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Il CREDITO SCOMPARSO

La stretta creditizia in Italia è confermata dai dati più recenti della Banca d’Italia. A marzo, i prestiti alle imprese non finanziarie sono rimasti fermi, in rallentamento quelli alle famiglie. Una situazione condivisa con altri paesi in difficoltà, mentre aziende e famiglie del Nord Europa non subiscono le stesse restrizioni. Il sistema bancario italiano dovrebbe prestare una maggiore attenzione all’economia reale. Per interrompere quel circolo vizioso che porta aziende solide, ma illiquide, al fallimento, con conseguente peggioramento delle sofferenze. 

La restrizione creditizia, ormai in atto da alcuni mesi in Italia, trova conferma nei dati più recenti messi a disposizione dalla Banca d’Italia. A marzo, i prestiti alle imprese non finanziarie sono rimasti fermi. Nel mese precedente erano, invece, cresciuti dello 0,9 per cento su base annua (+4,7 per cento nel marzo del 2011). Un rallentamento analogo si rileva anche con riferimento alle famiglie che, sempre a marzo, hanno visto aumentare i prestiti a loro destinati del 2,2 per cento, contro il 2,7 per cento di febbraio e il 5,1 per cento del marzo dello scorso anno.

PIGS ANCHE NEI FINANZIAMENTI

Inquadrando i dati italiani nel contesto europeo si vede chiaramente come ci sia un forte dualismo nell’erogazione del credito tra i paesi dell’area euro (cfr. grafico 1 e 2, rispettivamente per imprese e famiglie). Quelli dell’Europa del Nord, cioè Austria, Belgio, Germania, Finlandia, Francia e Olanda mostrano una dinamica dei finanziamenti bancari positiva sia verso le imprese sia verso le famiglie. Viceversa i paesi Pigs, cioè Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna mostrano una dinamica fortemente negativa in entrambi i casi. Da notare che l’Italia, fino alla metà del 2011, era al passo con le altre potenze del Nord Europa. L’andamento più recente indica invece che stiamo inesorabilmente retrocedendo nella “serie B” dell’area euro.

Grafico 1

Che le imprese italiane, soprattutto di piccole e medie dimensione, trovino difficoltà a reperire i finanziamenti bancari è evidenziato anche dall’indagine sull’accesso al credito condotta dalla Banca centrale europea e dalla Commissione europea (cfr. tabella 1). Dall’ultima indagine si rileva che sono state pari al 48 per cento in Italia le imprese di media e piccola dimensione che negli ultimi sei mesi hanno fatto una richiesta per un finanziamento bancario e che hanno visto accettato del tutto la loro domanda. La restante metà delle Pmi italiane si è invece vista rifiutare del tutto o in parte la richiesta di finanziamento. Molto meglio è andata alle Pmi francesi e tedesche la cui richiesta è stata accolta nell’80 per cento dei casi circa. Tra i principali paesi dell’area euro solo le Pmi spagnole versano in una situazione peggiore rispetto a quella italiana. Ancor più svantaggiate risultano essere, poi, le micro imprese italiane: solo nel 44 per cento dei casi hanno visto accolta la loro richiesta di finanziamento, contro il 61 per cento delle rivali tedesche e il 72 per cento di quelle francesi. Ancora una volta solo in Spagna si rileva un contesto meno favorevole.

Grafico 2

Anche il Fondo monetario internazionale ha recentemente posto in evidenza come l’Italia stia indirizzandosi verso una forte restrizione dell’offerta di credito (si veda il Global Financial Stability Report). Sulla base dei passati eventi di crisi finanziaria, infatti, il Fmi stima che il nostro mercato bancario dovrebbe registrare una contrazione del credito del 2,7 per cento entro la fine del 2013, contro l’1,7 per cento dell’intera area euro. Per Francia e Germania le simulazioni indicano, invece, una flessione rispettivamente dello 0,5 e 0,1 per cento.

ATTENZIONE ALL’ECONOMIA REALE

Tutte queste indicazioni dovrebbero indurre il sistema bancario italiano a prestare una maggiore attenzione verso il sostegno all’economia reale. Solo supportando finanziariamente le imprese domestiche, qualora queste abbiano progetti imprenditoriali validi, le banche possono interrompere quel circolo vizioso che porta aziende illiquide, ma solide, al fallimento, da cui consegue il peggioramento dei conti bancari stessi attraverso il canale delle sofferenze.
Una dimostrazione di buona volontà potrebbe essere offerta sbloccando il tavolo aperto tra Abi, governo e associazioni imprenditoriali sulle anticipazioni dei crediti vantati dalle imprese verso la pubblica amministrazione: tra i 60 e 100 miliardi di euro a seconda delle diverse stime. È infatti paradossale che gli stessi istituti di credito che ritengono altamente affidabile lo Stato italiano, tanto da ingrossare i propri bilanci di Bot e Btp, siano estremamente guardinghi nel caso in cui debbano scontare i crediti vantati dalle imprese verso la Pa, tanto da rifiutare la cosiddetta opzione pro-soluto che libera le imprese da ogni eventuale inadempienza da parte dello Stato.

Tabella 1

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12 commenti

  1. Piero

    Le banche è vero non prestano i soldi a nessuno, si deve eliminare la causa che ha prodotto tale situazione. La crisi di fiducia del debito statale ha provocato grosse minusvalenze nei bilanci bancari, si è ridotto il patrimonio netto e quindi la capacità di erogare credito, ma vi è di più, ha creato una sfiducia tra banche che ha bloccato il mercato interbancario, mercato necessario per raccogliere la liquidita’ necessaria alle banche per fare fronte ai loro impegni, la Bce è intervenuta con i prestiti all’1% ma non ha risolto il problema che ha causato la crisi, la soluzione viene data dal Prof. Tabellini nell’articolo del il sole 24 ore del 23 maggio ( politica monetaria espansiva della Bce con strumenti anticonvenzionali per fare ritornare la fiducia ai debiti governativi).

  2. Checco

    Perchè considerare le banche come soggetti virtuosi e docili strumenti della politica monetaria? Per capire la loro azione partiamo dal concetto ovvio ma scomodo che le banche sono soggetti privati che hanno come obiettivo principale, se non unico, il profitto per i propri soci, il che significa anche ridurre le potenziali perdite legata alla concessione di prestiti ad imprese in un periodo di crisi come questo. Logica l’equazione, paese in difficoltà = meno credito alle imprese. It’s the beloved market, baby…

  3. Adriana

    Le banche dovrebbero dare sostegno alle piccole imprese. Siamo sicuri che sia questa la loro volontà effettiva? Contrasta con quella manifesta. Siamo sicuri che non dare attenzione ecc ecc sia un difetto del sistema bancario e non una delle sue finalità?
    Per esempio, il credito viene ridotto drasticamente, nel caso di fusione di varie imprese in una: alla neoimpresa da fusione non viene erogato un credito pari o vicino alla somma di quelli erogati alle imprese precedenti la fusione.
    Se ci si attacca alla ragione formale che “ora” si tratta di “una” impresa..,allora non c’è nulla da capire se non la realtà dei fatti: l’uccisione dell’attività e la depressione artata di qualunque tentativo di ripresa. Certo ci saranno ragioni contabili, creditizie e statutarie…Allora è il sistema bancario a decidere, in primissima ed esclusiva istanza, chi debba vivere e chi no; e il tanto lodato “mercato” nulla conta, se una impresa, risultato o no di fusione, non viene neppur messa in condizione di affacciarsi sul “mercato” vero, quello dei potenziali acquirenti che, diventando o rimanendo acquirenti reali, sono i soli “abilitati” a decidere della vita di un prodotto e dell’azienda che lo produce.

  4. Massimo

    Le banche potrebbero concedere maggiore denaro alle imprese se magari centinaia di migliaia di evasori non avrebbe capitale all’estero.. nei paradisi fiscali… ma nel proprio paese.. a quel punto tutta la storia cambia..

  5. nello

    Il sistema Bancario Italiano è un enorme voragine dove si disperdono per interessi di settore enormi capitali sottratti allo sviluppo sociale e produttivo della nazione, va’ risanato e riqualificato tutto il settore che oltretutto oramai non ha piu’ riscontro dai propri clienti , anzi si nota oltre la crisi un minor uso del servizio bancario .

  6. Ivo

    Le banche, sono soggetti di mercato e non istituzionali, e la loro miope azione prociclica ha motivi molteplici ma tutti di mercato. 1) la fine della segregazione tra banche retail e banche di credito industriale che ha reso gli analisti industriali rari; 2) Basilea che, era noto dal 2004. ha un carattere prociclico; 3) Il modello italiano delle imprese povere e degli imprenditori “ricchi”: oggi con il mercato immobiliare crollato ed inliquido, il valore delle garanzie esterne scende, la LGD sale e le banche devono avere maggiori riserve togliendo ulteriore liquidità al mercato; 4) Le conseguenze di modelli comportamentali e organizzativi omogenei che vengono dalle grandi consulting firm (McKinsey in testa) che oggi dicono “dovete ridurre il rischio”; 5) la follia del missmatch tra fonti ed impieghi: le banche hanno concesso mutui ultradecennali a tassi risibili emettendo obbligazioni a breve/medio termine che oggi non sono in grado di rinnovare. L’azione della BCE se continua a passare senza regole per le banche non produrrà nulla. Quando il mercato fallisce, le istituzioni devono dettare regole nuove: Keynes docet dal ’29 ma non nell’Europa delle istituzioni delegittimate.

  7. filippo aleati

    Le banche vanno nazionalizzate (non tutte quelle che hanno in pancia maggiormente titoli dello stato italiano). Lo stato stampa moneta, Euro2 o EuroB, famiglie e imprese tornano a respirare, l’economia strozzata torna a espandersi e l’inflazione creata si mangia il debito. Siamo ancora un grande paese, facciamo da soli, gli investitori esteri che ci hanno abbandonato almeno cosi’ la smettono di speculare sui nostri titoli.

  8. Anonimo

    Le dinamiche delle concorrenze sono deterministiche se in base alle ragioni di bilancio e quindi delle ragioni di scambio evolute quale risultano essere attualmente i prezzi dei valori dei mercati finanziari. Dunque una politica monetaria dovrebbe essere adattiva rispetto alle preferenze implicite dei consumatori in base alle concorrenze in dinamica crescente con i valori di reddito monetario e quindi dei salari.

  9. Piero

    I soldi e banche non li prestano più, perché non li hanno nemmeno er loro, non vi è più la fiducia e Monti annuncia provvedimenti per dare ossigeno alle imprese, ma sono solo annunci, purtroppo, ancora oggi il ministero deve fare il decreto ministeriale er elevare la garanzia medio credito da 1500000 a 2500000 (ricordiamoci che la legge è di dicembre). Le imprese non possono sperare più nel governo, sono degli incapaci, vi ricordate la società a responsabilità limitata per gli under 35 al costo di 1 euro, tanto reclamizzata da Monti per liberalizzare, ad oggi manca il decreto che stabilisce lo statuto standard, qui di non si puo’ fare, come questa tante altre cose abbisognano di de reti attuativi, non penso che si debba trattare così l’Italia e gli italiani, in fin dei conti gli abbiamo regalato a carica di senatore a vita. Andiamo a votare presto per un nuovo governo.

  10. Samuele

    Sono solo un laureando triennale ma ho fatto la tesi in questi argomenti, dunque parlo conoscendo (almeno in parte) l’argomento. Le banche stanno stringendo il credito, ma è anche vero che, ad esempio, la qualità dei debitori sta peggiorando costantemente, cosa provata dalle sofferenze bancarie in costante aumento. Il credito non sta decrescendo in maniera uguale in tutta italia. le Macro regioni più virtuose (sud e isole), parlando in termini di minori sofferenze, sono quelle che hanno avuto maggiore crescita del credito… nord ovest e nord est, le peggiori, hanno avuto una crescita molto più limitata.

  11. nicola

    Un turista tedesco cerca una stanza sulle rive del lago di garda, trova una pensione e chiede di visionare la stanza per il suo gradimento lasciando alla reception una banconota da 200 € . Il gestore acconsente consegnando le chiavi lasciando che il turista salga al piano superiore dove sono allocate le stanze. A questo punto il gestore della pensione corre dall’impresa di pulizie per pagare il debito del mese precedente e consegna al titolare la banconota da 200 € Il titolare dell’impresa chiama la sua dipendente e consegna la banconota da 200 € per pagare la mensilità arretrata La dipendente corre all’alimentari sotto casa per pagare il debito della spesa del mese precedente consegnando la banconota da 200 € Il proprietario dell’alimentari chiama l’’’amica’’ e consegna la banconota da 200 € per le prestazioni ricevute. L’’’amica’’ corre alla pensione per saldare l’utilizzo della camera ad ore ma non trova nessuno, allora decide di lasciare sopra il tavolo la banconota da 200 € Scende il turista tedesco, prende la sua banconota e se ne va. Morale: tutti hanno pagato il proprio debito .

  12. andrea

    Il credito ha rallentato il passo: questa frase,magari meno enfatica di altre, è però la verità e i dati la confermano. Si può obiettare che un 50% di domande di fido non accolto o solo parzialmente mette in ginocchio un 10% di aziende, ma poi torniamo al punto. Va bene..quante ce ne sono? Per esperienza posso dire che quelle che hanno progetti validi(fra cui anche vendere all’estero)non hanno problemi di concessione del credito,il problema come ha anche detto giustamente ivo è la prociclicità dei parametri di basilea,il mismatch sbagliato da diverse banche soprattutto locali che oggi non riescono più a erogare a MLT per mancanza di liquidità,la cronica mancanza di patrimonializzazione delle nostre nano-imprese(problema che il Governatore Visco ha ben illustrato nell’ultima Considerazione finale). Infine non capisco perchè si obietti alle banche di non accettare il pro-soluto,quando questo significherebbe trasformare i crediti commerciali scaduti in finanziari e aumentare il nostro debito:è il Tesoro che nn lo vuole. Ma è l’idea dello sconto fatture che è da rivedere in toto

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