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Il matrimonio è un diritto. Di tutti e di tutte

La Corte suprema degli Stati Uniti ha riconosciuto alle coppie gay e lesbiche il diritto di sposarsi in tutta la federazione. Perché il matrimonio è un diritto fondamentale dell’individuo e non è necessario un’azione legislativa per affermarlo. Il consolidamento dei rapporti familiari e con i figli.

Il matrimonio come diritto fondamentale
Nel loro recente libro Redeeming the Dream, i due super-avvocati David Boies e Theodore B. Olson (gli stessi che, per intenderci, avevano incrociato i fioretti nella celebre contesa giudiziaria all’esito incerto delle elezioni presidenziali del 2000) ricordano che i processi per il riconoscimento del diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso si muovono lungo tre constatazioni: che il matrimonio è un diritto fondamentale desumibile dalla Costituzione federale degli Stati Uniti (Due Process ed Equal Protection Clauses iscritte nel XIV Emendamento); che essere privati di tale diritto, come ordinariamente avviene per le coppie omosessuali, costituisce un danno non solo per queste coppie ma anche per i loro figli (le cosiddette famiglie omogenitoriali); che consentire a “ciascuno di sposare la persona che ama” non può danneggiare alcuno.
Letta attraverso queste ragioni, la sentenza resa dalla Corte suprema degli Stati Uniti il 26 giugno 2015 che ha riconosciuto alle coppie gay e lesbiche il diritto di sposarsi in tutta la federazione traccia un completo disegno della condizione giuridica delle persone omosessuali rispetto all’istituto del matrimonio, secondo uno schizzo già impresso nei repertori giudiziari. Al baricentro di questa ricca giurisprudenza risiede dunque la questione della necessità costituzionale del matrimonio same-sex alla luce del fatto inconfutabile che, come si legge nell’incipit della pronuncia, “la Costituzione promette a tutti libertà”.
La sentenza della Corte suprema
La Corte smonta pezzo per pezzo le più false convinzioni in materia.
Anzitutto, il matrimonio same-sex non snatura né distrugge l’istituto coniugale. È infatti un istituto millenario proprio per l’importanza che riveste per la società e fonde due persone in un’unione che costituisce molto di più della mera somma delle sue componenti. Estenderlo alle coppie gay e lesbiche vi aggiunge una dimensione nuova, e pertanto lo arricchisce. È proprio perché ne percepiscono l’importanza, l’unicità e la necessità al fine di consolidare i rapporti familiari e con i loro figli (alcuni ricorrenti rappresentano famiglie omogenitoriali) che dette coppie chiedono di potervi accedere: “il matrimonio”, si legge, “è l’unico percorso reale volto a questo profondo impegno”. Inoltre, “le radici antiche del matrimonio ne confermano la centralità, ma esso non può essere letto in isolamento rispetto agli sviluppi della legge e della società”. Non occorre infatti essere uno storico per ricordare quanto, nell’arco dei secoli, tale istituto sia mutato in forma e sostanza, secondo cambiamenti che l’hanno rinforzato, non indebolito.
Sono gli stessi cambiamenti cui assistiamo nel trattamento delle coppie gay e lesbiche, che solo di recente, dopo secoli di persecuzioni, hanno costruito un’identità che reclama pari dignità, una dignità che nella storia è sempre stata “in conflitto sia con la legge sia con convinzioni sociali diffuse”. Sebbene l’identità, ovverosia la costruzione della “comunità omosessuale” come vera e propria “razza”, sia tipica del contesto statunitense e, come scrive Giovanni Dall’Orto, risulti dunque difficilmente esportabile, tutti gli insegnamenti contenuti in questa sentenza sono preziosi anche per le (doverose) riflessioni da farsi a casa nostra.
In secondo luogo, il matrimonio determina il posto di ciascuno nella società. È una scelta che attiene all’autonomia individuale, e dunque alle dinamiche proprie dei diritti e delle libertà fondamentali e conferisce solidità e dignità alle famiglie che vi possono accedere, soprattutto riguardo ai figli. Le leggi che vietano il matrimonio same-sex “danneggiano e umiliano i bambini delle coppie dello stesso sesso”. Anzi, “danno” e “stigma” sono le parole che ricorrono più spesso nella sentenza. “Limitare il matrimonio alle coppie di sesso opposto può essere parso per lungo tempo naturale e giusto, ma la sua incompatibilità con il significato centrale del diritto fondamentale al matrimonio”, conclude la Corte, “risulta ora evidente”.
Infine, la Corte esclude che quello del matrimonio same-sex sia un tema talmente divisivo da richiedere necessariamente l’intervento del legislatore. Il dibattito esiste già, a ogni livello, e “gli individui non devono aspettare un’azione legislativa per affermare un proprio diritto fondamentale”. L’affermazione di un diritto fondamentale è infatti possibile “anche se il pubblico nel suo complesso non lo approva e anche se il legislatore si rifiuta di legiferare sul tema”. La posta in gioco qui, insomma, non è il rispetto delle regole della democrazia, ma piuttosto l’adempimento del dovere dell’autorità giudiziaria di offrire tutela a chiunque lo richieda.
Nel loro libro appassionato Boies e Olson ricordano, indossando le lenti di uno dei testimoni del processo californiano sulla Proposition 8, che “il matrimonio gay sarebbe una vittoria per le idee meritevoli di tolleranza e inclusione. Diminuirebbe il numero di coloro che, nella nostra società, tendono ad essere visti come ‘altri’ ed accrescerebbe il numero di coloro che invece sono accettati come parte di ‘noi’. A tale riguardo, il matrimonio gay sarebbe una vittoria per l’idea di America e una chiave per l’espansione di questa idea”.
È giunto il momento di togliere il condizionale a questa bella affermazione, e di sostituirlo con il tempo presente, un presente che ha il colore di un arcobaleno che si estende ormai su tutti gli Stati Uniti.

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  1. Marco Trento

    Il matrimonio non è affatto un diritto, e tanto meno un diritto umano. È solo un contratto fra individui da cui nascono, sì, diritti e doveri. Lo stabilisce la Corte di Cassazione italiana, qui : http://bit.ly/1egfQBN
    “Secondo la suprema corte, è legittima la mancata estensione del regime matrimoniale (nella specie, della possibilità di procedere alle pubblicazione di matrimonio) alle unioni omoaffettive in linea con quanto affermato dalla sentenza n. 138 del 2010 della Corte costituzionale, il cui approdo non può ritenersi superato dalle successive decisioni della Corte di Strasburgo, ancorché il sicuro rilievo costituzionale ex art. 2 Cost. di tali formazioni sociali presupponga – come anche ribadito nella successiva sentenza n. 170 del 2014 della Corte costituzionale – l’individuazione di adeguate forme di garanzia e di riconoscimento, la cui determinazione appartiene alla discrezionalità del legislatore.”
    Che dire? Che il diritto è anzitutto interpretazione e forse in America ormai la lobby gay è riuscita a fare passare l’ideologia gender. In Italia, per fortuna, non è così. Il matrimonio gay è da evitare: apre la porta alla poligamia (se due uomini possono sposarsi perché non tre donne e un uomo?), spiana la strada all’adozione dei figli da parte di coppie gay (un abominio) e incide negativamente sul bilancio dello Stato tramite le pensioni di reversibilità ingiustificate. Di fronte al calo demografico abbiamo bisogno di sostenere la famiglia naturale, non quella gay.

    • Alfredo Pisano

      Intanto, il calo demografico da lei temuto sarebbe auspicabile non foss’altro per sostenibilità futura del nostro pianeta. Quanto poi alle sue temute derive poligamiche come pure ai danni affettivi e psicologici cui andrebbero incontro i figli, sono tutte da dimostrare… In realtà, ritengo sia una questione di uguaglianza: al netto di pregiudizi, stereotipi e convinzioni religiose (tutti aspetti transitori che la storia provvede a mutare) attribuire a tutti pari opportunità (ha ragione, non diritto) la trovo la cosa più opportuna e naturale. E poi i giudici, anche se in numero esiguo come lei lamenta, sono lì apposta per far rispettare e interpretare leggi e principi fondamentali di una comunità. O lei preferisce che il tutto sia rimesso a politici (pochi pure quelli in fondo) che decidono spesso in base a motivazioni dettate da convenienza e opportunismo?

    • Giovanni Lisi

      Esatto. Ma cosa ancora più assurda riguarda il diritto alle adozioni delle coppie gay. Ma vi immaginate i traumi psicologici di un bambino con due padri (o due madri)? Vi immaginate a quanti scherni e derisioni un bambino che vive in una simile famiglia andrà incontro sin dalle scuole elementari? L’impatto piscologico negativo sarà gravissimo e influenzerà negativamente la psiche del bambino.
      Comunque più leggo la voce e più mi irrito. Dovrebbe esserci una pluralità di opinioni in questo giornale. Ma tutti (e dico tutti) gli autori di questo blog hanno sempre lo stesso pacchetto: palesemente di sinistra, pro-gay, pro-immigrazione, e pro-euro.
      E quando qualcuno scrive un commento educato di un opinione differente dal mainstream, che viene notato da molti, allora viene censurato. Alla faccia della democrazia che tanto palesate..

    • Alberto

      mi permetto; il matrimonio non è un contratto. Può essere un diritto qualora ci siano i presupposti stabiliti dalla legge. Il codice civile cita espressamente il termine marito e moglie nel definire i rapporti tra coniugi. Il fatto che l’articolo citi che in altri Stati (confederazione USA) è considerato come diritto fondamentale non è pertinente; qualora lo fosse, sarebbe legittimato ad accogliere da altri Stati sempre USA anche la pena capitale.

  2. La pronuncia della Corte Suprema è piuttosto un segno della preoccupante prevalenza del potere giudiziario su quello legislativo. Interpretando una carta scritta oltre 200 anni fa si è arrivati a delle conclusioni che certo i suoi autori non avevano in mente, calpestando la ricchezza del federalismo americano, che permette soluzioni diverse per ogni stato. Una cosa assai più vicina all’ossessivo centralismo brussellese, che all’esperienza USA. In Irlanda allo stesso risultato si è arrivati attraverso un libero e democratico referendum, e io vorrei vivere in un paese dove le decisioni le prendono tutti, e non solo nove giudici. Prima di plaudire alla vittoria dei diritti umani ricordiamo che la stessa Corte Suprema non si è mai opposta alla pena di morte. In USA è più facile sposarsi, ma anche morire sul patibolo.

  3. Si legga la dissenting opinion del giudice Roberts (pagg 25-26)
    “Those who founded our country would not recognize the
    majority’s conception of the judicial role. They after all
    risked their lives and fortunes for the precious right to
    govern themselves. They would never have imagined
    yielding that right on a question of social policy to unaccountable
    and unelected judges. And they certainly would
    not have been satisfied by a system empowering judges to
    override policy judgments The Court’s accumulation of power does not occur in a
    vacuum. It comes at the expense of the people.”

  4. Alessandro

    Scelte da referendum non certo da giudici o parlamento…. Un paese “Civile” per cambi del genere imporrebbe un referendum a quorum di almeno il 50% dell’elettorato. Non si può demandare la scelta a giudici, semplicemente perchè le leggi non ci sono sull’argomento ed estendere leggi pensate per tutt’altro ed in altro periodo dove nemmeno di pensava ai diritti degli omosex è scorretto moralmente!

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