimana una sola persona accudisce nove bambini in inserimento! Solo la presenza dei genitori (che partecipano all’inserimento) evita che la situazione si faccia pericolosa, oltre che spiacevole per tutti, genitori, educatrici e, soprattutto per i bambini. Le educatrici mancanti continuano a non arrivare e il comune fornisce spiegazioni incomprensibili e contradditorie. Pare di capire che ogni richiesta di malattia debba essere valutata e tale valutazione richiede diverse settimane (una è in corso dal 15 del mese di settembre) durante le quali la malata non viene sostituita.
Nel nostro asilo, si decide, quindi, di interrompere nuovamente l’inserimento, con ulteriori gravi complicazioni per le famiglie. Dopo alcuni giorni, un’altra educatrice arriva e viene proposto ai genitori, ormai completamente frastornati, di riprendere l’inserimento. E chissà cosa riserverà il futuro . E chissà se le famiglie del nostro asilo saranno le prossime a fare le valigie per lasciare Milano.
La situazione dell’asilo che conosciamo non è isolata, per stessa ammissione dei responsabili della zona. Molti, se non tutti, gli asili comunali di Milano sono attualmente in queste condizioni. La disorganizzazione dell’amministrazione è incomprensibile, colpevole e dannosa per i bambini.
Sarebbe interessante sapere come si giustificano il dirigente e l’assessore responsabili, oltre che il sindaco. Dal sito del comune di Milano, dove sono sono disponibili i dati sui compensi dei dirigenti, si scopre che il dirigente del settore servizi all’infanzia ha ricevuto circa 21,000 euro di retribuzione di risultato (si suppone per l’anno 2099). Li riceverà anche per il 2010?
E pensare che la direzione centrale famiglia, scuola e politiche sociali del comune di Milano è proprio quella che si avvale della preziosa collaborazione della dottoressasa Madaffari, divenuta famosa per essere stata citata dai giornalisti Luigi Offeddu e Ferruccio Sansa nel libro “Milano da morire”, chiamata dal sindaco Moratti per oltre 200,000 euro annui a dirigere questi servizi a Milano, dove non ha mai abitato, dalla ASL di Locri dalla quale era stata allontanata ben due volte per irregolarità contabili e poi sciolta per mafia (1) .
(1) Si veda l’estratto dal libro sull’argomento su questo sito
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Fabrizio Bertorino
In realtà il profilo delle responsabilità è più severo di quanto detto nell’articolo. Infatti sul rapporto educatrici/bambini non rileva tanto il mancato rispetto della Carta dei Servizi quanto quello di una precisa normativa regionale, che ne fissa il valore. Il fatto poi di impedire nuovi inserimenti potrebbe anche configurare un’ipotesi di violazione del principio di universalità a cui i servizi pubblici locali devono sottostare, e di ragionevolezza a cui sono sempre sottoposte le decisioni discrezionali della pa (p. es., quali i criteri di esclusione?). Anche la programmazione – qui bellamente ignorata – è un altro principio che dovrebbe improntare l’operato dei vertici politici e gestionali… D’altro canto in Lombardia la politica sociale viene decisa tramite circolari (atto amministrativo interno che non obbligherebbe nessuno), non con regolamenti e men che meno con leggi: mica vogliamo che si discuta di queste cose, non perdiamo tempo!
Renato
Evidenzio problemi analoghi anche su Roma, dove il mese di settembre non è stato possibile inserire a tempo pieno i bambini per mancanza di personale da impiegare nel pomeriggio. La media è sempre quella di 1 educatrice per 7-8 bambini. Lavorare e fare il genitore sono attività che non conciliano nella società moderna, soprattutto se non si può ricorrere ai cari nonni!
Fausto
Difficile essere sorpresi da queste notizie. L’impressione che se ne ricava, dal combinato delle politiche comunali e statali, è che l’obiettivo sia sfavorire in ogni modo chi decide di avere dei figli. Io ne ho due, uno alla materna comunale e uno alla elementare statale. La situazione è sotto gli occhi di tutti e le lamentele continue per uno stato generale deprimente. I maligni possono pensare che si vogliano favorire le strutture private (principalmente confessionali) e tutti gli altri che si tratti di banale incapacità. Infastidiscono però i discorsi di sindaci e ministri che non fanno altro che parlare di sostegni alla famiglia, mentre la realtà di ogni giorno è ben diversa. Chi fa figli lo fa a suo rischio e pericolo, a sue spese, e nonostante gli amministratori. Milano è un paese per vecchi spaventati dai rom, e intanto decresce e decade.
irene
Problemi simili alle scuola d’infanzia. Ora la mia domanda è: cosa possiamo fare noi genitori per mettere il Comune con le spalle al muro e ottenere quello a cui i nostri figli hanno diritto? Segnalo che il 27 novembre si voterà a Milano per l’elezione degli organi collegiali dei poli territoriali (nidi e scuole infanzia), per info più dettagliate http://www.chiedoasilo.it o http://www.lamaternachevorrei.it
Lucia Sironi
Apparentemente questa notizia della disorganizzazione dei nidi di Milano può sembrare relativa a un piccolo disservizio invece così non è. Anche solo la possibilità di una società più equilibrata nel valorizzare i talenti femminili passa attraverso la possibilità per le mamme di potersi avvalere di servizi di cura per i propri figli di qualità e affidabili. Invece la situazione in Italia è paradossale: i servizi sono pochi, dati spesso in maniera carente se non addirittira irrazionale. Pensate che a Roma pretendono 1 mese di inserimento del bimbo a settembre mentre il servizio per tutto luglio viene svolto in un nido diverso con insegnanti diversi (precari) senza neanche 1 giorno di adattamento per il bambino!
chiara fabbri
Da tempo è clamorosamente assente nel nostro paese una seria politica della famiglia, nel senso di una politica che abbia presente il valore della famiglia come nucleo fondante della società sul quale investire per avere una società migliore. Emblematico il bonus bebè di qualche anno fa: una politica della mancetta, insultante per chi ha scelto responsabilmente di fare figli e ancor di più per chi si è comunque trovato ad averne senza disporre di mezzi sufficienti. La nostra è una società ottusa, in cui le donne, i bambini, i vecchi, i diversi, i malati, cioè tutto ciò che non è immediatamente produttivo, può esistere solo ai margini, a spese proprie e senza dare fastidio. Poi ce ne ricordiamo alle elezioni, quando si fanno proclami a spese della famiglia, nel senso che si abusa della parola, senza far seguire i tanto sbandierati fatti. Bene Veronesi che proponeva: usiamo i soldi degli stanziamenti militari perr sovvenzionare gli asili, e io aggiungerei, quelli del ponte sullo stretto per le scuole dei nostri figli!
Ajna
… Oltre che un po’ troppo marcatamente “personale”, almeno per gli standard de lavoce.info. A parte quello sicuramente sono condivisibili le riflessioni e la denuncia fatta; a quanto ne so, concordo con chi poco sotto me suggerisce che una simile carenza sia strumentale a spingere verso l’asilo confessionale, specie in regione assoggettata a CL quale è la Lombardia del 2010…
La redazione
Forse ha ragione. Ma, a volte, anche gli economisti nel loro piccolo si…