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TRIVULZIO, PIO PER GLI AMICI

Un confronto tra i canoni d’affitto dichiarati dal Pio Albergo Trivulzio con quanto indicato dall’Agenzia del territorio per le corrispondenti zone di Milano rivela sconti superiori anche al 40 per cento. Insomma, mediamente il patrimonio immobiliare dell’ente ha reso molto meno di quanto avrebbe potuto, con un danno per le sue finalità statutarie. Tanto più che le cifre pattuite non sembrano riconducibili a una logica economica comprensibile e a una gestione coerente nel corso del tempo. Come il commissario straordinario dovrebbe affrontare la questione. E cosa chiedere agli inquilini.

 

È difficile non associare il passivo di bilancio del Pio Albergo Trivulzio con lo scandalo degli affitti agevolati recentemente emerso. È difficile non chiedersi se i programmati tagliai servizi offerti dal Pat avrebbero potuto essere evitati con una migliore gestione del patrimonio immobiliare. È lecito domandarsi se l’alienazione di parte di quel patrimonio nel 2009, finalizzata al riequilibrio del bilancio, avrebbe potuto anch’essa essere evitata se quel patrimonio avesse reso quanto poteva e doveva.

COMPITI DA STATUTO DEL PIO ALBERGO

È forse opportuno richiamare alcuni tratti fondamentali della questione. Nel sito del Trivulzio si può leggere questa auto-descrizione: “L’Azienda di Servizi alla Persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio è un Ente Pubblico senza scopi di lucro con una storia secolare" di assistenza sociale, socio sanitaria e dell’educazione e rappresenta oggi il più importante polo geriatrico in Italia e uno dei più grandi in Europa”. Descrizione conforme a quanto recita l’articolo 2 dello Statuto: “L’Asp si propone esclusivamente il perseguimento di finalità nei settori dell’assistenza sociale, dell’assistenza socio-sanitaria e dell’educazione”, per“garantire la dignità dell’uomo, recuperare la sua autonomia e la sua capacità di relazionarsi con l’ambiente in cui vive”, secondo la volontà testamentaria (1771), del Principe Antonio Tolomeo Trivulzio, fondatore del Pio Albergo. All’articolo 6 dello Statuto si precisa, inoltre, che “L’Asp persegue i propri scopi mediante l’utilizzo di: a) rendite patrimoniali; b) contributi di persone fisiche o giuridiche sia pubbliche che private; c) proventi, lasciti e donazioni non destinati ad incrementare il patrimonio; d) rette ed entrate derivanti dall’erogazione di servizi e prestazioni”.
Non ci sono dubbi, dunque, sul fatto che la locazione di immobili ad affitto agevolato non rientri tra le finalità statutarie del Trivulzio; mentre è chiaro che le rendite patrimoniali rappresentano un importante mezzo di finanziamento delle attività di assistenza che sono la vera ragion d’essere dell’ente pubblico. Dare in affitto immobili (anche di pregio) a canoni più bassi di quelli di mercato significa avere risorse inferiori a quelle che sarebbero ottenibili da un patrimonio immobiliare che conta su “160 stabili per un totale di circa 1.400 unità immobiliari e si sviluppa su una superficie complessiva di circa 100 mila mq ai quali si aggiungono 1700 ettari di aree rurali (terreni e poderi)”.

I CONTI SUL CANONE

Per avere un’idea di quanto si sono discostati dai valori di mercato i canoni pagati dagli affittuari del Trivulzio, abbiamo cercato di confrontare quelli dichiarati dallo stesso Pio Albergo con quanto indicato dall’Agenzia del territorio, relativamente alla zona di Milano dove l’appartamento è localizzato (1). È possibile che non riflettano esattamente quelli “di mercato”, ma si tratta degli unici valori indicativi affidabili. L’affitto è calcolato dall’Agenzia del territorio in euro al metro quadro per mese e così abbiamo ricalcolato i canoni indicati nel sito del Trivulzio per effettuare il confronto. L’Agenzia fornisce il minimo e il massimo canone (per ogni zona) per un appartamento di fascia normale. Considerando tutti i 68 appartamenti dati in locazione con contratto stipulato nel solo 2010, abbiamo trovato che lo sconto medio di cui hanno beneficiato gli inquilini del Trivulzio è stato pari al 9 per cento se si considera il minimo "stimato" dall’Agenzia e del 31 per cento se si considera il massimo. La deviazione standard normalizzata di tale sconto è elevata (58 per cento rispetto al minimo, 41 per cento rispetto al massimo): segno di una certa erraticità dei criteri di determinazione dei canoni. È inoltre significativo che 19 dei 68 appartamenti (quasi il 28 per cento) siano stati affittati a canoni più bassi di almeno il 40 per cento rispetto al minimo stimato dall’Agenzia. Analizzando un campione casuale di 280 immobili dati in affitto dal Pio Albergo a partire dal 1992 e con contratto ancora in vigore nel 2010, si è poi constatato che lo sconto medio sul canone pagato nel 2010 (rispetto ai minimi dell’Agenzia) era pari al 42,4 per cento, con contenuta deviazione standard normalizzata (pari a poco più dell’1 per cento). Inoltre, lo sconto risulta assai più alto per i canoni pattuiti con contratti più vecchi (tra il 1992 e il 1997 si riscontrano sconti sempre superiori al 35 per cento): segno di una scarsa attenzione agli adeguamenti dei canoni al momento del rinnovo dei contratti. Ma ci sono anni in cui – stando al nostro campione – il Pio Albergo è riuscito anche a spuntare canoni significativamente più alti rispetto ai minimi stimati dall’Agenzia (dal 1998 al 2000 e dal 2007 al 2009). Quale sia la logica di tutto ciò non è dato sapere.

UN ESAME DI COSCIENZA PER GLI INQUILINI

Nella sostanza, i dati analizzati confermano che mediamente il patrimonio immobiliare del Trivulzio ha reso molto meno di quanto avrebbe potuto, con danno per le finalità statutarie dell’ente. I canoni pattuiti, inoltre, non sembrano riconducibili a una logica economica comprensibile e a una gestione coerente nel corso del tempo. È difficile non coltivare il sospetto che i canoni (e i “beneficiari”) siano determinati sulla base di parametri non oggettivi, ma sulla base di conoscenze, contiguità politiche o altro. Del resto, l’opacità dei bandi per l’assegnazione delle case sembra esattamente quanto basta a far prevalere su tutto l’intuitu personae dei potenti di turno. Il commissario Emilio Triaca avrà molte cose da fare nei tre mesi di durata del suo incarico al Trivulzio; ma certamente una delle prime sarà affrontare la questione del patrimonio immobiliare. E la via più semplice e trasparente per restituire a quel patrimonio il suo ruolo statutario di polmone finanziario dell’ente è affidarne la gestione a un’agenzia con l’esplicito obiettivo di ricavarne il massimo rendimento e dotata di pieni poteri per raggiungere questo obiettivo. Stessa strada dovrebbero seguire, e in tutta fretta, altri enti pubblici che non abbiano esplicite finalità di housing sociale.
Intanto, gli inquilini che sanno di aver ottenuto affitti di favore si facciano un esame di coscienza: il non aver fatto nulla di illegale non cancella che i benefici goduti sono il frutto del privilegio di appartenere a circoli ristretti di amicizie che contano. Riflettano sul fatto che altri cittadini – in condizioni di reddito simili – non hanno fatto la scelta di usare le proprie conoscenze e molti di più quelle conoscenze non ce le hanno proprio. Si avvicina la Quaresima: un tempo giusto per pentirsi.

(1) La ricerca dati è stata condotta da Mattia Fracchia e Guido Zichichi

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  1. daniele barbieri

    Un approccio semplicistico. I canoni del Pat sono stati contrattati tra i sindacati degli inquilini e la proprietà utilizzando il canale concordato della legge 431/98 che è sostenuto da agevolazioni fiscali per la proprietà rispetto al mercato libero. Agevolazioni che non vengono considerate nell’articolo. Si ignorano completamente le capacità economiche degli inquilini “normali” di far fronte ai cosiddetti “canoni di mercato”. Oggi circa 90% degli sfratti sono per morosità perché le famiglie non riescono a sopportare quei livelli di affitto. Il canale concordato non è né l’equo canone né un affitto di favore: è il risultato di una contrattazione vera tra le rappresentanze collettive di inquilini e proprietari, a differenza del canale libero dove c’è il soggetto forte, il proprietario, che determina livelli economici e regole contrattuali. E’ questo, insieme alle agevolazioni fiscali, che fa la differenzia tra i due canali. Il problema vero del Pio Albergo Trivulzio è di altri analoghi enti è che non esistono regole chiare, certe e trasparenti per scegliere gli inquilini. Ma questo, nonostante gli scandali che periodicamente esplodono, è un problema che non si affronta mai.

  2. Marisa Freschi

    Le valutazioni fatte partono dagli affitti pagati dagli Inquilini prima della sottoscrizione del nuovo accordo siglato tra la Proprietà e le Organizzazioni Sindacali. Accordo che, comportando aumenti per i conduttori, comporta di conseguenza un aumento del gettito. Considerati i valori di un mercato delle locazioni che è tra i più alti d’Europa (a fronte di redditi tra i più bassi d’Europa), il Pat, come altre proprietà ed Enti Previdenziali privati che non hanno come unico fine la speculazione, ha concordato con i sindacati di andare a definire il rinnovo dei vecchi contratti applicando l’Art.2 comma 3 della Legge 431/98 che, a fronte di canoni più bassi, comporta agevolazioni fiscali per la proprietà. Questi affitti hanno permesso alla stragrande maggionza delle famiglie(lavoratori, pensionati, spesso reduci da sfratto) di poter rimanere nei loro alloggi ed ha scongiurato l’espulsione dal centro dei ceti meno abbienti. Fuori da ogni contrattazione gli alloggi messi a bando. Auspicabile e necessari risultano quindi i criteri di trasparenza nelle assegnazioni e nella gestione degli alloggi, che da tempo vengono richiesti, e che dipendono esclusivamente dalla Proprietà.

    • La redazione

      Non sembrano infrequenti casi a Milano di unità immobiliari con rendite catastali così basse da far pagare ai proprietari un’ Ici (ad aliquota piena, 5 per mille) inferiore ai 500 € l’anno, ma che sul mercato spuntano canoni intorno ai 12000 € l’anno. Se il canone "concordato" è del 40% inferiore a quello di mercato, il locatore perderebbe 4800 € l’anno lordi (0,40*12000). Anche se il Comune azzerasse l’aliquota Ici (secondo quanto reso possibile in teoria dall’art. 2, comma 4 della L. 431/98), il risparmio sarebbe di soli 500 €. E’ evidente la non convenienza del proprietario. Vi sarebbe convenienza solo se lo "sconto" dovuto al canone concordato fosse inferiore al 4,17% rispetto ai canoni di mercato. Non sembra quindi si possa dire che gli "sconti" medi praticati dal Trivulzio siano dovuti alla convenienza fiscale. Per non parlare degli sconti praticati prima che la menzionata legge entrasse in vigore.

  3. gianni leoncini

    Quello che deve sollevare indignazione verso gli amministratori dell’ente Pio Albergo Trivulzio non è tanto aver concesso appartamenti o locali in affitto a prezzi inferiori a quelli di mercato, ma di averli concessi a persone od enti che avevano i mezzi per pagare canoni di mercato, ovvero potevare locare altri immobili oltre a quelli di un ente che dovrebbe essere benefico. In particolare, se il Pio Albergo avesse concesso a cittadini a basso reddito od ad associazioni senza fini di lucro o di pubblica assistenza, locali a canoni inferiori, avrebbe compiuto un’atto in linea con la finalità dell’istituto medesimo. Infatti, molte amministrazioni pubbliche concedono in affitto locali di loro proprietà od in loro disponibilità a persone con difficoltà a pagare canoni di mercato, sopratutto in città, in cui i valori renderebbero impossibile avere una casa. Tra i beneficiari erano presenti consiglieri regionali, onorevoli, imprenditori e non operai, cassaintegrati, pensionati al minimo, cittadini in difficoltà. Il vero scandalo sta proprio in questo.

  4. martino

    Se la legge 431/98 non fosse dirigismo statale per regolare l’economia questi problemi non ci sarebbero. se due parti avesserò la libertà di contrattare il loro rapporto di locazione urbana solo con il codice civile, ci sarebbe più libertà, più semplicità, più certezza di poter adattare il contenuto sulla base delle effettive e non astratte esigenze della parti. Pensate solo ai contratti con gli studendi/lavoratori temporanei fuori sede che dovrebbero avere una clausola di turnazione (3 stanze, una ciascuno, un solo canone solidale e un solo contratto) e non vi è alcuna certezza giuridica sulla legittimità o meno di tali clausole. Poi il vantaggio fiscale dovrebbe essere concesso non sulla base di criteri astratti ma solo se, registrato il contratto, il canone indicato (ed effettivamente pagato, non ci vuol molto basta una telefonata all’inquilino) è inferiore del 30% rispetto alla media di zona. La legge è pessima. un articolo già pubblicato qui ne evidenziava le pecche già solo nella durata minima obbligatoria che è controproducente. Infine mettiamoci la magistratura che concede comunque giustizia civile anche a chi non paga le tasse (do you rememeber?).

  5. Osvaldo Forzini

    Cosa conviene al mio portafoglio, pagare di più o di meno? ok, sono a posto con la mia coscienza. Posso andare a dormire in pace"…. Non c’è alcuna "convenienza" – intendo in senso generale – dovuta alle agevolazioni fiscali, di sicuro inferiori al canone nel mercato libero. Tuttavia, io un immobile l’ho dato ad affitto concordato, ma perché ho una "coscienza", forse, e non posso strozzare un inquilino. E però attenzione: se affitti a prezzo "decente" e dichiari, posso assicurare che qualunque affitto è in perdita. Quando devi risistemare un po’ la casa (il tetto o l’impianto elettrico o l’intonaco ecc.) non bastano i guadagni di 10 anni di affitto. A mio parere, l’unico guadagno del "mattone" sta nel fatto che si rivaluta – finora – l’immobile. Se non mi fossi trovato da papà quella casa, io non avrei certo pensato a comprarla per darla in affitto.. per carità: ci rimetti soldi, in partenza, e se va peggio ti metti nelle beghe. Nel discorso sugli affitti si dice sempre "sono cari" e certo è una verità. Però quale è il valore del bene che viene affittato?.. qual è un affitto "giusto" per una casa che vale 200mila euro, per dire?

  6. Luigi Calabrone

    Lo Statuto del Pio Albergo Trivulzio ha come finalità l’assistenza alle persone anziane, eventualmente malate e povere, e non quello di fornire alloggi a prezzo ridotto o nullo (questa è la finalità di altri enti – per es. l’Aler). Quindi, l’amministrazione del P.A. T. svolge bene il suo compito statutario se dagli affitti ricava il massimo consentito dal mercato, tenendo conto anche del rischio di morosità/insolvenza e quindi, dotandosi degli strumenti idonei – per esempio, pretendendo dagli inquilini fideiussioni bancarie. Affittare a canoni inferiori a quelli di mercato – eventualmente anche a persone con redditi ridotti – significa violare lo statuto, a danno degli anziani/poveri assistiti. Gli amministratori che lo facessero, sarebbero soggetti ad azione di responsabilità e dovrebbero pagarne i danni al P.A.T.

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