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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Molti tra i commenti lasciati dai lettori di lavoce.info all’articolo “Le sofferenze delle banche. E quelle delle imprese” hanno un filo comune quindi preferisco rispondere cumulativamente piuttosto che singolarmente. Alcuni lettori hanno evidenziato come il comportamento delle banche sia ragionevole, o comunque giustificabile dal contesto economico. Altri hanno invece posto in evidenza come nella fase più recente alcuni banchieri abbiano di fatto trascurato il loro importante ruolo di selezione degli imprenditori, e delle imprese, degni di finanziamento.
I dati a disposizione sulle sofferenze, e quelli sull’andamento dei finanziamenti che saranno presentati in un prossimo mio articolo in via di pubblicazione su lavoce.info, evidenziano, a mio avviso, come la seconda tesi sia la più plausibile. La crescita dell’incidenza del rapporto tra sofferenze su impieghi è infatti dovuta più alla flessione del denominatore, piuttosto che a quella del numeratore. Le indagini campionarie condotte presso le imprese, soprattutto di minore dimensione, pongono inoltre in evidenza come sempre più imprese si vedano rifiutare del tutto o in parte le richieste di finanziamento. Gli ultimi dati indicano che più della metà delle PMI italiane ha subito un razionamento del credito. Ciò indica che alle tensioni sul rischio di credito le banche hanno reagito restringendo i finanziamenti. E’ questo un comportamento stupido o masochista privo di qualsiasi logica? In realtà, purtroppo, la logica c’è ed è, come spesso accade in ambito finanziario, esclusivamente di breve periodo. Per rimettere in sesto i conti economici molti istituti di credito, infatti, stanno preferendo la strada della finanza piuttosto che quella del credito. E’ paradossale che dopo essere stato posto in evidenza, da molteplici commentatori, che il nostro sistema bancario è uscito “incolume” dal crollo della finanza internazionale, dopo il default Lehman, grazie al fatto di aver “giocato” poco con i titoli finanziari, adesso invece la strategia dei banchieri nostrani sia proprio quella di speculare sui titoli di Stato italiani. La liquidità offerta dalla Bce, ad un tasso dell’1%, è servita soprattutto per acquistare titoli di Stato che offrono rendimenti ben più alti (si veda Dove va la liquidità delle banche italiane? e Quando i titoli zavorrano le banche). Quindi piuttosto che finanziare le imprese, correndo il rischio di selezionare quelle destinate inesorabilmente al fallimento, i banchieri preferiscono non correre alcun pericolo nel breve termine e investire nei titoli di Stato. Ovviamente questa strategia è miope e nel medio-lungo termine può portare a risultati disastrosi, soprattutto se a seguito del razionamento del credito imprese solide, nel senso che possiedono alte capacità imprenditoriali e produttive e forti potenziali di crescita, siano eliminate dal mercato solo perché in questa fase di crisi della liquidità non sono riuscite a trovare sufficienti fonti di finanziamento.

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MAL DI CRISI

  1. andrea

    Sono curioso di vedere i dati del prossimo articolo sull’argomento, anche perchè vorrei capire in che senso(parlando del rapporto sofferenze/impieghi)è il denominatore a diminuire.Tutti i dati sulle concessioni di prestiti a MLTe affidamenti a BTevidenziano che c’è crescita nei volumi degli affidamenti,al limite è rallentato il passo della crescita.Sono invece aumentate le sofferenze,d’altronde capita sempre in situazioni di crisi di liquidità:lo schema è classico l’azienda incassa già a tempi biblici,ora incassa ancor più in là e chiede alla banche di allargare il fido in un contesto di difficoltà finanziaria e di rating che peggiorano,e quindi si va incontro ad una probabile delibera negativa e alla sofferenza.Non voglio giustificare ad occhi chiusi il sistema banche ma non mi sembra una cosa illogica che il risultato sia questo,ma non dipende dalla cattivera delle banche,bensì dalle condizioni di pagamento del sistema produttivo e commerciale che sono insostenibili per il piccolo imprenditore.L’esistenza di garanzie va bene per mitigare il rischio bancario, ma non per migliorare sensibilmente il rating che dipende da dati di bilancio,movimentazione dei conti e Centrale Rischi.

  2. andrea

    in più c’è da considerare che da un paio di anni si discute in europa sulla c.d. prociclicità dei rating(cioè che virano al meglio quando è tutto florido e viceversa se fuori piove).Se a questo aggiungiamo che gli accantonamenti a riserva obbligatoria (ben poco fruttifera) dipendono dal rating medio dell’attivo della banca affidante, allora si capisce perchè in momenti di crisi le banche rallentino il passo della crescita degli impieghi. A questo fatto bisogna aggiungere la particolarità della crisi attuale che ha comportato che i titoli di stato (ex free-risk) a bilancio delle banche siano decurtati nel proprio valore dalle decisioni dell’EBA, con la conseguenza che per far tornare in alto gli indici di core tier le banche muovano subito le leve a immediata disposizione: nella fattispecie i rubinetti del credito. Magari è una decisione che nel medio temrine si paga, ma se non lo fanno poi vengono criticate perchè non hanno abbastanza patrimonio di vigilanza. Per il resto sono d’accordissimo e sarei il primo a sottoscrivere la c.d. Volker Rule(impedire che le banche con i soldi depositati possano prendere posizioni in proprio).

  3. Vladimiro Nesi

    Spesso i giornali affrontendo temi di economia, sciolinano cifre, si soffermano su tecnicismi, dimenticando di dare delle spiegazioni base, senza le quali la maggior parte dei lettori si trova privo di strumenti per capire i problemi economici. Per esempio, qualcuno mi sa speigare: 1) in che modo il debito pubblico di un paese dell’euro mette in crisi l’unione monetaria? 2) l’esportazione di capitali è legale? perchè dallo sportello della mia banca posso investire in tutto il mondo, ma non posso portare una valigetta di contanti in Svizzera? 3) cosa sono di preciso le società off-shore? sono legali? e quando è che non lo sono?

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