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PERCHÉ IL TRENO NON SOSTITUISCE IL TIR

Esistono ampi margini di crescita per la ferrovia nel nostro paese, in termini di merci trasportate in valore assoluto. Come è già accaduto in Germania e Regno Unito negli ultimi anni. Ma lo spostamento modale delle merci dalla gomma al ferro non serve a ridurre il traffico su strada, se non in misura marginale. Meglio sarebbe puntare su un utilizzo più razionale della capacità della rete autostradale con l’adozione di livelli di pedaggio variabili nell’arco della giornata e della settimana. E prevedere un ampliamento della capacità dove necessario.

 

Hanno destato un certo scalpore le parole pronunciate qualche tempo fa dal ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, nel corso di un’audizione alla Commissione lavori pubblici del Senato. In quell’occasione, discostandosi da un copione quasi universale, Matteoli esprimeva una forte perplessità in merito alla possibilità di un ritorno delle merci su ferrovia e di un riequilibrio modale. Come giudicare, dati alla mano, la valutazione del ministro: arrendevole o realistica?

PROSPETTIVE DIVERSE

La risposta che si può dare all’interrogativo è diversa a seconda della prospettiva di riferimento.
Qualora si ragioni in termini di merci trasportate in valore assoluto, non vi è dubbio che esistano ampi margini di crescita per il modo ferroviario nel nostro paese. La presunta ineluttabilità del declino del trasporto su rotaia è, ad esempio, contraddetta da quanto accaduto in Germania negli ultimi vent’anni: al drastico calo dei traffici registratosi fra il 1990 e il 1995 (-31 per cento) è seguita nel periodo fra il 1995 e il 2008 una crescita del 64 per cento (tabella 1).
Ancor più favorevole di quella tedesca è stata l’evoluzione del trasporto merci su ferro registrata nel Regno Unito: dopo la completa privatizzazione del settore, la domanda soddisfatta è aumentata dell’86 per cento (nella Francia del monopolista “de facto” Sncf, i traffici sono diminuiti del 16 per cento). In tale ottica, il ministro appare dunque eccessivamente pessimista.
Al contrario, la visione di Matteoli è sostanzialmente corretta se ci riferiamo alla ripartizione modale del trasporto e alla possibilità di ridurre il traffico su strada, incentivando lo sviluppo della ferrovia.
Se guardiamo a quanto accaduto in Germania negli ultimi tre lustri, scopriamo che il traffico di autoarticolati, ossia l’unico segmento di mercato per il quale è realistica la competizione con gomma/ferro, è stato caratterizzato da una crescita ancor più marcata di quella della rotaia, pari all’85,6 per cento (tabella 2). Con riferimento a questa tipologia di traffico, la quota modale del trasporto merci su ferrovia è quindi diminuita del 3 per cento nel periodo preso in esame.

IL PROBLEMA DEL TRAFFICO

Ma quale ruolo può giocare il trasporto merci su ferrovia per la riduzione del traffico complessivo sulla rete stradale?
Nel 2008 le auto immatricolate in Germania hanno percorso quasi 585 miliardi di chilometri; a questi si aggiungono i 60 miliardi di chilometri percorsi dagli autocarri e i 18 miliardi degli autoarticolati. Se, convenzionalmente, si moltiplica per un fattore due il traffico dei mezzi pesanti, si perviene a un valore di traffico complessivo in auto-equivalenti pari a 741 miliardi di km.
Il traffico merci su ferrovia nello stesso anno era pari a 116 miliardi di tonnellate-km. Quale sarebbe il traffico aggiuntivo sulla rete stradale qualora il trasporto su ferrovia fosse azzerato? Ipotizzando che le merci oggi movimentate su ferro venissero trasportate con autoarticolati e assumendo un carico medio di 15 tonnellate per veicolo (coefficiente di utilizzo medio della portata utile del 50 per cento), si avrebbe un incremento del volume di traffico pesante pari a 7,7 miliardi di km corrispondenti a 15,4 miliardi di km in auto-equivalenti. Il traffico merci su ferrovia equivale dunque a circa il 2,1 per cento del traffico stradale nel caso della Germania e a una quota ancor più limitata per gli altri paesi europei.
Alla luce di tali dati risulta evidente come lo spostamento modale delle merci dalla gomma al ferro non possa ridurre, se non in misura marginale, il traffico veicolare. Continuando con l’esempio tedesco, qualora il traffico merci su ferro raddoppiasse (cosa non certo facile da realizzare), si sottrarrebbe alla strada traffico per un altro 2,1 per cento, ovvero quanto il traffico stradale cresce in uno o due anni.
A tale limitazione di tipo quantitativo se ne sovrappone una qualitativa. I livelli di utilizzo della capacità stradale risultano essere alquanto differenziati sia in termini spaziali che temporali. Gli episodi di congestione interessano infatti una quota limitata della rete stradale e autostradale. Le condizioni più critiche di circolazione, cui sono correlati i più elevati costi esterni, interessano prevalentemente i segmenti di rete a ridosso delle maggiori aree metropolitane. Un eventuale riequilibrio modale lascerebbe pressoché immutata la situazione su tali tratti di infrastruttura. Non essendo immaginabile un ritorno alla situazione di un secolo fa quando la quasi totalità delle aziende manifatturiere disponeva di un raccordo diretto alla ferrovia, la tratta iniziale e quella finale di un trasporto acquisito dalla ferrovia, continuerebbero a essere effettuate su gomma, in larga parte sulle tratte più congestionate. Nel caso dell’Italia, ad esempio, tutti i principali centri del Nord del paese, non trarrebbero quasi alcun giovamento dal trasferimento strada/rotaia. E, viceversa, il percorso su ferrovia risulterebbe parallelo a tratte della rete autostradale ove si registrano prevalentemente buone condizioni di deflusso. Tale condizione accomuna i due segmenti di mercato ove più significativa è la possibilità di acquisizione di domanda da parte della ferrovia, ossia i flussi tra il Nord e il Sud Italia e quelli con l’estero: è il caso, tra gli altri, della nuova linea Torino-Lione che ridurrebbe i flussi, già oggi molto modesti, sulla tratta autostradale fra il capoluogo piemontese e la Francia, ma non apporterebbe benefici al semianello tangenziale della città che continuerebbe a essere percorso dai mezzi pesanti diretti o provenienti dal locale terminale intermodale.
La strategia del riequilibrio modale sembra dunque assommare inefficacia e inefficienza. Meglio sarebbe puntare su un migliore utilizzo della capacità della rete autostradale con l’adozione di livelli di pedaggio variabili nell’arco della giornata e della settimana, e prevedere un ampliamento della capacità ove necessario (misure previste dal Piano generale dei trasporti e della logistica del 2001, ma non attuate). Tale strategia, a differenza di quella del riequilibrio modale, non comporta oneri per la finanza pubblica. Laddove più elevati sono i livelli di traffico, l’adeguamento dell’offerta infrastrutturale può essere infatti realizzato senza far ricorso alla fiscalità, ma recuperando gli investimenti tramite gli introiti dei pedaggi.

Tabella 1 Trasporto merci su ferrovia nei maggiori paesi europei [miliardi di tonnellate-km]

Fonte: European Commission

Tabella 2 Trasporto merci su ferrovia e su strada in Germania

Fonte: nostra elaborazione su dati European Commission e Bundesanstalt für Straßenwesen (BASt)

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28 commenti

  1. giulio

    Lo spostamento modale delle merci dalla gomma al ferro serve moltissimo a ridurre il traffico su strada (nonché i morti dovuti ad autisti che lavorano 18h al giorno). L’ultima cosa che bisogna fare in Italia è aumentare autostrade, inquinamento, autotreni con rimorchio che attraversano le città, dipendenza energetica dal petrolio. Il prezzo di vendita delle merci trasportate tramite TIR risente in misura drammatica del costo del gasolio da autotrazione. Treni a trazione elettrica utilizzano energia elettrica prodotta anche da metano, biomasse, idroelettrico, eolico, ecc (purché in Italia lo si voglia fare davvero…).

  2. Davide

    Che il riequilibrio modale sia un’utopia è abbastanza evidente. E’ tale lo squilibrio tra trasporto su rotaia e trasporto su strada che non solo gli effetti sul traffico stradale di un eventuale trasferimento di una quota di merci su ferro sarebbero marginali, ma anche l’attuale infrastruttura ferroviaria non sarebbe in grado di sopportare incrementi di traffico tali da raggiungere effetti poco più che marginali, senza significativi investimenti. D’altro canto è vero che l’incremento in termini assoluti dei volumi di traffico su ferro sia di per sé un elemento positivo ed un obiettivo da perseguire con convinzione, i cui effetti potrebbero essere amplificati da un utilizzo più efficiente delle infrastrutture stradali, che non considererei alternativo al potenziamento del trasporto su ferro.

  3. Davide

    Interessante associazione. Un autoarticolato = 2 macchine. Omogeneizzazione ed il gioco è fatto: 2,1% del traffico totale in termini di auto-equivalenti. Ma se parlo di merci (e notoriamente il traffico merci su rotaia ha un senso sulle lunghe distanze per renderlo conveniente), allora il vettore su gomma equivalente è il TIR, come quelli che girano sulle autostrade. Un super tir è lungo 18 metri, un carro ferroviario è lungo 20 metri. Una Fiat Freemont (il SUV della fiat) è lunga 5 metri, mentre una multipla e poco più lunga di 3 metri. Quindi un TIR è pari a oltre 3 Fiat Freemont e poco poco più di 5 multipla. E’ giusto quindi mettere tutto nello stesso calderone in termini di auto-equivalenti o confronto pere con pere e mele su mele? In termi di trasporto di sole merci e considerando validi i numeri dell’articolo, quei 7,7 miliardi di km sono pari al 42% dei Tir che circolano in Germania. Perchè quei 7,7 miliardi non si trasformano in auto-equivalenti ma in TIR sulle strade.

  4. Adronio

    Industriali, politici e banche sono interessati solo al magna-magna delle Grandi opere ferroviarie inutili.

  5. Paolo

    Ho notato altri errori piuttosto evidenti. Il primo è sull’equivalenza 1 autocarro = 2 automobili; sarà pure un metodo standard, ma mi sembra completamente errato; un autocarro equivale a non meno di 3 automobili (di solito occupa lo spazio di 4 e la stazza di 10). Anche nel calcolo dei km si commette una strana dimenticanza: un km percorso da un treno non è uguale ad uno percorso da un autocarro, ma sempre aggiunto un fattore correttivo di 1,3 (almeno). Aggiungo, infine, che un decremento del 2 per cento (che probabilmente sarebbe del 10, se i calcoli non fossero stati falsati) è comunque significativo in termini di vite umane salvate (causa incidenti), di costi per la manutenzione delle strade (indirettamente: altre vite salvate) e di inquinamento (anche qui: indirettamente altre vite salvate, altri soldi risparmiati).

    • La redazione

      Risposta a Paolo "Errori fattuali" (e a Davide "omogeneizzazione senza senso")

      1) Non è corretto raffrontare lo spazio occupato da un’auto e da un autoarticolato facendo riferimento alla rispettiva lunghezza. A questa occorre sommare la distanza minima di sicurezza fra due veicoli successivi. Qualora si consideri il solo tempo di reazione (tempo che intercorre fra l’avvistamento di un ostacolo improvviso e l’inizio della frenatura) e non anche quello di
      frenata, ad una velocità di 90 km/h, fra due auto o autoarticolati successivi vi devono essere almeno 25 m. La "lunghezza virtuale" di un’auto è quindi di 28 m (3+25); quella di un autoarticolato di 43 m (18+25). Il rapporto fra gli spazi occupati è pari a circa 1,5. Occorre poi tenere in considerazione altri elementi, tra i quali, i più bassi valori di accelerazione dei mezzi pesanti che determinano una riduzione del numero di veicoli-equivalenti che possono utilizzare una strada. Il coefficiente di equivalenza "2" utilizzato è pertanto corretto.

      2) Nell’analisi condotta non si fa riferimento ai km percorsi dai convogli ferroviari ma alla quantità di "tonnelate-km"; sulla base di questo valore viene calcolato il traffico di autoarticolati teoricamente necessario per movimentare la stessa quantità di merce su strada.

      Cordiali saluti,
      Francesco Remalla

  6. Matteo B.

    Dott. Ing. Ramella, ho avuto modo in passato di apprezzare alcuni suoi contributi sul tema del trasporto ferroviario – in particolare: "Multe a Trenitalia? Le paghiamo noi", Libero Mercato, 10 febbraio 2009 – e per tale ragione questo suo articolo mi lascia alcune perplessità, anche metodologiche. In primis, ho alcuni dubbi circa la confrontabilità dei dati relativi al settore ferroviario tedesco, rispetto a quello italiano, dato il diverso livello di liberalizzazione dei due paesi. Un confronto tra i due paesi [Rail Liberalisation Index 2011, Brussels, 20 April 2011] rende bene l’idea delle differenze esistenti. Inoltre, la difesa del monopolio aziendale da parte del Gruppo FS – di cui lo Stato è azionista unico – attraverso la sistematica distruzione di ogni infrastruttura in disuso da parte di società del Gruppo, in particolare quando per le stesse c’era l’interesse di una Impresa Ferroviaria concorrente [Rail Liberalisation Index 2011, 2011; Liberalizzazione dei servizi ferroviari: a che punto (non) siamo, Ottobre 2008] costringe molte aziende a ricorrere al trasporto su gomme anche il trasporto su ferro è più efficiente.

  7. Cesare Schweiz

    Senza sarcasmi e in modo perfettamente pacifico, consiglio a Ramella di fare un test empirico guidando alcune centinaia di km in Svizzera, interessata dal corridoio pan europeo dei due mari (nelle tratte Milano – Domodossola – Berna – Basilea – Strasburgo oppure Milano – Como – Lucerna – Basilea – Strasburgo), che ha scientemente e metodicamente disincentivato il trasporto di merci e persone su gomma, in favore delle rotaie. Si chiederà ben presto: dove sono gli autoarticolati? Dove è il traffico? Nonostante le evidenti difficoltà orografiche, i massicci investimenti su rotaia pagano sotto talmente tanti punti di vista che è difficile fare l’elenco in 1200 caratteri. Una settimana spesa a toccare con mano il modello svizzero sarebbe più che sufficiente a convincere chiunque dotato di buon senso. D’altra parte qui da noi l’elenco degli impedimenti politici, lobbistici e pratici è lungo. L’Italia e i sui governanti continueranno a favorire consapevolmente il declino del trasporto pubblico e continueranno a essere pavidi o impotenti di fronte a scelte coraggiose per il bene comune. Quando si impiegheranno 2 o 3 ore per fare 15 km (invece di un ora attuale nell’ora di punta) sarà tardi.

    • La redazione

      Il trasporto merci su gomma in Svizzera non è certo in via di estinzione grazie agli ingenti investimenti ferroviari. Al Gottardo, ad esempio, negli ultimi trent’anni i flussi di merce su strada sono cresciuti di oltre venti volte passando da 0,5 a 11 milioni di t. E’ peraltro vero che, grazie alle politiche di dissuasione attuate, la ferrovia detiene ancora oggi una quota largamente maggioritaria dei traffici transalpini. Al riguardo è opportuno evidenziare come l’imporre restrizioni o divieti significa accrescere artificialmente il costo generalizzato del trasporto. Una siffatta politica può essere imposta da un Paese ad imprese estere ma non può trovare applicazione in ambito nazionale dove il traffico è in larga misura di breve percorrenza. Lo dimostra l’esperienza della a stessa Svizzera che ha visto crescere il trasporto di merci su gomma entro i confini nazionali a ritmi analoghi a quelli degli altri Paesi europei: tra il 1950 ed il 2008 il trasporto merci su strada interno è cresciuto di 15 volte da 0,9 a 14 miliardi di tonnellate-km.
      (Fonte: http://www.litra.ch/dcs/users/2/VZ_2010_f.pdf)

  8. Paolo Saccomano

    Perchè aumenti l’utilizzo del trasporto ferroviario in Italia occorrerebbe innanzitutto avere un’offerta realmente competitiva da parte del sistema ferroviario, dal punto di vista del servizio e della flessibilità più ancora che da quello dei costi. Come in tutti i settori industriali che ruotano intorno a infrastrutture di rete, solo una politica intelligente e forte di incentivazione della concorrenza nel trasporto ferroviario può portare a questo risultato. Detto ciò, è ovvio che l’aumento del trasporto ferroviario non porta comunque a risolvere il problema del traffico nelle aree metropolitane. Per risolvere questo problema sarebbero più efficaci delle politiche e degli investimenti infrastrutturali volti ad allontanare il traffico di transito e gli hub di trasporto dalle zone metropolitane stesse, che dovrebbero essere interessate soltanto dai flussi di distribuzione capillare delle merci al mercato finale.
    Oggi palesemente succede il contrario: basta vedere quanti TIR in transito percorrono le tangenziali delle città italiane e dove sono localizzati tutti i principali hub di trasporto dei corrieri (cioè vicino alle tangenziali stesse).

  9. Ardesi Francesco

    Salve, il mio intervento pone l’attenzione su un aspetto non secondario alla luce degli ultimi dati di bilancio dello stato.Un mese è passato da quando l’On. Matteoli sotto minaccia di un blocco generale dei T.I.R firmava il decreto concedendo lo sblocco delle risorse per l’autotrasporto previste dalla legge di stabilità. 368 milioni per i Tir, destinati prevalentemente alla riduzione dei premi Inail, al rimborso delle spese non documentate e del contributo al Servizio sanitario nazionale sull’Rca. A questi si devono aggiungere 300 milioni di fondi strutturali previsti dalla legge di bilancio, mentre per fine anno si attendono altri 30 milioni circa che probabilmente sosterranno l’intermodalità strada-mare. Anche la ripartizione dei 700 milioni stanziati per quest’anno non si discosta molto dal passato: il decreto interministeriale ha sbloccato 113 milioni per le spese non documentate, 22 milioni per la riduzione del premio Rca, 120 milioni per gli sconti ai pedaggi autostradali, 105 milioni per la riduzione dei premi Inail e 8,7 milioni per la formazione.

  10. Stefano Palumbo

    Non ho capito che senso abbia la percentuale del 2,1%, calcolata mettendo a denominatore i 741 mld di veicoli-km che inglobano le auto (le quali trasportano persone, non merci). Inoltre, non capisco perché il dato delle ferrovie è in tonnellate-km, mentre per il trasporto su gomma non sono citate le tonnellate (che sono il dato cruciale ai fini della tesi sostenuta).

    • La redazione

      Perché contare le auto e non solo Tir e articolati?
      Per rispondere all’interrogativo posto nell’articolo: "Quale ruolo può giocare il trasporto merci su ferrovia per la riduzione del traffico complessivo sulla rete stradale?". Come noto, auto e tir condividono le stesse infrastrutture. A tal fine si è stimato di quanto si ridurrebbe il traffico di mezzi pesanti nel caso di un raddoppio (in Germania) dell’attuale traffico merci su ferrovia.

  11. Ardesi Francesco

    Se si utilizzasse una parte della spesa pubblica per investire in infrastrutture (per infrastrutture non penso al ponte sullo stretto) si avrebbe un doppio vantaggio: smettere di ragionare con logiche a breve termine ed affrontare un problema del nostro secolo, la sostenibilità ambientale. Non si tratta di esser virtuosi d’animo o integerrimi ambientalisti, bisogna capire che costruire un autostrada vuol dire immettere CO2 nell’aria e aumentare il riscaldamento globale, un problema economico oltre che sociale.

  12. angelo agostini

    Trovo anch’io fuorviante l’equivalenza TIR – automobili. Il fattore decisivo nel calcolo dovrebbe essere la "tonnellata di merci". E bisognerebbe chiedersi esclusivamente cosa significherebbe spostare una t dalla gomma al ferro, tenuto ovviamente conto di tutte le altre variabili, come la ben diversa flessibilità, etc.. Inoltre per l’Italia non è possibile non tener conto di almeno 2 fatti macroscopici ed ormai ben noti: 1 – I km percorsi dalle merci su gomma in Italia sono ben maggiori di quelli effettivamente necessari Tutti abbiamo imparato che una parte significativa del traffico è controllato dalla criminalità organizzata che sposta le merci inutilmente per accrescerne artificiosamente il prezzo; 2 – Il nanismo ed il conseguente arretramento tecnologico dei trasportatori italiani produce una bassa efficacia del sistema, per il quale molti vettori viaggiano ben sotto carico per incapacità di migliore coordinamento. Di nuovo, milioni di km sprecati. Infine, non si può sottovalutare l’impatto che una economia che almeno si avvicini ai "km 0" avrebbe sul tutto. Ed è questa la strada per un futuro sostenibile. Il commentatore che parlava della Svizzera ha assolutamente ragione!

  13. Giovanni

    Vedo che non si è presa in considerazione l’alternativa del trasporto via mare. Qualche anno fa si parlava del progetto "Autostrade del mare", poi abbandonato come tante altre cose in Italia. Nel frattempo va avanti il progetto del ponte di Messina, nell’ipotesi che sia economicamente possibile trasportare le merci dalla Sicilia al nord per mezzo dei Tir. Non parlo delle ferrovie perché penso che i treni non potranno passare su un ponte che per resistere al vento deve poter oscillare. Peraltro mi sembra che il finanziamento del ponte sia previsto per una bella fetta a carico delle ferrovie.

  14. Pietro spirito

    Giusto o sbagliato che sia stato, in Italia il quadruplicamento dei principali assi ferroviari è stato realizzato con caratteristiche ad alta capacità. Vale a dire che sulla nuova rete ferroviaria possono circolare anche treni merci. Questa decisione ha implicato un consistente aumento nei costi pubblici di investimento per la realizzazione dell’opera. Ora, vogliamo o no utilizzare questa capacità? Oppure ci vogliamo rassegnare ancora una volta ad avere assunto una decisione alla quale non fanno seguito politiche coerenti? Certo, andrebbe avviato un dibattito sul prezzo del pedaggio di accesso per i treni merci alla rete AV-AC, che oggi si colloca su un livello del tutto incompatibile alla sostenibilità del mercato. Insomma, prima di far ripartire altri investimenti autostradali, varrebbe la pena di sfruttare le potenzialità della nuova rete ferroviaria costata risorse così consistenti della collettività.

    • La redazione

      Eventuali nuovi investimenti stradali riguarderebbero prioritariamente le infrastrutture nell’intorno delle maggiori aree urbane. L’esistenza della rete AV-AC ed un’eventuale forte crescita del trasporto su ferro resa possibile da essa non modificherebbero, se non marginalmente, il livello di traffico su tali tratte della rete. L’AV/AC non rappresenta quindi una soluzione alternativa al problema della congestione su tali tratte.

  15. Emanuele Breda

    Citare il caso tedesco per sostenere che il trasporto su ferro non sostituisce affatto quello su gomma non mi pare del tutto corretto: se non vi fosse stato uno sviluppo del trasporto ferroviario nel periodo considerato, semplicemente tutto l’incremento complessivo di traffico merci si sarebbe concentrato sulla modalità su gomma, anziché solo una parte come si è verificato.

  16. Carlo Minganti

    I calcoli sulla occupazione del suolo per giustificare il trasporto di gomma sembrano poco convincenti, come sembra anche ad altri, almeno leggendo i commenti. Le risposte date non sembrano tenere peraltro conto della complessità delle cose. Quando lavoravo negli Stati Uniti, si teneva conto del consumo delle strade per cui il movimento di un TIR equivaleva a 23 automobili. Usando questo parametro i TIR sulle strade italiane equivarrebbero a 1100 miliardi di Km/auto. Germania e Francia, inoltre trasportano una grande quantità di merci su acqua per cui i dati riportati sono quanto meno parziali. A me sembra quindi che il lavoro di ricerca sia stato troppo semplificato e che l’autore tenda a giustificare delle non-scelte strategiche sui trasporti dei nostri governi.

    • La redazione

      La domanda cui si è cercato di rispondere nell’articolo è: "Quale ruolo può giocare il trasporto merci su ferrovia per la riduzione del traffico complessivo sulla rete stradale?". A tal fine è necessario valutare quanto un autoarticolato occupa un’infrastruttura rispetto ad un’auto e non quanto "la consuma".

  17. bob

    Per rispondere a Lei e giustamente all’arretrattezza dei trasporti in Italia le segnalo un dato da persona interessata: un bancale di 150 kg via frigo impiega da Roma a Torino circa 6 giorni (attenzione questo se fai recapitare il Bancale al dep. di partenza altrimenti sono guai). Perchè i corrieri espressi 24 ore per legge non possono trasportare refrigerato (es: Traco). Per salvaguardare TIR vuoti si penalizza un intero Paese, ma questo si sa è il Paese dove le minoranze, molto spesso poco raccomandabili, fanno da padroni (o padrini!)

  18. Corrado Truffi

    Non capisco proprio perché dai fatti citati (l’esempio Germania) debbano derivare le conclusioni dell’articolo. Certo, è apparentemente ragionevole l’osservazione sull’inevitabilità della congestione urbana per il trasporto di breve distanza, ma non si vede perché non dovrebbe essere possibile cambiare le convenienze almeno sulla lunga distanza. Il fatto è che trasportare le merci su gomma conviene perché il carburante costa (ancora) troppo poco e i costi ambientali del trasporto non sono minimamente internalizzati. Banalmente, i prezzi di mercato del trasporto non riflettono i costi reali dello spostare merci inquinando e producendo CO2. Se restiamo dentro la razionalità ristretta attuale, non andiamo lontano…

  19. Claudio MORETTI

    Il sistema dei trasporti va considerato in una logica multimodale. In questo quadro, ritengo riduttivo puntare ad uno “spostamento modale delle merci dalla gomma al ferro”, ma ad un più razionale uso delle diverse modalità in ragione delle tipologia di merce e di spedizione. Occorre ricordare che per il trasporto su ferro, eccezion fatta per i grandi stabilimenti dotati di raccordi interni, necessita comunque di un collegamento su strada per congiungere i terminali di partenza/arrivo. In tale quadro, pertanto, a differenza del trasporto su gomma, quello su ferro necessita di una catena del trasporto e quindi di un sistema organizzativo complessivo che va oltre al semplice binario.

  20. Stefano Palumbo

    La sua risposta non mi sembra rispondere alla mia domanda. Anche i passeggeri dei treni usano le stesse infrastrutture delle merci, però non sono nel suo conteggio. O vanno messi in conto su tutti e due i lati o su n il fattoessuno. Inoltre, resta che le unità di misura sono diverse (t/km da un lato e t dall’altro). Così com’è, il suo ragionamento non pare avere validità metodologica.

  21. Alberto Capece

    Rimango piuttosto sorpreso dall’articolo per vari motivi che sarebbe un po’ lungo descrivere qui. Ma la cosa che evidentemente non funziona è equiparare un tir a due vetture, cosa che non esiste da nessun punto di vista possibile. Purtroppo la cosa è così macroscopica che non è certamente un errore: e mi chiedo che senso abbia che la Commissione europea lavori sulla base di equivalenze di comodo e prive di qualsiasi riscontro nella realtà. Non mi soffermo sul fatto che non sia stato preso in considerazione il fatto che ogni aumento di trasporto merci su ferrovia determina anche un aumento del trasporto su gomma, ciò che diminuisce è il chilometraggio. Infine è troppo ovvio osservare che il maggior esportatore del mondo è anche necessariamente legato all’inefficienza del trasporto ferroviario in altri Paesi, Italia per prima ed evidentemente a una scarsa integrazione del trasporto europeo su rotaia.

  22. marco ronchi

    Leggo con interesse l’analisi.
    Non si menziona però l’impatto ambientale, che fa del trasporto su gomma uno dei principali protagonisti sia delle emissioni di inquinanti (tragica la situazione in pianura padana) che di climalteranti.

  23. Adriano Zanon

    Molti commenti hanno già segnalato i strani confronti numerici. Nell’articolo tutto gravita, anzi ruota, sulla gomma. Sembra un gioco di parole, ma è solo una fissazione. Non senza assurdità. In una risposta a Paolo del 22-6 si considera la frenata di automobile e autotreno sempre di 25 m a 90 all’ora. Chiedo all’autore di provare personalmente. — In sostanza tutto il ragionamento si traduce in spazio percorso, quando l’aspetto critico più importante è l’ambiente, in termini di energia consumata e d’inquinamento prodotto, non di spazio. Solo in termini di gasolio un tir consuma almeno 5 volte un’automobile (3 contro 15 litri/km), ma consuma molto di più la strada (sulle strade normali i tir fanno disastri). — Ma anche senza considerare l’energia in gioco, un treno (piccolo) con 20 vagoni da 60 t/vagone nette, cioè 1.200 t, significa 80 tir di 15 t (molto verosimili perché molti rientrano a vuoto). Tutti capiscono che un viaggio, senza ritorno necessario, è ben diverso da 80 viaggi. Le due cose a ben vedere non sono neanche commensurabili. — Il fatto è che questi due mezzi non devono essere considerati alternativi, ma parzialmente complementari. Basta volerlo.

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