I dati amministrativi e quelli Istat sulle forze di lavoro convergono nel segnalare la crescita delle posizioni di lavoro e degli occupati a tempo indeterminato. Ma non sono solo di trasformazioni o transizioni all’interno della medesima impresa. Importanza degli incentivi e analisi da completare.
Aumentano i posti di lavoro
Ormai si può considerare assodato per quest’anno l’effetto importante degli interventi di incentivo alle assunzioni a tempo indeterminato (decontribuzione più contratto a tutele crescenti). Il loro impatto era stato evidenziato nettamente dai dati amministrativi (ministero del Lavoro, Inps, SeCo-Statistiche e comunicazioni obbligatorie) già con riferimento al primo trimestre; ora, con la pubblicazione dei dati Istat-forze di lavoro sul secondo trimestre, se ne è avuta – se ce n’era bisogno – conferma. Come al solito, i dati statistici con il tempo concordano nel delineare le medesime tendenze, quando queste sono sufficientemente consolidate, anche se sono ricavati da fonti diverse, con tutte le divergenze che ciò comporta (in primis nella definizione stessa dell’oggetto di osservazione).
tabella definitiva
I dati ministero del Lavoro e Inps convergono  nell’indicazione di un forte incremento (attorno al 40 per cento), nei primi sette mesi del 2015, degli ingressi complessivi in posizioni a tempo indeterminato a seguito di assunzioni (all’incirca più di 300mila) o di trasformazioni (60-100mila) (tabella 1).
Poiché l’aumento delle cessazioni è stato modesto (20-50mila), ne consegue che l’incremento degli ingressi si è tradotto, quasi integralmente, in una corrispondente dinamica di miglioramento dello stock in essere di posizioni di lavoro a tempo indeterminato. Dunque, il risultato congiunturale ottenuto nel 2015 (fino a luglio) è una crescita di posti di lavoro a tempo indeterminato intorno alle 300mila unità.
Ancora: le medesime fonti – pur nella diversità rilevante del campo di osservazione – evidenziano che la dinamica delle posizioni a tempo determinato è risultata pressoché stabile quanto ai flussi di ingresso; l’incremento delle uscite (soprattutto delle trasformazioni verso l’indeterminato) ha però comportato un modesto saldo negativo.
In sostanza: all’incremento delle posizioni a tempo indeterminato si è affiancato un modestissimo ridimensionamento di quelle a tempo determinato. Secondo i dati Istat-forze di lavoro, su base annua, sono cresciuti sia gli occupati a tempo indeterminato che quelli a tempo determinato. Già sulla base di questi dati aggregati si evidenzia che il ritorno dei flussi a tempo indeterminato non è attribuibile solo a compensazioni tra posizioni a termine e posizioni a tempo indeterminato.
Il ruolo degli incentivi
Più analiticamente, occorre considerare la storia lavorativa pregressa dei lavoratori coinvolti (tabella 2) se vogliamo quantificare l’effettiva incidenza, sul totale degli ingressi in tempo indeterminato, delle trasformazioni e delle transizioni da tempo determinato a indeterminato.
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Un’analisi sui dati veneti evidenzia che rispetto al corrispondente semestre 2014:

  1. tra le assunzioni sono aumentate esclusivamente quelle con caratteristiche di eligibilità rispetto l’esonero contributivo (+ 25mila);
  2. tale incremento è così attribuibile: meno del 10 per cento è dovuto alle assunzioni di lavoratori senza precedenti lavorativi (+2mila); per il 40 per cento è dovuto alle transizioni all’interno della medesima impresa (soprattutto da contratto a termine a tempo indeterminato); per il restante 50 per cento è dovuto ad assunzioni, sul mercato esterno dell’impresa, di disoccupati o precari.
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Considerando anche le trasformazioni, che per definizione avvengono nella medesima impresa, si può calcolare che metà dell’incremento degli ingressi in posizioni di lavoro a tempo indeterminato è avvenuto per passaggi (trasformazioni o transizioni) all’interno della medesima impresa, mentre l’altra metà si è concretizzata con cambiamenti di condizione del lavoratore in seguito al cambiamento di impresa (dopo periodi più o meno lunghi di non occupazione) o all’esordio tra gli occupati.
La crescita dei rapporti a tempo indeterminato pone ancora altre rilevanti domande di ricerca, concernenti questioni quali:

  1. l’ineguale distribuzione territoriale: i dati Inps e i dati elaborati da varie regioni evidenziano una dinamica più elevata di crescita al Nord;
  2. l’incidenza delle transizioni o triangolazioni pilotate per beneficiare dell’esonero contributivo;
  3. le variazioni del tasso di sopravvivenza dei rapporti di lavoro (l’incentivo può far aumentare il tasso di sopravvivenza almeno fino al raggiungimento dei tre anni);
  4. il peso della decontribuzione rispetto al varo del contratto a tutele crescenti;
  5. le variazioni della quota di part time (l’incentivo può spostare l’interesse delle imprese verso il full time);
  6. la riduzione dell’intervallo tra assunzione a tempo determinato e trasformazione a tempo indeterminato.

È impensabile rispondere a queste domande senza una piena valorizzazione di tutte le fonti informative disponibili.
 
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