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UN’IMPOSTA SUL CONTANTE? NON È LA SOLUZIONE

Contrastare l’evasione fiscale tassando l’utilizzo di denaro contante è un’idea semplice, ma non è quella destinata a risolvere il problema. Perché una tassa simile sarebbe incostituzionale. E perché le cause dell’evasione risiedono in aspetti strutturali del sistema, modificabili solo con una molteplicità di interventi, a diversi livelli. Occorre ridare semplicità, coerenza e sistematicità all’ordinamento fiscale italiano. E rendere più efficiente l’attività di controllo, che oggi può contare su poteri di accertamento mai avuti prima e su personale qualificato.

In un articolo apparso sul Corriere della Sera, Milena Gabanelli ha avanzato una proposta per contrastare l’evasione fiscale: tassare l’utilizzo del contante, con una imposta applicata dalle banche in occasione di ogni prelievo e versamento di denaro liquido. (1)
Secondo la Gabanelli, in questo modo si indurrebbero le persone a utilizzare, per i propri acquisti, la moneta elettronica; i pagamenti, divenendo così tracciabili, non potrebbero essere “occultati” al fisco.
Il ragionamento è estremamente semplice: se è vero che l’evasione si alimenta con il passaggio di denaro in contante, occorre fare in modo che non si utilizzi più contante, sconfiggendo di riflesso l’evasione fiscale.

UNA TASSA INCOSTITUZIONALE

La semplicità è alla base di ogni idea geniale, ma lo è anche in questo il caso? Abbiamo finalmente scoperto, come la penicillina sulla zampa di una rana, il rimedio per combattere l’evasione e risanare, di conseguenza, il bilancio dello Stato?
Mi piacerebbe poter dire di sì, ma non è così.
L’idea della tassazione delle movimentazioni di contante non è compatibile con il nostro sistema costituzionale, oltre ad essere dannosa, in termini economici e sociali.
Il maggior utilizzo del denaro virtuale è senza dubbio un obiettivo da raggiungere, ma con strumenti diversi dalla imposizione tributaria.
Secondo l’articolo 53 della Costituzione, ogni imposta, per poter essere legittima, deve colpire una capacità contributiva manifestata dal singolo, ossia una forza economica effettiva, che può essere espressa dal reddito, dal patrimonio, dal consumo, dagli affari.
Il semplice atto di prelevare (o versare) denaro contante non è in grado di per sé di giustificare l’imposizione.
La movimentazione di contante non costituisce un consumo (o un affare) e neppure è realizzo di un reddito; se i due eventi (reddito e consumo/affare) si verificano  in un momento distinto, vi sarà un autonomo rilievo fiscale.
Se poi volessimo considerare la tassazione in questione come un’imposizione patrimoniale, emergerebbe l’irrazionalità di un prelievo che non colpisce l’entità complessiva del patrimonio, ma solo quella parte che è “movimentata”.
Proprio perché la movimentazione di contante non evidenzia una autonoma forza economica, gli effetti sarebbero sicuramente regressivi, in termini ancora maggiori di una imposizione proporzionale sui consumi, andando quindi a gravare soprattutto sui contribuenti meno abbienti. (2)
Per quanto attiene gli scopi che la misura intende raggiungere, che sono quelli di eliminare il contante a favore delle carte di credito, si potrebbero forse realizzare in un modello ideale o in un paese fatto di centri commerciali e Starbucks. Ma non in un paese di piazze e mercati e botteghe come il nostro, in cui una imposizione come quella proposta riporterebbe più probabilmente in auge alcune forme di baratto. (3)

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SERVE UN SISTEMA COERENTE

Il contrasto all’evasione passa sicuramente attraverso “nuove ricette” legislative, e per questo il contributo della Gabanelli è comunque utile, ma non può essere visto come la ricerca del Santo Graal.
Le cause della evasione sono da ricondursi ad aspetti strutturali del sistema che possono essere modificati solo da una molteplicità di interventi, a diversi livelli. Mi limito a indicare solo due aspetti. (4)
In primo luogo, occorre ridare semplicità, coerenza e sistematicità all’ordinamento fiscale italiano. Un sistema normativo che non presenta questi requisiti produce inevitabilmente incertezza, al tempo stesso consentendo il proliferare di fenomeni evasivi e non rappresentando una base efficace per contrastarli. Inoltre, l’ordinamento italiano sconta la presenza di massicce forme di “accordo” che inducono i contribuenti a considerare l’evasione come una pianificazione fiscale, nel contesto di un gioco che vede il rischio di essere scoperti come una (possibile) conseguenza, i cui effetti negativi potrebbero essere comunque limitati. E non mi riferisco solo ai periodici condoni, ma anche alle possibilità di “adesione” e “acquiescenza” che fanno parlare di una sorta di “condono a regime” (Carinci-Tassani, Più che un contenzioso, una simonia fiscale, 2009).
In secondo luogo, un’amministrazione finanziaria efficiente nell’attività di controllo costituisce il miglior deterrente alla evasione. Ed è da notare che oggi le agenzie fiscali italiane dispongono di poteri di accertamento come mai è stato in passato; strumenti che, per la propria “aggressività” nei confronti dei contribuenti, pongono dei seri problemi di tutela dei diritti di questi ultimi.
Mi riferisco ai poteri di accesso, ispezione e verifica; alla possibilità di raccogliere dati nei confronti di terzi; alle indagini finanziarie, ma anche a strumenti presuntivi come il redditometro e gli studi di settore che pongono, in capo al contribuente, la prova di “non avere evaso”. Si aggiunga che il personale in servizio nelle agenzie fiscali è oggi fatto in buona parte da persone giovani e preparate, tanto che, in molte realtà territoriali, dell’inefficiente funzionario pubblico non resta che il ricordo.
In questo quadro, è forse inevitabile interrogarsi su come le risorse normative, materiali e umane siano utilizzate dai vertici della nostra amministrazione finanziaria e se l’organizzazione delle agenzie sia veramente efficiente.
Perché la evasione ha una sua “banalità”, rappresentata dalla semplicità con cui si sceglie di introdurre una norma per “fare cassa”, alterando così il sistema, o si emana un avviso di accertamento non adeguatamente motivato.

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(1) “Carte di credito e assegni contro evasori e sommerso”, in Corriere della Sera del 13/11/11, p. 19
(2) Occorre anche considerare che le fasce più povere della popolazione hanno una minore dimestichezza con l’utilizzo di forme di moneta virtuale che, oltre tutto, hanno un costo specifico.
(3) Alessandro Santoro parla di “economia pulviscolare”. In questo senso, risulta non condivisibile la premessa da cui la Gabanelli parte, quella per cui il denaro contante servirebbe davvero solo a queste categorie: “lo spacciatore, il tangentista, il riciclatore”.
(4) Da aggiungere a quello della informazione (Santoro, L’evasione si batte con l’informazione, 2011). Si veda inoltre R. Lupi, Evasione fiscale, paradiso e inferno, Milano, 2008.

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UN’OPERAZIONE DI SINERGIA

30 commenti

  1. Francesco Burco

    A me fa sorridere l’affermazione semplicistica dell’autore studioso sul fatto che prelevando non sto consumando. Certo che consumi, consumi il servizio che ti offre la banca di avere uno sportello automatico o meno, dove qualcuno ha portato dei soldi, e che utilizzandolo scatena una serie di richieste autorizzative e di scritture contabili per gestire appunto un servizio al cliente. Quindi tutta l’analisi sulla costituzionalità è mal posta e porterebbe paradossalmente ad affermare che è incostituzionale l’imposta di bollo sul conto corrente nonchè a considerarlo non un contratto ma una specie di diritto dell’uomo. Condivido invece che pensare di fare la lotta all’evasione con una tassa sul prelievo del contante è bizzarro e follemente distorsivo.Ormai fioccano proposte esotiche dei generi più disparati, aspetto il primo al varco che proporrà di mettere un limite per legge al prelievo dei contanti.L’aspetto surreale è che nel nostro ordinamento civile un soggetto è liberato da un’obbligazione monet solo con il pagamento in contanti sulla scia della vecchia traditio di latina memoria. Bisognerebbe dotarsi di un codice monetario e finanziario come nei paesi seri.

  2. r.mazzoni

    Credo che per risolvere un problema così complesso non sia utile scartare soluzioni solo perché ne esistono di più efficaci, né di più strutturali. Sugli assegni non trasferibili esiste già un’imposta di bollo, non è possibile fare altrettanto per le movimentazioni in danaro? Questa iniziativa, più una semplificazione delle leggi, più un inasprimento delle sanzioni, più la pubblicità (perché no, se efficace?), più un miglior utilizzo del corpo della GdF ed altro contribuiranno a ridurre il fenomeno, nel breve e nel lungo termine.

  3. Francesco Giugato

    Negli USA hanno un sistema fiscale semplice ma efficace. 1. Il datore di lavoro corrisponde uno stipendio lordo e ciascun percettore paga tutto, previdenza e altro, ma contemporaneamente possono portare in detrazione tutto, tranne le spese voluttuarie. 2. Affitto, idraulico, macchina, assicurazione, pc, aggiustature varie e quant’altro. 3. Conseguenza: tutti devono denunciare tutto perchè il sommerso è lo stesso cittadino che non lo consente perché non ha alcun interesse a farlo. 4. Le pene per chi fa una frode fiscale sono severissime. Ricordiamo che i grandi boss malavitosi americani sono stati incastrati per frode al fisco. > Difetti: è troppo semplice, rende i cittadini tutti uguali (dipendenti ed autonomi), toglie un po’ di lavoro ai Commercialisti ed elimina qualche casata di intoccabili.

  4. PAOLO

    Condivido con quanto da voi affermato circa il fatto che la lotta all’evasione debba farsi con molteplici interventi e sarebbe impensabile che il fenomeno possa essere risolto con un unico provvedimento quale l’abbassamento della soglia di utilizzo del contante. Tuttavia, a parer mio, ritengo che un progressivo abbattimento della soglia di utilizzo del contante possa giovare alla causa. Al riguardo, insieme a tale provvedimento, auspicherei anche una riforma fiscale che preveda tra l’altro anche una rimodulazione dei criteri di determinazione del reddito fiscalmente rilevante per le aziende e per le imprese che, come noto, oggi deteminano il reddito per competenza. A parer mio una rivisitazione dell’impianto normativo che porti ad una determinazione del reddito secondo principi di cassa (ovvero tassare ciò che si è effettivamente riscosso e dedurre ciò che si è effettivamente pagato) contribuirebbe a rendere le imprese più virtuose nella gestione finanziaria e fiscale delle stesse e scoraggierebbe in maniera significativa l’utilizzo del contante aumentando la facilità di controllo dell’amministrazione finanziaria dirimendo ad origine ogni possibilità interpretazione e/o contestazione

  5. Luigi Daniele

    La proposta Gabanelli è geniale per la sua semplicità e per i tempi brevissimi che la sua applicazione richiederebbe. Non credo che sarebbe di per sè incostituzionale. Basterebbe articolarla come una forma di imposta di bollo, come quelle sugli estratti conto. Quale manifestazione di ricchezza rappresentano gli estratti? Il problema è che per essere dissuasiva dovrebbe essere proporzionale al valore del prelievo di contante (sul tipo dell’imposta di registro) e avere un’aliquota vicina a quella dell’IVA. Questo potrebbe risultare eccessivo. Ad attenuarla, potrebbe immaginarsi la sua applicazione soltanto per prelievi di contante superiori a un certo ammontare. Occorrerebbe intervenire anche sulle commissioni bancarie per bonifici e assegni e quelle sulle carte di credito. Mi sembra però sbagliato dare addosso alla Gabanelli e pensare a compesse soluzioni alternative che richiederebbero tempi biblici.

  6. Torelli Roberto

    Gent.mo Dott.re Tassani, concordo totalmente con il suo articolo. Ma in special modo quando si riferisce all’articolo 53 della Costituzione oggi platealmente inappliccato. Infatti la CAPACITA’ CONTRIBUTIVA comprende, come anche lei afferma, tutti i redditi, tutti i patrimoni e tutti i consumi. L’On.le Scoca, relatore all’assemblea Costituente per l’articolo 53, in un suo passo così affermava: ” Non si può negare che il cittadino prima di essere chiamato a corrispondere una quota del suo reddito allo Stato per le spese pubbliche, deve soddisfare i suoi bisogni della vita quotidiana e quelle dei suoi famigliari”. Da ciò si evince che le spese necessarie per la vita quotidiana devono essere scritte nelle dichiarazioni dei redditi che certificate dalle ricevute fiscale avranno l’effetto di fare emergere i redditi effettivi di chi aga solo il 7% dell’intero gettito IRPEF.

  7. davide otello corveddu

    Tempo fa leggevo che nello Stato di San Paolo, in Brasile, hanno introdotto un meccanismo semplice ed immediato per contrastare l’evasione fiscale, il programma Nota Fiscal Paulista prevede che il cittadino registrato al programma, comunicando il proprio codice fiscale all’atto dell’acquisto di beni, riceva il 30 per cento dell’Icms (l’IVA Brasiliana) dovuto dall’esercente. La somma accreditata può essere usata dal cittadino in compensazione delle proprie imposte o bonificata direttamente sul suo conto corrente. Gli esercenti hanno l’obbligo di aderire al programma, che è invece una semplice facoltà per i cittadini. Il tutto è gestito via web, ma non è necessario che l’esercente sia sempre on-line, può trasmettere i dati periodicamente. Il software è fornito gratuitamente dalla Secretaria da Fazenda. Il consumatore non ha nessun obbligo di conservazione dei documenti fiscali emessi nei suoi confronti, che saranno inviati dall’esercente e accessibili on-line in ogni momento. Lo scontrino cartaceo è utile al consumatore solo per successiva verifica, oppure nel caso di omissione di invio online da parte dell’esercente, per denunciarlo.

  8. rita

    L’eccezione di incostituzionalità da lei sollevata potrebbe forse essere superata considerando che il contante è consumo, e lo è perchè con il contante non ci si può fare nulla, e tassando i prelievi di conseguenza con l’aliquota IVA. Certo occorre anche un accordo governo -abi che abbatta drasticamente le commissioni, visto che le banche guadagnerebbero sui volumi.

  9. GIROLAMO SIBILIO

    Prevedere incentivi fiscali per chi usa la moneta elettronica del tipo di quelli previsti in Brasile per l’imposte indirette. Sarebbe anche un modo per rendere sempre più informatizzata l’amministrazione finanziaria.

  10. AM

    Condivido pienamente il pensiero dell’Autore. Sulle esigenze della tracciabilità dei pagamenti vi è stato ultimamente un fiorire di proposte spesso bizzarre e talora sconsiderate, come la proposta di tassare pesantemente i prelievi anche di piccole somme e di proibire i pagamenti in contanti di importo superiore a 200 Euro. A parte il fatto che l’la BCE non lo accetterebbe visto che esiste un taglio da 500 Euro. Che facciamo? Lo aboliamo e ritiriamo le banconote? Qualcuno infine ha l’idea veramente geniale di abolire totalmente i pagamenti in contante. E la paghetta ai bambini la sostituiamo con un baby bancomat prelevando da c.c. baby? Questi signori si dimenticano del baratto. In Scandinavia per evadere il fisco si fa ricorso al baratto e ai buoni spendibili nella comunità. Sono notizie apparse anche sulla stampa italiana, ma evidentemente molti leggono solo le notizie sportive o le vicende del bunga bunga.

  11. Mauro Fassero

    Non credo che cercare scappatoie “legali” sia la soluzione. Continuiamo a fare o giudici di cassazione e ci troveremo nel baratro. Qui servono decisioni di equità, e certo partire dal pagare tutti le tasse credo sia il minimo. Quindi la stragrande maggioranza di cittadini, quelli costretti a pagare le tasse, saranno d’accordo all’obbligo della moneta elettronica. A meno di trovare qualche giudice che rilevi profili di incostituzionalità… Sarebbe paradossale: i giudici “di sinistra” (come soleva definirli LUI) che difendono chi ha contate da nascondere.

  12. ecomostro

    1. Un rilievo relativo alla fattibilità pratica: Ma perché lei sostiene che eliminare il contante a favore delle carte di credito sarebbe impossibile “in un paese di piazze e mercati e botteghe come il nostro”? Ormai che anche i bambini hanno in tasca uno smartphone con dentro gigabyte di film e videogiochi che fa anche da fotocamera, registratore, navigatore gps e radio… Invece installare un terminale a sfioramento per i micropagamenti grande come un pacchetto di sigarette anche sul chiosco della spiaggia che vende le fette di cocco è invece impossibile per qualche oscura ragione tecnica?
    2. Ed un rilievo relativo alla presunta incostituzionalità: Più che una “tassazione sui prelievi di contante”, potrebbe essere considerato un “anticipo dell’IVA”: se io prelevo 100 euro in contanti, la banca me ne addebita 120 sul conto, versandone 20 all’erario. Se poi io con quei 100 io compro un bene, sarà sufficiente presentare il relativo scontrino fiscale nella dichiarazione dei redditi a fine anno per avere come credito d’imposta l’IVA relativa a quel bene (avendola pagata doppia).

  13. gianp2

    Sull’uso del contante applichiamo una tassa invece che un’imposta, non avremo in, questo modo alcun rischio di incostituzionalità. Saluti

  14. Martino

    Per me le imposte sul contante, la tracciabilità dei pagamenti con limiti sempre più bassi, le liste clienti-fornitori, sono solo specchietti per le allodole (che spesso generano maggior burocrazia e nuovi guadagni per alcune categorie). Innanzitutto non penso il problema siano solo i poveri che girano in Ferrari, ma anche le persone normali che arrotondano un po’ (è evasione anche fare ripetizioni…). Basta fare un giro alle Poste: come mai tutti hanno così tanto contante in tasca? Non solo i ricchi ma anche le vecchiette pensionate. Quindi questa voglia di “tassa il ricco” (sempre il ricco in base alle dichiarazioni dei redditi, ovviamente) mi sembra fuori luogo! E poi l’evasione non si combatte solo con regole, norme, sanzioni, specialmente in Italia. Semplificazioni per il contribuente onesto no? Un diverso regime fiscale con aliquote con una minor progressione? Detrazioni uguali per tutti? Quoziente familiare? Ah no, scusate. Queste cose avvantaggiano i ricchi (che in Italia quasi non esistono! E che comunque pagherebbero più tasse dei meno abbienti sia in termini assoluti che percentuali).

  15. Marcello Battini

    La riduzione dell’uso del contante passa, prima di ogni altra cosa, dall’attività delle banche. Se esse, per prime, rifiutano il pagamento con assegni di altre banche, conseguire lo scopo di ridurre l’uso del contante è improponibile, se prima non si superano le difficoltà economiche del momento (credit crunch).

  16. Antonello Cherubini

    Quando mai questa proposta fa danno a qualcuno? Esempi pratici? Geniale, rapida, sicura, equa. Nessun motivo pragmatico per dire no alla proposta. Solo paura del nuovo. Pensate che la vostra banca maneggi il vostro denaro con la valigetta o con il computer? Il denaro elettronico è già una realtà da anni, è tutto pronto, basta volerlo. Pensate voi, finalmente una tassa a tutti i papponi e tutti gli spacciatori senza dover far morire ammazzato qualche eroe. Subito.

  17. Gabrielle Florenceau

    Tra le piccole misure per impedire di “arrotondare” lo stipendio , si potrebbe per esempio incentivare il ricorso ai voucher/”buoni lavoro” dell’INPS, prima di tutto faccendoli conoscere ai possibili numerosi utilizzatori, e poi semplificando il loro uso e la loro reperibilità…

  18. Edoardo

    La tassa sul contante + incentivo (detassazione strumenti pagamento) è la soluzione per risolvere l’evasione. Tassa sul contante significa : puoi usare la carta di credito/bancomat quando vuoi anche per spese di 1€. Mentre quando prelevi la banca ti addebita il 10% di tasse, Voglio vedere se accetti quando l’idraulico, il negoziante, ecc ti chiedono ancora di pagare in contante invece che con assegni.

  19. andrea

    IN FRANCIA l’hanno gia’ fatto. Funziona benissimo. Si e’ visto anche da un servizio di Ballaro’ di martedi scorso. Pagano con carte bleu anche ai mercatini rionali per spese di 9 – 10 euro. Zero problemi, massima tracciabilità. Tra le altre cose interessanti del servizio: prelievo fiscale direttamente dal conto corrente, imposta del 3% fissa su tutti gli imponibili superiori ai 250.000euro ecc. Prendiamo il modello francese!

  20. Federico Salari

    Concordo. L’idea di tassare il contante è bislacca e non va. Bisogna fare molte cose. Ne indico due (con due distinti commenti):

    1. IVA: bisogna sottrarre più operazioni possibili dall’ambito della sua applicazione e sottoporle ad imposta di registro, il cui importo come è noto viene versato direttamente all’erario; esempio: tutte le operazioni di vendita di immobili, anche di quelli strumentali, alle quali oggi si applica il sistema del “reverse charge” se intervengono tra soggetti IVA; tale sistema ha attenuato l’evasione ma non la ha eliminata; sul piano generale bisogna spostare l’obbligo del pagamento dell’IVA dal soggetto IVA al consumatore finale, che deve diventare, come il notaio per le vendite immobiliari, un sostituto d’imposta, almeno per le operazioni di importo rilevante ( es. appalto per ristrutturazione abitazione o altra fornitura : il fornitore fattura l’IVA; il consumatore la paga direttamente all’ufficio del registro, magari tramite il circuito Lottomatica;il concetto è che bisogna evitare il più possibile che l’IVA pervenga ad un soggetto IVA, perchè così non solo non viene versata, ma si generano anche situazioni di rimborso, con doppio danno per lo Stato.

    2. fusione di società: spesso vengono attuate per portare i passivi di una società a compensazione degli attivi di un’altra, in modo da far mancare la base per pagare le imposte. Non va. Piena libertà di fusione e altre operazioni del genere, purchè prima della fusione ognuna delle due società si paghi le sue imposte ( zero quella in passivo, per quella in attivo), anche in corso di esercizio. In tutti e due i casi il vizio della situazione attuale sta nell’impostazione: si concede al contribuente di determinarsi da solo le imposte da pagare: bisogna arrivare a fare – i modi vanno solo studiati – come per il lavoro dipendente: un altro soggetto calcola l’imposta dovuta e la versa allo Stato.

  21. Claudio Mazzoccoli

    L’Evasione Fiscale si combatte in un solo modo. Con la REDISTRIBUZIONE DEL CARICO FISCALE. E questo è ovvio e palese senza ulteriori dimostrazioni. Basti pensare che è scritto a caratteri cubitali nell’Articolo 53, è descritto in ogni modo negli Atti della Assemblea Costituente del 23/05/1947. Le parole dei Padri Costituenti sono chiarissime in proposito e richiamano i principi di un sistema etico, equo e solidale trasmesso anche dagli Artt. 2 e 3. ”… Non si può negare che il cittadino, prima di essere chiamato a corrispondere una quota parte della sua ricchezza allo Stato, per la soddisfazione dei bisogni pubblici, deve soddisfare i bisogni elementari di vita suoi propri e di coloro ai quali, per obbligo morale e giuridico, deve provvedere…” (On. Scoca, Sed. Ass. Cost. 23/05/1947). Ripensando a queste parole, non possiamo che auspicare che il 2012 sia finalmente l’anno della Riforma in senso Costituzionale del Sistema Tributario, così come delineato dai due commi dell’Art. 53 e dalla Legge Delega per la riforma tributaria n.825/71 che ribadisce i principi espressi dall’Art. 53 e delinea le forme di attuazione.

  22. andrea

    Ma allora anche l’iva è incostituzionale… Perchè esiste?

  23. Nicola Andrea Cisbani

    A mio avviso l’idea di una trattenuta sul prelievo del contante potrebbe essere una soluzione efficace con una precisazione. A fronte del prelievo di contanti c’è una trattenuta del 5% (un esempio) che in sede di dichiarazione dei redditti viene stornata a fronte della presentazione dello scontrino o della ricevuta fiscale. Rimane solo da inserire una franchigia per le dazioni non commerciali quali ad esempio piccole regalie in contanti al nipote per Natale o l’elemosina che si fa per strada. Per coloro che per fasce di redditto non sono soggetti a dichiarazione fiscale basterebbe un modulo con la richiesta di rimborso a fronte delle ricevute per gli acquisti.

  24. raffaello lupi

    L’intervento della dr.ssa Gabanelli era riflessivo e provocatorio, e sopratutto andava ai contenuti. Siccome un prelevamento di contante è economicamente apprezzabile, un prelievo del 1-2 percento ci starebbe tutto, anche in termini costituzionali, per l’eccedenza rispetto a una franchigia mensile corrispondente alle piccole spese che si fanno ordinarimente per contanti. Ovviamente la tassa sul contante non è la soluzione, ma la soluzione è fatta di tanti interventi coordinati, e la tassa sul contante potrebbe essere uno di questi. Il resto dell’intervento del dr Tassani sui poteri del fisco, la difesa del contribuente, l’invasività e quant’altro era un insieme di stereotipi generici, del tutto estraneo al tema, costruttivamente e argomentatamente, da Milena Gabanelli. Gabanelli uno, accademia zero. Anzi, riprendendo il titolo, lo studio accademico del diritto tributario non è la soluzione della confusione fiscale in Italia. E’ il problema. Raffaello Lupi

  25. Gabriele Gardotti

    Accertato che la grande evasione viene soprattutto dal 17% dei contibuenti (gli autonomi) si tratta di spezzare il legame complice che lega questi ai fruitori dei propri servizi. Lo stato sa come si fa lo ha fatto con gli affitti in nero tra affittuari e proprietari dove ha posto la sanzione del 10% dell’affitto se l’affittuario dichiara e fa registrare il contratto (invero difficile per l’affittuario, a proposito di semplicità!). In base a tale legame sfido chiunque a rifiutare una offerta che fa l’avvocato o il dentista o l’ingenere o l’architetto o il costruttore o il muratore del tipo 10000 senza fattura e 13000 con fattura. Bisognerebbe essere masochisti ascegliere la seconda soprattutto quando non si può scaricare nulla sulla dichiarazione personale anche perchè di queste domande un soggeto fiscale ne riceve a decine nell’anno. Pensate al meccanico all’idraulico all’elettricista al barbiere al mobiliere al giardiniere all’imbianchino al falegname e chi ne ha più ne inserisca. Bene, basterebbe inserire un correttivo che spezzi la complicità del professionista o dell’artigiano e il fruitore del servizio ai danni del fisco e tutti saremmo indotti a pretendere l’intero importo.

  26. Valerio Passeri

    Personalmente credo che il contante debba essere considerato uno strumento per delinquere e dunque vada eliminato drasticamente. Né tasse, né disincentivo, vietamone l’uso e basta. Come per le armi! Magari si potrebbe pensare a qualche strumento nuovo per facilitare il pagamento nelle piazzette, nei mercati, nei bar, ecc. (penso a tessere magnetiche prepagate con codice a bar, come sui prodotti del supermercato, tanto per fare un esempio) e sicuramente ci sarà da concordare la cosa per evitare costi ed eccessive complicazioni per l’utilizzatore finale. Ma, pur apprezzando e condividendo le proposte riportate nell’articolo, resto dell’idea che l’unico per cambiare qualcosa in tempi rapidi sia questa: l’abolizione totale del contante.

  27. GIUSEPPE MAFFIONE

    Ci si sta sbracciando a destra e a manca su come fare per impedire l’evasione. Si fa solo accademia, c’è un solo semplice modo di combatter PER DAVVERO L’ EVASIONE! Tutti, dico tutti devono usare la carta di credito anche per un caffè. Gli estratti conti mensili, 12 in tutto, vengono allegati alla dichiarazione dei redditi e detratti, come spese, dal reddito dell’individuo. Vedremo così se ci saranno evasori o a pagare i soliti noti. Ovviamente le banche devono per Legge rivedere le loro commissioni portandole al minimo in cambio di tutta questa movimentazione a loro favorevole. Ma questo non si farà mai il sistema attuale fa gola a molti.

  28. dido

    Solo chi ha qualcosa da nascondere utilizza il contante.

  29. edoardo

    Dove è scritto che la prestazione richiesta abbia carattere tributario e non sanzionatorio? Lei fa tutto un ragionamento fondato su di una premessa autoconfezionata. Adesso arriva un amministrativista e ci dice, invece, che lo Stato può, se del caso, introdurre l’illecito amministrativo di utilizzo del contante (già esiste per importi superiori a mille euro e non mi risulta che nessuno si sia mai azzardato a dire che sia incostituzionale!) ed il gioco è fatto: prestazione in adempimento di sanzione amministrativa e non tributaria e l’incostituzionalità è scomparsa.

  30. Pietro57

    Torno sulla questione della tassazione dell’uso o, meglio, della richiesta di contante. Francamente non trovo convicente l’idea che una tale forma di tassazione sarebbe incostituzionale, soprattutto se venisse congegnata come acconto. In tal caso, le banche potrebbero applicare una ritenuta d’acconto ad ogni prelievo di contante e il correntista, a sua volta, porterebbe in detrazione le ritenute subite. Lo Stato avrebbe una fonte di informazione in più sulle reali dimensioni dei redditi dei cittadini; le richieste di contante diminuirebbero. E’ chiaro che una misura del genere dovrebbe essere accompagnata da un quadro completo di interventi che agevoli l’utilizzo della moneta elettronica; altrimenti, l’unico risultato che si otterrebbe è l’aumento dei redditi delle banche e dei gestori di moneta elettronica. Però l’idea appare convincente e da sviluppare.

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