Per un federalismo demaniale efficace e permanente è necessario impostare un programma nazionale di analisi e valutazione delle potenzialità economiche dei beni da trasferire, coordinare le competenze nazionali per lo sviluppo del territorio e trasferire il patrimonio statale insieme alle risorse necessarie per la sostenibilità dei progetti di valorizzazione. È dunque un progetto da rinviare fino a quando non ci sarà un progetto-paese e saranno disponibili fondi adeguati da erogare agli enti territoriali, a prescindere dalle emergenze e calamità.
Visto che il governo Pdl-Lega non c’è più, si può fare una riflessione sull’opportunità di dare attuazione al federalismo demaniale alle condizioni attuali. Sulla opportunità politica, non spetta a noi fornire valutazioni, sulle modalità di attuazione e sulla effettiva efficacia delle scelte operate dalla normativa proviamo a fare un ragionamento.
COSA CEDE LO STATO
Il decreto legge 85/2010 ha previsto due percorsi, due destinatari, due tipologie di patrimonio statale da trasferire agli enti territoriali.
Alle Regioni e alle province sono trasferiti, senza oneri, il demanio idrico (fiumi e laghi), il demanio marittimo (le spiagge ad uso turistico-balneare, le coste edificate e non), le cave e le miniere, i porti e gli aeroporti, esclusi quelli di rilevanza internazionale.
Ai comuni sono trasferiti quegli immobili del patrimonio disponibile dello Stato che gli stessi scelgono all’interno di un elenco predisposto dall’Agenzia del Demanio (esclusi gli immobili strumentali dello Stato) e che i comuni ritengono di poter valorizzare in un biennio.
Al momento, i provvedimenti conseguenti non sono stati ancora emanati, dunque il federalismo è ancora al nastro di partenza e se si proseguisse nel cammino federalista, ci sarebbe ancora la possibilità di rivedere alcune scelte e di migliorare, optando per soluzioni strategiche prioritarie, evitando una devoluzione indiscriminata e disomogenea delle infrastrutture e del territorio, anche se animata dalle migliori intenzioni in sede locale.
PORTI E AEROPORTI
In Italia abbiamo 103 aeroporti e 565 concessioni portuali operative. Rimangono allo Stato porti e aeroporti di livello internazionale, tutti gli altri saranno trasferiti alle Regioni.
L’assenza di un piano nazionale preventivo sul sistema dei porti e degli aeroporti, condurrà inevitabilmente a una gestione dissennata del sistema infrastrutturale che dovrebbe invece supportare una politica di sviluppo della spina dorsale di un paese stretto e lungo che deve connettersi con i sistemi infrastrutturali europei. Le scelte strategiche in tale ambito attengono a politiche nazionali e sovranazionali e non possono essere responsabilità di ambiti regionali, di modeste dimensioni e con scarsa capacità di affrontare la competizione sul piano europeo.
DEMANIO MARITTIMO E IDRICO
Il demanio marittimo e idrico per alcuni versi sono già oggi una terra di mezzo perché da tempo alcune funzioni sono già state trasferite agli enti locali. Lo Stato, in questa materia, riveste solo il ruolo di proprietario non gestore e di responsabile della riscossione dei canoni. Ma proprio sulla proprietà occorre una seria valutazione prima di procedere alla completa devoluzione. Il demanio marittimo rappresenta anche il confine di Stato la cui gestione è, ovviamente, di competenza statale e si porta appresso i complessi risvolti in tema di immigrazione, sicurezza, difesa, dogane, rapporti con paesi esteri, navigazione eccetera.
Il coordinamento con i ministeri che tutelano le competenze nazionali è un tema da trattare prima del completo trasferimento. La valorizzazione e un più proficuo ed efficiente utilizzo del demanio marittimo e idrico deve quindi passare per un disegno unico e nazionale di gestione delle coste e delle rive con regole, procedure e standard nazionali unitari. Sarà poi diretto onere e interesse delle amministrazioni locali la valorizzazione o messa a reddito del demanio marittimo.
Sono sotto gli occhi di tutti i problemi di dissesto idrogeologico che i recenti e sempre più frequenti eventi meteorologici hanno causato, è quindi facile intuire quanto sia necessario concordare, centralmente, un unico sistema di regole per tutto il territorio nazionale per gli interventi di messa in sicurezza oltre che lo sfruttamento, la navigazione e la concessione di utilizzo del demanio idrico.
IMMOBILI
Per quanto riguarda gli immobili si tratta di oltre 70mila beni per un valore complessivo di 2,3 miliardi di euro e una moltitudine di tipologie immobiliari. Il trasferimento al momento prevede la richiesta da parte degli enti territoriali per i beni di cui ci sia effettivo interesse e potenzialità di valorizzazione.
Con tale impostazione, molto criticabile, si lasciano allo Stato solo gli scarti immobiliari e si affida la valorizzazione dei beni trasferiti all’ente locale, che la affronterà senza una dotazione adeguata di risorse e strumenti evoluti.
Si dovrebbe rovesciare l’approccio e partire da un’analisi dei beni presenti sul territorio, identificare gli utilizzi attuali e potenziali degli immobili strumentali, razionalizzarne lo sfruttamento e destinare a dismissione/valorizzazione quelli che restano. Inoltre è necessario prevedere un sistema incentivante per l’ente territoriale per far sì che si adoperi, ove possibile, a mettere a fattore comune gli immobili di sua proprietà con quelli statali, creando sartorialmente le condizioni urbanistiche e di contesto per il successo delle operazioni di valorizzazione e dismissione.
Prioritariamente si dovrebbe anche evitare il trasferimento di costi travestiti da immobili, ovvero di attribuire ai comuni beni il cui mantenimento graverebbe sulle già povere casse locali, senza ritorni immediati in termini di reddito o ricavi.
In conclusione, la strada da seguire per un federalismo demaniale efficace e permanente può essere solo quella di impostare un programma nazionale di analisi e valutazione delle potenzialità economiche dei beni da trasferire (che oggi non cè), coordinare le competenze nazionali in termini di sviluppo del territorio e trasferire il patrimonio statale insieme alle risorse necessarie per la sostenibilità dei progetti di sviluppo e di valorizzazione.
Il federalismo demaniale è, dunque, un progetto da rinviare fino a quando non ci sarà un progetto-paese e saranno disponibili risorse adeguate da erogare al territorio, a prescindere dalle emergenze e calamità.
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Antonio Sorci
Articolo interessante perché evidenzia aspetti di gestione e di governance di alcuni servizi non facilmente comprensibili ad una prima lettura del decreto sul federalismo demaniale. Mi permetto di aggiungere che riguardo agli immobili sarebbe opportuna, prima di trasferirli, una riforma del catasto, che attualmente non consente di ottenere informazioni su tutti quegli aspetti che permettono di calcolarne il valore quali informazioni sugli impianti, destinazione urbanistica, materiali utilizzati per la costruzione, grado di efficienza energetica, analisi geologica del territorio sul quale insiste l’immobile, progetti digitalizzati, mappe dell’impianto idrico, elettrico, ecc. Questi sono tutti aspetti che vengono solo evidenziati in una due diligence immobiliare approfondita. Dubito fortemente che lo Stato e gli altri enti territoriali abbiano le competenze tecniche e gestionali necessarie per potere valorizzare il proprio patrimonio, dal momento che le uniche informazioni che ritengono utili sono quelle sulla proprietà e sulla rendita catastale.