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Una dose di razionalità sui vaccini

La prevenzione delle malattie attraverso i vaccini è una delle conquiste più importanti della sanità pubblica. Arriveranno presto sul mercato molti nuovi prodotti, alcuni davvero utili per la salute, altri meno. Su che basi decidere quali accettare? Ripercussioni sulle vaccinazioni tradizionali.

Tanti vaccini in arrivo
La prevenzione delle malattie attraverso gli interventi di vaccinazione è comunemente ritenuta una delle maggiori conquiste di sanità pubblica del XX secolo. Ogni anno, più di 100 milioni di bambini vengono vaccinati in tutto il mondo, permettendo di evitare circa 2,5 milioni di morti. I programmi vaccinali hanno condotto all’eradicazione del vaiolo, alla quasi raggiunta eradicazione della polio, alla riduzione del 75 per cento delle morti causate da morbillo.
Tuttavia, stiamo assistendo a una nuova e profonda rivoluzione nel campo dell’offerta vaccinale che merita di essere attentamente considerata. Nel prossimo decennio un numero sempre più elevato di vaccini sarà immesso sul mercato. Circa 250-270 vaccini, contro malattie infettive e non di primaria importanza pubblica, si trovano, infatti, nelle diverse fasi dei trial clinici (es.: HIV, malaria, dengue, epatite C, Alzheimer, carcinoma pancreatico, cancro ovarico, melanoma). Alcuni avranno forse uno scarso impatto di salute pubblica, ma altri garantiranno la possibilità di combattere patologie molto importanti, rappresentando in alcuni casi una vera e propria svolta epocale nell’ambito della prevenzione.
I nuovi problemi
Questo porterà a una notevole pressione, da parte dei diversi portatori di interesse, delle aziende produttrici e degli stessi governi, per introdurli all’interno dei piani vaccinali nazionali e regionali, determinando un impatto economico e organizzativo sul sistema sanitario nazionale non ancora completamente prevedibile, costringendo probabilmente a rivedere gli attuali calendari di somministrazione.
La sfida maggiore all’interno di un processo decisionale di questo tipo sarà sicuramente rappresentata dalle difficoltà di modulare le ristrettezze economiche odierne e i costi dei programmi di salute con i reali bisogni della popolazione.
La produzione e la commercializzazione dei nuovi vaccini, infatti, anche in virtù delle nuove tecnologie utilizzate (per esempio, la reverse technology, metodica attraverso cui si sequenzia l’intero genoma del microrganismo per selezionare gli antigeni migliori da includere nel vaccino), avverrà con costi nettamente superiori rispetto a quelli dei vaccini precedenti. Questo avrà effetti rilevanti sulle politiche vaccinali, costringendo a scelte sempre più accurate ed efficaci, nonché a una più attenta valutazione delle priorità degli investimenti. I decisori politici saranno chiamati sempre più a comportamenti responsabili, attenti e trasparenti nelle modalità di spesa del denaro pubblico e allocazione delle risorse, considerando anche la possibile fattibilità e i vantaggi degli eventuali interventi alternativi (per esempio, quelli atti a ridurre la trasmissione dell’infezione).
I benefici e i rischi
I nuovi vaccini dovrebbero essere sottoposti a valutazioni di Health Technology Assessment in cui vengano considerate, secondo le raccomandazioni ufficiali dei maggiori organi competenti (quali l’Organizzazione mondiale della sanità), le condizioni epidemiologiche locali delle singole patologie, gli effetti diretti e indiretti dei programmi che si intendono introdurre, la loro costo-efficacia. È un percorso di valutazione che i vaccini già in uso non hanno mai subito e che apre notevoli problematiche decisionali relative a un piano vaccinale nazionale che declina gli obiettivi in base ai prodotti e non alle malattie da prevenire.
A tali considerazioni si devono aggiungere inevitabilmente le valutazioni di fattibilità. Il peso organizzativo conseguente all’introduzione di un numero sempre più elevato di sedute e iniezioni all’interno di un calendario, soprattutto quello infantile, già notevolmente affollato, rende difficile prevedere se i servizi vaccinali (già ridotti al minimo per personale e risorse economiche) saranno in grado di reggere l’aumento di carico. E c’è anche da chiedersi quali saranno gli effetti sull’adesione alle nuove offerte da parte della popolazione. È di fondamentale importanza considerare, oggi più che in passato, la continua e costante crescita dei movimenti antivaccinali e del fenomeno del rifiuto dei vaccini, che cominciano a interessare in maniera trasversale aree socio-economiche di popolazione diverse tra loro. L’elaborazione di una risposta da parte dei decisori e del Ssn dovrà necessariamente passare per un’analisi approfondita delle dimensioni, della natura e delle determinanti di tali fenomeni, estendendo l’impiego di “buone pratiche” allocative a tutti i livelli di intervento e promuovendo una maggiore comunicazione sia con i cittadini che tra i diversi soggetti del sistema sanitario a livello locale e nazionale.
Da non trascurare è anche la capacità delle singole entità locali di raggiungere coperture vaccinali elevate e costanti nel tempo, al fine di evitare possibili effetti negativi dei programmi introdotti, quali ad esempio lo spostamento della malattia verso età più avanzate con un aumento della mortalità o morbilità della stessa, pur con una riduzione del numero dei casi.
Efficacia reale, rischi e benefici dell’intervento, valori etici, aspetti di equità sono solo alcuni esempi dei molti fattori da considerare. In una fase di grave ristrettezza economica come quella attuale è necessario che le scelte di politica sanitaria, in particolar modo in un sistema sanitario nazionale universalistico, siano guidate da decisioni razionali, tali da garantire a tutti i cittadini gli interventi sanitari che hanno un buon rapporto rischio-beneficio.

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  1. Articolo che non capisco. Che entro i prossimi 10 anni si arrivi a un vaccino sulla malaria? Speriamo! Che molti vaccini siano indispensabili, non vedo chi possa sostenere il contrario. Che come ogni farmaco anche i vaccini possano produrre effetti secondari impratanti mi sembra scontato, e l’approccio non può che essere di costo efficacia o di costo beneficio. Che la recrudescenza delle malattie infettive sia un vincolo allo sviluppo mi sembra ragionevole anche se Acemoglu la pensa diversamente- Per ora viviamo in un mondo in cui “1,233 drugs licensed worldwide between 1975 and 1997, only 13 were for tropical diseases; of
    these 13, five came from veterinary research, two were modifications of existing medicines, and
    two were produced for the U.S. military—only four were developed by commercial pharmaceutical
    firms specifically for tropical diseases of humans”. I vaccini rappresentano un fallimento del mercato soprattutto nei PVS e quindi il problema è come asscurare un’efficiente ricerca in queste condizoni. Il rifiuto delle vaccinazioni primarie, non di quelle influenzali, è un fenomeno marginale, mentre per la febbre gialla che uccide 30.000 persone l’anno e ne infetta 500.000 esiste un efficace vaccino che costa un pugno di euro, ma che i PVS non possono pagare!.

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