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QUANDO L’AUTORITÀ ANTITRUST NON AIUTA LA CRESCITA

Uno studio commissionato dalla Commissione Europea ha mostrato che un’efficace politica antitrust tende ad aumentare significativamente la crescita della produttività di un paese, un problema centrale per l’Italia. Tuttavia, il neo-nominato presidente dell’Agcm non ha competenze dirette in materia. Né particolarmente efficace si è dimostrata la politica perseguita dal suo predecessore. Molte differenze di costi con le autorità di altri paesi, che oltretutto utilizzano indicatori quantitativi e qualitativi per valutare il proprio operato, rendendo pubblici i risultati.

Alcune settimane fa, prima che i presidenti di Camera e Senato nominassero il nuovo presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), un gruppo di 180 economisti ha sottoscritto un appello ai presidenti di Camera e Senato, inviato per conoscenza al Presidente della Repubblica. Si chiedevano competenza economica e giuridica e indipendenza per queste nomine, cruciali per la crescita del nostro paese.

LA NOMINA

Il 18 novembre, il primo giorno dell’era Monti, Giovanni Pitruzzella è stato nominato presidente dell’Agcm al posto di Antonio Catricalà, diventato sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Pitruzzella è avvocato e costituzionalista, ma non è un esperto di concorrenza. La nomina lascia quindi a desiderare dal punto di vista della competenza, soprattutto se si tiene conto che in Italia vi sono esperti di antitrust di altissimo livello, sia tra i giuristi che tra gli economisti.

CONCORRENZA E CRESCITA

L’Agcm è stata istituita nel 1990 per identificare e sanzionare comportamenti anti-competitivi, come l’abuso di posizione dominante, gli accordi collusivi volti a restringere la concorrenza tra imprese e le fusioni che creano o rafforzano posizioni dominanti.
In un periodo di crisi e di estremo bisogno di efficaci politiche della crescita, il suo ruolo  è importante e la competenza dei suoi vertici è essenziale. Un’efficace politica antitrust deve essere in grado di bloccare e prevenire comportamenti anti-competitivi nei mercati tramite un significativo effetto di deterrenza generato da inchieste efficaci e sanzioni elevate.
Uno studio recente commissionato dalla Commissione Europea ha mostrato che un’efficace politica antitrust tende ad aumentare significativamente la crescita della produttività di un paese. (1) Altri studi hanno guardato alla crisi degli anni Trenta e alla successiva depressione, mostrando che da un lato i pacchetti di stimolo alla domanda del New Deal hanno avuto effetti benefici sulla ripresa; dall’altro, la parziale sospensione dell’azione antitrust legata al National Industrial Recovery Actdel 1933, e la conseguente tolleranza per pratiche anticompetitive negli anni successivi, distorsero prezzi e salari al punto da impedire l’espansione dell’occupazione ritardando la ripresa di diversi anni. (2)

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LA MANCATA DETERRENZA: DOVE SONO FINITE LE SANZIONI?

Purtroppo l’efficacia dell’attività dell’Agcm in questi ultimi anni è non chiara. Durante la presidenza Catricalà, l’Autorità ha ridotto considerevolmente il numero d’infrazioni accertate e di sanzioni irrogate, sostituendo le decisioni di accertamento con le cosiddette “decisioni con impegni”. Gli impegni sono promesse assunte dalle imprese e sanzionabili dall’Agcm in caso di inottemperanza. Questi impegni vengono proposti dall’impresa sotto indagine. Se l’Agcm li ritiene sufficienti, può renderli obbligatori e chiudere il procedimento senza accertare l’infrazione. Ovviamente, l’impresa sotto indagine propone un impegno solo se lo ritiene meno oneroso del rischiare l’accertamento dell’infrazione e dunque una sanzione.
Gli impegni sono utilizzati anche a livello europeo, ma in dosi assai più moderate. E non è necessario essere troppo esperti per capire che un uso eccessivo degli impegni non può che indebolire proprio quegli effetti di deterrenza dei comportamenti anticompetitivi necessari per incidere su produttività e crescita. È come sperare di ridurre il numero di rapine consentendo al rapinatore, magari colto in flagranza di reato, di scegliere se espiare la pena o frequentare un corso di rieducazione sociale. Anche se il corso è a proprie spese, il rapinatore non avrà difficoltà di  scelta, con buona pace per la deterrenza.
Non sappiamo se l’Agcm abbia intrapreso questa strada per mancanza di competenza (non ne aveva molta in campo antitrust il presidente Catricalà al momento della sua nomina), per mancanza d’indipendenza da pressioni politiche o economiche, o per altri motivi. Quello che importa è che la scarsa deterrenza dei comportamenti anti-competitivi connessa alla nuova politica implica una ridotta crescita della produttività, e come sappiamo questo è un problema centrale per il nostro paese.

I BENEFICI?

Autorità estere di tutela della concorrenza, come l’Office of Fair Trading (Oft), utilizzano indicatori quantitativi e qualitativi per valutare il proprio operato e rendono pubblici i risultati dei loro studi (si vedano i “Positive impact reports” disponibili sul sito dell’Oft). L’Oft stima che nel periodo 2008-2011 l’attività di enforcement della concorrenza abbia generato benefici annuali medi per i consumatori di 83 milioni di sterline, che insieme ad altre attività permette di raggiungere 326 milioni di sterline di benefici complessivi, a fronte di costi complessivi, in termini di personale, uffici, consulenze etc. per 48 milioni. I benefici stimati sono quindi 7 volte i costi, e l’obiettivo dichiarato è non scendere sotto un fattore di 5. E in Italia? Indicatori sui benefici per i consumatori generati dall’Agcm non sono disponibili sul sito dell’Autorità e non ci risulta che siano mai stati costruiti.

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I COSTI: GLI STIPENDI DEI VERTICI

Per quanto riguarda i costi, dal sito dell’Oft emerge che, al 5 dicembre 2011, il Consiglio è composto dal presidente, pagato 179mila sterline, il Chief executive (amministratore delegato) pagato 279mila e tre executive directors (amministratori) che ricevono 125mila ciascuno. In totale, 833mila sterline (circa 968mila euro).
All’Agcm gli stipendi sono più alti. Il sito dell’Autorità riporta che al 26 gennaio 2011, gli emolumenti annui lordi del Cconsiglio erano di 475.643 euro per il presidente e 396.369 euro per ciascuno dei quattro membri. In totale 1.953 119 euro: il doppio.
Nella manovra di questi giorni, Mario Monti ha previsto una riduzione da quattro a due del numero dei consiglieri. Un risparmio sicuramente benvenuto. Ma siamo sicuri che gli stipendi riportati sopra siano congrui rispetto a quanto fatto finora e a quanto potrà fare il neo presidente Pitruzzella che non è un esperto di concorrenza? Se la politica non è in grado di nominare degli esperti, allora va rivisto il processo di nomina.

(1) Buccirossi et al., 2009, “Competition Policy and Productivity Growth,“ Discussion Paper n. 7470, Centre for Economic Policy Research, London.
(2) Si veda Harold L. Cole & Lee E. Ohanian, 2004, “New Deal Policies and the Persistence of the Great Depression: A General Equilibrium Analysis,” Journal of Political Economy, University of Chicago Press, vol. 112(4), pages 779-816, August.

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LE CATEGORIE DELL’EQUITÀ

  1. andrea goldstein

    attenzione. guardando il profilo dei responsabili anti-trust negli altri paesi, non sembra che il caso dell’AGCM sia così differente, veri e propri esperti di antitrust non ce ne sono moltissimi (lo svedese è probabilmente l’unica vera eccezione, il britannico è un economista che si è occupato di concorrenza, ma anche di pensioni), la maggior parte sono alti papaveri della burocrazia, quasi tutti con una formazione giuridica.

  2. Francesco Laudani Fichera

    Scusate se entro a gamba tesa nella vostra seria analisi della correlazione diretta tra il funzionamento dell’autorità garante della concorrenza e la crescita dell’economia. Il fatto di scegliere persone incompetenti in materia non è causale, ma intenzionale per lasciare intatti monopoli e conflitti di interessi, dal conflitto n. 1 (B.) agli innumerevoli piccoli e grandi conflitti d’interessi. Tra l’altro non è nemmeno casuale, a parte la competenza, il pedigree di questi presidenti: basta vedere le loro precedenti ed attuali relazioni con i personaggi potenti che, direttamente od indirettamente, li hanno nominati.

  3. michele

    La legge dovrebbe vietare ai vertici delle autority di assumere incarichi o consulenze da aziende sotto ll loro giurisprudenza nei due anni precedento e successivi al mandato. ma il problema non è tanto nelle persone quanto nei poteri dell’antitrsut. secondo il diritto dell’Unione non è reato in sè la posizione dominante, ma solo l’abuso di questa. La storia recente e passata mostra che i grandi trust sono un pericolo sistemico per la finanza e l’economia per la concentrazione del rischio, non diversificato e non riassicurabile. Si pensi alla compagnia di riassicurazione AIG. I grandi trust sono una minaccia per la democrazia per la loro capacità di falsificare bilanci, costituire fondi neri per la corruzione e per fare lobbying. Si pensi al ruolo delle multinazionali tedesche (farmaci, acciaio Thyssen, ecc.) nell’ascesa di Hitler. Si pensi al TARP americano che era in realtà 10 volte maggiore dei 700 mld di dollari dichiarati al Congresso, che portò dal 2006 al 2010 ad aumentare del 30% il valore degli asset delle prime 6 istituzioni finanziarie americane. L’antitrust deve poter vietare una eccessiva concentrazione del rischio e delle quote nel mercato del credito

  4. marcello

    Credo che più che le competenze il vero problema sia l’indipendenza, cioè la libertà di concludere delle istruttorie con dei giudizi che, in caso di infrazione, comportino delle sanzioni. Vorrei fare qualche esempio: calcolare il valore implicito di una licenza per frequenze radio o televisive, non richiede molto di più di una routine di excell. Il calcolo dei prezzi di terminazione telefonica richiede solo l’uso dei costi che devono essere comunicati alle autorità periodicamente. L’analisi dei mercati a più lati richiede al più l’applicazione di regole che si trovano in qualunque manuale di economia (elasticità della domanda, ecc.). Il calcolo del costo per la collettività dei mercati protetti (farmacie, taxi ecc) di cui tanto si parla in questi giorni, niente di più che la formula delle rendite perpetue (una moltiplicazione!). Certo sei poi si pensa agli scenari (giochi cooperativi e non cooperativi) e alle regole ottime di allocazione (aste combinatorie) le competenze necessarie sono diverse, ma mi sembra che allo stato si sia molto lontani da quel tipo di necessità! Quindi si misuri pure la produttività, ma riorientando la premessa.

  5. umberto carneglia

    Ho sempre pensato che il problema delle Autority sia un problema cruciale per l’economia e per la società intera. Questo problema non ha ricevuto l’attenzione che merita nè dalla politica nè dalla stampa. Sono quindi lieto che venga sollevato da questo giornale, ma bisognerebbe convincersi che la sua importanza va molto al di là di quanto si pensi e che i provvedimenti dovrebbero essere adeguati alla sua importanza. Penso ad esempio che questi provvedimenti dovrebbero avere rilievo cosituzionale e dovrebbero stabilire a priori rigidi criteri per la selezione e nomina di componenti indipendenti, incisivi poteri anche sanzionatori delle Autority ed ampie zone di intervento non solo nel settore privato , ma anche e soprattutto in quello pubblico in cui si manifestano le maggiori disfunzioni italiane. Gli organi politici centrali e periferici non possono rispondere solo agli elettori, che ovviamente non hanno competenza, ma devono rispondere anche ad organi specialistici come le Autority. Se così fosse, forse non avremmo i 500 miliardi l’anno di corruzione, mafia ed evasione fiscale che ci affossano.

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