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LE CATEGORIE DELL’EQUITÀ

I giornali di oggi sono pieni di insulti nei confronti delle categorie privilegiate, dalle farmacie ai tassisti ai deputati ai consiglieri provinciali, che ancora una volta sono riuscite a scamparla, piegando ai loro voleri perfino l’inflessibile ex commissario europeo alla concorrenza che aveva fatto vedere i sorci verdi a Microsoft.


Vorrei invece spezzare una lancia a favore di questi interessi. Nei giorni scorsi siamo stati subissati dalla marea montante della demagogia, con ogni categoria piccola e grande, a cominciare dai sindacati, che ha difeso strenuamente i propri rappresentati sulla base del principio astratto dell’“equità”, dove poi naturalmente iniquo era tutto ciò che colpiva i propri interessi ed equo tutto ciò che colpiva quelli degli altri. Anche se, come mostrano gli articoli pubblicati ieri su lavoce.info e basati sui numeri invece che sulle chiacchiere da bar, la manovra Monti su case e pensioni, anche prima maniera, non se la cavava in fondo poi tanto male sia in termini di equità distributiva che intergenerazionale. E perfino per gli aspetti astrattamente più contestabili, come quelli concernenti la mancata indicizzazione delle pensioni sopra una certa soglia. Nel caso di farmacie & co., invece, niente di tutto questo. Si tratta banalmente della difesa di piccole posizioni di rendita, senza alcuna giustificazione economica, fatta sulla base di un brutale rapporto di forza in parlamento. Viva la trasparenza. Poiché, però, gli italiani sembrano non apprezzare molto la difesa degli interessi (degli altri), sarebbe anche il caso di portare fino in fondo la trasparenza, rendendo pubblico e palese il nome, cognome e appartenenza politica dei deputati che si sono battuti a favore di queste categorie. Anche per poter meglio giudicare i segretari politici che quei parlamentari hanno nominato e che nel frattempo sono in qualche talk show a discettare di giustizia, equità, efficienza e altre belle parole. A proposito, dimenticavo. Trovo anch’io che la manovra Monti sia iniqua: non prevede un euro in più per i professori universitari, in particolare per gli ordinari, in particolare per gli scienziati delle finanze, in particolare per quelli che insegnano alla Cattolica di Milano etc. etc.

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16 commenti

  1. carmelo lo piccolo

    Apprezzo l’ironia dell’autore,ma se esiste una casta è proprio qella dei professori universitari, veri e propri detentori di un monopolio, quello del valore legale della laurea, che fa la fortuna di tanti raccomandati figli di papà e impedisce a chi ha studiato seriamente e senza “scorciatoie” di aspirare alle migliori carriere di lavoro. Si parla tanto di “liberalizzazioni”, ma perchè nonsi abolisce una volta per tutte il valore legale della laurea, che più che attestare cognizioni e competenze superiori serve, almeno in Italia, a costituire una formidabile “barriera all’ingresso” nel mondo del lavoro, facendo in modo di escludere da qualsiasi miglioramento di qualifica e mansione chi non ha avuto la fortuna, il tempo, i soldi e “papà che telefona” per studiare? Ma non si capisce che i veri danneggiati dal monopolio della casta dei professori universitari (che decidono discrezionalmente il rilascio del “pezzo di carta” senza uno straccio di verifica)sono proprio i laureati con merito, che sono posti, grazie al valore legale dei titoli di studio, sullo stesso piano dei raccomandati?

  2. leone2000

    Questo paese è ingessato e bloccato a causa delle decine e decine di interessi corporativi che non c’è modo di smontare… nn si risolvono certo tutti i nostri problemi a liberalizzare il settore delle farmacie ma intanto se ne risolverebbe uno e potrebbe essere l’inizio.

  3. Massimo GIANNINI

    Concordo e io stesso avevo in altro commento all’articolo di Boeri attirato l’attenzione sulle categorie dell’equità. Soprattutto su quella intergenerazionale. Monti l’ha menzionata in Parlamento perché lui ce l’ha ben chiara. Era il suo cavallo di battaglia già negli anni ’80 e lo ricordo quando la menzionava nei suoi corsi e scritti universitari. D’altra parte non ci vuole molto a spiegare che non é che alle generazioni future si debba lasciare il debito e le pensioni da pagare proprio a chi quel debito ha contribuito a farlo e quelle pensioni sta riscuotendo…

  4. Marco Berra

    Mi rivolgo all’autore di questo articolo chiedendogli quale sia il suo livello di conoscenza in merito al settore della distribuzione dei farmaci. Questo perché non è possibile paragonare il farmacista a un qualsiasi commerciante: quest’ultimo ha piena libertà di azione e può sfruttare al massimo le leve favorevoli della libera concorrenza; il farmacista, al contrario, è inserito in un contesto normativo severissimo che lo obbliga a fornire dei servizi al pubblico che non generano alcun margine. Mi è capitato spesso in questi giorni di sentire professori universitari sparare a zero sulle farmacie. Anche in università (Bocconi) la stessa cosa, tutti i professori diventano di colpo paladini delle liberalizzazioni. Ma la domanda resta la stessa: conoscono il settore delle farmacie? Non ho mai letto articoli accademici in merito, quindi ne dubito fortemente.

  5. leone2000

    Per Marco Berra: senza alcuna polemica ma può spiegarci quali sono i servizi non remunerati che i farmacisti sarebbero obbligati a fornire al pubblico? Ma, soprattutto, crede che, per colpa della forte normativa a cui devono sottostare o ai servizi ‘gratuiti’ che devono erogare, i farmacisti non arrivino a fine mese?

  6. Vincenzo Rinaldi

    Spesso, quando si discute intorno a categorie generalissime quali l’equità, la giustizia, l’eguaglianza, le pari opportunità e via discettando si finisce per fare accademia e confezionare scintillanti ma retoriche argomentazioni. A mio sommesso avviso occorre entrare nel merito dei singoli argomenti e verificare, in concreto, caso per caso, se e come si debba intervenire per migliorare l’esistente. In proposito mi sembra, al di là delle osservazioni “scientifiche” fornite dagli addetti ai lavori, opportuno l’intervento governativo, a favore del sistema contributivo per tutti, in materia previdenziale in quanto ha affermato finalmente il principio della libera e responsabile scelta individuale sul tempo del pensionamento. Credo che sia questa la strada da percorrere sul sentiero che conduce a considerare i cittadini come individui adulti e razionali abbandonando le concezioni paternalistiche fondate sull’idea dello Stato che ti promette trattamenti migliori ma decide quando e in che modo elargirteli, come accadeva con il sistema retributivo.

  7. ascari marco

    Sono in parte d’accordo con quanto scritto. Certamente è demagogico l’atteggiamento di molti partiti e del sistema partitocratico che ha governato in questi tristi venti anni portando l’Italia alla rovina; rimproverano al prof. Monti di mancanza di coraggio poi sono loro stessi arroccati in parlamento a difesa di certe rendite e ad impedire al premier di operare nel senso delle liberalizzazioni. Per quel che riguarda invece il discorso dell’equità penso che il problema sia anzitutto di terminologia. Gli italiani inseriscono all’interno del fonema “equità” parte del significato proprio del termine ingiustizia. Il governo Monti ha tenuto conto in parte dell’equità sociale nel promuovere la manovra; il problema grosso è che si è mosso molto poco per migliorare la giustizia e il senso di ingiustizia percepito da molte categorie sociali. Faccio degli esempi. Se introduco una tassa sui beni di lusso sulle macchine, sugli elicotteri ecc. sono equo -chiedo di più a chi si può permettere beni superflui- ma se io scopro che molta di questa gente evade e non intervengo seriamente per evitarlo divento ingiusto; se invece alzo la benzina per tutti allo stesso modo sono anche iniquo.

  8. Massimo, Roma

    Dato che non capisco come mai invece di lenzuolate, fasce ecc. non c’è nessuno che va a toccare quello che mi sembra il vero nocciolo della questione: la vendita delle licenze. Quel costume, illegale e incredibilmente tollerato in uno Stato civile, che consente di cedere dietro compenso un atto amministrativo concesso a titolo gruatuito dalla Pubblica Amministrazione, creando un valore improprio e spogliando la stessa PA del proprio potere di regolazione. Se si è concesso a Tizio di svolgere una certa attività, com’è che questo Tizio poi si arroga il diritto di assegnare questa concessione a Caio? Eppure basterebbe impedire questo malcostume per aprire tutti (tutti) i mercati ostaggio delle corporazioni, anzi a far scomparire magicamente le corporazioni stesse! Faccio un esempio: se le licenze di tassista non potessero, come mi pare ovvio, venir cedute al termine dell’attività, queste potrebbero essere messe all’asta dal Comune che potrebbe stabilire i numeri requisiti (es. conoscenza dell’inglese!) e modalità di svolgimento del servizio, nonchè il numero necessario ai bisogni della Città senza che nessuno lo osteggi. Perchè nessuno propone questo semplice ripristino della legalità? A chi ribatterà che le licenze sono state acquistate, volevo aggiungere che la colpa è in parte dello Stato che ha tollerato questa illegalità, e quindi dovrà prevedere inizialmente un compenso adeguato perchè chi ha comprato la licenza non debbe venir danneggiato. Compenso che sarà ampiamente ripagato dagli introiti delle aste degli anni successivi.

  9. Guido Di Massimo

    Apprezzo l’ironia dell’articolo e concordo pienamente con esso; in particolare sul “portare fino in fondo la trasparenza, rendendo pubblico e palese il nome, cognome e appartenenza politica dei deputati che si sono battuti a favore” delle corporazioni.

  10. tito traves

    Vuoi vedere che se il Paese rischia il collasso è colpa delle mancate liberalizzazioni dei taxi, dei farmaci di fascia c o delle edicole ? In queste ore stiamo assistendo ad un vero e proprio attacco contro queste categorie, ma è possibile che non ci sia nessuno che alzi un dito e chieda conto alle assicurazioni, alle banche, alle ferrovie o alle società del gas o delle autostrade sul fatto che le liberalizzazioni che ci sono state in questi ultimi 20 anni hanno prodotto aumenti esponenziali di prezzi e tariffe, recando vantaggi solo ai grandi potentati economici che stanno dietro a questi settori ?”

  11. acciai antonio

    Visto che le liberalizzazioni avvenute in passato nella stragrande maggioranza dei casi hanno dato luogo ad vera e propria impennata dei prezzi o delle tariffe, forse è un bene per i consumatori che i taxi rimangano contingentati e i medicinali di fascia c con ricetta medica continuino ad essere venduti solo nelle farmacie comunali”. Infatti, l’apertura al mercato di 11 beni e servizi di largo consumo avvenuta negli ultimi 20 anni ha dato luogo ad un vero e proprio flop. Quello più clamoroso si è registrato nelle assicurazioni sui mezzi di trasporto che dal 1994 ad oggi sono aumentate del +184,1%, contro un incremento dell’inflazione del +43,3% (in pratica le assicurazioni sono cresciute 4,2 volte in più rispetto al costo della vita). Male anche i servizi bancari/finanziari (costo dei conti correnti, dei bancomat, commissioni varie, etc.). Sempre tra il 1994 ed il 2011 i costi sono aumentati mediamente del +109,2%, mentre l’incremento dell’inflazione è stato pari al +43,3% (in questo caso i costi finanziari sono aumentati 2,5 volte in più dell’inflazione). Anche i trasporti ferroviari hanno registrato un incremento dei prezzi molto consistente…

  12. ezio maria fattorini

    Secondo voi è più equo togliere ogni mese circa 90 euro di irpef più addizionale regionale straordinaria (da marzo a novembre) per circa altri 30 euro da un reddito di 1000 euro lordi mensili oppure togliere il 5% sulla parte eccedente i 100.000 euro di reddito annuo come contributo straordinario per un anno o due? Grazie . Ezio Maria Fattorini

  13. armando rossi

    Principio fondamentale delle democrazie liberali è la costituzione di aggregazioni di interessi che si facciano rappresentanza, partiti e sindacati in primis. Temo coloro che sostengono di rappresentare gli interessi di tutti. Lo stato e le sue strutture garantiscano le condizioni della mediazione. Equa è la norma la cui applicazione ha costi ripartiti sulla base dei vantaggi che da essa sortiscono. La manovra “salva Italia” si pone l’obiettivo, dichiarato, di salvare “questa Italia”. Se il 10% degli italiani possiede quasi il 50% delle ricchezze del paese, dovrebbe contribuire con la copertura del 50% almeno dei costi, diretti e differiti, di tale manovra. Altra “distribuzione” non può definirsi “equa”.

  14. AG

    Ho letto in una rubrica di domande e risposte su Repubblica: “Il testo del provvedimento che introduce le nuove regole sulla previdenza, dice esplicitamente che in ogni caso l’importo complessivo della pensione alla data di liquidazione, non può comunque risultare superiore a quello derivante dall’applicazione delle regole di calcolo vigenti prima dell’entrata in vigore della modifica. Nessun corrispettivo dunque per la contribuzione versata dopo i 40 anni”. Premesso che non sono riuscito a trovare il punto in questione nel testo del provvedimento (la trasparenza non è infatti unaqualità tipica delle norme italiane), non capisco quale sarebbe l’equità nel derubare gli sfigati che raggiungono i 40 anni di contributi di due anni e mezzo di contribuzione (in media circa 7.000 euro a carico del lavoratore e altri 18.000 a carico del datore di lavoro, corrispondenti a circa 1.200 euro all’anno per tutto il resto della loro vita). Senza contare che molti di loro raggiungono i 40 anni con il riscatto della laurea che potrebbe essere costato decine di migliaia di euro. Spero che il commentatore di Repubblica abbia preso un abbaglio.

  15. Nicola

    A tal proposito vedo l’impresa come unica destinataria delle ”liberalizzazioni” ma perchè non del resto ? Mi piacerebbe sgravare la mia comunicazione bonaria alll’agenzia delle entrate dopo le 19.00, richiedere una licenza la comune dopo le 18 perchè prima impego il mio tempo per produrre, conseguire un reddito e pargarci le imposte …

  16. Pasquale

    Per quanto riguarda la deindicizzazione delle pensioni sopra i 1400 euro è profondamente ingiusta è compisce prevalentemente lavoratori che hanno svolto lavori usuranti da quando erano molto giovani e che hanno pagato più contributi degli altri. La demagogia si è fatta si , ma nei confronti di costoro , di chi si è sudato la pensione lavorando una vita e pagando sempre tasse e contributi per avere indietro pochi servizi e anche scadenti . Bisognava scegliere una soglia più alta per la deindicizzazione perchè chi conosce un minimo di statistica sà bene che chi oggi guadagna 1500 euro di pensione con la deindicizzazione rischia di ritrovarsi una pensione più bassa di chi ha pagato meno contributi e lavorato meno e che la deindicizzazione inciderà poco sulle vere pensioni d’oro. Se poi qualcuno facesse delle indagini approfondite sull’età media scoprirebbe che in alcune zone d’italia si é abassata non certo alzata , chi ha lavorato nelle industrie chimiche , accaierie ecc. non ha certo una speranza di vita lunghissima una volta raggiunta la pensione. Forse invece di attaccare i soliti fantozzi sarebbe stato giusto fare una bella patrimoniale.

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