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IL DESOLANTE COPIA-INCOLLA DELLA DELEGA FISCALE

Il Governo ha approvato una bozza di legge delega per la riforma fiscale. Un documento costruito molto in fretta, con pochi ingredienti, dagli esiti distributivi e di gettito assolutamente incerti. Per rimpolparlo si è allora ricorsi al più classico “copia e incolla” dalla legge delega presentata da Tremonti nel 2001, approvata dal Parlamento nel 2003 e poi largamente non esercitata. Come se nulla, nel frattempo, fosse cambiato nel sistema fiscale erariale, regionale e locale. Il tema del fisco è delicato. Di improvvisazione e pressappochismo non c’è proprio bisogno.

Nel Consiglio dei ministri del 30 giugno il Governo ha approvato una bozza di legge delega per la riforma fiscale.
Una bozza costruita in fretta, molto in fretta.

SI TORNA AL 2001

All’idea, non ulteriormente declinata, e quindi non valutabile, di un’Irpef con tre aliquote, 20, 30 e 40, da applicarsi a una base imponibile con meno forme di erosione, ma senza che un solo contribuente ci rimetta, si è aggiunta una timida e prudente ipotesi di innalzamento graduale dell’Iva e una generica formulazione di riforma della tassazione delle attività finanziarie, con cui ci si preoccupa più di definire regimi speciali che di armonizzare il prelievo. Alle imprese si promette una tassazione ispirata al modello noto in letteratura come Ace (Allowance for Corporate Equity), già proposta dalla commissione Biasco nel 2007-8, che costituisce di fatto una riformulazione, più generosa, della Dit eliminata proprio da Giulio Tremonti a partire dal 2001. Perché non ci si accorga di questo ripensamento, l’Ace viene però mascherata e diviene acronimo di “Aiuto alla crescita economica”.
Pochi ingredienti, dagli esiti distributivi e di gettito assolutamente incerti, ancora troppo poco declinati per potere essere chiamati “riforma fiscale”. E allora si è agito con lo strumento classico del copia e incolla (si veda allegato) mettendo in qua e là , a mo’ di riempitivo, tanti pezzi e pezzetti della legge delega di riforma del sistema fiscale presentata da Tremonti nel 2001, approvata dal Parlamento nel 2003 (legge 80), e poi largamente non esercitata. Come se nulla nel frattempo fosse successo al sistema fiscale erariale, regionale e locale. Ricompare l’ipotesi di concordato fiscale, introdotto sperimentalmente, quasi ogni anno, con diversi nomi, nella legislatura 2001-2006, e sempre fallito. Non manca l’usuale e reiterata promessa di eliminare, gradualmente si intende,  l’Irap, come se questa eliminazione non fosse già stata ammessa da ben due norme approvate in questa stessa legislatura. Ricompare l’imposta sui servizi, riproposta anche in questa edizione come mera sommatoria di imposte esistenti, di cui non si esplicita né il presupposto né l’articolazione, e in cui viene inglobata anche l’imposta di registro, senza alcuna indicazione di coordinamento con la disciplina della cedolare secca sugli affitti, entrata in vigore quest’anno, che sostituisce, ma solo per opzione del contribuente, oltre all’Irpef anche, appunto, l’imposta di registro. 

UNA BOZZA SBADATA, MA ACCORTA

Un copia incolla dell’ultimo momento, in parte molto sbadato, in parte molto accorto.
Alcuni esempi di sbadataggine:

–         si continua a prevede che le Regioni siano compensate dall’auspicata eliminazione dell’Irap con “trasferimenti” o con compartecipazioni. E dire che lo sforzo più grosso fatto con i decreti legislativi di attuazione del federalismo ha riguardato proprio la necessità di sostituire i trasferimenti con tributi e compartecipazioni, non essendo i trasferimenti più ammessi dal riformato titolo V della Costituzione;
–         si elencano principi direttivi che corrispondono a norme già esistenti, quali: l’inclusione parziale nell’imponibile degli utili percepiti e delle plusvalenze realizzate, fuori dall’esercizio di impresa, su partecipazioni societarie qualificate; la determinazione del reddito di impresa, applicando, in quanto compatibili, le norme contenute nella disciplina dell’imposta sul reddito delle società .

Alcuni esempi di accortezza:

–         non si parla più di potenziamento, ma di revisione degli studi di settore;
–         fra i principi cui deve attenersi la disciplina fiscale, scompare il riferimento all’uguaglianza;
–         scompaiono tutti riferimenti alla progressività dell’imposta e allo statuto dei contribuenti.

A ben vedere neppure l’idea del 20-30-40 è nuova: era una delle quattro ipotesi per l’Irpef formulate nel Libro bianco del 1994, cinque (radicali) riforme fa. Solo che in quel caso venivano almeno indicati anche gli scaglioni e le soglie di esenzione.
Una bozza di delega che, nel complesso, rattrista: il tema del fisco è delicato; ciò di cui non si ha proprio bisogno è di improvvisazione e pressappochismo.

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10 commenti

  1. raffaello lupi

    La politica cerca di rispondere come può a un malessere sociale, a una opinione pubblica che "sente" il cattivo funzionamento del fisco, che "vuole" cambiare qualcosa, e non sa come…purtroppo non lo sa neppure la politica, perchè non lo sa neppure l’accademia dei tributaristi, che non ha mai capito la tassazione attraverso le aziende, nei termini che indico in questo post sul sito della fondazione studi tributari dove ho ripreso anche il post della Prof. Guerra. Insomma l’imbarazzo politico è un problema di strutture cognitive di un fisco, ahimè senza testa. Credo che un po’ ci dobbiamo rimboccare le maniche quei pochi giuristi (non avvocati o non solo avvocati) che si occupano di fisco e gli economisti che ancora si dedicano al tema. A proposito, come fondazione studi tributari volevamo fare un volume di scritti vari sulla riforma fiscale, secondo questa scaletta.

  2. Alessandro Petretto

    La storia dell’IRAP è veramente folle. Non è un tributo bizzarro né inedito, in quanto applicato in forme simili in altri paesi. Come tutti i tributi ha pregi e diffetti che vanno peraltro relativizzati con le aternative disponibili. In Europa non c’è in quei paesi che adottano sistemi sanitari c.d. alla Birsmark, basati cioè sulle assicurazione sociali obbligatorie finanziate con payroll-taxation, cioè contributi commisurati al reddito da lavoro che vanno direttamente alle mutue. Sono ottimi sistemi sanitari nazionali, universali e pubblici come il nostro, ma noi, abbiamo battuto la strada della fiscalità generale come base di finanziamento della sanità. Per cui è necessario un tributo specifico coerente con le dimensioni quantitative della spesa che va, in parte, a finanziare. Sotto questo profilo l’unica proposta di sostituzione dell’IRAP coerente sarebbe proprio quella di reintrodurre i contributi sanitari e, perché no, le mutue! Ho il sospetto invece che Tremonti pensi, una volta istituita l’imposta sui servizi, di impiegare questa per sostituire l’IRAP. Così finanziaremo la sanità con l’imposta di registro…Infine, che fine ha fatto il federalismo regionale?

  3. Franca Floris

    Altrettanto desolante è che si spacci come propria una rivelazione già fatta da altri ( vedi “Riforma fiscale copia e incolla” su ItaliaOggi del 1° luglio 2011, all’indomani dell’approvazione della manovra).

    • La redazione

      Gentile Dottoressa Floris, pubblichiamo volentieri la sua precisazione, ma l’articolo da lei citato non è visibile nella sua interezza per cui ci è difficile confrontarlo.Crediamo sia utile, a beneficio dei suoi e dei nostri lettori, poterlo fare. Ha modo di inviarcelo?

      Ndr: L’articolo è stato poi mandato dalla redazione di Italia Oggi ed è consultabile a questo link

  4. Unico

    Resto sbigottito, attonito, senza parole… Dopo i proclami sbandierati ai quattro venti e gli studi che gli esperti del ministro Tremonti stanno facendo da mesi, ci saremmo aspettati qualcosa di profondamente diverso… ed invece si copia quello che già dovrebbe essere legge… A questo punto credo che non ci siano piu’ speranze…faremo la fine della Grecia…se questi pseudo-politici non vanno tutti a casa…o ce li mandiamo.

  5. flavio

    Forse Dario fo ha ragione…..bisogna mettersi in parallelo con i delinquenti una volta per tutte?

  6. AM

    Sono basito per l’enorme aumento del bollo sui dossier titoli, una vera e propria patrimoniale aggravata dalla regressività. Quanto alle spesa sanitaria si debbono registrare sprechi e ruberie in misura diversa nelle varie regioni. In sostanza si deve combinare il principio che per avere i servizi sanitari debbono pagare tutti in base alle loro possibilità con la morale cristiana di aiutare chi ne ha bisogno senza attendersi contropartite in terra e quindi curare anche persone entrate in Italia clandestinamente oppure per delinquere. Non si deve dimenticare però che nelle degenze vi è anche una componente alberghiera (vitto e alloggio) che poco riguarda la terapia. Si potrebbe quindi differenziare il trattamento alberghiero. Es. camere a 2 letti o camerate di 30 letti. Un mio conoscente di passaggio in Romania è stato curato benissimo, ma era in una camerata di 30 letti e il vitto non era certamente quello distribuito negli ospedali italiani.

  7. bob

    La ricchezza creata e accumulata dal dopoguerra fino agli inizi degli anni ’70 è stata distrutta con danni irreparabili da una classe politica e da una gran parte delle società "civile"di questo Paese. Negli ultimi 20 anni una sistematica disinformazione degna del migliore Kgb ha fatto credere ad una fetta importante di cittadini analfabeti (il 50% della società) che il nostro Paese era avanti al mondo. La conferma di quello che sostengo è l’affermazione di un populista come Berlusconi e ancora di peggio di un clan come la Lega cosa unica e non riscontrabile in nessun Governo occidentale. Pensate solo cosa può essere agli occhi del mondo un Paese che mette la riforma Costituzionale in mano di un simile Clan. Un Paese civile progetta il futuro camminando con la testa in avanti ma non dimenticando il suo passato migliore, anche se con momenti storici diversi. Ma il degrado culturale portato fin dentro il Parlamento ha consentito a ciarlatani e masanielli di distruggere "il bel Paese".

  8. raffaello lupi

    L’abolizione dell’irap, commentata sopra da Petretto, conferma che l’effetto di annuncio è una componente ineliminabile della politica, quando ci si trova tra l’incudine di un tributo che funziona bene, ma di cui non si capisce il fondamento, e non si sa cosa rispondere all’imprenditore medio veneto o padano che protesta dicendo “ma come l’operaio prende i soldi, e io pago l’Irap senza neppure dedurla dall’Ires?”. Allora si prende tempo con l’effetto di annuncio, tanto non sappiamo cosa succederà domani, figuriamoci nel 2014, intanto per alcuni soggetti l’Irap viene aumentata. Dare una risposta alle perplessità dell’imprenditore padano, e fare le modifiche non spetta alla politica, ma agli studiosi della tassazione. Se a qualcuno interessano alcune proposte c’è l’articolo su dialoghi scaricabile da qui.

  9. BOLLI PASQUALE

    L’economia italiana è finita,come ampiamente previsto,in un perfetto cul de sac. I motivi sono tanti e diversi, ma tutti dovuti ad: egoismo,irresponsabilità e menefreghismo dei nostri governanti, che in primis avrebbero dovuto dopo i ripeturti insuccessi elettorali passare la mano ad altri per tentare con una coraggiosa sterzata di rimettere in corsa la nostra economia in condizione di totale stallo. Tanto non è avvenuto perchè chi doveva fare questo atto di coraggio ha pensato più alla propria pelle che alle sorti del popolo italiano. E’ pur vero che le nostre disastrate finanze,unitamente a fenomeni macroeconomici mondiali troppo non ci consentono,ma non si è fatto proprio niente ! Il desolante copia-incolla della delega fiscale ha evidenziato un pressappochismo che è proprio dei menefreghisti. Non si vogliono toccare i redditi alti,non si vuole riformare la politica che come,mostro dalle mille teste,divora ogni nostra residua risorsa, non si vogliono riequilibrare le imposizioni fiscali e si tartassano sempre i più poveri e i più deboli. Come si faranno ripartire: consumi,mercato e lavoro? Se l’economia è al palo e la politica è negativa,dal cul de sac come si uscirà ?

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