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IL NUCLEARE DOPO LA CATASTROFE GIAPPONESE

L’uscita immediata dal nucleare è una decisione di tale importanza da non doversi adottare né sulla spinta dell’emozione della tragedia giapponese né sotto la pressione degli interessi. Necessari una revisione generale degli impianti in funzione e un rafforzamento degli standard di sicurezza, in una strategia di prevenzione rafforzata simile a quella adottata contro il terrorismo. Altrimenti rischiamo comportamenti assurdamente divergenti. L’esito sarebbe insufficiente a scongiurare il rischio nucleare, ma sufficiente a far crescere di molto il rischio clima.

La tragedia giapponese è uno di quegli eventi che non sarebbero dovuti accadere secondo gli scenari probabilistici degli esperti. Un terremoto di forza 9 seguito da un’onda di altezza nettamente superiore alla massima prevista rientra nel novero degli eventi con probabilità così piccola da essere generalmente considerati non degni di considerazione. E invece è accaduto.

LA PRIMA LEZIONE

Ma più ancora dei 20mila morti e della devastazione di un’intera regione ha suscitato emozione mondiale l’incidente nucleare. Una centrale costruita quarant’anni fa, con un sistema di sicurezza progettato per sostenere al massimo un sisma di grado 7,5, con un sistema di raffreddamento che richiede una fornitura di elettricità dalla rete e con generatori di emergenza che hanno resistito al terremoto, ma non allo tsunami: la centrale è andata fuori controllo per giorni e ancora oggi l’emergenza non è finita. Sull’esito finale e sui danni alle persone è presto per dire.
L’evento improbabile è accaduto. Torna alla mente la catena di fallimenti bancari del 2008, un collasso di sistema che i modelli usati dalla finanza e anche dai regolatori della finanza escludevano perentoriamente. La prima lezione è che l’assegnazione delle probabilità, passaggio inevitabile perché non esistono certezze assolute, andrebbe fatta con maggior prudenza, in tutti i campi. Le compagnie di assicurazione ignorano sistematicamente gli eventi catastrofici, che non sono assicurabili in base a criteri probabilistici; sanno che i governi hanno responsabilità anche per i grandi rischi e ci fanno conto. Solo che spesso i governi si affidano ai calcoli probabilistici delle imprese private e non prendendo le dovute precauzioni contribuiscono a trascinare il sistema nell’evento catastrofico. Sarebbe bene adottare criteri più prudenti, in tutti i campi, senza aspettar altre catastrofi.

USCIRE DEL NUCLEARE?

La richiesta di uscire dal nucleare è l’immediata reazione di un’opinione pubblica sconvolta. Di fronte a un rischio catastrofico pare inutile gingillarsi con le percentuali di probabilità: si esce e basta. Ammesso che sia possibile.
La sera dell’11 settembre 2001 i responsabili del mondo, o almeno degli Stati Uniti, si trovarono di fronte a una situazione d’incertezza drammatica. Quanto grande e organizzata era la rete dei terroristi? Quali altri colpi aveva in serbo? Quale processo di imitazione presso altri gruppi avrebbe innescato il loro colpo magistrale? (Noi italiani sappiamo quanti delitti sono stati compiuti da gruppi terroristici che volevano accreditarsi presso i “fratelli maggiori” delle Brigate rosse). Una cosa era certa: nulla di quel che avevano compiuto con gli aerei avrebbero potuto compiere, i terroristi, dirottando treni o autobus. Dunque uscire dal trasporto aereo?
Non se ne parlò neppure perché non era possibile. Il mondo non può fare a meno del trasporto aereo. Si puntò subito sull’altra soluzione, l’unica possibile: un complesso sistema di azioni preventive e controlli preventivi.
Per affrontare il dilemma se uscire dal nucleare bisogna prima rispondere a tre quesiti.
Primo, può il mondo fare a meno dell’energia elettronucleare? La risposta non può essere netta. Certo che in astratto si può farne a meno, ma oggi bisognerebbe organizzare una transizione assai lunga. Non si possono chiudere improvvisamente 440 impianti che forniscono al mondo 2,6 trilioni di chilowattora all’anno, otto volte l’intero consumo italiano, il 14 per cento dell’elettricità mondiale; e all’Unione europea il 28 per cento dell’elettricità che consuma. L’Europa andrebbe al buio e nessun paese, nucleare o no, sarebbe esente dall’emergenza.
Secondo quesito: a che prezzo l’uscita dal nucleare? C’è un costo economico: per dare un’idea, se l’Italia volesse supplire con energia solare all’energia importata, che è di origine nucleare, il sussidio annuo necessario richiederebbe un aumento della pressione fiscale di oltre un punto per vent’anni. Ma il prezzo più elevato sarebbe l’abbandono delle politiche per il clima perché affrontare un problema di queste dimensioni con la sola riduzione dei consumi e generazione da fonti rinnovabili richiederebbe comunque, nella migliore delle ipotesi, una transizione di qualche decennio, durante il quale non si potrebbe evitare un maggior ricorso ai combustibili fossili. Quindi per uscire da una catastrofe improbabile andremmo a cercarne un’altra forse meno improbabile, quella del riscaldamento globale.
Terzo quesito: come raggiungere un consenso sull’uscita? Al momento sembra impossibile, non dico nel mondo, ma nemmeno nell’Unione Europea.

IL POCO (O MOLTO) CHE È GIÀ CHIARO

Mentre il partito pro e quello contro il nucleare affilano le lame per lo scontro finale, giova migliorare le informazioni. L’Agenzia internazionale dell’energia atomica Iaea aveva avvertito il Giappone della insufficiente sicurezza della centrale di Fukushima. Le varie unità dell’impianto erano state progettate per terminare l’esercizio in un periodo tra il 2011 e il 2016, ma hanno avuto l’autorizzazione a prolungare le attività. Alcune importanti raccomandazioni dell’Iaea sono state disattese; peraltro non sono vincolanti.
Al momento in cui scrivo, a fronte dei 20mila morti certi da sisma e tsunami sta un incidente nucleare i cui danni accertati sono molto minori, anche se l’area d’incertezza sulle conseguenze future per la presenza di rilasci di radioattività nell’ambiente è a livello locale molto grande e inquietante. Gli esperti tengono comunque a chiarire che la situazione è completamente diversa da quella di Chernobyl: qui gli involucri protettivi sono in parte danneggiati, ma hanno comunque assolto alla loro funzione di schermare l’ambiente dalla radiazione all’interno del nucleo. A Chernobyl non esistevano proprio.
Una valutazione puntigliosa dell’accaduto dovrà essere la base per le decisioni, che sono di tale importanza da non doversi adottare né sulla spinta dell’emozione né sotto la pressione degli interessi. Occorrerà un dibattito informato e pacato, a livello mondiale, e a maggior ragione europeo.
Ma qualche misura si può già considerare necessaria. 
Innanzitutto una revisione generale degli impianti in funzione dal punto di vista della sicurezza, che consideri non solo l’età (come sembra implicare la frettolosa decisione del governo tedesco, forse preoccupato più che altro dalle prossime elezioni) ma anche gli interventi successivi, le manutenzioni, la sismicità della localizzazione. Sulla chiusura degli impianti meno sicuri si può forse trovare un accordo internazionale, anche se i paesi più poveri approfitteranno del loro potere contrattuale per vendere la loro collaborazione in cambio di aiuti.
Poi un rafforzamento degli standard di sicurezza e del relativo monitoraggio. Le raccomandazioni derivanti dalle missioni di sicurezza di un organo tecnico come l’Iaea potrebbero essere rese vincolanti da una decisione preventiva e generale adottata a livello di Nazioni Unite, o almeno essere rese pubbliche, creando condizioni in cui gli stati stessi avrebbero interesse a richiedere le missioni per mostrare ai propri cittadini e ai paesi vicini che le proprie installazioni sono sicure, e una volta generalizzata la prassi, difficilmente uno stato potrebbe esimersi dal farlo.
Si tratta di misure che dovrebbero trovare un consenso anche di paesi che sono attestati su posizioni diverse quanto all’eventuale uscita definitiva dal nucleare. Sarebbe una strategia di prevenzione rafforzata, simile a quella adottata per il trasporto aereo, e per l’antiterrorismo in generale (e non dimentichiamo che la minaccia dell’uso terroristico fa parte della pericolosità del nucleare).
E sull’eventuale uscita definitiva e sui suoi tempi ci sarebbe modo di discutere e ponderare.

ALTRIMENTI…

Se invece l’accordo non si trova e non si ha la pazienza per ricercarlo attraverso un lavoro di analisi dei fatti, rischiamo comportamenti assurdamente divergenti: il blocco della costruzione di nuove centrali (relativamente sicure) e il mantenimento in funzione di quelle vecchie e insicure (ma ammortizzate e quindi economiche).
L’esito sarebbe insufficiente a scongiurare il rischio nucleare, ma sufficiente a far crescere di molto il rischio clima. Il peggio dei due mondi.
Ne ricavo un’indicazione per l’Italia: deve prendere un’iniziativa di respiro europeo per aumentare la sicurezza nucleare in Europa e nei paesi limitrofi, dove ogni eventuale catastrofe colpirebbe tutti, e nel mondo. Non vorrei proprio che un inglorioso affondamento del fragile piano nucleare nazionale nelle liti nostrane fosse accompagnato da una decisione di costruire una centrale nucleare italiana, ad esempio, in Albania. Le opposizioni locali sarebbero certo scavalcate, il rischio nucleare sarebbe assai probabilmente accresciuto.

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37 commenti

  1. Francesco Rustichelli

    "Non si possono chiudere improvvisamente 440 impianti che…" Si tratta di un falso dilemma. Uno dei punti davvero deboli del nucleare è che le centrali vanno gestite anche (per non dire soprattutto) dopo lo spegnimento. È ovvio che conviene migliorare gli standard di sicurezza da subito, ma contemporaneamente cavare quanto più si può e resta dagli impianti esistenti e in costruzione. Senza offesa, l’alternativa "Tiriamo diritto" vs "Spegniamo tutto subito" suona un po’ ricatto e un po’ straw man argument. Così come il tema delle emissioni di GHG. Le politiche energetiche vanno valutate soprattutto in termini di costo-opportunità. Il nucleare è in competizione o sinergia con le rinnovabili? I soldi che si spenderanno su una tecnologia saranno davvero sottratti alle altre? A mio avviso non dovrebbe essere così, l’energia è un punto essenziale delle politiche future e dobbiamo davvero investirci tanto (se pensate che un punto di tasse percentuale sia tanto, allora siete molto più ottimisti di me) e su tutti i fronti. Certo, col decreto rinnovabili il governo ha dimostrato come la pensa. Se per salvare il nucleare dobbiamo per forza affossare le rinnovabili, io ho deciso con chi stare.

  2. Giuliano

    Chi di noi comprerebbe un’auto che si accende e va a tavoletta ma non si sa come fermarla? Chi di noi sarebbe disposto a giocare, lui e la sua famiglia figli e nipoti compresi, a roulette russa sapendo che pur essendoci una probabilità bassa da qualche parte c’è un proiettile che gira nel tamburo della pistola? Chi ci dà il diritto di giocare con la vita e la stessa sopravvivenza delle prossime generazioni?

  3. Marco P.

    Un attento piano energetico è fondamentale per sostenere la competitività internazionale di un’economia e garantire così maggior benessere collettivo. In Italia se ne sente una certa mancanza. Eppure dovrebbe essere la priorità, seconda forse solo ad una radicale e sana(!) riforma della giustizia (che peraltro permetta di costruire infrastrutture o impianti – nucleari? – senza rischi di abusi, sprechi, ecc.). Non mi attendo che questo attento piano energetico prenda forma nel futuro immediato, nel pieno dell’ondata emotiva post-Fukushima. D’altronde in questi giorni è molto difficile informarsi. Perché di parole se ne sentono tante, di numeri molti meno. E quando sono chiamati in causa dati storici, stime, proiezioni…i numeri si modificano in funzione dell’oratore! E’ per me molto interessante capire, ad esempio, che un passaggio radicale al solare "richiederebbe un aumento della pressione fiscale di oltre un punto per vent’anni". Si tratta di un dato del quale, più o meno, ero già consapevole grazie a letture pre-Fukushima. E si tratta del tipo di informazione che attualmente dibattiti tv e opinioni sui quotidiani in parte ci negano. Aspetto e spero. E intanto leggo lavoce.info

  4. Federico

    Il gioco non vale la candela. a) I rischi, seppur poco probabili, sono di livello incalcolabile sia a livello economico che in termini di salute. b) Avere una centrale al di qua o al di là delle Alpi non è la stessa cosa: come si è visto, un incidente grave da problemi enormi in un perimetro di 40/50 km, al di là si può intervenire in maniera più efficacie almeno nel breve termine. c) I costi sono spropositati rispetto ai vantaggi: 6 miliardi di euro a reattore per avere il 10%-20% di energia tra 20 anni non ci darà l’autosuffcienza energetica che vogliamo. d) Dipenderemmo comunque dai paesi produttori di uranio o di combustibili fossili. Sostituiremmo gli aguzzini di oggi con altri aguzzini. In definitiva le centrali mi sembrano un affare più per chi le costruisce (cementieri vari), che per il consumatore ultimo. Meglio puntare su risparmio energetico e fonti rinnovabili.

  5. M.G. in Progress

    L’autore sembra dimenticare due punti fondamentali: a) non si tratta per l’Italia di uscire dal nucleare ma di non entrarci proprio e farne a meno visto che lo ha già deciso democraticamente per referendum una volta; b) chi propone il nucleare non ha mai presentato un’analisi costi-benefici e una valutazione d’impatto. Come mai? Non l’ha presentata per un motivo molto "semplice": i costi non sono certi (difficoltà enormi nella loro quantificazione in un arco temporale ragionevole e esternalità difficili da valutare) e i benefici neppure ci sono, viste le evidenti alternative (si fa prima a montare impianti eolici e fotovoltaici che una centrale nucleare…o no?)

  6. Marco Ferrari

    Leggendo questo articolo: http://nextbigfuture.com/2008/03/deaths-per-twh-for-all-energy-sources.html sembrerebbe che il nucleare, nonostante Chernobyl, e anche nonostante Fukushima, sia meno dannoso di qualsiasi altra forma di produzione di energia, considerando i morti, diretti e indiretti, per 1 terawatt/ora di elettricità prodotto. Considerare il nucleare pericoloso sulla base di eventi catastrofici, ma rari (Three Mile Island, Chernobyl e Fukushima, uno ogni 20 anni di energia nucleare) è come considerare più pericoloso viaggiare in aereo che fare gli stessi chilometri in auto, solo perchè l’evento "morte" in aereo è più impressionante rispetto allo stillicidio di morti sulle strade. Quanto uccidono silenziosamente le centrali a gas, carbone e petrolio attraverso veleni dispersi, polveri sottili? Quanto uccideranno in futuro con tutto il CO2 che rilasciano nell’ambiente? Quindi perché uscire dal nucleare? Occorre un approccio scientifico.

  7. luciano fedi

    Non sono pregiudizialmente schierato e mi preme invece richiamare l’attenzione sull’attuale richiesta di potenza elettrica in Italia. Il diagramma della potenza richiesta è in rete sul sito Terna aggiornato ogni 15 minuti per 24 ore tutti i giorni. Qualunque decisione dovrebbe partire dall’analisi di questo dato perché, per esempio, fra le 19 e le 20 di martedì 15 scorso c’è stato un picco di circa 47000 Mw, anche se il sole era tramontato solo da un’ora e non siamo in inverno…L’andamento di martedì non è da ritenersi eccezionale ma pressoché la norma nei giorni lavorativi. L’energia rinnovabile solare sia la benvenuta, ma ricordiamoci che è per sua natura discontinua, non facimente immagazzinabile con l’attuale tecnologia degli accumulatori, mentre la nostra richiesta di potenza elettrica, come dai diagrammi di Terna, ha andamenti ben precisi ai quali, credo, nessuno voglia rinunciare.

  8. mirco

    Il dibattito sul nucleare si o nucleare no mi sembra un non-problema. Per quanto mi riguarda è come il problema dei trapianti e della morte a cuor battente. Potrebbero esserci fior fiore di fisici e ingenieri che mi dimostrano che la tecnologia è sicura (anche in presenza di maremoto) ma il mio no al nucleare rimarrebbe. Un paese come il nostro, che non è in grado di risolvere il problema "monnezza" a Napoli, figuriamoci se riuscirebbe a costruire una centrale sicura…Un po’ meno cemento armato lo meterebbero anche li con qualche tangente. Come con i medici! Dovrei fidarmi che vi sia una commissione che dice che il malato è morto a cuor battente per prelevare gli organi? Ma ve lo ricordate il medico che aveva i lingotti nel divano, guadagnati con il sangue infetto? No grazie!

  9. Franco Valentini

    Concordo che occorra essere razionali, anche se è molto difficile. Siamo molto condizionati anche dalle immagini, dai film visti, nel capire gli effetti concreti di una catastrofe nucleare, ho l’impressione che ogni nostra valutazione sia solo parziale. Oggi il Corriere della Sera riporta che gli artisti del Maggio Fiorentino, rientrati in Italia, si sono fatti visitare e riportano livelli di radiottività superiore alla normalità, seppur lievi. Sembra che le radiazioni stiano aumentando ed il livello di gravità è salito a 5, quindi gli effetti non sono più locali. E’ previsto che il vento lunedì e martedì si diriga su Tokyo. La tragedia umana potrebbe diventare veramente immane. Già ora potrebbero esserci effetti per esempio sulla importazione di merci dal Giappone, gli stessi che ora si stanno manifestando per i ristoranti giapponesi ma su scala molto più ampia. Quindi alla tragedia umana si sommerebbero disastri economici per i soppravissuti. L’Italia, per rischio terremoti e per densità industriale è molto simile al Giappone, ma con strutture molto più insicure. Perchè dobbiamo assumerci questo rischio? In un solo anno in Italia sono stati installati 3 GW di fotovoltaico, che possono dare l’energia di mezzo reattore nucleare da 1GW. Si sta cercando di frenare lo sviluppo del fotovoltaico, perchè è troppo rapido. E’ dimostrato che si potrebbe invece, molto rapidamente, arrivare alla stessa capacità installata dell’attuale piano nucleare italiano, con investimenti privati e generando innovazione tecnologica, sviluppo economico diffuso, occupazione. Sarebbe necessario innovare le reti elettriche, in questo dovrebbero essere investiti i soldi attualmente previsti per il nucleare, generando sviluppo e competitività per le imprese italiane. Sulle tecnologie Smart-Grid l’Italia ha un vantaggio strategico, proprio perchè ha una produzione molto diffusa sul territorio a causa della mancanza di grandi centrali nucleari e per il 15% di produzione da idroelettrico.

  10. Michele

    Ritengo sia errato non considerare il costo dell’energia nucleare, a livello economico. Studi recenti hanno dimostrato come il costo di tale energia non sia poi così competitivo, a prescindere dai rischi e dallo stoccaggio delle scorie. In effetti è dagli anni ’70 che negli USA non si costruiscono centrali nucleari private. Se fosse così conveniente, probabilmente i privati si sarebbero fiondati su di esso. Al che mi domando se non sia più intelligente investire quel denaro nel vero rinnovabile (solare, fotovoltaico, eolico) in maniera diffusa e capillare. Fin quando non sono chiare le cifre economiche di costruzione e di produzione di energia delle diverse fonti (a prescindere dai rischi e dalle scorie) qualsiasi ipotesi sarebbe equiparabile. Concordo, invece, con il resto dell’articolo.

  11. Sario Maria Maurizio

    Ma l’Italia è già, da anni, fuori dal nucleare! Che il mondo si ponga domande (se il vento soffiasse verso sud oggi la tragedia sarebbe ben diversa) lo capisco, ma a me sembra che la nostra situazione nazionale sia diversa. Se una centrale, già oggi, ha un costo preventivabile fra i 3 e i 5 miliardi di euro, un innalzamento degli standard di sicurezza lo farebbe alzare ulteriormente. Inoltre, se già oggi sappiamo che, come minimo, occorrerebbero 15 anni per vedere la prima centrale in funzione, aumentare gli standard e i controlli significa andare ancora più in là. Forse sarebbe il caso di dire davvero perchè l’Italia vuole costruire queste centrali. E’ piuttosto evidente che c’è ben altro in gioco! Tanto cemento, per esempio? La necessità di trovare un modo per pagare, almeno in parte, il forte debito che l’Italia ha con la Francia?

  12. VP

    1) Ricercate cos’è HAARP e cosa fa 2) Osservate i prossimi sviluppi internazionali nell’Oil&Gas 3) Prima di prendere decisioni su cose che l’Italia non ha neanche e, comunque, non saperbbe gestire, sarebbe meglio pensare a gestire bene cose ben più importanti che l’Italia ha e sembra non meritare neanche.

  13. Luciano Galbiati

    Il credit-crunch globale e l’incidente nucleare di Fukushima sono i falò della falsa modernità. Il credit-crunch globale (e la recessione conseguente) non è solo un clamoroso fallimento del mercato: é anche l’epilogo definitivo dell’ideologia neoliberista. La fine dell’idolatria del mercato (l’idea che il mercato sia la forma più efficiente e razionale di regolazione sociale). Nell’incendio dei reattori nucleari di Fukushima bruciano invece le bugie dei tecnocrati. Si materializzano i rischi mortali di una folle crescita energivora. Crescita orientata esclusivamente (con ottusa ostinazione) all’aumento quantitativo del PIL.

  14. PDC

    Purtroppo il nucleare è un business e viene (e verrà sempre) gestito come tale: sicurezza quanto basta a rendere "ragionevolmente" sicure le centrali e nulla più. Cosa significa però "ragionevolmente"? Quali eventi dobbiamo "ragionevolmente" escludere? Terremoti oltre il sesto grado? Inondazioni? Siccità? Attentati? Errori umani? Una centrale nucleare è un sistema estremamente complesso e vulnerabile. La valutazione dei rischi, a dispetto di quanto se ne dica, contiene sempre elementi fortemente aleatori e, quindi, può essere adattata agli interessi delle parti interessate. La stessa IAEA rappresenta essenzialmente la lobby del nucleare ed è tutt’altro che "terza". Sarebbe possibile realizzare centrali e sistemi di smaltimento delle scorie realmente sicuri? Sono certo di sì, e sono altrettanto certo che sarebbe molto ma molto più costoso di quanto non sia economicamente accettabile. Quindi non è fattibile.

  15. mirco Valdinoci

    Premesso che sono contro alla reintroduzione del nucleare in Italia, per tante ragioni che estremizzo: i giacimenti di uranio hanno una previsione di 40/50 anni, c’è il problema delle scorte de smaltire, i costi a Kw prodotto con il nucleare non rilfettono i veri costi di gestione (uno per tutti gli accantonamenti in bilancio per distratri nucleari sono ridicoli…). Farei una domanda: come può solo immaginare, chi è a favore del nucleare, che l’Italia gestisca una energia, come quella nucleare, complessa e che necessita di alta e sofisticata tecnologia, quando non riesce neanche a gestire il problema dell’immondezza…!!??

  16. marco simonetti

    Non mi pare sostenibile l’argomentazione secondo cui se non si riesce a imporre ai vicini una certa attenzione alla sicurezza, tanto valga crearci il rischio in casa. Credo che tra un incidente in Albania ed uno alle porte della città dove vivo si mantenga un elevato margine di differenza. Che il rischio ambientale venga richiamato a sostegno del nucleare mi ha sempre stupito: non si può fingere che il problema della chiusura del ciclo di vita delle centrali sia risolto. Il problema energetico si gioca su due grossi fronti: produzione centralizzata (e relativi guadagni delle utilities) vs produzione distribuita (per esempio fotovoltaico); ristrutturazione dell’offerta (mantenendo i guadagni delle utilities) vs riduzione della domanda (perdendone una fetta). Ci siamo abituati allo scandalo del CIP6 e tiriamo in ballo il peso degli incentivi sul solare, fingendo che si possano calcolare i costi del nucleare senza sapere dove costruire le centrali e come gestire le scorie.

  17. Gianluca

    Concordo con alcuni dei lettori che hanno già commentato l’articolo sul nucleare in questo senso. Il nucleare è una cosa seria, molto seria, che necessita di una rigidissima programmazione a lungo termine e di investimenti ingentissimi. E l’Italia di cose serie, ed a lungo termine, ne sa fare ben poche. Non riusciamo da anni a smaltire le scorie, pur puzzolenti, ma decisamente meno pericolose, della monnezza campana, figuriamoci se riuscirei a dormire tranquillo sapendo che l’appalto per la costruzione della centrale nucleare dietro casa mia è andata a qualche azienda in odore di mafia (o una delle sigle affini). Basterebbe ricordare che in Italia a riferire in parlamento sul nucleare è stata la sig.ra Prestigiacomo, il cui fuorionda (…mo va a vedere che sto nucleare ci fa perdere le prossime elezioni…) la dice lunga sulla serietà dei nostri governanti.

  18. Alessandro Sciamarelli

    Secondo Eurostat, al 2008 la quota di RSE (rinnovabili) sul totale del consumo energetico nell’Ue era pari all’8.4%, mentre il nucleare era al 13.5%, con le RSE che sono cresciute del 60% nel periodo 98-08 mentre il nucleare appena del 2%. Ora, non occorre avere pregiudizi ideologici per capire che oggettivamente ripartire con il nucleare in Italia non ha senso, e che dire che il nucleare dovrebbe essere preferito ad investire nelle RSE non regge ad un’elementare analisi costi-benefici (e mettiamo pure da parte il problema della sicurezza): vogliamo ripetere che costruire 5 nuove centrali richiede almeno 20 anni e 30 miliardi di euro? Il tutto per una porzione esigua del nostro fabbisogno, in un paese che non ha un euro per la scuola e con un debito pubblico al 120% del pil. Senza contare gli scontri infiniti con le regioni per la loro ubicazione, e che l’uranio è una risorsa scarsa esattamente come i combustibili fossili, destinata ad esaurirsi. Sia chiaro: nessun è in grado di proporre soluzioni miracolose per il nostro fabbisogno energetico da qui a 30 anni, tantomeno che le rinnovabili siano la`soluzione. Quel che però è certo e`che il rilancio del nucleareè`un puro slogan.

  19. rosario nicoletti

    E’ raro leggere un articolo sul nucleare di pari saggezza. L’atteggiamento di moltissimi italiani, mi auguro sia minoranza, può definirsi isterico. Nella gestione del disastro in Giappone si sono combinati due fatti negativi, dai quali si può trarre insegnamento. Il desiderio di "salvare" la centrale, evitando l’uso dell’acqua di mare, e la posizione dei generatori di emergenza, posti ad una altezza giudicata sufficiente rispetto a quella di onde da maremoto verificatesi in precedenza. Se poi i connazionali pensano che il progresso sia in ogni caso privo di rischi, provino a studiare ed a documentarsi. In alternativa possono provare viaggi a cavallo o abitare in ambienti freddi e bui.

  20. Alessandro

    Pensate: se al posto di incentivare l’energia rinnovabile, incentivassimo l’impianto, lo stato pagherebbe solo una parte dell’investimento e non gli utili a chi monta l’impianto rinnovabile e, anche incentivando all’80%, il costo sarebbe sostenuto solo una volta. Si potrebbero definire i limiti sostenibili annuali, potrebbero organizzarsi mensilmente aste al ribasso con sistemi tipo e-bay: in sintesi le rinnovabili si autososterrebbero in pochissimi anni, l’investimento potrebbe essere dirottato solo sui consumatori e non sui produttori che, al contrario, non avrebbero utili. Così, però, i grandi verrebbero tagliati e, si sa, questo non lo vorrebbe nessuno che intende conservare la propria posizione. In sintesi, oggi parliamo di nucleare in Italia per concentrare la ricchezza. Con il solare abbiamo finanziato i grandi capitali…diciamo semplicemente che coloro che dirigono il mercato sono poco smart!

  21. lucio sepede

    Concordo pienamente con l’autore. L’energia è indispensabile per mantenere il livello di benessere attuale ed è necessario valutare con attenzione ma senza fobie e pregiudizi tutte le alternative con i rischi connessi, i costi e le prospettive.

  22. Lorenzo Lusignoli

    … E’ una sola: non ha senso costruire oggi centrali nucleari in un territorio ad alto rischio sismico e/o con una densità di popolazione elevata. Sono due caratteristiche che hanno in comune l’Italia ed il Giappone. Aver investito pesantemente nel nucleare negli anni ’60 e ’70 sottovalutandone i rischi può forse essere in parte giustificabile, dati i benefici accumulati. Ma con il progresso tecnico verso le energie alternative e con le conoscenze odierne sugli effetti dei possibili disastri, aprire oggi al nucleare in Italia rischia di essere non solo miope ma anche stupido. Non scordiamoci che l’energia delle centrali a fissione deriva da ricerche condotte inizialmente da Fermi negli anni ’30. Le evoluzioni più recenti riguardano prevalentemente la sicurezza e non il processo di creazione dell’energia. Il problema delle scorie è tuttora irrisolto. Un domani, se le ricerche dei fisici porteranno ad un possibile utilizzo pratico della fusione, ad esempio, il nucleare potrà essere riconsiderato e sviluppato nuovamente al livello mondiale. Oggi mi pare che possa avere un senso costruire una centrale solo in un territorio non abitato e non sismico. Non è il nostro caso!

  23. sandro

    I progettisti non prendono in considerazione l’evento catastrofco, che è ingovernabile e al contempo estremamente improbabile. Ma non è più così! Terremoti, uragani e maremoti hanno un frequenza tale che non è più possibile ignorarli, se vogliamo avere delle centrali veramente sicure. Aumentano in probabilità e magnitudo, con un’intensità sempre più forte contro la quale nessuna tecnologia o misura di sicurezza può fare nulla. Il nucleare può essere sicuro, ma non è adatto in periodi come i nostri di continui disastri climatici, peraltro prevedibili.

  24. marco

    L’articolo è uno dei pochi equilibrati sull’argomento. Vorrei, però, fare alcune specificazioni che ritengo fandamentali. 1 – Il fatto che l’Italia non riesca a gestire la "monnezza" di Napoli, non significa che non si possa pensare che gestisca centrali nucleari. Ragionando così nessun paese al mondo riuscirebbe a gestire attività e strutture complesse. Anche all’interno dei paesi più evoluti esistono sacche di inefficienza, basta pensare ai problemi della Russia o alla catastrofe dei pozzi petroliferi nel golfo del Messico, l’importante è che mediamente la struttura tecnologica sia decentemente gestita e sia migliorabile dietro la spinta della politica e dell’opinione pubblica. 2 – Le energie rinnovabili non sono tutte uguali ed è fuorviante citare percentuali complessive. Rinnovabile è l’idroelettrico che è efficiente ed economico e il geotermico che andrebbe valorizzato (ma non è facile), mentre l’eolico e il fotovoltaico rappresentano una vera truffa per il paese. Non diminuiscono la necessità di centrali a gas o carbone o nucleari, perché il consumo di energia non segue i capricci del vento e del sole, e sono decine di volte più costose.

  25. da rin vittore

    Ma nessuno tiene conto di quanto dice Rubbia? Dovrebbe saperne più di tutti i politici e giornalisti messi insieme. Il nucleare è rischioso, caro, esauribile, richiede tempi molto lunghi per la realizzazione. In più ci farà ancora dipendere dall’estero per l’approvigionamento. Il solare termico: con una superficie di specchi pari a quella compresa nel grande anulare di Roma si approvigionerebbe di energia tutta l’Italia. Mica li si deve mettere tutti sopra Roma…anche se secondo qualcuno potrebbe essere un’idea.

  26. Maurizio Bacci

    In merito ai rischi, non possiamo paragonare quelli derivanti dalla filiera nucleare (esercizio, incidenti e scorie) con gli eventi calamitosi e gli incidenti di altro genere (alluvioni, terremoti, aerei), in quanto il rischio nucleare ha implicazioni planetarie e di lungo periodo. In sostanza: probabilità basse, ma dimensioni del rischio colossale e potenzialmente incidenti sulla vita dell’intera umanità, non solo di una parte. Con l’efficienza energetica, secondo autorevoli studi (fra cui Enea), si ridurrebbero i cosumi di percentuali ben maggiori rispetto alla quota prevista di nucleare e rinnovabili, e questo in meno anni, a differenza di quanto afferma Ranci nell’articolo, e con notevoli risvolti occupazionali e ambientali.

  27. giulio

    Ricordo che: – già dal 1984 (millenovecentottantaquattro, il problema risale a "da sempre") non siamo riusciti a togliere i rifiuti da Napoli; – l’ospedale dell’Aquila, ultimato nel 2001 a costi altissimi, teoricamente antisismico, è da abbattere in seguito a un terremoto che in edifici giapponesi avrebbe fatto cadere qualche calcinaccio; – l’azienda SoGIn, per lo smantellamento delle vecchie centrali, è stata commissariata (a fine 2008); – non abbiamo ancora trovato un modo per smaltire i rifiuti delle centrali spente 20 anni fa: li abbiamo mandati, a costi altissimi, in Germania e Gran Bretagna; – non riusciamo a fare un deposito per le scorie. Siamo proprio sicuri che la nostra italietta sia in grado di utilizzare materiali radioattivi? Se vogliamo risparmiare, combattiamo un po’ mafia, evasione e corruzione: avremo risparmi ben maggiori di quelli dal nucleare.

  28. Marco P.

    Attenzione. Partiamo dal presupposto che da soli solare ed eolico non potranno mai bastare, perché forniscono energia ad intermittenza (posta ovviamente l’antieconomicità dell’accumulazione). Per sopperire alle quotidiane ore di magra ci sono 3 possibilità: 1) accettare di spegnere la luce quando non soffia il vento o non batte il sole; 2) importazione; 3) approvvigionamento attraverso altre fonti di produzione interna. La 1 implica drammatico calo di benessere, la 2 elevati costi (già abbiamo la bolletta più cara d’Europa), la 3 è la soluzione a lungo termine! E’ un esempio del tipo di ragionamento dal quale è necessario partire per sviluppare una sana coscienza del problema energetico. Che è un problema! E non saranno proclami politici a risolverlo.

  29. Marco P.

    Mi preme ancora un commento, altro spunto di riflessione. Valutiamo le alternative sotto 4 punti di vista, ognuno da leggersi ceteris paribus: 1.ECONOMICITA’. 20-30 mld€ di investimento in nucleare sopperirebbero al 10% del fabbisogno energetico italiano. Con il fotovoltaico non basterebbero 200 mld€. In più, il costo dell’uranio pesa circa il 10% sul prezzo del KWh: un aumento del 100% del prezzo dell’uranio significherebbe un aumento del 10% del prezzo dell’energia. 2.RESA ENERGETICA. Centrali termo-elettriche (nucleari incluse) lavorano 24h/24h. Il sole splende dignitosamente meno del 20% del tempo. Il vento soffia "benino" solo in alcune zone (Puglia, Sardegna, ecc.). 3.IMPATTO AMBIENTALE. Per sopperire al fabbisogno energetico italiano non basterebbe un quadrato di lato 100km di pannelli fotovoltaici. Discorso analogo per l’eolico (spazio per le pale) o l’idroelettrico (bacini e dighe). Le centrali a carbone o gas invece "puzzano". 4.SICUREZZA. Il punto: è necessaria informazione vera! Se le mie considerazioni risultassero opinabili o i dati non corretti, sarei lieto di veder nascere un dibattito. Basato su numeri, non su morale.

  30. Stefano G.

    Il nucleare è una scelta concettuale completamente errata. Non è applicabile in Italia perchè non ci sono i presupposti geografici (sede degli impianti e degli stoccaggi finali; sismisticità; limitatezza dell’ecumene), economici (chi paga?), politici (ruolo del federalismo e affidabilità della classe politica) e di ordine pubblico (pervasività delle mafie nelle istituzioni centrali e periferiche e nell’economia). Le centrali a turbogas vanno benissimo, funzionano 24 ore e il gas – con le nuove tecniche di ricerca ed estrazione – è abbondante e fornito in concorrenza da moltissimi paesi. Le rinnovabili determineranno la crescita di un nuovo settore economico, utile dal punto di vista occupazionale anche per i suoi riflessi localistici e l’ampia diffusione delle fonti di produzione. Il risparmio energetico e l’educazione all’uso corretto dell’energia sarà una preziosa eredità che dovremo lasciare ai nostri figli. PS: E’ necessario che qualcuno calcoli finalmente la quantità di energia sprecata in Italia ed in Europa.

  31. MASSIMO CECI

    L’articolo è molto interessante e fornisce uno spunto per dibattere su un tema che il terremoto giapponese, col conseguente tsunami, hanno drammaticamente posto all’ordine del giorno. Io credo che nel nostro paese non sia proprio il caso di incamminarsi sulla via nucleare dopo averla abbandonata 24 anni fa e questo per tre ragioni: l’Italia mi pare che sia, insieme proprio con il Giappone, il paese col territorio più sismico in assoluto; l’energia nucleare non risolverebbe affatto il problema della dipendenza del nostro paese dall’estero, visto che l’uranio lo dovremmo comunque importare; la costruzione di queste fantomatiche centrali richiederebbe un tempo medio lungo prima che comunque queste siano operative e, nel frattempo, le famosi centrali di terza generazione sarebbero probabilmente già antiquate. Inoltre, la contrarietà del popolo italiano all’energia nucleare espressa già nel referendum del 1987 e il fatto che sia già in calendario una prossima analoga consultazione nel giugno prossimo dovrebbero, per decenza, vincolare le decisioni in merito di una classe politica totalmente scollata dalla cittadinanza e sempre più autoreferenziale. La soluzione é un mix di energie alternative.

  32. MASSIMO

    L’efficienza e la redditività di un progetto legato alla produzione di energia elettronucleare, oltre ad essere soggetto a vincoli di sicurezza ambientale e per la salute umana, deve anche rispondere a presupposti di convenienza economica. Considerando che la valutazione economica di una centrale nucleare andrebbe fatta su di un arco temporale di almeno trent’anni, oltre agli investimenti certi (attivazione dell’impianto e della struttura), bisognerebbe conoscere con significativa certezza il costo di mantenimento. Insomma, mi riesce difficile credere che qualcuno abbia davvero le idee chiare sulle dinamiche legate alla determinazione dei prezzi dei materiali fissili su orizzonti temporali di questo tipo (sopratutto alla luce di quello che è successo sui mercati negli ultimi anni). Oltre all’incertezza legata al prezzo del materiale fissile allo stato grezzo è indispensabile considerare anche la necessità di un processo produttivo che contempla l’arricchimento e la configurazione del materiale in barre, altrimenti dell’uranio così com’è non ce ne facciamo nulla. Questa è una filiera produttiva assai complessa, che implica competenze tecniche e strutture industriali specifiche, che non possono essere riprodotte all’interno del nostro paese a meno di colossali investimenti (le società che si occupano di questo nel mondo oggi le si possono contare sulle dita di una mano). Il risultato è che ci troveremmo nuovamente in una condizione di dipendenza, così come già accade per gas e petrolio, dovremo assorbire completamente tutti gli aumenti di prezzo che i nostri fornitori (con ogni probabilità la Francia) decideranno di girarci. Alla luce di queste considerazioni, ad oggi non sono stato in grado di trovare stime o valutazioni capaci di convincermi che, al di là di tutti i problemi legati alla sicurezza, il nucleare sia una decisione strategica vincente per il futuro economico-energetico del paese.

  33. Enrico Motta

    C’è un’altra cosa che mi ha colpito e di cui non si è parlato. Quando ho visto gli elicotteri sopra la centrale che sganciavano acqua come d’estate sopra gli incendi, ho amaramente constatato la grave insufficienza dei mezzi per riparare i guasti nucleari. Ma la cosa non dovrebbe sorprendere; infatti gli sforzi fatti per prevenire gli incidenti nucleari hanno determinato la rarità di questi eventi, come si voleva. Questo ha però un’altra conseguenza; quando avviene un incidente, nessuno è esperto in materia, e ci si muove a tastoni. Professor Ranci, Lei si farebbe operare da un chirurgo che fa un intervento ogni 10-20 anni? L’alternativa è fare scoppiare un reattore ogni tanto, tanto per tenersi in esercizio; altrimenti si è inesperti di fronte ad un evento del genere, come è avvenuto. Le prossime saranno più sicure? Speriamo, ma la riparazione sarebbe fatta con mezzi usati ogni 30-50 anni.

  34. Curzio Foghini

    Ora dobbiamo aspettarci la confusione dei numeri, come di consueto avviene da parte dei verdi in queste occasioni. Vedrete che tra le cause di attribuzione dei morti si cercherà di addebitarne qualche migliaio al nucleare. Sul fatto la mia opinione di tecnico è quella che ho appreso dai telegiornali. Tirare la corda con le manutenzioni e cincischiare con il tentativo di abbassare le temperature con il pompaggio d’acqua mediante pompe esterne all’impianto, senza riattivare per tempo la connessione elettrica che avrebbe consentito la riattivazione degli impianti di pompaggio. Anche qui come a Cernobyl entra il fattore umano.

  35. Adriano Caroli

    Sarebbe interessante vedere proiezioni grafiche delle varie ipotesi con o senza nucleare. Cordiali saluti

  36. Paolo Vario

    Non esiste la possibilità di costruire centrali nucleari realmente esenti da qualsiasi rischio. Neanche di decima generazione. Per non parlare della gestione delle scorie. Non abbiamo neanche ancora trovato una sistemazione sicura per quelle che abbiamo già, figurarsi quelle che la banda Berlusconi vorrebbero regalare all’Italia. E quando succedono incidenti come quello giapponese, vuol dire che per migliaia e migliaia di anni, gli abitanti di quel territorio moriranno di tumori, leucemie, nasceranno figli malformati, ma tutti i collusi e gli stolti si sforzeranno di minimizzare, di invitare ala cautela e la riflessione. Capisco chi ci straguadagna su questa energia assassina. Ma tutti gli altri favorevoli? Vi siete bevuti il cervello? Aprite gli occhi e informatevi bene. Non fatevi ingannare da chi minimizza. Il nucleare uccide. Il plutonio uccide.

  37. Angelo Massetani

    Non è vero che l’evento di Fukushima è così "estremo", il terremoto in un punto è determinato dall’intensità all’epicentro e distanza dall’epicentro! La centrale era ad una distanza molto elevata, 180 km, come a dire dalla costa italiana a quella dalmata. Il terremoto poteva essere più debole e più vicino, e dare risultati anche peggiori, fatela finita di dire questa fesseria dell’evento estremo, la centrale era molto lontana.

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