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Wi – fi tra sicurezza e libertà

Richiesta a gran voce, si avvicina l’abolizione del decreto Pisanu che dal 2005 ha messo fuori legge le reti wi-fi ad accesso anonimo. Non per questo avremo in Italia una diffusione più capillare del wi-fi. Perché in altri paesi il successo della tecnologia senza fili è passato per le reti aperte non anonime, che da noi sono invece bloccate da ostacoli che nulla hanno a che fare con i vincoli della legge. Utile dunque snellire le procedure di accesso, ma meglio ancora agire sulle barriere nascoste.

 

Nel 2005, il decreto Pisanu ha messo fuori legge le reti wi-fi ad accesso anonimo. L’’opposizione alla norma è cresciuta nel tempo, tanto da essere oggi bi-partisan. La soluzione indicata da molti è quella dell’abrogazione tout-court e forse già la settimana prossima il Consiglio dei ministri ne sancirà il superamento. Snellire le procedure che oggi rendono oneroso lo scambio tra sicurezza e accesso è senz’altro necessario. Tuttavia, non basta per arrivare a una diffusione più capillare della rete wi-fi nel nostro paese. Vediamo perché.

I COSTI E I BENEFICI DEL DECRETO PISANU

Sulle reti wi-fi, il decreto Pisanu stabilisce sostanzialmente due cose: impone a chi volesse offrire l’accesso wi-fi di richiedere un’’apposita autorizzazione scritta al questore e dispone che i gestori raccolgano i dati anagrafici di tutti coloro che si collegano alla rete. Molti gestori raccolgono i dati a mano rendendo la procedura macchinosa. È innegabile che questi vincoli abbiano comportato tanto dal lato dell’’offerta, quanto dal lato della domanda, un significativo aumento dei costi transattivi. D’’altra parte, le problematiche di sicurezza permangono: un accesso completamente anonimo può rendere più facile la vita a chi utilizza la rete per scopi non legali. Terrorismo, pedopornografia, violazioni del copyright sono tra questi e i numeri forniti dal ministro Maroni durante il question-time del 27 ottobre non possono essere ignorati. La commissione di questi reati può oggi essere sempre tracciata indipendentemente dal fatto che l’’accesso avvenga attraverso reti 3G, adsl o, come nel caso del decreto, wi-fi. L’abolizione delle norme incriminate consentirebbe l’’anonimato alle sole connessioni effettuate via wi-fi. Dunque, oltre a creare potenziali problemi di deterrenza e sicurezza, potrebbe finire per generare effetti distorsivi sulla domanda di connessione internet.
Gli oppositori al decreto Pisanu ritengono che le “ragioni della rete” siano più forti di quelle relative alla sicurezza. Ma a ben vedere, sempre nel rispetto del decreto, una apposita circolare del ministero dell’’Interno, permette già oggi di adottare meccanismi di tracciamento e autenticazione ai quali sono associati costi transattivi trascurabili. Si può operare una registrazione online da remoto dando un numero di cellulare o una carta di credito e creare un account tracciabile in meno di un minuto. Questi sistemi sono in commercio a costi contenuti. Una loro adozione più capillare, tuttavia, costituisce una condizione necessaria per lo sviluppo della rete wi-fi, ma non sufficiente.

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BARRIERE NASCOSTE

Si possono classificare tre tipi di reti wi-fi: a) rete chiusa privata; b) rete aperta e anonima; c) rete aperta non anonima. Il decreto Pisanu ha sostanzialmente messo fuori legge il secondo tipo. Tuttavia, nella maggior parte degli altri paesi, l’’utilizzo diffuso del wi-fi è dovuto all’’affermazione delle reti di terzo tipo. Si tratta di soluzioni aperte che necessitano però di una registrazione on-line e spesso anche di un pagamento (ad esempio, carta di credito, coupon, skype access). Il vantaggio di queste reti è che sono sicure, estese sul territorio, diffuse nelle strade e affidabili. Ce ne sono persino alcune gratuite in Italia: ad esempio a Roma, a Trento e a Reggio Calabria. Funzionano tutte con sistemi di autenticazione veloce, ancorché rispettosi del decreto Pisanu. Ma sono poche e crediamo sia proprio la mancanza di queste reti che determina il divario con gli altri grandi paesi lamentato dai critici del decreto. Ed è del tutto evidente che non sono le disposizioni sulla tracciabilità previste dal decreto a limitarne la diffusione.
Esistono, infatti, altre barriere rilevanti che impediscono oggi il decollo di reti aperte non anonime. Ne ricordiamo tre che rendono difficile la collocazione degli apparati. La prima riguarda l’’iter autorizzativo per l’’installazione delle antenne. Se le cose al ministero delle Comunicazioni sembrano ora funzionare bene, altrettanto non si può dire per i regolamenti regionali o comunali. Antenne che in alcune città possono essere installate senza problemi, richiedono processi di autorizzazione lunghissimi o impossibili in altre.
Un secondo problema regolatorio è legato alla tariffazione dell’’energia elettrica. La cosa migliore sarebbe installare le antenne su semafori e lampioni perché lì vi sarebbe buona copertura delle strade e soprattutto la presenza di elettricità per alimentare gli apparati. Ebbene, insormontabili – almeno fino ad ora – problemi regolatori legati alle tariffe agevolate per l’’illuminazione pubblica impediscono di prelevare la corrente necessaria a meno di non installare un contatore per ogni antenna.
A questo si aggiunge poi un pregiudizio diffuso sulla presunta pericolosità delle emissioni di radiofrequenze. Non entriamo nell’’argomento, ma rinviamo in proposito alle pacate linee guida dell’’inglese Health Protection Agency.
Insomma, il dibattito sul decreto Pisanu da un lato poggia su un fraintendimento relativo ai costi transattivi, che invece possono essere sensibilmente ridotti adottando tecnologie di autenticazione già disponibili. Dall’altro, tende a sottovalutare il ruolo svolto da altre rilevanti barriere all’’entrata. Un suo superamento richiederebbe quindi di eliminare le inutili richieste di autorizzazione al questore per i gestori delle reti; mantenere il sistema di accreditamento promuovendone l’’applicazione attraverso i sistemi remoti; snellire e uniformare le procedure di installazione delle antenne (compresa la questione tariffaria per l’energia prelevata da punti quali i lampioni e i semafori); esprimere una parola autorevole circa l’innocuità per la salute di questa tecnologia.
Questa strategia potrebbe risolvere il trade-off tra sicurezza e accesso e generare una concreta possibilità di sviluppo per le reti Ww-fi anche in Italia.

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  1. Davide

    Le motivazioni sono tutte sulla semplicità d’uso: a che serve una tecnologia se rende le cose più difficili? A meno che non si voglia renderle più difficili appositamente per favorire le TelCo, dubbio che viene considerando che una legge così non c’è in altri paesi. Le ragioni di identificazione sono carenti sia dal punto di vista dello stato di diritto (sarebbe come registrare preventivamente le telefonate di tutti, perché poi possono servire in caso di indagini ) sia dal punto di vista tecnologico, dato che incrociando alcuni dati non è assolutamente impossibile, per la polizia postale, risalire all’autore di un eventuale reato. Ovvio, a meno che questo non schermi bene la sua connessione, ma in tal caso può far tutto comodamente anche dal pc di casa. Nello specifico: 1) Il software per la gestione degli accessi previa registrazione può essere gestito da un ente apposito (come nel caso di Reggio Calabria). Alcune grossi player (ad es. McDonald’s o le catene alberghiere) possono avere il loro. La struttura cittadina italiana però è costituita principalmente da piccoli esercenti. Il gestore di un bar, che già per offrire il servizio wi-fi deve essere abbastanza illuminato, di certo non ha voglia di pagare per un softare di riconoscimento o, anche nel caso in cui ne esistesse uno gratuito, di "perder tempo" nel capirlo. Il massimo dello sforzo che gli si può chiedere, per non riempirlo di burocrazia, è premere un pulsante per accedere il router. 2) Stesso problema burocratico si presenta lato utente. In mobilità la richiesta fondamentale è la velocità. Devo verificare l’orario del treno, trovare un indirizzo sulle mappe, controllare l’email perché ne aspetto una importante… tutte operazioni da fare al volo, e che un form di registrazione (con passaggio di verifica dell’identità via cellulare) non può che rallentare. Finirò col farmi un abbonamento 3G, per la gioia delle TelCo.

  2. luca

    Se partiamo dal presupposto che il barista non ha voglia di investire per offrire un servizio WiFi, allora non c’è abolizione del Decreto Pisanu che serva. La questione è che bisogna trovare un vantaggio per coloro che offrono il servizio. Questo è quello che la mia società sta sviluppando. Dare in mano al barista di turno uno strumento di cumunicazione diretta o indiretta che sia. Perdonami, ma se un esercente non è illuminato… non lo diventa se si toglie il Decreto Pisanu.

  3. Davide

    Ho avuto modo di vedere Futur3 all’opera alla blogfest. Dovendo restarci 3 giorni ho perso i 10min necessari alla registrazione (quando si è da cell anche il form più piccolo fa perder tempo), ma non l’avrei mai fatto se mi fossi trovato in un bar di passaggio. Tra l’altro dopo la registrazione ho notato che la rete era più lenta del mio 3G, e alla fine ho preferito utilizzare quello. Detto questo, capisco che col decreto Pisanu aziende come la vostra abbiano opportunità commerciali ma, mi spiace dirlo, con una legislazione più libera in materia non ci sarebbe bisogno di voi a dover gestire l’aspetto burocratico della registrazione. Router acceso per il gestore del bar, navigazione immediata per gli utenti. Massimo della semplicità (e attenzione, luca, non ho detto che il barista non abbia intenzione di investire per il servizio, ho detto che non ha voglia di spendere soldi e tempo per un’inutile burocrazia: a Milano ci son bar con wi-fi libero e altri in cui è chiuso ma che ti danno la password su un foglio senza chiederti chi sei…e per questo dovrebbero essere "illegali"?)

  4. Soon in agitation

    Ho paura che si faccia un po’ di confusione. Una cosa e’ un servizio potenzialmente libero e gratuito offerto da istituzioni pubbliche per ragioni sociali: esempio un comune. Qui un meccanismo di identificazione potrebbe anche essere concepito, anche se in questo caso del tutto inutile: non credo che Al Qaeda se ne servirebbe mai. Un’altra cosa e’ il servizio di collegamento alla rete che un qualunque bar o albergo puo’ decidere di offrire gratuitamente ai suoi clienti. Qui i problemi di antenne e di frequenze c’entrano come i cavoli a merenda. Servizi cosi’ esistono in tutti i paesi del mondo: liberi e gratuiti. Persino in Usa e Gran Bretagna, che, essendo stati colpiti direttamente dal terrorismo, sensibili al problema della sicurezza lo sono di certo. Strano no? Non e’ che siamo noi italiani ad essere un po’ paranoici esagerati e a voler per forza infilare la burocrazia dappertutto? Non siamo forse l’unico Paese al mondo in cui si consegna un documento per dormire una notte in albergo? Qualcuno pensa davvero che un terrorista possa mandare una rivendicazione di un attentato, collegandosi al wi-fi del bar all’angolo? Ma dai…

  5. Silvio Villa

    Ma perchè non guardiamo a cosa succede all’estero? Io vivo in Danimarca da 3 anni, e ho viaggiato in diversi paesi del mondo per lavoro. Qua in Danimarca, ogni bar, i treni e perfino gli autobus hanno la wifi gratuita aperta a tutti e anonima. E le tariffe dei cellulari sono infinitamente più basse rispetto all’Italia. Ci sarà mica qualche correlazione? Siamo sicuri che il decreto Pisanu abbia come fine la sicurezza?

  6. Marco

    Ho usato reti WiFi libere e senza formalità in USA e Sri Lanka, paesi che dal terrorismo forse avevano qualcosa da temere, in Cina, che non passa per Paese liberale e in molti altri. L’ unico paese che si preoccupa del WiFi è l’Italia e ora si sta a discutere su quale sistema dovrebbe sostituire l’attuale farraginoso imposto dalla Pisanu. Ma non basta guardare fuori dai nostri sciocchi confini statali e mentali? Nessun altro Paese regolamenta il WiFi. Abolite la Pisanu e basta.

  7. Stafano K31

    Al di là della registrazione obbligatoria o meno, penso che potrebbe essere interessante trovare degli accordi di roaming tra vari operatori in modo che una persona, magari, possa avere una unica modalità di accesso univoca. Non so come si potrebbe fare ma potrebbe essere interessante, anche perchè penso che sia importante identificare le persone. Certo è che è scomodo, questo è sicuro. Inoltre, anche io sono stato alla BlogFest di Riva, e non mi è costato nulla registrarmi a Futur3 perchè lo avevo fatto già l’anno precedente e la password era la stressa. Personalmente mi ero anche trovato bene perchè la copertura era un po’ ovunque; certo, in alcuni punti non era performante ma penso fosse un limite del WiFi. Avercene di coperture così in Italia… è pure gratuita.

  8. mirco

    Io fra sicurezza e libertà scelgo la libertà. Perchè non fate un articolo anche a sulle impronte digitali nella carta di identità elettronica? Altro garnde strumento di schedatura di massa? Non vorrei mai che succedesse che l’italia cada in una dittatura (e la storia puo ripetersi) che dopo ci divertiamo se Hitler ci ha messo 5 anni di guerra per eliminare 6 milioni di ebrei con i sistemi elettronici il nuovo Hitler potrebbe metterci 6 mesi. Fidatevi gente fidatevi che vi fregano….

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