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Favole e tragedie nel Golfo del Messico

Milioni di barili di petrolio si sono rovesciati nel Golfo del Messico per la rottura della piattaforma Bp. Ma come si calcolano i danni di un simile disastro? Le incertezze e i fattori che potrebbero entrare in gioco sono moltissimi. Tanto che un investitore dopo aver considerato ex-ante la probabilità di un evento catastrofico e constatata l’impossibilità di produrre una stima credibile del danno associato, potrebbe decidere di investire poco in sicurezza degli impianti per privilegiare altri obiettivi. Alterando così la struttura stessa di probabilità della catastrofe.

 

Quando accade un disastro quale quello del Golfo del Messico, una tra le prime preoccupazioni è di stimare il danno, con una ridda di ipotesi e numeri tra i più diversi che si moltiplicano e confondono le già agitate acque, rendendo se possibile più fosca una situazione letteralmente nera. (1)

L’INCERTEZZA SUI DANNI

La prima fonte di vaghezza riguarda l’effettiva quantità di petrolio finita in mare: le stime fornite dalla Beyond Petroleum sono state inevitabilmente disattese. Partendo dai mille barili al giorno dei primi annunci Bp, si è successivamente passati alle 5 migliaia, poi alle 10, fino all’ultimo dato disponibile che si traduce in circa 56mila barili di greggio rovesciatisi ogni giorno in mare nel periodo di apertura della falla. (2)
Una tale diversità di cifre si traduce, naturalmente, in una stima dei danni altrettanto variabile e fumosa: l’ultimo comunicato ufficiale parla di 32 miliardi di dollari, cifra composta tuttavia per soli 2,9 miliardi da interventi già effettuati e per ben 29 da ulteriori stime di danni futuri. (3)
Il che, a cascata, porta con sé altre questioni: quanto costa un barile di petrolio che si perde in mare? Quanto incidono elementi naturali quali il vento e le condizioni meteorologiche, intrinsecamente incontrollabili, nell’amplificare o ridurre la portata del problema? Che modello applicare per fornire un ordine di grandezza sensato alle proprie misure?
Le domande sono molte di più delle risposte e forse sarebbe opportuno avviare alcune riflessioni sulla natura epistemologica del problema, come qualche ricercatore ha già cominciato a fare. (4)
Partiamo qui da un lavoro di Martin Weitzman, riferito alla difficoltà di applicare il metodo dell’analisi costi-benefici per la valutazione di eventi che sono caratterizzati da un’incertezza strutturale. (5) L’esercizio è applicato al cambiamento climatico e sviluppa il seguente ragionamento: la distribuzione di probabilità di un evento catastrofico, quale appunto il riscaldamento globale, è tale per cui si tende sistematicamente a sottovalutare la rilevanza delle code e la massa di probabilità a esse sottesa.

L’analisi costi-benefici classica porta a valutazioni evidentemente poco attendibili proprio a causa di questo fattore. Weitzman propone un’analisi numerica di impatto del cambiamento climatico quantificando il danno associato a diversi incrementi di temperatura previsti, partendo dai 2°C dello scenario Ipcc più ottimista e arrivando, con incrementi unitari, fino all’ipotetico danno associato a un aumento della temperatura di 20°C.

La perdita è calcolata attraverso una funzione di consumo equivalente così specificata:

Dove C è, appunto, il consumo equivalente, espresso in percentuale, associato a un certo incremento di temperatura; a è un parametro calibrato con valore 0.003, a sua volta riferito a uno studio di Nordhaus; T, infine, coincide con l’aumento in gradi centigradi di temperatura prevista (va da +2°C a 20°C). (6)
Weitzman descrive l’incertezza strutturale del cambiamento climatico, legata per esempio alla variabilità delle stime dei differenti modelli, al possibile mutamento delle condizioni stesse del clima determinato dall’aggravarsi del problema; al grande numero, infine, di variabili che influenza un fenomeno altamente non lineare.
Il suo scopo, attraverso differenti specificazioni dell’equazione (1), è dimostrare come il range delle stime e i numeri stessi che escono da tale esercizio siano inattendibili, dato l’ordine di grandezza incomparabile a seconda della specificazione scelta.
Ci serviamo di tale esempio per sviluppare un ragionamento analogo per l’incidente del Golfo del Messico.
L’incertezza riguarda, infatti, anche un evento come un oil spill, con tutte le difficoltà di calcolare correttamente il numero di barili effettivamente rovesciatisi in mare; di tenere in debita considerazione l’effetto delle condizioni meteorologiche e geografiche sulla gravità dell’incidente; di valutare le interdipendenze nelle decisioni strategiche di una compagnia petrolifera, per non citare che alcuni fattori.
Tentando un’analogia con l’esercizio numerico di Weitzman, proviamo dunque a stimare la perdita di profitto, per la Bp, associata all’evento catastrofico esplosione di una piattaforma.
I risultati di questo gioco numerico, mostrati in tabella 1, fanno riferimento alla seguente funzione di profitto equivalente:

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Nell’equazione (2) B è il numero in migliaia di barili di petrolio al giorno fuoriusciti dalla Deep Horizon, mentre c è il parametro corrispondente ad a dellequazione (1), calibrato come il peso che l’oil spill del Golfo del Messico ha sulla media dei profitti annuali della Bp degli ultimi dieci anni. (7)
Il valore che assume tale parametro, nel nostro esercizio, è di 0,14.
I numeri della seconda e terza colonna di tabella 1 dicono quanto margine di profitto resterebbe a una compagnia petrolifera, in termini percentuali, nell’eventualità che si rovesciassero in mare dai 5 ai 55 mila barili al giorno di petrolio. La seconda colonna riporta i risultati dell’applicazione dell’equazione (2), mentre la terza introduce una forma esponenziale per il profitto equivalente, assumendo una diversa dinamica del problema oil spill, con un suo più rapido aggravarsi in funzione del petrolio finito in mare. (8)
Quello che è evidente, a giudicare dalle percentuali, è quanto i numeri riportati mostrino una scarsa differenziabilità tra livelli anche molto diversi di gravità del problema fuoriuscita di petrolio.
Detta semplicemente, sembra impresa ardua confrontare monetariamente ex-ante in modo credibile una perdita nel caso in cui finiscano in mare 10mila barili al giorno con una relativa all’ipotesi che in acqua ci finiscano 55mila barili al giorno.

LA RAZIONALITÀ DELL’INVESTITORE

Si tratta, naturalmente, di un esercizio con mille caveat: la chiave, però, del problema sta proprio nella difficoltà, se non impossibilità, della valutazione ex-ante, che, solo in un contesto di perfetta informazione, spingerebbe ad adottare un criterio forte di prudenza e a potenziare gli investimenti in sicurezza degli impianti.
Abbiamo parlato, tuttavia, di razionalità olimpica e non: se ci spostiamo in un ambiente più simile alla realtà, all’interno del framework della razionalità limitata, l’analisi cambia, anche perché il comportamento umano, ben lungi dall’ottimizzare, segue più che altro schemi di riferimento che, di volta in volta, vengono valutati come più soddisfacenti per il raggiungimento di un obiettivo.
Nel caso della Bp e della piattaforma costruita nel Golfo del Messico, l’investitore, valutando ex ante la probabilità di un evento catastrofico quale una fuoriuscita di petrolio e verificandone il basso valore, e constatando, contemporaneamente, l’impossibilità di produrre una stima credibile del danno associato alla catastrofe stessa, potrebbe essere portato a rivedere la sua struttura di priorità e investire poco in sicurezza degli impianti per privilegiare altri obiettivi.
In un documento interno della Bp, in cui si fa riferimento all’utilizzo di analisi costi-benefici come strumento di valutazione, si ricorre a un esempio che sembra confortare il nostro ragionamento. (9)
Vi si immagina che uno dei tre porcellini della famosa fiaba debba decidere a priori quale materiale utilizzare per costruire la sua capanna. La decisione è frutto di una valutazione di un preciso fenomeno: la frequenza con cui un lupo soffia sulla capanna stessa determinandone il crollo. Bene, l’esito suggerito da questa analisi è che il porcellino, considerando la bassa probabilità con cui un lupo può effettivamente soffiare sulla casa e distruggerla, dovrebbe costruirla con il materiale meno solido.
Inutile immaginare gli esiti di un esercizio simile nel caso in cui si applicasse a piattaforme petrolifere e disastri ambientali.
Sostanzialmente, si può affermare che un investitore circondato da stringenti vincoli decisionali (che si tratti di tempo, condizioni geopolitiche più o meno avverse, rapidità nelle decisioni, incertezza sulla quantità di riserve) potrebbe essere portato, più di altri, a sottovalutare il contenuto informativo di alcune analisi, sostanzialmente endogeneizzando la probabilità di un evento che si vorrebbe non accadesse e alterando la struttura stessa di probabilità della catastrofe.
In letteratura sperimentale è una delle tante judgment biases che minano alle fondamenta la logica olimpica della razionalità assoluta.
Se Macbeth giudica poco credibile che la foresta di Birnam gli muova assedio, potrebbe in realtà intraprendere una serie di scelte che, sequenzialmente, faciliteranno il verificarsi dell’evento tanto improbabile.
In termini di implicazioni di policy, verrebbe ovviamente da richiamarsi e fondare solidamente le proprie decisioni di investimento sul principio di prudenza.
Per il momento ci limitiamo a suggerire, a chi elabora il business plan, una sana lettura dei Tre Porcellini e delle tragedie shakespeariane.

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(1)Una piattaforma della Bp, la Deep Horizon, è esplosa rovesciando in mare qualcosa come 4,9 milioni di barili di petrolio.
(2) Si vedano http://www.blogeko.it/2010/quanto-petrolio-zampilla-nel-golfo-del-messico-nuovi-calcoli-basati-su-foto-satellitari/;http://www.unmondopossibile.net/articolo/art1803.htm.
(3) Da income statement scaricabile su http://www.bp.com/bodycopyarticle.do?categoryId=1&contentId=7052055.
(4) http://www.feem.it/getpage.aspx?id=3372.
(5) In particolare, facciamo riferimento all’articolo “The Extreme Uncertainty of Extreme Climate Change: An Overview and Some Implications”.
(6) Nordhaus (2008), “A question of balance”. Sostanzialmente, il parametro cattura il peso percentuale del cambiamento climatico sul Pil globale.
(7) Profitti dopo le tasse.
(8) Adottiamo di fatto la stessa specificazione scelta da Weitzman.
(9) Il documento si può trovare in http://blogs.villagevoice.com/runninscared/archives/2010/05/leaked_bp_memo.php. È importante sottolineare come l’analisi riportata nel documento non venga applicata direttamente al caso della costruzione di una piattaforma petrolifera. È rivolta principalmente alla situazione di un impiegato che deve fare delle valutazioni ex-ante. Il nostro è un ragionamento per analogia.

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  1. Matteo Terrevazzi

    L’articolo presenta un tema interessante. Vi propongo di estendere il ragionamento all’opposto: se si tende a sottovalutare un evento estremamente negativo ma altamente improbabile, che cosa accade ad un evento estremamente positivo (sempre altamente improbabile)? L’esempio classico è il giocatore accanito del Superenalotto il quale (parzialmente) conscio della remota possibilità di fare 6 e vincere milioni di euro, nonostante questo vi gioca. Tuttavia, leggendo il vostro articolo, mi è venuto in mente l’esempio della storia petrolifera dell’Arabia Saudita, affacciatasi nel mondo petrolifero (relativamente) tardi rispetto all’area mediorientale per la convinzione che trovarvi petrolio era altamente improbabile (alla fine si è dimostrato un high risk-high return play!). Interessante sarebbe capire il modello probabilistico sottostante. C’è un secondo esempio interessante: Buzzard, la più grande scoperta di greggio del decennio 2000-2010 nel Regno Unito. La prospezione sismica che ne aveva decretato le imponenti dimensioni era conosciuta fin dagli anni ’80, ma ad essa era associata una bassissima probabilità di successo. Ancora una volta: high-return ma high-risk.

    • La redazione

      Ci piaceva ragionare sull’esercizio della catastrofe perchè ad esso si riferisce il modello probabilistico di weitzman.Non è tanto un low return / high return.La catastrofe è incommensurabile (tanto che la bp continua a rivedere le stime dei danni. siamo a circa 45 miliardi, ma è un numero abbastanza poco credibile).in realtà è un ragionamento legato al fatto che un operatore, che deve prendere sempre mille decisioni in poco tempo e non ha un quadro informativo completo, non considera più la catastrofe dentro la sua base informativa e si comporta come se fosse un evento a probabilità 0, anche se ha probabilità 0.00000001. più un discorso di decision making inevitabilmente imperfetto.il ragionamento, all’opposto, va benone per il superenalotto: è talmente enorme la vincita (le percentuali della tabella dell’esempio volerebbero a 1000%) che la decisione tra il giocare o meno diventa irrilevante rispetto a quel 1000. sulle compagnie, invece, rimango convinto che la perdita bp sia più incommensurabile di un guadagno da high return di un investimento high risky.grazie per gli spunti!

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