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IL GHIACCIO, L’AUTOCRATE E ALTRI DESTINI

Il freddo affligge tutta Europa. Ma in Italia le preoccupazioni sono maggiori a causa della scarsa disponibilità di gas naturale. Per ragioni di politica interna, la Russia ha infatti ridotto le esportazioni. Un guaio per il nostro paese, cronicamente dipendente dall’estero per gli idrocarburi e che utilizza il gas per produrre i due terzi della propria energia elettrica. Torniamo così a parlare dei rigassificatori, spesso con troppa superficialità. Invece servirebbe una Conferenza nazionale sull’energia, per affrontare i diversi temi senza la pressione dell’emergenza.

Tutto iniziò la notte dell’Epifania con una tramontana glaciale che causò un inatteso quanto brusco calo della temperatura. A Venezia i canali si gelarono e i fiumi in Europa divennero strade su cui si poteva passeggiare. Seguirono sessanta giorni di freddo polare. In Europa si contarono oltre un milione di morti e i danni furono molto ingenti. L’inverno del 1709 – il più terribile degli ultimi cinquecento anni – proseguì ben oltre i primi sessanta terribili giorni. E tantissimi sono i frammenti, le memorie, i dipinti, gli scritti che ci ricordano quanto accadde.

LA DIPENDENZA DELL’ITALIA

Oggi la situazione è radicalmente differente e questo non solo perché oggettivamente siamo lontani da quelle temperature e da quelle situazioni estreme, ma anche perché siamo complessivamente meglio organizzati e tecnologicamente più preparati.
Tuttavia, la situazione climatica creatasi comporta, in Europa e in Italia, momenti tragici e anche gravi preoccupazioni, come quelle relative alla scarsa disponibilità di gas naturale per il nostro paese. E l’Italia soffre potenzialmente più degli altri paesi europei a causa della maggiore dipendenza dall’estero di idrocarburi. Sul totale dei consumi primari europei il gas naturale conta per il 26 per cento; per l’Italia questo rapporto sale fino al 37 per cento. Nei settori di consumo finale, la dipendenza dal gas è di circa il 23 per cento in Europa e raggiunge il 30 per cento in Italia.
Non possiamo soffermarci sulle ragioni della maggiore dipendenza dell’Italia rispetto ad altri paesi. In sintesi, tralasciando il settore industriale, possiamo affermare che in Europa con il gas naturale ci si scalda e si cucina, mentre in Italia ci scaldiamo, cuciniamo e per di più produciamo i due terzi della nostra energia elettrica. Infatti, il 36 per cento del gas è consumato nel settore della generazione elettrica.

SE IL GAS PRODUCE ELETTRICITÀ

Ci sono due diversi aspetti che meritano la nostra attenzione. Innanzitutto le ragioni della crisi, e naturalmente le risposte che sono state prospettate.
Le ragioni sono presto dette e vanno ricercate in un’ondata anomala di freddo per le temperature raggiunte e la durata del fenomeno. Il freddo sta interessando tutta l’Europa ed evidentemente anche la Russia, paese dal quale dipendiamo per il 30 per cento nel nostro gas naturale importato.
Anche se può sembrare strano, la politica interna russa non è un elemento esterno. A poche settimane dalle elezioni, può aver giocato a vantaggio del candidato Putin – o meglio, Putin ha ritenuto che gli avrebbe giovato – una certa dose di sciovinismo energetico: sostenere che “Prima delle esportazioni dobbiamo soddisfare la domanda interna” può essere uno slogan spendibile. Il risultato di questa politica è che l’Italia registra mancate importazioni dalla Russia per circa il 25 per cento.
Il risultato finale è un micidiale cocktail. Da una parte consumiamo di più per via delle avverse condizioni atmosferiche (circa il 40 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno passato); dall’altra, sempre per le stesse ragioni, la Russia non è disposta in questa fase ad aumentare le esportazioni e, al contrario, le riduce.  La risposta del governo segue diverse strade, coordinate da un tavolo di crisi presso il ministero dello Sviluppo economico.
Due i provvedimenti di pronto soccorso: si cerca di supplire alla riduzione di disponibilità di gas incrementando la produzione di energia elettrica attraverso centrali alimentate con prodotti petroliferi. Allo stesso tempo si agisce sulle utenze industriali “interrompibili”, ovvero quelle circa duemila imprese che hanno firmato un contratto in cui accettano, spuntando per questo un prezzo migliore, di vedere le proprie forniture interrotte o ridotte in caso di cali di offerta. Le due manovre insieme possono valere circa l’8-9 per cento dei consumi di gas naturale, ma si tratta di una larga stima. Oltre a questi provvedimenti, si sta cercando di incrementare, per quanto possibile, le importazioni da altri fornitori e in particolare da Algeria (nostro principale fornitore con il 37 per cento delle importazioni, sia via gasdotto che via Gnl) e dal ristabilito Greenstream dalla Libia (circa il 13 per cento).
Sembra inoltre che la Russia possa far ripartire i flussi verso l’Italia nel giro di qualche giorno.
Questo per quanto riguarda la cronaca. Naturalmente però nel paese di Machiavelli non potevano mancare le polemiche. Se guardiamo unicamente il gas naturale, la vera anomalia nazionale consiste nella quota assorbita da questa fonte per la produzione dell’energia elettrica. Ne deriva che una crisi di offerta come quella che stiamo vivendo ha effetti sia dal lato dei consumi delle famiglie e delle aziende, sia dal lato della produzione di energia elettrica.
Senza voler sollevare l’ennesimo vespaio va ricordato che altri paesi hanno costruito la loro base per la produzione elettrica su fonti diverse, la cui principale caratteristica è quella di non essere importate: il nucleare (Francia) o il carbone (la Germania). In Francia, la produzione elettrica da nucleare supera i due terzi del totale. In Germania la produzione di energia elettrica da carbone vale circa la metà del totale. In Italia la produzione elettrica realizzata con il gas naturale equivale a circa il 51 per cento del totale.

LA QUESTIONE DEI RIGASSIFICATORI

In queste occasioni ritorna ciclicamente la questione dei rigassificatori. La crisi economica ha rallentato la spinta alla loro realizzazione da parte delle imprese interessate, ma per capire le difficoltà incontrate basti pensare che l’unico rigassificatore di una certa dimensione realizzato in questo paese negli ultimi anni, a Rovigo, è stato costruito off shore, poiché on shore i divieti incrociati o le autorizzazioni già concesse e annullate per un semplice cambio di amministrazione sono stati moneta comune per molte realtà industriali.
Va anche detto che il tema viene spesso affrontato con troppa facilità. È molto suggestivo pensare che esistano dei rigassificatori costruiti pensando di esser riforniti sul mercato spot. Naturalmente un rigassificatore può, in linea generale, accomodare uno o più carichi spot. Ma l’idea che si possa costruire un piano industriale serio senza avere alle spalle un contratto sicuro di liquefazione del gas naturale è pura invenzione. E c’è di più: anche se esistesse un rigassificatore disponibile, dovrebbe essere pronto a comprare gas a un prezzo che nei principali hub europei in questa settimana ha sfiorato la quotazione dei 16 dollari/Mbtu (valori al 7 febbraio) con un incremento che ha sfiorato il 100 pr cento in pochi giorni.
Non credo sia utile per nessuno utilizzare questa crisi – che speriamo passeggera – per sollevare strumentalmente argomentazioni spesso risibili. L’Italia avrebbe bisogno, quanto prima, di una Conferenza nazionale sull’energia, mille volte programmata e mille volte cancellata. I temi sul piatto sono tanti ed è nell’interesse di tutte le parti provare ad affrontarli senza la pressione di una emergenza.

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FIAT: ALLEATO CERCASI

13 commenti

  1. marco

    In Italia abbiamo fonti geotermiche potenziali incredibili con le quali potremmo scaldare metà paese(pompe geotermiche) e produrre molta energia elettrica senza inquinare (siamo secondi solo all’Islanda!); abbiamo il vento il sole e l’acqua; potremmo sviluppare la resilienza sviluppando settori innovativi e puliti che potrebbero arricchire molti cittadini e molti artigiani e piccole aziende su tutti il minieolico e il biogas oltre ai più consolidati come il fotovoltaico e il miniidroelettrico;abbiamo tecnologie; potremmo puntare sulle celle ad idrogeno con le quali fare andare le automobili (vedi yuotube progetto auto idrogeno comune di Mantova) e sul risparmio energetico (termocappotti e luci al led); in Alto Adige costruiscono case che al posto di consumare energia la producono con pareti talmente ben coibentate da garantire benessere in ogni stagione e invece ci ostiniamo a voler sviluppare vecchie tecnologie per insistere con materie prime altamente inquinanti che non abbiamo e che tra qualche anno costeranno una follia: puntiamo sul risparmio energetico basta con le pazzie e le miopie!

  2. AM

    Già negli anni ’50 e ’60 si parlava in Italia di produrre dei geiser artificiali pompando acqua nel sottosuolo e di sfruttarli per prdurre energia elettrica come a Larderello. Non si è fatto nulla: il petrolio costava poco e l’offerta era abbondante. Poi si è aggiunto anche il metano e tutti i progetti sono stati dimenticati. Oggi forse, in piena crisi energetica, varrebbe la pena di un ripensamento.

  3. Davide Muratori

    Utilizzare gas per produrre tanta energia elettrica , i due terzi della nostra si dice ,sembra a mio avviso un ‘indubbio segnale di una limitatezza di mezzi utili alla produzione di energia.E’ avvenuto giorni fà a Ravenna,un fatto che può portare a sviluppi innovativi nel settore della produzione energetica del paese.Si tratta del progetto” Powered”,un progetto finanziato dalla comunità europea che consiste nell’installazione di anemometri in adriatico per valutare la possibilità di installare generatori eolici in mare e in quelle zone in cui le condizioni siano favorevoli.Penso ,e con molta convinzione,che sia propio questa la direzione verso cui si debba rivolgere lo sforzo innovativo del paese .Mettere a disposizione delle nostre aziende energia a basso costo e non vincolata da fattori esterni non controllabili, la Russia, L’ Iran ,la speculazione sul mercato petrolifero.ecc.. L’Italia è un paese con possibilità elevate di sfruttamento dell’eolico marino:immaginate la penisola circondata di parchi eolici,ogniuno dei quali sia collegato alla grande rete di distribzione elettrica, che siano in grado di sfruttare ogni refolo di vento che spiri sulla penisola ,IMMAGINATE!!!

  4. Dario Quintavalle (Twitter: @darioq)

    L’affermazione che le recenti mosse russe sono dettate solo da ragioni di politica interna appare quanto meno ingenua. La Russia è una grande potenza, con ambizioni da global player, e non fa mai niente SOLO per politica interna. Ampli la visuale e vedrà che cosa si sta preparando: un nuovo round di guerra umanitaria secondo la dottrina della Responsibility to Protect in Siria. Finito Berlusconi, non c’è più la special relationship col Cremlino. La Russia sta usando le forniture di greggio come strumento di pressione su tutta l’Europa Occidentale, secondo un modulo già collaudato tempo addietro con l’irrequieta Ucraina. Insomma, l’energia fa parte a pieno titolo del gioco geopolitico, e faremmo bene a ricordarcelo sempre.

  5. Nicoletta

    Articolo precoccupante, caro Lanza… se le soluzioni proposte sono i rigassificatori e non le rinnovabili, ed a proporle è un sito come il vostro, andiamo male: vuol dire che siete mentalmente vecchi e orientati a soluzioni già viste inefficienti e costose per l’ambiente.

  6. Gil

    Anzitutto sui numeri per chiarire la piccola ambiguità “due terzi/circa il 51%”: nel 2010 con il gas naturale è stato prodotto il 66% dell’energia generata da fonti termoelettriche tradizionali, il 51% del totale (dati Terna, http://goo.gl/eoVwS). Affermare che questo articolo proponga i rigassificatori come soluzione ai nostri problemi energetici mi sembra fuorviante (non me ne voglia, Anna); mi sembra piuttosto che l’autore invochi una riduzione dell’impiego di gas naturale nella produzione di energia elettrica, per una questione strategica di diversificazione delle fonti energetiche. Il nodo centrale resta comunque a mio avviso l’auspicio che venga convocata la Conferenza nazionale sull’energia, che dovrebbe finalmente dotarci di quella politica dell’energia la cui scandalosa assenza (ne abbiamo avuta una dopo la morte di Mattei?) ci ha finora impedito di pianificare un futuro energetico sostenibile, consegnandoci alla mercé di una special relationship sui generis (che ci ha di fatto resi ostaggio di Gazprom) ed esponendoci al rischio di avventure nucleari pensate con troppa leggerezza (e temo, con l’occhio rivolto ad interessi non propriamente energetici) Le fonti rinnovabili meritano un (breve) discorso a parte; mi concentro su solare ed eolico, visto che l’idroelettrico è praticamente saturato e le nuove indagini sul geotermico vengono spesso bloccate per non meglio precisati timori (vedi Campi Flegrei). Il problema principale, al di là dei costi (niente grid parity per il momento), è la programmabilità: sole e vento non lo sono, quindi non ci si può fare eccessivo affidamento né per la produzione di base né per soddisfare i picchi di richiesta – non parliamo poi dei problemi di stabilità della rete elettrica che si avrebbero se, con le tecnologie attuali, la loro incidenza sulla produzione totale passasse dal 4% circa del 2010 al 30-40% auspicato da chi come me lavora nel settore; occorrono (almeno) soluzioni per l’accumulo di energia e una evoluzione del concetto di rete elettrica. Insomma, escludere le rinnovabili dal discorso energetico è miope, ma proporle come soluzione a breve termine alla dipendenza dagli idrocarburi non è ragionevole. Una politica energetica precisa dovrebbe servire a questo: a pianificare obiettivi e mezzi del futuro dell’energia pulita in Italia (in ritardo di qualche decennio sulla Germania, ma vabbè…)

  7. pierluigi vecchia

    Ognuno ha la soluzione in tasca con i numeri dalla propria parte. Stoccaggi, rigassificatori e produzione nazionale sono però un pezzo della soluzione, le rinnovabili sono un altro pezzo, il risparmio un altro. Ma manca la colla: manca una politica energetica nazionale, una strategia di coordinamento delle scelte decentrate. Questo mette in risalto le tante eccellenze locali di efficienza o di coerenza con la greeneconomy, ma aumenta il rischio di uno sviluppo caotico e non coerente, a discapito di efficienza e razionalità; trasforma le eccellenze in pezzi di un mosaico inefficiente e privo di razionalità a livello complessivo. In questa vacanza trovano spazio movimenti di pensiero verso la creazione di massimo consenso, o massimo dissenso, politico. Risultato? Scarsa certezza delle regole; crescita del rischio finanziario percepito; difficoltà di pianificazione; disincentivazione degli investimenti; perdita di know-how. Il quadro è una deindustrializzazione complessiva del sistema di riferimento, che si trasforma in una fetta consistente dell’aumento dei costi della nostra bolletta energetica. Forse LA soluzione è rispondere all’annosa domanda: cosa vogliamo fare da grandi?

  8. marco

    In Italia abbiamo molte possibilità di generare energia elettrica da risorse naturali disponibili, come l’idroelettrico da piccoli impianti, poco invasivi e potenzialmente numerosissimi su Alpi e Appennini, o come il geotermico, sfruttato negli anni 30 e poi poco coltivato. Naturalmente c’è una viva resistenza degli ambientalisti più talebani, che preferiscono probabilmente distese di pale eoliche o di pannelli solari (pochissimo produttivi entrambi, discontinui, distruttori del paesaggio, ma spinti da grosse società che speculano sugli incentivi…) Ben venga una conferenza nazionale sull’energia ove si possa parlare di tutto senza battaglie di religione, di efficienza energetica ma anche di nucleare. Almeno il nucleare non inquina, occupa poco spazio, è sorvegliato ad alto livello.. Ma ormai facciamo finta tutti di credere alle fole ecologiste, continuiamo a buttare via soldi, tanto ne abbiamo molti..

  9. markogts

    Ma è davvero possibile, nel 2012, scrivere un articolo sulla mancanza di gas senza menzionare almeno di sfuggita il risparmio energetico? Stiamo usando una risorsa preziosa come il gas per tenere calde le case, che potrebbero starsene calde da sole con il giusto isolamento. Le case passive non sono fantascienza, esistono da anni ormai. Invece no, la soluzione è sempre un nuovo rigassificatore, un nuovo oleodotto, insomma soldi per i soliti noti. Mi chiedo quante case si potrebbero incappottare con i soldi di un rigassificatore.

  10. Ricardo_D

    Una conferenza nazionale sull’energia non servirebbe. Raddoppiare i tubi, dieci rigassificatori in più, quello che volete. Non basteranno mai. Perchè? Semplice. In Italia picchi di prezzo in periodi di elevata richiesta non sono accettati. Se accade, allora si indaga ‘chi si è permesso di speculare’. Allora da bravi ipocriti accettiamo prezzi, sia di gas ed elettricità, mediamente e costantemente più alti. Finchè non capiremo che i prezzi di breve termine devono riflettere la scarsità di un bene e quanto questo viene valutato in mercati concorrenti, allora non potremo mai avanzare pretese quando di quel bene ce n’è in abbondanza. In un momento di scarsità l’elettrone e la molecola di gas seguono quei segnali. La nave viene portata in Spagna o altrove e il gas che viene dalla Russia lo si porta in Germania. Questa logica può non piacere ma è quella alla base delle riforme dei mercati energetici. Se non piace, allora la politica convinca il resto d’Europa che così non va. Ma non diciamo ‘sì’ e poi interveniamo con decreti di urgenza perchè questo non risolve il problema e ha il solo effetto di far scappare ogni temerario concorrente dei campioni nazionali e dei loro follower.

  11. Attilio Melone

    Egr. dott. Lanza, condivido la Sua impostazione che invita a superare il pressapochismo con cui viene affrontata la politica energetica in Italia. Forse perché sono stato allievo della Scuola Mattei (tra i tanti prof mi piace ora ricordare il prof. Pasinetti per ragioni neokeynesiane…) o, sicuramente, perché ho lavorato nel settore energetico per tanti anni, non posso che approvare l’idea di una SERIA conferenza nazionale sull’energia cui si arrivi con uno schema di Piano Energetico.Mi pare, infatti, che si tenda ad evitare un problema cruciale che questi giorni hanno ripresentato:l’illogicità del nostro sistema . Non entro nei discorsi nucleare sì, nucleare no, ma voglio rimarcare che tutta la filiera deve essere fatta oggetto di una strategia. Basta solo considerare gli effetti che avrebbe, sull’economia e sulla tecnologia del Paese una linea non episodica riguardante la razionalizzazione di (e l’integrazione fra) grandi settori come il civile e l’industriale. Non è possibile dilungarsi in questa sede, ma è doveroso sollevare con insistenza l’argomento ,perché è un fondamentale tema di politica economica e non solo. Grazie e saluti.

  12. Marco La Colla

    Lo shale gas è il metano estratto mediante iniezione di acqua ad alta pressione dalle rocce scistose che lo hanno imprigionato nel corso di milionio di anni. Gli Stati Uniti, usando tale tecnica, si sono affrancati in pochi anni dalle importazioni di gas metano e ne stanno diventando esportatori. Le rocce scistose sono presenti nelle numerose miniere di carbone ormai abbandonate , presenti in Italia. Perchè non si comincia a produrre metano con questo sistema anche da noi? Non credo potremmo affrancarci dalle importazioni, ma sicuramente potremo ridurle di molto, creando inoltre nuovi posti di lavoro legati a questa nuova tecnologia. Sarebbe interessante approfondire l’argomento e sapere se tale nuova possibilità viene analizzata anche da noi per valutarne il rapporto tra costi e benefici.

  13. Roby

    Lo shale gas americano è una bolla speculativa. E’ vero che quel gas c’è ed esiste, ma estrarlo non conviene. Si possono trovare un sacco di articoli sullo shale gas. Gli americani sono partiti in quarta, ma cosa hanno ottenuto? Per loro è stata la caccia all’oro, e subito i profittatori si sono buttati nell’affare, andando a cercare i soldi agli investitori in ogni dove. Tutte le aziende piccole sono fallite o hanno chiuso, quelle grosse hanno preso parte anche loro alla truffa e ci sono ancora. Hanno venduto componenti, terreni e cercato finanziamenti, ma alla fine la tecnologia non c’è mai stata, quel gas c’è sempre stato ma estrarlo alla fine non conviene e chi investe così i suoi soldi li ha persi.

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