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SE NON ORA, QUANDO?

In Italia le donne sono la maggioranza e la parte più istruita della popolazione, ma solo il 47 per cento ha oggi un lavoro. Sono sistematicamente discriminate anche sul piano dei guadagni. Ridotta al minimo la presenza femminile nei consigli di amministrazione. Il problema ha radici lontane, ma negli ultimi dieci anni la situazione è peggiorata rispetto a paesi simili a noi. Mentre i media hanno contribuito a diffondere una cultura che le umilia. Ecco perché le donne chiedono un cambiamento, adesso.

 

La manifestazione indetta dal coordinamento "Se non ora quando?" è stato un enorme e inaspettato successo in tutte le 230 città italiane dell’appuntamento e altrove nel mondo.
I numeri sono noti: intorno al milione di persone, forse di più, 200mila a Roma, 100mila a Torino e Milano, e migliaia e migliaia in altre piazze italiane e straniere.

IL SUCCESSO IN PIAZZA

Le manifestazioni non sono state tutte uguali: in alcune città prevalevano le donne, dalle più alle meno giovani, in altre erano in maggioranza i più giovani, uomini e donne, in altre famiglie intere. Questo mostra le pluralità e le diversità delle ragioni per cui si è andati in piazza domenica. Motivi diversi che non hanno diviso o indebolito la manifestazione, ma l’hanno rafforzata e unificata. Le donne hanno avuto successo là dove i partiti e le associazioni prevalentemente maschili continuano a non riuscire.
Eppure, nelle ultime settimane tanti dubbi venivano sollevati sui motivi per andare in piazza: paura di sembrare bacchettoni, di non toccare i diritti delle prostitute, di innescare una campagna moralizzatrice. Le dimensioni e l’eterogeneità delle presenze alle manifestazioni di domenica 13 febbraio hanno cancellato questi dubbi e hanno fatto capire che tutte le diverse ragioni potevano stare insieme.
Le donne sono stufe di un paese in cui sono la maggioranza, la parte più istruita, ma sono una risorsa sistematicamente sottoutilizzata e non valorizzata.

SOTTOUTILIZZATE E UMILIATE

Nonostante il fatto che siamo il 51 per cento della popolazione, che siamo più istruite dei maschi e dimostriamo di essere più indipendenti dalle nostre famiglie d’origine, solo il 47 per cento di noi ha attualmente un’occupazione, contro il 70 per cento dei maschi. Il divario occupazionale (rapporto tra uomini e donne) è in Italia 0,66 mentre supera 0,80 per l’Europa a 27 e tocca il 0,95 nei paesi scandinavi. Siamo discriminate anche sul piano dei guadagni: secondo i calcoli di Claudia Olivetti e Barbara Petrongolo (che "correggono" per il problema di selezione nella forza lavoro), il differenziale salariale tra uomini e donne è circa al 25-30 per cento. Mentre le donne presenti nel consiglio di amministrazione delle aziende quotate sono solo il 6,8 per cento (3,5 se non delle famiglie proprietarie)
La non valorizzazione delle donne sul lavoro e nella politica non risale solo all’esperienza recente e non può essere attribuita solo alle responsabilità del governo attuale, ma ha radici molto lontane.(1) Tuttavia, è vero che nell’ultimo decennio la situazione è peggiorata relativamente ad altri paesi a noi simili: in Italia l’occupazione femminile è cresciuta dal 1995 al 2010 di 9 punti percentuali mentre in Spagna, Irlanda e Grecia è cresciuta del 15-20 per cento, lasciando il nostro paese fanalino di coda dell’Europa a 27.
Inoltre, tra le donne l’incidenza del precariato è diventata più del doppio di quello dei maschi, e il tasso di disoccupazione femminile è diminuito, segnale di scoraggiamento e rinuncia, mentre si esce di più dal mercato del lavoro alla nascita dei figli e spesso non si ritorna. (2)
L’indice complessivo dei divari di genere, il Gender Gap Index 2009 pone infine l’Italia al 72esimo posto, in caduta rispetto alle posizioni degli anni precedenti, addirittura sotto il Kazakhstan e il Ghana ( World Economic Forum’s 2010 global index of gender equality). La sottoutilizzazione delle donne ha implicazioni per le loro famiglie, i cui redditi sono diminuiti dal 2006 al 2009 di quasi il 3 per cento perché un reddito solo non basta. (3) Oggi sono i monoreddito sono il 72 per cento del quintile più basso e solo il 10 per cento del quintile più alto.
Ma le donne in piazza non si sentono solo una risorsa sottoutilizzata e non valorizzata, si sentono anche umiliate e denigrate dalla cultura che lentamente si è insinuata nella nostra vita di tutti i giorni tanto da risultare ormai la normalità. È una cultura che emerge in primo luogo dalla televisione. L’importante è essere belle e giovanissime, il resto non conta. Da almeno tre decenni non vedono trasmissioni in cui non ci siano donne svestite che stanno zitte vicino a uomini vestiti che conducono il programma. Sull’onda di questo svilimento del corpo femminile in televisione, anche i giornali online di molte testate italiane hanno cominciato a usare il corpo femminile per vendere se stessi, per vendere notizie . Il fenomeno non è la normalità dei paesi avanzati, è unico del nostro paese.

LE DONNE CHIEDONO CAMBIAMENTI ADESSO

Colmare il gap occupazionale e di salario è fattibile (e farà bene all’economia), ma dopo anni di stasi implicherà tempo, investimenti, politiche di parità e nuove e coraggiose strategie di sviluppo. (4)
Arginare l’umiliazione delle donne da parte dei media e ridurre i danni sulle giovani generazioni potrebbe dipendere anche da tutti noi. Siamo noi i "consumatori" e siamo noi a decidere se vogliamo continuare a consumare beni che ci offendono.

(1) D. Del Boca A. Rosina Famiglie Sole Il Mulino 2009.

(2) Se prima della nascita del figlio In Italia lavorano 59 donne su 100, dopo la maternità continuano a lavorare solo 43, con un tasso di abbandono pari al 27,1 per cento.

(3) L’Istat nel rapporto sul “Reddito disponibile delle famiglie nelle Regioni” ha segnalato il progressivo ridursi del tasso di crescita del reddito disponibile nazionale.

(4) Hanno già avviato processi rilevanti in quella direzione paesi a noi simili e vicini: la Germania, la Francia e la Spagna.

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20 commenti

  1. Gianluca

    Vivo e lavoro da oltre dieci anni in Irlanda, in un’azienda dove la presenza femminile è pressocché paritetica con quella maschile, anche in termini di livelli gerarchici. Nella mia azienda, ed in quelle di molti miei colleghi, andare in maternità è considerato un evento normale, e ci mancherebbe. C’è però un aspetto che vorrei evidenziare, tentando se possibile di non cadere in una generalizzazione ingrata: il rispetto delle regole. In irlanda la maternità non è vista come opportunità per spremere la propria azienda, neanche se pubblica. Vedo ogni giorno colleghe lavorare secondo i termini dei contratti previsti, fermo restando problemi di salute effettivi, e tornare nel rispetto dei tempi previsti dalle regole aziendali. Ho ricordi diversi della mia esperienza in Italia, dove con la collaborazione di dottori compiacenti, spesso la maternità diventa uno dei modi per spremere la propria azienda. Credo quindi che in Italia il problema non sia solo quello di una cultura maschilista, ma sopratutto di una cultura di mancanza di rispetto per le regole e, in ultima analisi, per la cosa pubblica, che alla fine è anche nostra.

  2. cinzia dal brolo

    Concordo con l’analisi di Daniela Del Boca, che stimo molto; è vero, siamo il fanalino di coda in Europa per rappresentanza femminile nel mondo politco e istituzionale. In effetti, si torna nuovamente a parlare di quote rosa per assicurare, sull’esempio della Francia la presenza delle donne negli organismi politici. La manifestazione del 13 febbraio, a mio parere, ha evidenziato – se mai ce fosse stato bisogno – la volontà di essere presenti e di rivendicare una diversa collocazione nella società. Tuttavia, sono stanca di sentire in varie situazioni, che la donna è "vittima" di una cultura maschilista. Mi dispiace, per gli esempi deplorevoli apparsi sulla stampa nazionale, si evince chiaramente che queste donne hanno scelto di "usare" il proprio corpo per vendersi al miglior offerente. Di lavorare a stipendio fisso non se ne parla.

  3. Claudia Villante

    Se le donne sono costrette a "spremere" le aziende è perché non ci sono servizi sul territorio che consenta loro di tornare serenamente al lavoro dopo il periodo di maternità obbligatorio e facoltativo. Ad eccezione di casi sporadici, la prolungata assenza dal posto di lavoro è spesso l’unica alternativa per donne che non dispongono di reti parentali ed amicali in grado di supplire all’ormai conosciuto problema dell’assenza di servizi (e le ultime finanziarie hanno ulteriormente peggiorato questa situazione!). La situazione in Irlanda è certamente diversa! In merito all’iniziativa occorre immediatamente tradurre gli slogan in proposte operative, in azioni perseguibili altrimenti rimarrà una bellissima e folcloristica giornata. L’8 marzo poniamoci obiettivi concreti magari riprendendo proposte di legge e progetti di riforma già elaborati da deputate e senatrici ormai da troppo tempo messe in "ferie forzate" da organi legislativi vassalli del governo.

  4. Vincesko

    Dal Rapporto ISTAT relativo al II trim. 2010 (tabb. 13 e 14), si ricava che il dato aggregato italiano di inattività delle donne, pari al 48,6% (39,4% al Nord e 42,4% al Centro) è determinato dal peso negativo del Sud: “Nel Mezzogiorno, il tasso di inattività della componente femminile rimane particolarmente elevato ed è pari al 63,5 per cento”, (contro il 33,7 dei maschi). Io sono campano, occorrerebbe – come per i Paesi arabi – rimuovere questo macigno operando congiuntamente su due direttrici: quella economica e quella culturale e, è inutile girarci attorno, che le donne esprimano un impegno molto maggiore in politica.

  5. MERLO

    Ma "se non ora, quando?" non si riferisce alle dimisssioni di Berlusconi? E se è così non vedo che cosa c’entri Berlusconi con le ragioni del malcontento, così come spiegate nell’articolo. Non vedo comunque come si possa dire che le donne rappresentino la "parte più istruita" del paese.

  6. Chiara Fabbri

    Condivido quelle che scrive il nostro concittadino emigrato, a mio avviso si tratta di un turpe scambio piuttosto diffuso nel nostro Paese, che non manca di riproporsi anche in molti altri ambiti, cioè: ti do la possibilità di abusare di piccoli privilegi in cambio di una totale assenza di meritocrazia. In questo modo si perpetua l’abuso di potere di chi è già in posizioni di privilegio con la connivenza di chi sentendosi furbo in realtà è solo complice. Nella mia azienda (pubblica) la struttura delle valutazioni, cui è collegato l’avanzamento di carriera, è tale per cui automaticamente i 5 mesi di astensione obbligatoria per maternità si traducono in due anni di blocco degli avanzamenti. Inoltre molte al rientro dalla maternità si ritrovano prive di incarichi, spostate a funzioni meno rilevanti. Questo induce molte colleghe, dopo il primo figlio e l’aspra disillusione provata al rientro, a non ricascarci e, alla seconda gravidanza, ritardare il più possibile il rientro in azienda visto che comunque il solo fatto di essere andate in maternità costituirà un ostacolo insormontabile ad una normale ripresa della loro carriera successiva. Umanamente, non so biasimarle.

  7. oro

    Il quasi ventennio di sultanato berlusconiano ha, in alcuni casi, innescato, in altri, accentuato i fenomeni di inciviltà che abbiamo sotto gli occhi in Italia, tutti i giorni, in qualunque contesto. Impunità, disprezzo delle donne, assenza di senso civico per citarne alcuni. Le donne, forti del 51% di presenza, debbono esprimere una rappresentanza diversa, attraverso il voto. Speriamo se ne siano finalmente rese conto.

  8. Felice Di Maro

    Sembrava incredibile eppure la manifestazione indetta dal coordinamento "Se non ora quando?" è stato un enorme e inaspettato successo in quanto da un lato non è stata più di tanto pubblicizzata e quindi si è formato quell’ansietà crescente quanto meno di voler comprendere quelle che sono ragioni vere, e che sono anche politiche e partitiche. Ma il problema si voglia o no di un diverso ruolo delle donne nella società è stato appena posto. Si dimostri il contrario. Ci sarà una svolta? Speriamo di sì ovviamente. Ma insieme ad un rilancio delle aspettative delle donne ci sarà un’attenzione anche verso quegli uomini che non hanno visibilità e grazie anche alle tante ninistre donne, di ieri e di oggi che quando operano (O hanno operato!) l’equilibrio sociale è stato (ed è) considerato solo una opzione senza significato sociale? All’Autrice una risposta. Grazie.

  9. giulio

    L’unico effettivo svantaggio può essere quello legato al rapporto maternità-occupazione. Per il resto, le donne si laureano meglio perché le facoltà che in genere scelgono sono più facili. Trovano lavoro più difficilmente perché le lauree umanistiche hanno meno sbocchi professionali di quelle scientifiche e tecniche. Si rendono indipendenti prima dei maschi perché è uso che la femmina si sposi prima (per evidenti motivi riproduttivi), ma tocca comunque all’uomo portare a casa lo stipendio più importante (se non l’unico). Sono poco presenti in politica perché la considerano noiosa: la discriminazione non c’entra nulla. Causano minori incidenti stradali degli uomini, anche perché quando le condizioni del traffico sono difficili, e l’incidente più probabile (molto traffico, velocità elevata, maltempo, oscurità) preferiscono lasciar guidare l’uomo. Esiste una cultura umiliante nei confronti delle donne, ma anche alimentata da alcune di esse, che ricorrono a sessualità e bellezza per ottenere vantaggi. Parte delle donne che hanno manifestato, di per sé per una causa più che giusta, lo hanno fatto perché, non avendo le gradevoli caratteristiche estetiche delle cortigiane berlusconiane, non hanno potuto raggiungerne i relativi vantaggi (nolo acerbam sumere…).

  10. Lucia Vergano

    Pur concordando pienamente con l’analisi proposta della societa’ italiana, ritengo tuttavia che prima di essere consumatori siamo cittadini e pertanto, prima di aspirare a un consumo libero e dignitoso, dovremmo aspirare a un esercizio libero e dignitoso della nostra cittadinanza, concetto piu’ ampio che ovviamente include anche il consumo. A mio modo di vedere, attualmente in Italia l’esercizio pieno della cittadinanza e’ di fatto negato alle donne, sulle spalle delle quali finisce per ricadere tutto il peso di una societa’ organizzata in modo anacronistico e profondamente ingiusto. Credo sia alquanto urgente ripensare le modalita’ di funzionamento della nostra societa’: i tempi e i ritmi di lavoro, i tempi di erogazione dei servizi pubblici (qualsiasi essi siano, non soltanto quelli destinati alla cura delle persone), le procedure burocratico-amministrative e quelle legali. Cio’ consentirebbe di liberare e destinare ad attivita’ piu’ appaganti per l’individuo e piu’ utili per la societa’ intera energie femminili attualmente mortificate e sprecate. Dove cio’ accade, le donne riescono ad esprimere meglio le loro potenzialitá’. Come in Spagna, dove vivo e lavoro.

  11. Marino

    MI vergogno a condividere lo stesso sesso con un tale troll che ha scritto: "Parte delle donne che hanno manifestato, di per sé per una causa più che giusta, lo hanno fatto perché, non avendo le gradevoli caratteristiche estetiche delle cortigiane berlusconiane, non hanno potuto raggiungerne i relativi vantaggi"? Dai, puoi fare di meglio, dacci una battuta su Rosy Bindi….

  12. ARIS BLASETTI

    Se vogliamo annoverare la manifestazione come l’ennesima legittima manifestazione antigovernativa e soprattutto anti berlusconianan bene, peccato che dirigere la manifestazione, sovvenzionata largamente dalla Cgil, siano in gra parte le stesse donne che anni fa erano alla testa delle manifestazioni pro aborto (l’utero è mio e lo gestico io – ve lo ricordate?) pro divorzio ed ora a favore della "eutanasia" per la povera Eluana. Per non dimenticare quelle a favore dello spinello libero, ora si sono tutte convertite come Madre Emma Bonino sulla via di Arcore e fanno le moraliste. Per loro Berlusconi è diventato la somma di tutti i vizi. Totò direbbe, ma mi faccia il piacere…….

  13. Mariacristina

    Le donne che hanno scelto di manifestare vogliono solo essere considerate persone e non cose che si possono usare, comprare o sfruttare. Nessuno può negare che esistono più donne che uomini usati, comprati e sfruttati, e questo succede anche perchè la cultura dominante considera tollerabile questa situazione, quasi normale, perchè "succede da sempre". Se succede da sempre non vuol dire che sia giusto e che non sia ora di cambiare. Ogni donna può e deve pretendere rispetto per se stessa, nella vita pubblica e in quella privata. Così come fanno gli uomini da sempre. Domenica scorsa abbiamo voluto dire solo questo…… e credo che ne avessimo il diritto. Così come abbiamo il diritto di dire che Berlusconi e la sua idea di donna non ci piacciono. Se lo diciamo siamo strumentalizzate? Beh, se a qualcuno fa piacere crederlo, va bene lo stesso. Per noi non cambia nulla!

  14. Simone

    Le statistiche sull’occupazione femminile ci dicono una cosa ovvia ma sottaciuta in questo periodo: la condizione femminile è sottosviluppata al Sud e nei piccoli centri, mentre nelle grandi città del Nord la situazione è di sostanziale parità. Senza contare la variabile immigrazione. In un paese polarizzato come il nostro ha poco senso portare un dato nazionale. Viene da chiedersi se è davvero possibile che ci fosse un sentire comune tra le donne scese in piazza in un piccolo centro campano (dove l’occupazione femminile è al 25%) e Bologna (superiore al 63%). Fonte http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20100428_00/testointegrale20100428.pdf

  15. John2

    L’articolo è in buona parte corretto, ma contiene alcune inesattezze. Se le donne avessero una retribuzione oraria inferiore a quella degli uomini, i datori di lavoro preferirebbero assumere donne (minor costo di manodopera). Lo stipendio netto femminile è generalmente più basso semplicemente perchè: 1) molte donne lavorano part-time, 2) le professioni artigianali e manuali, che sono ben remunerate, sono svolte quasi esclusivamente da uomini (muratore, idraulico, meccanico, tappezziere …), 3) spesso le donne rinunciano a straordinari e trasferte, poichè devono occuparsi della famiglia, 4) molte facoltà universitarie che garantiscono ottime prospettive di lavoro sono occupate prevalentemente da uomini (ad esempio, in ingegneria le donne sono solamente il 25% del totale degli studenti). Alcuni link molto esplicativi: http://archiviostorico.corriere.it/2009/giugno/19/Stipendi_quasi_parita_tra_uomini_co_8_090619018.shtml ; http://www.landriscina.it/wiki/doku.php?id=qm:bufale

  16. Giuseppe

    La discriminazione delle donne è a mio avviso da inquadrarsi nella arcaica e stupida attidudine a non valorizzare merito e talento. E’ sotto tutti i punti di vista clamorosamente dannoso privarsi di abilità e talenti connaturati alla peculiarità della sensibilità femminile. Ho letto ad esempio studi che dimostrano una naturale propensione delle donne nel campo dell’analisi finanziaria e delle gestioni patrimoniali. Considerando le prime 500 aziende americane si è dimostrato che quelle che hanno almeno tre donne nel CDA producono utili superiori del 18% alla media del totale. Analoghe cosiderazioni possono essere fatte in molti altri ambiti di attività. Umiliare e comprimere a priori capacità e potenzialità di metà della popolazione è un’ anacronistica sciocchezza che pone un freno al progresso di tutta la società.

  17. Lucia

    Un semplice commento riconducibile al principio che uno Stato emancipato presta attenzione al lato femminile della propria popolazione, viceversa ben si conoscono in quali condizioni versano le donne nei paesi sottosviluppati. Mi pare un indice interessante da non sottovalutare, l’Italia è un paese del terzo mondo?

  18. BOLLI PASQUALE

    L’Italia sta morendo, ma per fortuna c’è Sanremo. Non a caso, siamo il Paese delle canzonette! Siamo distratti e tutto quello che sta succedendo non ci riguarda e non ci interessa. La musica certamente ci dà grande gioia e felicità. Perchè dovremmo rattristarci e soffermarci su quello che succede? La vita è troppo breve! Ed allora, perchè dovremmo rilevare che siamo in un Paese con alto tasso di corruzione, immoralità, e squilibri sociali? Perchè dovremmo dare un giusto e diverso ruolo alle donne? Ma poi, vogliamo tener conto che i nostri rappresentanti politici sono tutti impegnati a sostenere che il Premier è perseguitato dalla Giustizia? Questo ci angoscia, e tutto il resto va rimosso. Le donne, poi, per quel che oggi leggiamo hanno già avuto da chi ci governa, ruoli ed utilizzazioni ben definite. Che si vuole di più dalla vita? Il nostro Paese per dignità e rispetto alla sua storia sarà capace di avere un sussulto di orgoglio o dobbiamo considerarci inferiori ai popoli Nordafricani? Le donne hanno dato un grande esempio di riscatto ma le delusioni, purtroppo, vengono dagli uomini e dalla Chiesa che, per opportunismo, sono più portati al servilismo che agli ideali.

  19. cira

    Il quando è presto detto ricordatevi di essere donne quando andate a votare e se non ci andate perché pensate che tanto… allora non vi potete lamentare chi non vota non ha diritti e per averli bisogna combattere sempre senza darli per scontati…

  20. elvira celotto

    Finchè si educheranno i bambini all’arroganza, al virilismo ,all’egotismo- con la più vasta gamma di sfumature possibile- e le bambine a sentirsi ospiti della magnanimità maschile, che consente loro di sopravvivere purché “nelle regole”, le relazioni saranno improntate sui binari attuali, quelli della violenza, sempre tollerata da famiglie e società.

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