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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Vorrei ringraziare i lettori per i loro commenti, tutti stimolanti, e formulare innanzi tutto una “premessa di valore”: l’autore dell’articolo non è un ambientalista né per formazione né per opinione, quanto piuttosto un economista che crede nello sviluppo. Uno sviluppo il più possibile durevole ed equilibrato, e quindi sostenibile nei confronti dell’ambiente e responsabile nei confronti delle persone.
Mi corre l’obbligo di esprimere un apprezzamento particolare a Giuseppe Palermo, che ha perfettamente reso un mio pensiero forse rimasto inespresso nella necessaria sintesi dell’articolo.
Quanto alle crociere come settore in espansione, vorrei ricordare che il totale della spesa espressa a livello europeo dall’intero fenomeno crocieristico è stabile negli ultimi tre anni rilevati: 14,2 miliardi di euro nel 2008, 14,1 nel 2009, 14, 5 nel 2010. Il trend positivo dell’occupazione si è arrestato al massimo del 2008 (311 mila addetti in Europa), e gli ordinativi di nuove navi sono in calo da 8 unità del 2011 a 3 unità nel 2014.
Che cosa sta crescendo quindi, a parità di spesa? Il numero di passeggeri, evidentemente anche a fronte di un calo del prezzo unitario del prodotto-crociera, effetto della ricerca di un mercato sempre più massivo da un lato, e della competizione interna dall’altro.
Quanto alle ricadute sul sistema economico italiano, vorrei ricordare che le fonti parlano di un 3% della spesa crocieristica in Italia che va a beneficiare il comparto turistico “alberghi e pubblici esercizi”, e se si rapporta questo dato al valore aggiunto totale del turismo italiano si arriva a stento all’1 per mille di contributo. Nel totale la spesa del comparto crocieristico “pesa” per circa il 3 per mille del PIL.
Ragionando di politiche per migliorare l’impatto del settore, non mi sento di fare un ragionamento globale in poche righe. Credo però che un paese come l’Italia abbia tutte le risorse e le potenzialità per accogliere milioni di viaggiatori a dormire e mangiare e fare escursioni e shopping, piuttosto che limitarsi ad offrire banchine per l’attracco di città galleggianti autosufficienti, che portano il massimo di profitto ai Cruise Operator proprio quando massimizzano la permanenza e la spesa a bordo da parte dei crocieristi. In questa direzione si sono mosse le realtà portuali più attente, cercando appunto di valorizzare il proprio ruolo di home port, e di massimizzare la spesa dei crocieristi sul territorio.
Al riguardo non esiste ancora una stima generale, ma solo poche valutazioni locali: se ne conoscono 3 casi su 30 porti crocieristici in Italia, mentre nelle Baleari funziona da anni un Osservatorio specifico molto puntuale. Ironia della sorte, una di queste analisi è stata realizzata proprio da Costa Crociere.
Concludendo sul tema delle escursioni, queste come noto vengono vendute essenzialmente a bordo, con un forte ricarico di nuovo a favore dei Cruise Operator. Per restare al caso del porto di Civitavecchia, il maggiore in Italia, si stima che ogni giorno di alta stagione non meno di 300 pullman partano alla volta di Roma per un tour organizzato. Gli effetti di questo traffico sulla Capitale forse non sono stati ancora valutati nella loro interezza, ma sono facilmente visibili anche solo frequentandone il centro storico.

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P.S. Io invece in crociera ci sono andato, e non mi è dispiaciuto affatto…

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SULLA PARITÀ NON BASTANO I BUONI PROPOSITI*

  1. Marinella Sichi

    Condivido le critiche verso il turismo malamente misurato in Italia. Anche in Toscana, con la falsa convinzione che comunque il turismo sia un beneficio economico e sociale stiamo svilendo le destinazioni. Ci ostiniamo a misurare gli arrivi e le presenze senza pesare i costi benefici di queasta attività. Jean Micheal Horneur, in un recente saggio, definisce questo fenomeno “neo-colonismo, intendendo con ciò una nuova ondata di colonizzazione in nome del divertimento. Sono d’accordo con lei anche quando parla dei porti di attracco e delle escursioni, ma non ho più spazio.

  2. Fabio Capocaccia ex GM Porto di Genova

    Lasciamo perdere le crociere, dice Landi, affette da vizi. Gigantismo (ma già i 2 leader europei sono sotto al 50% dei massimi). Sicurezza: sempre migliorabile e questa è l’occasione (le leggi ambientali portano nomi come Seveso, non a caso). Turismo: ho personalmente provato a far tenere aperti i negozi al passaggio delle navi, giuro che c’è da morire. Migliorare, certo, ma non è corretto dire “industria cresciuta senza limiti e senza regole” “porti smisurati” (siamo sotto-taglia rispetto, non dico a Miami, ma a Barcellona) “ricadute trascurabili” (Savona nasce dal turismo con le crociere). Soprattutto è inopportuno dirlo oggi, quando le ripercussioni emotive di un incidente sconsiderato – e per questo irripetibile – rischiano di aggiungere al dolore gli effetti devastanti della crisi di un settore finora risparmiato, e di pregiudicare l’autonomia di un marchio italiano. A che pro? Forse che un crollo delle crociere determinerà affluenze insperate a San Gimignano o ai Camaldoli? Basterà invece una semplice flessione a bloccare le costruzioni di navi-cruise, finora italiane al 53% nel mondo, per almeno 5 anni. Un bel contributo alla crisi della Fincantieri e del Paese.

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