L’Indiana ha approvato una legge statale che, in nome della libertà religiosa, legittima comportamenti discriminatori nei confronti dei gay. Perché possono invocarla le organizzazioni religiose, ma anche ospedali o ristoranti. Le polemiche e un boicottaggio hanno poi portato a una sua revisione.
Libertà o uguaglianza?
Interrogandosi sul ruolo della libertà in una società a cui sta a cuore l’uguaglianza, il filosofo e giurista Ronald Dworkin proponeva di fondere i due concetti, anziché contrapporli, perché “la libertà è essenziale in qualsiasi processo che miri a definire e assicurare l’uguaglianza”. Se proprio vogliamo contrapporre la libertà all’uguaglianza, continuava Dworkin, dobbiamo ammettere che “ogni genuina lotta tra libertà e uguaglianza è una lotta dove a perdere è la libertà”.
Scritte oltre vent’anni fa, queste parole sono oggi attuali in relazione ad alcuni progetti di legge americani che, difendendo formalmente la libertà religiosa individuale, nella sostanza legittimano comportamenti discriminatori nei confronti delle persone omosessuali.
Una legge controversa
Il Religious freedom restoration act (Rfra) dello stato dell’Indiana, approvato il 24 marzo 2015, è una legge estremamente controversa, che può considerarsi una risposta conservatrice alle decisioni giurisprudenziali che hanno consentito “same-sex marriages”, i matrimoni tra persone delle stesso sesso. Assicura infatti a ogni “persona” il diritto di reclamare l’esercizio della libertà religiosa ogniqualvolta una norma le imponga, o sia idonea a imporle, “un onere sostanziale» che interferisce con il suo credo religioso. Questo diritto può essere fatto valere di fronte a una corte, con tanto di richiesta di ingiunzioni e danni, nonché del rimborso delle spese processuali.
I promotori l’hanno giustificata come una mera riproduzione del Religious freedom restoration act federale, approvato dal Congresso nel 1993 per proteggere le minoranze e gli individui da indebite interferenze da parte delle agenzie federali, ma è un’interpretazione poco plausibile. Come chiarito anche dall’amministrazione Obama, la legge dell’Indiana è molto più ampia: se ne possono avvalere non solo le organizzazioni di ispirazione confessionale, ma altresì le società, quotate e non, le associazioni e gli enti di ogni tipo. Inoltre, nel caso delle altre leggi statali ispirate alla disciplina federale, una ventina, il processo non può svolgersi senza la presenza del governo, e dunque limitatamente a parti private, come prevede invece il Rfra dell’Indiana.
I detrattori del Rfra ritengono invece che legittimi forme di discriminazione o segregazione nei confronti delle persone omosessuali, giustificando in pratica qualsivoglia rifiuto di effettuare prestazioni nei confronti di clienti perché di un particolare orientamento sessuale. L’ambito di applicazione della legge è in effetti potenzialmente illimitato: ospedali, aziende di trasporti, condomini e così via. Ne è una conferma il fatto che, alla notizia della promulgazione della legge da parte del governatore Mike Pence, diversi esercizi commerciali, in particolare ristoranti, hanno subito annunciato di non voler fornire i propri prodotti e servizi nel contesto di nozze gay, che nello stato sono legali grazie a una sentenza del 2014.
Già in fase di approvazione, il testo di legge era stato duramente criticato sotto il profilo tecnico. Una lettera aperta di alcuni professori di diritto di varie università americane ha messo in luce il rischio che il Rfra “espanda i diritti di libertà religiosa fino al punto da scomporre l’armonica sinfonia che lega la libertà religiosa agli altri diritti garantiti dalle leggi e dalla costituzione dell’Indiana”. La legge consentirebbe ad “attori privati quali datori di lavoro, proprietari di immobili, piccoli imprenditori o società di capitali di prendere la legge nelle loro mani e agire in modo da violare norme generalmente applicabili adducendo una giustificazione religiosa”.
Già firmato un intervento correttivo
La legge è stata accolta non solo con polemiche e contestazioni, ma anche con un boicottaggio: diverse società hanno deciso di non investire in Indiana, cantanti e attori si sono rifiutati di esibirsi nello stato e alcuni sindaci di altri stati hanno negato l’autorizzazione a utilizzare fondi pubblici per viaggi di funzionari in Indiana. Di fronte a tutto ciò il governatore Pence, che si era dichiarato ignaro delle reali implicazioni del Rfra, ha imposto una riforma drastica. Un addendum approvato in tutta fretta all’inizio di aprile prevede infatti che il Rfra non può “autorizzare a rifiutare di offrire o prestare un servizio (…) a favore del pubblico sulla base di razza, colore, religione, discendenza, età, origine nazionale, disabilità, sesso, orientamento sessuale, identità di genere (…)”, ad esclusione delle chiese e di alcune associazioni senza scopo di lucro.
Sembra dunque che sull’affermazione di una libertà assoluta sia alla fine prevalsa l’esigenza di garantire l’uguaglianza, o quantomeno la pacifica convivenza tra cittadini. Le convinzioni religiose sono infatti tanto diverse e particolari che non è mai possibile prevedere quali forme di obiezione (e di lesione) dei diritti altrui il Rfra avrebbe finito per legittimare. Non solo. Quando si sceglie di esercitare un’attività d’impresa nei confronti del pubblico in generale, si accettano inevitabilmente limiti alla propria libertà di coscienza e di fede, altrimenti si finisce per imporre le proprie convinzioni religiose anche agli altri, attraverso la negazione di servizi che nulla hanno a che fare con la coscienza e con la fede. Leggi come il Rfra non rafforzano né difendono le convinzioni religiose individuali, ma finiscono per renderle odiose.
Dworkin aveva ragione: libertà e uguaglianza non si scontrano, si incontrano. E la vicenda dell’Indiana ne è la prova.
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Maria Rosaria Di Pietrantonio
Inevitabilmente il pensiero si rivolge ad un paragone con il nostro paese, e noi in Italia? siamo lontani anzi lontanissimi, non riesco nemmeno ad immaginare un matrimonio tra gay maschi o femmine in un ristorante qualsiasi italiano, a meno che gli o le spose lo facessero facendo finta di essere “altro” che sposi omosessuali, tipo amici etc…da noi prevale la solita ipocrisia e di leggi o libertà religiose o uguaglianze neanche a parlarne, o meglio , se ne può pure parlare, ma i fatti sono un’altra cosa proprio, confesso che le invidio parecchie queste discussioni e leggi americane, pur essendo etero ovviamente…comunque almeno non vengono arrestati o uccisi come avviene in certi altri paesi, è pur sempre qualcosa!
Fabio Checchi
Si continua a far finta di non capire. Ci si rifiuta di andare alla radice della questione. Finchè, indipendentemente dalle proprie tendenze sessuali, si continua a considerare l’unione tra due omosessuali come matrimonio, cosa che non è naturalmente ne’ intrinsecamente, perchè non è un unione potenzialmente feconda (perchè, per chi fa finta di non capire, naturalmente due persone dello stesso sesso non possono avere una discendenza), si continua a fare confusione tra parole abusatissime come discriminazione, uguaglianza e libertà. Non ci può essere uguaglianza tra due stati diversi e non è discriminazione dunque trattare due stati sociali in maniera diversa. Se lo Stato Civile come noi lo conosciamo e lo accettiamo non ha al suo interno delle norme che favoriscano la prosecuzione della società nel tempo, non è uno Stato legittimamente valido e, a mio modesto avviso, deve essere cambiato. Questo può significare che lo Stato in questione emani leggi che favoriscano la riproduzione della specie in modo naturale, favorendo le unioni matrimoniali che naturalmente contribuiscono a ciò: questa NON è discriminazione verso altre tipologie di unione, quale ad esempio quella mia con il mio cane, che amo alla follia, che riempio di amore ogni giorno molto meglio di tanti genitori disgraziati che fanno figli e poi li abbandonano etc.etc. Oppure, chi non è d’accordo, deve ammettere che la mia unione con il mio cane è matrimonio, tanto come quello di due omosessuali …
Maria Rosaria Di Pietrantonio
tutto ciò che odio dell’Italia è racchiusa nella risposta del signor Cecchi, si fa finta di non capire che ci sono gli omosessuali che non sono cani (io comunque amo molto il mio cane e mai amerei Cecchi) e che si possono tranquillamente sposare per ovvie ragioni , non cosi il mio cane, questa non è solo discriminazione è Italia-Pensiero su questioni di libertà indivuduali e diritti civili, grazie Cecchi per ricordarci perchè il nostro paese è cosi , cioè cosi oscuro e pieno di ombre malefiche e puzzolenti
Marco Ventoruzzo
Sostenere, come Fabio Checchi, che sia legittimo trattare diversamente due unioni in ragione del fatto che esse possano procreare o meno è assurdo, pericoloso e rivoltante. Cosa dire allora di coppie eterosessuali che non possono o non vogliono avere figli? Vietiamo loro di sposarsi per favorire la riproduzione della specie? Il fascismo e altri regimi dittatoriali e totalitari sono noti per politiche di differenziazione sulla base delle scelte e delle possibilità riproduttive. In ogni caso, in pressoché tutti i sistemi giuridici, esistono agevolazioni, sotto forma di deduzioni fiscali e simili, per chi ha figli. Il punto qui è un altro: garantire uguale trattamento a due persone indipendentemente dall’orientamento sessuale, un elementare principio di civiltà. E con tutta la simpatia per i cani, evitiamo paragoni inaccettabili: assimilare il rapporto tra due esseri umani con quello con un animale da compagnia, in questo contesto, è semplicemente sciocco e offensivo.
Fabio Checchi
Caro sig. Ventoruzzo, perchè non è leggittimo trattare diversamente due stati, se sono intrinsicamente diversi ? Non è assurdo, nè pericoloso, nè tanto meno rivoltante, visto che l’umanità lo sta facendo da migliaia di anni: il diritto romano che noi continuiamo ad utilizzare sotto sotto nella nostra legislazione ha dimostrato di funzionare molto bene in questi secoli distinguendo molto bene i diritti/doveri dei diversi stati e quindi la invito ad usare le parole in maniera più appropriata e opportuna. I regimi dittatoriali in questi anni, a differenza del passato, stanno cercando normalmente di limitare le nascite (vedi politica del figlio unico in Cina). Il punto, non sono d’accordo con lei, NON è garantire uguale trattamento a due persone: se la questione fosse solo così, perché limitarci a due persone e non a tre o a quattro? lo stabilisce lei che il rapporto ideale è solo di due persone e non magari di tre o quattro? E’ lei che stabilisce qual’è l’unione giusta da normare se l’orientamento sessuale non c’entra ? Perchè due fratelli che vivono assieme non devono veder riconosciuta dalla legge la loro unione? o due sorelle? O al limite io e il mio cane che è più di una persona per me? Quello che intuisco è che lei non ha nessuna conoscenza di cosa la legge serva e cosa siano gli ambiti propri della legge stessa. Non è sciocco e offensivo chiedere alla legge di normare solo ciò che potenzialmente garantisce la continuità della specie.
Marco Ventoruzzo
Gentile Signor Checchi,
La ringrazio delle Sue osservazioni, dell’attenzione alle mie, e del tono costruttivo del Suo intervento. Un dialogo civile su questi temi è importante. Non sono del tutto estraneo al diritto, e offro qualche ulteriore considerazione. L’argomento che nella storia del diritto vi sono state differenze basate sullo status delle persone, non è convincente. I romani avevano anche la schiavitù; e i diritti di schiavi, cittadini, donne, membri della famiglia rispetto al pater familias erano molto diversi. E’ corretto? Dobbiamo reintrodurre la schiavitù? Forse l’umanità deve progredire facendo tesoro del passato, ma con passi avanti sul piano dell’uguaglianza. Naturalmente trovo la politica del figlio unico cinese molto discutibile, non tanto perché non favorisce la moltiplicazione degli esseri umani (uno dei problemi del Pianeta è la sovra-popolazione), ma perché offende la libertà individuale e ha effetti collaterali tragici. Quanto ad altre unioni, fratelli che vivono insieme possono accedere ad almeno alcuni benefici che sono negati a coppie dello stesso sesso, e comunque se non sono sufficienti si può discutere di ampliarli. Rispetto la Sua idea che occorra aiutare chi ha figli, e in parte la condivido: ad esempio con deduzioni fiscali o altri aiuti per sostenere famiglie numerose e non abbienti. Pur amando i cani, però, non condivido, e potrebbe offendere qualcuno, la sua analogia tra coppie gay e rapporto cane-padrone. Cordiali saluti.
pier luigi tossani
Quando, come in questo caso, l’attentato alla libertà religiosa viene fatto passare come lotta alla discriminazione. D’altronde, al di là delle questioni economiche trattate da lavoce.info, la prima battaglia oggi è ancora a monte della libertà religiosa e di coscienza. La battaglia è quella del totalitarismo omofilo sotto mentite spoglie democratiche, contro il diritto naturale. Quindi, contro la vita dell’uomo. Non per nulla, Dworkin era quello che diceva che il feto è uomo, ma non è persona. La partita si gioca su questo.
Hermes
Se l’uguaglianza in questione è quella sostanziale, è assolutamente vero che ogni lotta a suo favore è inevitabilmente una lotta contro la libertà. Infatti l’impossibilità del “rifiuto della prestazione”, a cui gli amanti dell’uguaglianza (sostanziale) aspirano, è la condizione essenziale dello schiavo, che non può rifiutare la prestazione perchè il padrone vi ha diritto. Particolarmente inquietante la conclusione, in cui si afferma che una mancata azione (la negazione di un servizio) sarebbe configurabile come imposizione dei propri valori, come se la sfera della libertà degli individui potesse estendersi al corpo e alla proprietà di altri individuo.
Marco Ventoruzzo
In questo pur apparentemente accattivante ragionamento vi è, a mio avviso, un vizio logico. La libertà di rifiutare una prestazione non è equiparabile alla scelta di negare un servizio solo ed esclusivamente a persone la cui religione, colore della pelle, o orientamento sessuale non sono graditi da chi offre il servizio. I ristoratori e gli albergatori che, nel Sud degli Stati Uniti, rifiutavano di servire i neri esercitavano una libertà che va tutelata, o operavano una discriminazione inaccettabile? La sistematica esclusione di alcune categorie da certi beni o servizi non è una scelta neutrale e priva di conseguenze, ma impone uno stigma sociale. I motivi non sono sempre irrilevanti per il diritto: un motivo illecito può incidere sulla legittimità o sul disvalore sociale di un’azione o di un’omissione.