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SE PER GLI AVVOCATI NON BASTA IL CODICE DEONTOLOGICO

Evidenze empiriche rigorose, nonché le denunce dei cittadini sugli accadimenti relativi alle cause di separazione e affidamento, suggeriscono che tra gli avvocati siano diffusi i comportamenti in violazione del codice deontologico. Come ciò possa avvenire nonostante l’esistenza di un articolato sistema sanzionatorio e quanto siano diffuse queste pratiche resta oscuro, gettando un’ombra sulle finalità della regolamentazione del mercato dei servizi legali. A fare luce, può contribuire l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con un’indagine conoscitiva.

Alcuni lavori di ricerca recenti hanno fatto luce sulla relazione tra inefficienze del sistema giudiziario e i comportamenti di coloro che svolgono la professione di avvocato. (1) Hanno dimostrato come il numero di avvocati presenti sul territorio abbia un impatto causale, ampio e statisticamente significativo, sul numero di procedimenti giudiziari dell’area. I legali, cioè, sarebbero in grado di indurre una domanda per i propri servizi in eccesso rispetto all’interesse del cliente. La circostanza comporta rilevanti effetti negativi, oltre che per coloro che hanno necessità di usufruire di servizi legali, anche sul funzionamento degli uffici giudiziari, che devono smaltire carichi di lavoro più elevati.

SEPARAZIONI E AFFIDAMENTO: IL REGNO DELLE MANCANZE DISCIPLINARI

Un’implicazione di grande interesse di questi lavori è che non necessariamente un più elevato numero di avvocati si associa a un beneficio per i consumatori. Anzi, succede esattamente il contrario: più avvocati implicano una maggiore domanda indotta. L’urgenza è pertanto quella di disinnescare il meccanismo, sanzionando i comportamenti deontologicamente inappropriati.
Un’altra implicazione importante è che il sistema di regolamentazione attualmente in vigore non pare funzionare adeguatamente. I risultati sull’effetto di induzione, infatti, si ottengono per un settore fortemente regolamentato, in cui – attraverso l’attività disciplinare nei confronti di professionisti che violano il codice deontologico – già dovrebbero esserci dei presidi a tutela della correttezza dei comportamenti. (2)
Per la loro natura di procedimenti legati ad accadimenti difficilmente documentabili, come ad esempio quelli relativi a episodi intercorsi nella sfera privata di una coppia, o tra genitori e figli, nelle cause di separazione è frequente la violazione del codice deontologico. In particolare, degli articoli 14 e 20 che vietano la produzione di prove false e la denigrazione delle controparti. È quello che si evince dalle continue denunce delle parti coinvolte (si veda ad esempio dirittoeminori). Si tratta di violazioni particolarmente odiose, che rendono più difficoltosa l’azione dei magistrati, e che in molti casi, oltre ad aumentare le parcelle e a intasare le caserme e le aule di tribunale, finiscono per incrementare l’astio tra gli ex-coniugi, con effetti deleteri per i minori coinvolti. Con buon pace di una legge lungimirante del 2006.

SANZIONATORI E SANZIONABILI TROPPO VICINI

Il sistema sanzionatorio attuale si caratterizza per una decisa contiguità tra sanzionatori e sanzionabili. Il sistema si regge sul meccanismo dell’autoregolamentazione a livello territoriale. Per ogni circondario di tribunale c’è un ordine territoriale, i cui iscritti eleggono i consiglieri. Questi ultimi devono giudicare le eventuali violazioni del codice deontologico di coloro che li hanno eletti. C’è insomma una evidente prossimità — e probabilmente anche una consuetudine di frequentazioni — tra sanzionatori e potenziali sanzionati. Sebbene la prossimità tra controllori e controllati non necessariamente debba condurre a un esito insoddisfacente del meccanismo sanzionatorio, il bel libro di Jacopo Orsini e Michele Pellizzari documenta, con riferimento alle possibilità di accesso alla professione, i limiti della contiguità. (3) In particolare, l’evidenza pre e post-legge 167/2003 sui meccanismi di correzione dei compiti per l’ammissione all’albo avvalora l’idea che l’autoregolamentazione su base territoriale possa facilitare il nepotismo.

CHI PUÒ ACCENDERE UN FARO?

La riforma dell’avvocatura verso standard di correttezza e di trasparenza propri di un paese civile si è tradizionalmente rivelata un’impresa molto difficile da realizzare. Gli ultimi provvedimenti al riguardo fanno poca differenza. Il problema principale è l’assoluta mancanza di trasparenza, terreno fertile per le attività deontologicamente scorrette, come quelle di indurre una domanda in eccesso rispetto ai bisogni del cliente o la produzione di prove false. Quanti sono gli avvocati denunciati per violazioni deontologiche? Per quanti di questi vengono decise sanzioni? E di che tipo? In quanti casi di separazione vengono utilizzate false denunce come un escamotage per appropriarsi di maggiori trasferimenti monetari? In quanti casi l’attività deontologicamente scorretta degli avvocati contribuisce a esiti giudiziari anche in contrasto col disposto legislativo? E in quanti alle sofferenze psicologiche dei minori coinvolti? Semplicemente, non è dato sapere.
È illusorio attendersi che una mossa verso una maggiore trasparenza possa avvenire spontaneamente, attraverso una migliore autoregolamentazione. (4) C’è forse anche poco da sperare dalla politica, se non altro, per le resistenze a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, e, francamente, le ammirevoli iniziative della società civile sembrano scontrarsi con interessi troppo sedimentati per essere smossi con le armi della sensibilizzazione e del ragionamento. Forse però una possibilità c’è.
L’autorità che quel faro lo può accendere è l’Antitrust. La regolamentazione del settore dei servizi legali ha infatti lo scopo di garantire la protezione dei consumatori laddove le asimmetrie informative tra professionisti e clienti indeboliscono la capacità per questi ultimi di valutare la qualità del servizio prestato. Insomma, le restrizioni al mercato si possono giustificare solo se i costi per la collettività che ne derivano sono controbilanciati dai vantaggi dovuti al fatto che così si  impedisce di svolgere l’attività professionale agli operatori che compiono pratiche non conformi a standard minimi di correttezza. È quindi ovvio che laddove le procedure disciplinari non dovessero risultare efficaci, nessun vantaggio si materializzerebbe per i consumatori. Senza informazioni sulla qualità del sistema sanzionatorio non si può valutare la congruità della regolamentazione.
indagine conoscitiva potrebbe innanzitutto acquisire le informazioni (e i dati statistici) che permettano di chiarire la portata del fenomeno. (5) Successivamente, si tratterebbe di fare luce sulle caratteristiche delle mancate sanzioni, per capire i rimedi più appropriati. Se le difficoltà derivassero dalla compresenza su uno stesso territorio di controllori e controllati, è probabile che una minore contiguità territoriale possa funzionare (ad esempio, permettendo su base casuale all’ordine di una certa provincia di giudicare le violazioni degli avvocati di un’altra). Se invece l’inefficacia del meccanismo sanzionatorio dipendesse dalla comunanza di attività svolta, allora organismi disciplinari composti da altri operatori del settore e da rappresentanti degli utenti dei servizi collegati, potrebbero rappresentare una risposta migliore. (6)
È importante che l’indagine venga avviata con tempestività, anche per permettere che le iniziative di riforma, che pare siano già previste, siano basate su un’attenta diagnosi delle cause del malfunzionamento del meccanismo sanzionatorio e non si risolvano in un ennesimo mutamento di facciata. (7)

* Le idee e le opinioni espresse sono da attribuire unicamente all’autore e non impegnano la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.

(1) Si veda: A. Carmignani e S. Giacomelli (2010), “Too many lawyers? Litigation in Italian civil courts”, Banca d’Italia, Tema di discussione 745, e P. Buonanno e M. Galizzi (2010), “Advocatus et non Latro? Testing the Supplied-Induced-Demand Hypothesis for Italian Courts of Justice”, Nota di lavoro, Feem 52.
(2) Un altro presidio è l’esame di abilitazione.
(3) Ad esempio, sanzionatori locali potrebbero avere a disposizione informazioni più dettagliate sui comportamenti dei professionisti locali.
(4) Anche se, a onor del vero, non mancano i legali, anche nel comparto del diritto di famiglia, che si oppongono a pratiche deontologicamente scorrette e surrettizie.
(5) Anche con riferimento a eventuali differenziali territoriali, che potrebbero essere messi in relazione agli indicatori di qualità del sistema giudiziario.
(6) Non si tratta di ipotesi di scuola. Si veda ad esempio: https://www.lavoce.info/articoli/pagina1001401-351.html.
(7) Ad esempio, l’art. 3, comma 5, lett. f), del Dl 138 / 2011 dispone che gli ordinamenti professionali (tranne quelli relativi alla sanità) dovranno essere riformati (entro 12 mesi) al fine di prevedere l’istituzione di organi a livello territoriale, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali verranno specificamente affidate l’istruzione e la decisione delle questioni disciplinari nonché di un organo nazionale di disciplina (la norma prevede pure che la carica di consigliere dell’Ordine territoriale o di consigliere nazionale è incompatibile con quella di membro dei consigli di disciplina nazionali e territoriali).

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12 commenti

  1. Avv. Massimo Matteoli

    L’autore dell’articolo si lamenta dell’eccesso di “offerta” legale. Da modesto operatore della giustizia confermo che esiste una parte di verità nel collegamento tra numero dei legali e numero delle cause. Al contrario non mi riconosco affatto, quanto meno per la mia esperienza personale, nelle critiche generalizzate verso la correttezza professionale degli avvocati.. Quello che in ogni caso rimane incomprensibile è il richiamo all’antitrust., Se tuttto deve essere ridotto ad economia, non capisco perchè ci si lamenti delle conseguenze dell’aumento del’offerta di servizi legali.E’ il mercato! In realtà occorre ricordare che la difesa dei dirittti -, perchè di questo si parla – è cosa che va ben al di là di una ordinaria attività commerciale. Se sarà questa la medicina che si vuole applicare alla giustizia italiana è facile prevedere che la cura sarà peggiore del male..

  2. Vincesko

    Il saggio Denis Diderot sosteneva che la peggiore categoria al mondo è quella degli avvocati. La mia piccola esperienza mi fa essere d’accordo. A questo posso aggiungere, per esperienza diretta, che, salvo comportamenti gravissimi, neppure l’Ordine degli avvocati (ma, per esperienza, avendo una causa in corso, in qualità di danneggiato, per colpa medica, questo vale anche per quello dei medici) dà sempre il meglio di sé (eufemismo) quando si tratta di sanzionare comportamenti negligenti o persino fraudolenti degli associati (e che – mi disse un funzionario dell’Ordine, ma non so se è vero – non ha neppure il potere di obbligare a presentarsi davanti alla Commissione disciplinare).

  3. luciano pontiroli

    Dott. De Blasio, una cosa sono le scorrettezze professionali, da reprimere, una cosa ben diversa è attribuire agli avvocati la capacità di inflazionare il contenzioso, stimolando i clienti a promuovere cause contro il loro interesse. Se così fosse, occorrerebbe attribuire a qualcun altro il compito di valutare l’interesse del cliente: qualcuno diverso dall’avvocato, la cui rettitudine è revoata in dubbio, ed anche dallo stesso cliente che, evidentemente, è suggestionabile. La conseguenza logica sarebbe sottoporre l’avvio della causa ad un soggetto terzo, magari l’Autorità antitrust, chiamata a valutare il comportamento dlel’avvocato secondo principi ricavabili dalla legilazione consumerista sulle pratiche commerciali scorrette. Mi sembra evidente che si tratterebbe di una forma di paternalismo incompatibile con la garanzia costituzionale dell’accesso alla giustizia per la tutela dei diritti e, a ben vedere, con la stessa democrazia liberale.

  4. Avv. Massimiliano Venceslai Foro di Roma

    Spesso agli avvocati viene ad essere imputato di essere contrari alle liberalizzazioni. Ma v’è da chiedersi chi si sia effettivamente avvantaggiato dall’abolizione dei minimi tariffari prima e dall’abrogazione della tariffa professionale oggi. La capacità di negoziazione delle Banche, Assicurazioni, Enti e grandi società è totale mentre una tale capacità è del tutto assente nel cittadino. Il cliente non si reca dal professionista perché costa di meno, ma affida a questi le proprie vicende se questi è preparato ed ha la capacità di supportarlo nel contenzioso. Sicuramente, come in tutte le categorie professionali, vi possono essere dei comportamenti che devono essere stigmatizzati ed adeguatamente censurati, ma ipotizzare che il riferimento sia il mondo anglosassone che, al più, pascolava le pecore quando a Roma si promulgava la Lex cincia de donis et muneribus, che precludeva all’avvocato di sottoscrivere il patto di quota lite con il proprio cliente, per l’assunzione di qualunque progetto di modifica dell’attuale e pessima situazione del mondo della giustizia non appare convincente.

  5. Avv. Saro Cucinotta

    L’assoluta mancanza di ogni oggettivo riscontro di ordine statistico, girusprudenziale etc., in ordine alle affermazioni sulla scarsa deontologia degli Avvocati esperti in diritto di famiglia, depone per l’assoluta arbitrarietà ‘ delle stesse. Mi meraviglio del fatto che La Voce abbia dato spazio ad illazioni indimostrate e, percio’ prive di ogni requisito di attendibilità’ e di scientificita’. Un dubbio, da Avvocato: normalmente tanto ingiustificato livore e’ giustificato solo dal fatto che uno sia stato “strapazzato dal legale dell’ex coniuge. Gradiremmo essere smentiti.

  6. Francesco

    Causa che pende causa che rende…. Ci sono avvocati che si definiscono matriomonialisti che oltre a dividere la coppia dividono anche i figli offrendo il patrocinio gratuito lo stato contro la famiglia. La ex moglie tramite il suo legale coinvolgendo anche i figli minori facendogli firmare falsi foglie mi hya scaraventato tutto il C.P. volete sapere cone è andata a finire. Che dopo due CTU io sono rientrato a casa per accudire i figli e la moglie fuori di casa, per colpa di questo legale disonesto. C’è ne sono tanti che vengono poi avallati dalla casta dell’Ordine degli avvocati che avallano i patrocini gratuiti a persone che hanno bisogno prima di un aiuto medico. Io vorrei denunciare queste cose….. nonchè il legale ed alcune organizzazioni onlus che fomentato contro la famiglia. Perchè devono essere gli ordini degli avvocati nel concedere il nulla osta del patrocinio gratuito e non un addetto neutro del Tribunale o altra persona. Ripeto il Diritto contro la famiglia: questa è verita non uno sfogo.Saluti

  7. antonio dp

    Quante e quali responsabilità, attive e passive, ha dello stato attuale il “libero” foro? quanto hanno contribuito ad esso e quale contributo possono apportare al mutamento dello stesso le professioni in generale? quanto sono libere, autonome e indipendenti? quale moralità hanno? quale il loro ruolo a servizio dei diritti dei cittadini? sono imprese? quale il loro potenziale conflitto d’interesse strutturale? gli ordini sono retaggi feudali e corporativi che ripartiscono incarichi tra pochi e concorrono ad una consorteria apicale esclusiva con politici, imprenditori, burocrati e professori universitari per la realizzazione di disegni non trasparenti? la dignità intellettuale individuale che dovrebbe connaturare il libero professionista , come nei tempi passati, anche a costo del proprio più immediato tornaconto, ha uno spazio garantito di democrazia economica?le donne e i giovani quali spazi hanno e a quali costi? è ipotizzabile uno statuto comune delle professioni servizio pubblico fondato su autonomia oltre gli ordini?

  8. Umberto Fantigrossi

    Quando il controllo deontologico non basta non sarà certo l’intervento di una pubblica amministrazione, qual’e l’Antitrust, a risolvere il problema. Bisogna rafforzare la posizione del cliente ed eventualmente prevedere che nei procedimenti disciplinari la competenza non sia dell’ordine provinciale di appartenenza.

  9. Alessandro Cortesi

    Articolo interessante ed in larga parte condivisibile. Da avvocato vorrei tuttavia contribuire alla riflessione. La domanda indotta deriva anche dalla diffusione di cultura circa i propri diriitti spesso ignorati. Si tratta di una funzione sociale fondamentale. Quanto poi alle prove false e alle denunce fasulle non pensate che i clienti raccontino agli avvocati sempre la verità. Di fronte ad una notizia di reato che proviene dal cliente (di minacce, violenze subite ad es.) senza prove immediate suggerite di rimanere in silenzio? Spetta al giudice che ne ha i poteri fare gli accertamenti e perseguire i reati (comprese le truffe giudiziarie commesse in concorso anche dagli avvocati).

  10. Andrea Colletti

    Se bastassero i codici etici o deontologici non vi sarebbero neanche più i tribunali. ma fare di tutta l’erba un fascio significa fare del puro qualunquismo perdendo ogni velleità di ricerca simil-scientifica.

  11. SAVINO

    E’ proprio così: ci sono tante cause perchè tanti legali ci marciano su. Soprattutto tra i legali divenuti tali con il vecchio ordinamento il malcostume è assai diffuso. L’Ordine bisognerebbe semplicemente abolirlo e occorrerebbe dare maggiore spazio ai giovani che vogliono intraprendere questa professione in maniera seria, attraverso l’unico approccio possibile, quello dell’approfondimento sui libri e sui codici (antitetico alle scorciatoie per cui i clienti vengono spinti ad adire i Tribunali) e dell’uso corretto(antitetico all’abuso) del diritto. Altri approcci non sono da avvocati ma da azzeccacarbugli.

  12. Domenico santoro

    Uscendo dallo studio di uno dei piu gettonati matrimonialisti della mia cittá a cui mi ero rivolto per una separazione, dopo avermi detto che gli dispiaceva ma aveva giá accettato l’incarico dalla mia ex ha aggiunto testuali parole: cerchi di non prenderla troppo sul personale, noi siamo solo mercenari, facciamo quello che il cliente ci chiede. Peccato che qui si tratta della vita delle persone e di bambini innocenti. Complimenti all’avvocato che ha manifestato il solito disprezzo verso le persone utilizzando la bellissima parola “strapazzato” come a dire che è solo un gioco per lui tutto il dolore e la sofferenza indicibile che si prova durante una causa di separazione. Bravo avvocato. Poi lamentatevi pure della pessima opinione che le persone hanno di voi. Complimenti agli autori che hanno avuto il coraggio di dire quello che tutti sanno e nessuno ha il coraggio di affrontare.

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