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MULTITASKING NELLA GIUSTIZIA

Fare troppe cose insieme non è produttivo. Anche per i giudici, che si trovano spesso ad affrontare contemporaneamente centinaia di cause. Una sperimentazione condotta presso la Corte di appello sezione lavoro di Roma mostra che se il magistrato si concentra su un numero molto minore di controversie si ottengono netti miglioramenti, con circa il 20 per cento in più di casi esauriti al mese rispetto ai collegi non sperimentali. È un risultato importante: per le aziende e i lavoratori significa una più veloce definizione dei procedimenti. E per lo Stato risparmi sui risarcimenti.

Capita a tutti di trovarsi a fare troppe cose assieme. Per esempio, sul lavoro siamo talvolta assillati da scadenze continue che richiedono attenzione e, di fatto, non ci consentono di concentrarci su un unico compito. Il fenomeno viene chiamato “multitasking.”

CONTRO IL MULTITASKING

A nessuno piace lavorare in condizioni simili, eppure il multitasking è diffusissimo. Per esempio, un sociologo che studia l’uso del tempo sul lavoro riporta che in un gruppo di programmatori di software da lui studiato: “una grande proporzione del tempo dedicato ininterrottamente a singole attività è costituito da intervalli di tempo molto brevi. Il 70 per cento degli intervalli di tempo dedicati ininterrottamente a singole attività è meno lungo di un’ora, e fra questi intervalli, il 60 per cento dura meno di mezz’ora”. (1)
Questa e altre ricerche mostrano che l’uso del tempo sul lavoro è molto frammentato. La frammentazione è ritenuta dannosa, tanto che esiste una letteratura di self-help dedicata proprio ad aiutare le persone a evitare il multitasking. Per esempio, il libro Una cosa per volta ci insegna che “l’abitudine di svolgere troppe cose per volta danneggia la produttività e i rapporti interpersonali, sul lavoro come a casa. Genera dei costi che paghiamo in termini di tempo, concentrazione ed efficienza”. (2)
Ma perché il saltare da un’attività all’altra riduce la produttività? In parte perché ci distrae e ci fa perdere il filo. Ma anche per un’altra ragione, completamente meccanica. Vediamola con un esempio.
Supponiamo che per finire il progetto A ci vogliano due giorni, e altri due giorni per finire il progetto B. Se io lavoro i primi due giorni sul progetto A e poi dopo mi dedico interamente al progetto B, finirò A al secondo giorno e B al quarto. È la maniera efficiente di procedere. Supponiamo invece che io lavori un giorno su A, poi un giorno su B, poi ritorni ad A e lo finisca e poi il quarto giorno finisco B. Quanto sono durati i due progetti? Adesso A ha impiegato 3 giorni e B quattro giorni come prima. Quindi, il multitasking ha rallentato A senza peraltro accelerare B.
L’esempio dimostra che il multitasking danneggia la produttività. Invero, con un attimo di riflessione vedrete che, se invece di alternare i giorni io avessi alternato i minuti, ambedue i progetti sarebbero finiti alla fine del quarto giorno. Pensate di essere un cliente del progetto A o del progetto B: preferireste che chi lavora ai due progetti proceda in modo sequenziale o parallelo? Se procede in modo sequenziale, avete la possibilità di finire prima senza rischio di finire dopo anche nel caso in cui voi foste il cliente del progetto il cui inizio viene posticipato. La risposta è quindi ovvia.

GIUDICI E CAUSE APERTE

In una sperimentazione tuttora in corso, con il supporto della Fondazione Giuseppe Pera e la collaborazione della Corte d’appello sezione lavoro di Roma, stiamo lavorando per applicare il principio del ”una cosa per volta” al metodo di lavoro dei giudici. (3)
Come tutti i lavoratori, anche i giudici possono cadere nella tentazione di gestire troppe cause assieme. Forse la tentazione è dovuta alla grandissima mole di lavoro – le cause pendenti sono quasi mille per giudice. Di queste mille, in media un giudice lavora contemporaneamente a 400 cause, ciascuna delle quali richiede svariate udienze per concludersi. In termini del nostro esempio, è come se il giudice facesse un’udienza per la causa A, poi passasse alla causa B, poi alla causa C, eccetera. La nostra raccomandazione, invece, è che il giudice si concentri su un numero molto minore di cause. Saranno comunque più di una alla volta, perché ci sono tempi morti dovuti ai rinvii necessari alle parti, magari un giudice potrebbe tenere aperti 100 casi, ma certo non i 400 attuali. Così facendo si dovrebbe ottenere una più rapida definizione dei procedimenti. Proprio come nel nostro esempio, dove il caso A viene definito prima se riceve un’attenzione ininterrotta.
Si dirà: ma cosa ne è dei restanti 300 casi? Secondo la nostra ricetta, li lasciamo chiusi fino a quando il giudice non ha definito i casi aperti in precedenza. (4) Così facendo, si noti, non danneggiamo i 300 casi “rinviati”: infatti, nell’esempio se il progetto B si apre solo al terzo giorno,  viene definito comunque al quarto giorno. In altri termini, posticipare la data di apertura del progetto B non pospone la sua data di completamento. (5)
I primi risultati della sperimentazione in Corte d’appello sembrano essere incoraggianti. La figura confronta il numero di casi esauriti per mese fra collegio sperimentale e non. Dopo l’inizio della sperimentazione (retta tratteggiata verticale), quando il collegio “sperimentale” di giudici del lavoro si concentra su pochi casi alla volta, la sua produttività (indicata dalla linea rossa) aumenta rispetto ai collegi non sperimentali (linea blu). L’incremento, che calcoliamo separatamente a parità di impegno del giudice (che noi misuriamo con il numero di casi trattati al mese), è pari al 20 per cento dei casi esauriti al mese. Il miglioramento ha luogo nonostante la presenza di un arretrato significativo (per il collegio sperimentale pari a quasi mille casi per giudice).

Il valore economico di un miglioramento del 20 per cento è difficile da quantificare precisamente, ma è indubbiamente importante. Per le aziende e i lavoratori significa una più veloce definizione dei procedimenti. Per lo Stato, significa risparmiare sugli ingenti risarcimenti che la legge Pinto prevede per le parti i cui processi si protraggono eccessivamente. Se ulteriori esperimenti confermeranno i nostri risultati, ci sembra che questo metodo di lavoro possa trovare ampia applicazione negli uffici giudiziari italiani.
Ridurre i tempi della giustizia italiana è importante. In uno Stato di diritto la giustizia deve essere rapida, o almeno non secolare. Gli operatori di giustizia, prima di ogni altro, sentono questa esigenza. La magistratura del lavoro di Roma infatti ha fatto un grande sforzo per mettere in piedi la sperimentazione. Insomma, al contrario di ciò che talvolta si legge o si sente, nella nostra esperienza abbiamo riscontrato che gli operatori di giustizia italiani sono in generale motivati, dediti alla ricerca dell’efficienza e aperti all’innovazione. Anche quando il miglioramento significa provare a fare “una cosa per volta”.

(1) Perlow, Leslie (1999) “The time famine: Toward a sociology of work time”. Administrative Science Quarterly, 44 (1), pp. 57—81.
(2)
Dave Crenshaw, ed. Sperling & Kupfer, 2009.
(3)
La Fondazione Giuseppe Pera ha sede a Lucca e si occupa di temi di diritto del lavoro.
(4)
Per essere precisi, raccomandiamo di fare immediatamente una prima udienza di “triage”, e poi di metterli in una pila di casi da riprendere progressivamente man mano che i casi precedenti vengono definiti.
(5)
Per dettagli matematici rimandiamo al nostro articolo “Time Allocation and Task Juggling” disponibile a http://nicolapersico.com/files/juggling.pdf

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  1. Vincesko

    Lo sosteneva già Adam Smith 250 anni fa (“La ricchezza delle Nazioni”) e chissà forse già Senofonte 2500 anni fa (“Economico”). Ps: Naturalmente, la prima misura da prendere è quella di riformare i codici, oltre a mettere il numero chiuso a Giurisprudenza.

  2. michele

    perchè non intodurre nelle cause civili e di lavoro, la possibilità per il giudice di conludere in tempi brevi il procedimento con un’ordinanza motivata, se il caso in esame è identico o molto simile a uno trattato con precedenti sentenze della Cassazione Lavoro a sezioni unite? il riferimento è alle sezioni unite, e non alle sentenze di una singola Corte di Appello, perchè solo queste perchè di fatto già sono una giurisprudenza costante della Cassazione, mentr eil precedente vincolante (o autovincolante per una singola Corte) non sono nè previsti nè di prassi in Italia. la Corte di Giustizia europea utilizza da anni questo strumento per affermare che le sentenze sono un precedente (non autovincolante per la Corte) cui i giudici comuni devono attenersi, e per filtrare un numero eccessivo di ricorsi che ne paralizzerebbe l’attività. come per la Corte UE, l’ordinanza non dovrebbe essere utilizzabile se il ricorso contiene riferimenti e citazioni della precedente giurisprudenza, e ne motiva le differenze, che quindi richiedono un esame nell’ambito di un procedimento dedicato.

  3. Marco S.

    Che una parte del drammatico calo di produttività del lavoro dell’ultimo decennio possa essere attribuita anche al multitasking, ed altre pratiche organizzative errate, è un’ipotesi interessante. E’ ovvio che i lavori non siano tutti eguali, ed anche che il multitasking può assumere “forme” differenti. Ad un estremo si può costringere un dipendente a svolgere molte piccole attività, ciascuna di per sè molto facile, impedendogli di elaborare / portare a compimento progetti più complessi, di una dimensione significativa, dotati di senso. In questo modo il dipendente può perdere la capacità di riconoscere le proprie capacità, despecializzarsi, e comunque perdere buona parte del proprio capitale umano. Queste dinamiche interessano ovviamente soprattutto i knowledge workers, cioè tutti coloro che lavorano con la conoscenza. E sono aggravate dalla burocratizzazione, largamente presente nel settore pubblico. Sopravvivere ad una mentalità improduttiva, meramente burocratica o meramente adempimentale è difficilissimo per chiunque abbia una istruzione elevata e non accetti di perdere ogni capacità acquisita con la propria istruzione e con la propria esperienza.

  4. New deal

    Qualcuno ancora si meraviglia del perchè il questo paese non c’è crescita, sviluppo, iniziativa imprenditoriale e investimenti esteri. Azienda italiana filiale di una multinazionale estera. Iniziamo una causa per il recupero di un credito commerciale di ben Euro 368.000 nell’aprile 2009 presso tribunale di Milano. Oggi mi viene comunicato che l’udienza prevista per domani è stata rimandata al Maggio 2013: dicasi 4 4 anni e siamo ancora al primo grado. Altre aziende nel frattempo per simili importi sarebbero già fallite. Questi sono i problemi della giustizia che trova il tempo di occuparsi di calciopoli….

  5. luca

    Perchè troppe cose? perchè sono pochi. e ogni anno che passa sono meno. la soluzione è semplice: aumentare la pianta organica. se tutti i tribunali hanno una carenza di personale decennale non sanata e che si aggrava di anno in anno, basterebbe semplicemente incrementarne il personale. ma da decenni lo stato dimezza i fondi per la giustizia. ora, la disoccupazione giovanile cresce. i concorsi non coprono neppure le uscite dalla pianta organica. a questo punto mi chiedo se invece che bandi da 300-400 posti all’anno, con stipendi da 3000 – 4000 euro, non sarebbe più intelligente dimezzare gli stipendi dei nuovi magistrati e raddoppiarne il numero. che senso ha avere per dire 5000 laureati in giurisprudenza a spasso, un vuoto organico da 5000 posti e bando per 250? meglio coprire tutto il vuoto organico e ridurre lo stipendio. si darebbe un lavoro ai giovani disoccupati, si colmerebbero i vuoti in organico. vittoria per tutti. ma è una mossa troppo intelligente perchè chi ci governa possa farla propria.

  6. Alessandro

    Condivido (da addetto ai lavori) l’idea che affrontando una causa alla volta alcuni giudizi potrebbero chiudersi nel giro di pochi giorni (a leggersi naturalmente le carte prima). Quelli più complessi potrebbero avere una organizzazione diversa. Però sulla giustizia bisogna investire: personale (giudicante e non) e informatizzazione vera prima di tutto. Poi, invece di inventarsi cose strane (vedi media-conciliazione) basterebbe prevedere la condanna alle spese per l’avvocato (oggi è prevista solo per le parti) per le cause manifestamente infondate, vedremmo il contenzioso calare drasticamente. Per il resto gli argomenti sono noti (inutilità, se non dannosità, dei giudici speciali: a che servono TAR, Giudice di pace, Commissioni tributarie, Tribunale delle acque ecc. se non a frammentare le risorse?), indiscriminato doppio grado di giurisdizione e carriera dei giudici non legata alla qualità del loro lavoro (purchè siano messi in condizione di fare un lavoro di qualità).

  7. Giancarlo Fichera

    Sono ingnere gestionale di professione e per capire perchè il mondo della giustizia in 60 anni non è ancora riuscito a trovare il sistema di accelerare i processi civili, mi sto laurendo a mia volta in giurisprudenza. Avviso i signori giuristi che con la loro attuale mentalità non riusciranno mai a fare progressi: c’era bisogno di questo studio sul multitasking per capire che è proprio così, cioè che bisogna concentrarsi su poche cause alla volta per riuscire ad accelerare tutta il resto della catena in coda? bastava chiedere a qualsiasi caporeparto di produzione di un’azienda! metalmeccanica! E’ incredibile come nel mondo del diritto manchino i più semplici concetti relativi ai processi di produzione!

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