Le crisi sorprendono. Ma ancor più dovrebbe sorprendere la somiglianza dei comportamenti che le provocano. Essi sono a tal punto ripetitivi che li ritroviamo cristallizzati in forma schematica dalla saggezza popolare in favole e novelle. Chi rileggesse con gli occhiali del presente la nota favola dei tre porcellini e del lupo cattivo – o meglio ancora guardasse sul sito l’eccezionale cartone animato di Walt Disney – non faticherebbe a riconoscere antefatti e conseguenze della crisi dell’’euro. Troverebbe la crisi dell’’euro raccontata ai bambini.

La creazione dell’Unione Monetaria ha lasciato i paesi che avevano deciso di aderirvi liberi di adattare le strutture portanti della propria costruzione sociale ed economica (istituzioni e infrastrutture) alle sfide poste dalla moneta unica. Il fatto che tali sfide fossero di lungo periodo e richiedessero scelte potenzialmente impopolari ne ha spesso giustificato il rinvio. Oggi che, a distanza di oltre un decennio dalla costituzione della moneta unica, il lungo periodo si è fatto breve il soffio della crisi ci mostra chi abbia fatto miglior uso del tempo a propria disposizione. La favola offre dunque una facile metafora della crisi – il lupo cattivo- e della sua incubazione – il comportamento dei tre little pigs(sic!). Ma essa è anche ricca di spunti sottili e di una morale non scontata, che vale la pena di esplorare in maggior dettaglio. Il primo spunto è quello delle multiformi sembianze dell’’imprevidenza – la casa di paglia e quella di legno – e di come l’indebolimento della costruzione economica e sociale sia un risultato cui si può giungere per strade diverse. Il secondo spunto è che non basta la previdenza – la casa in mattoni – a sconfiggere il lupo, se questo sa introdursi dal camino. E infine la morale: senza astuzia – il pentolone predisposto ad accogliere il lupo al fondo del camino –neanche le costruzioni sociali più solide sono sicure.
Le società più fragili – di paglia – sono quelle dove è mancato il rafforzamento della competitività, della crescita e, con esse, della coesione sociale. Negli anni che ci separano dalla creazione dell’euro Italia, Portogallo e Spagna hanno accumulato una perdita di competitività nei confronti della Germania rispettivamente di circa 9, 12 e 19 punti percentuali. I privilegi corporativi – fortemente rappresentati nei rispettivi parlamenti e governi nazionali – hanno impedito l’attuazione di riforme che avrebbero intaccato alcune posizioni di rendita beneficiando la collettività. Dove le rendite hanno prosperato, la competitività ne ha risentito e così la struttura produttiva e i conti con l’estero. Il mantenimento del benessere ha richiesto crescenti disinvestimenti della ricchezza e sono cresciute le disuguaglianze sociali.
Ugualmente fragili – di legno –sono anche le società che hanno lasciato crescere oltre misura il debito pubblico e privato. Emblematico è il caso dell’Italia e del Belgio, che nel 1999 condividevano il più elevato rapporto tra debito pubblico e Pil (113 percento) dell’eurozona. La cospicua riduzione dei tassi d’interesse resa possibile dall’adozione dell’euro ha consentito consistenti risparmi in conto interessi che i governi del Belgio, a differenza di quelli italiani, hanno devoluto all’abbattimento del debito piuttosto che al finanziamento della spesa corrente. Alla fine del 2010 il debito belga – nonostante la crisi – era sceso al 100 per cento del Pil, mentre quello italiano era cresciuto a 118. Quei 18 punti di differenza, conseguibili dieci anni fa con il semplice mantenimento della spesa pubblica ai livelli pre-euro, richiederebbero oggi una manovra di 290 miliardi (circa sei volte quella approvata dal parlamento).
Nel cartone di Walt Disney il fine è lieto: anche chi ha costruito la propria casa di paglia o di legno si salva dal lupo cattivo grazie all’ospitalità del fratello più lungimirante ed astuto. Abbiamo descritto le varie forme di previdenza e d’imprevidenza. Ma chi è il lupo, cosa ne risveglia l’appetito e quale forma di astuzia può renderlo inoffensivo?
Il lupo della favola è ciò che si ottiene quando si nega un pericolo manifesto e conclamato. Ha le fattezze di una forza esterna -nel nostro caso la speculazione -ma non è altro che la conseguenza del rifiuto a prendere atto della realtà (denial). Un diniego che, se troppo esteso nel tempo, provoca l’accumularsi di squilibri sempre più difficilmente controllabili. Il lupo (la speculazione) è quindi tanto più pericoloso quanto più duraturo è il disconoscimento della realtà da parte di una società o di una classe politica.
Ma è nella sequenza degli eventi che la favola si fa illuminante, ricordando come una volta che l’imprevidenza degli imprevidenti abbia svegliato l’appetito del lupo (la speculazione) non basti più la sola previdenza a proteggere i previdenti. Conferma ne è l’andamento dei premi al rischio di questi giorni, che neppure il comportamento virtuoso dei paesi continentali nordeuropei riesce a isolare dal contagio dei paesi più fragili.
Ecco dove subentra l’astuzia. Nel riconoscere che l’impegno dei più forti non può limitarsi a un dovere civico di assistenza ma deve assumere i connotati della mobilitazione di emergenza. Secondo la prima impostazione gli importi del fondo salva stati (EFSF) devono essere commisurati alla tasca del contribuente tedesco/finlandese o austriaco. L’astuzia consiste invece nell’attivare, tramite interventi finanziari d’importo eccezionale o per altra via, una minaccia credibile che – nel linguaggio della favola – “scotti” la speculazione e la ponga in fuga. Solo se gli imprevidenti diverranno previdenti e i previdenti astuti, anche dei paesi dell’’euro si potrà dire, come dei tre little pigs,  che “vissero felici e contenti”.

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