La legge di stabilità 2016 è espansiva, almeno rispetto a quanto previsto nel Def. Cercare di sostenere la fiducia quando la crescita è ancora debole va bene. Ma l’Italia può permetterselo visto lo stato delle finanze pubbliche? Lo spazio fiscale a cui rinunciamo ora, potremmo rimpiangerlo domani.
Riequilibrio rimandato al futuro
Il governo sta per completare il lavoro per la presentazione della legge di stabilità. I dettagli non sono ancora tutti definiti, anche perché manca un’opinione conclusiva della Commissione sull’utilizzo delle varie clausole di flessibilità che l’Italia vuole invocare per far quadrare i conti. Ma le linee generali sono chiare e coerenti con quanto anticipato dalla Nota di aggiornamento al Def di settembre 2015.
Con la legge di stabilità 2016, il governo intende posticipare il raggiungimento dell’equilibrio strutturale di bilancio dal 2017 al 2018 e aumentare il deficit corrente rispetto al suo andamento tendenziale (quello che incorpora le conseguenze della legislazione vigente tradotte in numeri dai tecnici della Ragioneria dello Stato), portandolo dall’1,4 al 2,2 per cento nel 2016 e dallo zero all’1,1 per cento nel 2017.
Il riequilibrio dei conti e il rispetto dei vari requisiti europei viene cioè rimandato al futuro, tra l’altro con ipotesi ottimistiche sull’andamento del Pil e dell’inflazione 2017-18. Nel complesso, dunque, una finanziaria espansiva, almeno rispetto al percorso preventivato anche solo nel Def 2015 di aprile.
Nei dettagli, si annunciano i primi tagli di tasse di un piano triennale: sulla casa di abitazione e forse sull’Ires. Nella cucina del provvedimento è anche in preparazione un ulteriore intervento sulle tasse sul lavoro che però avrà solo effetti contabili. Il bonus di 80 euro sarà cioè trasformato in una detrazione di imposta. Dal punto di vista pratico per i contribuenti cambia poco o nulla. Ma ciò che l’anno scorso a Bruxelles è stato classificato come un aumento di spesa pubblica sarà così trasformato in una vera riduzione di imposta, anche per i criteri contabili europei.
Sul fonte della spesa pubblica, i tagli conseguenti all’auspicata risurrezione della spending review di Carlo Cottarelli sarebbero ridotti di entità rispetto ai dieci miliardi preventivati in precedenza, o almeno rinviati. Rimandata al futuro sarebbe, in particolare, la riduzione delle detrazioni e deduzioni, la miriade di esenzioni che creano voragini nella raccolta delle imposte ma – come oggi il bonus da 80 euro – sono classificate come sussidi, cioè come spese. Siccome ridurle sarebbe percepito come un aumento di tassazione da chi non potrebbe più dedurre dalla sua dichiarazione gli interessi sui mutui o le spese sanitarie, queste voci rimangono intoccabili, nonostante siano spesso ingiustificabili, soprattutto nel caso degli aiuti alle imprese. E anche i tagli rimanenti sono “aperti a discussione” per stessa ammissione del presidente del Consiglio. Ad esempio, quando si parla di ridurre le risorse disponibili per la spesa sanitaria da 113 a 112 miliardi per il 2016, va inteso che il miliardo in meno rispetto a quanto preventivato dalla Conferenza Stato-regioni implica comunque un aumento di spesa rispetto al livello di 110 miliardi del 2015. In più, si annunciano spese maggiori su alcuni comparti come quello del rinnovo dei contratti di lavoro (300 milioni di euro) e investimenti pubblici soprattutto al Sud. Solo l’anticipo della pensioni pare per ora rimandato al prossimo anno.
Manovra di sapore elettorale
Che dire? Dalla sua il governo ha che il paese sta appena uscendo da una recessione durata molti anni e che ha distrutto lavori e competenze. Cercare di sostenere la fiducia in un momento ancora delicato, evitando di infierire ulteriormente sul lato della finanza pubblica, ha i suoi meriti. La ripresa è tutt’altro che robusta, non riusciremo ad arrivare all’1 per cento neanche quest’anno e lo supereremo di poco il prossimo. Mancano soprattutto gli investimenti, e tutto quello che si può fare per incentivarli è utile. Ma non si sfugge all’impressione di una manovra di segno elettorale.
Sapore elettorale ha la scelta di concentrare tutti gli sforzi nel 2016, rimandando potenziali interventi al 2017 e agli anni seguenti. E il fatto che nel 2016 dovrebbero arrivare a compimento tutti i passaggi necessari (riforma costituzionale, referendum confermativo, nuovo sistema elettorale) per andare a nuove elezioni rafforza i sospetti. Del resto, è significativo che il premier, contro i consigli di tutti i suoi consulenti economici, abbia deciso di cavalcare l’abolizione dell’imposta sulla prima casa, tradizionale argomento del centro-destra. E solo la tirannia dei numeri lo ha costretto (per ora) a rinunciare all’ipotesi dell’anticipo delle pensioni rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero, altro formidabile argomento delle opposizioni.
La fortuna aiuta gli audaci e quindi è possibile che il gioco del presidente del Consiglio abbia successo e che, una volta rieletto, con un parlamento meno ostile di quello attuale, riesca a far avanzare ulteriormente il paese sul piano della riforme. Il gioco è però rischioso. Non c’è dubbio che l’Europa abbia bisogno di una maggior spinta, anche di politica fiscale, per crescere, ma – ahimé – non è il nostro paese, con le finanze pubbliche che si ritrova, che può spingere la carretta. E mentre è importante che la domanda interna abbia ripreso a crescere nel 2015, è preoccupante che con essa a impennarsi siano state le importazioni più che il Pil, un segnale della ancora non insufficiente competitività del paese. Sul futuro si addensano poi nubi fosche (dal rallentamento degli emergenti alle politiche dei tassi americani) che potrebbero rendere davvero troppo ottimistiche le previsioni del governo.
Lo spazio fiscale a cui rinunciamo ora, potremmo rimpiangerlo in futuro.
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EzioP1
Il nesso logico con la campagna elettorale mi sembra molto lasco essendo le elezioni previste nel 2018. Pare piuttosto che il paese abbia bisogno di stimoli di ripresa individuabili oltre che negli investimenti pubblici e privati, anche nella possibilità di aumentare la propensione ai consumi e la fiducia nel futuro dei consumatori famiglie e imprese. Le azioni miranti a lasciare maggiore disponibilità economica a livello famiglia sembrano sostenere una maggiore capacità di spesa dei consumatori mentre la riduzione delle tasse alle imprese può essere loro di stimolo nell’espandere la loro attività. In sostanza, potrò sbagliarmi, ma le azioni sembrano consistenti anche se al prezzo di un maggiore indebitamento.
andrea del becero
la ripresa economica sembra proprio il famoso godot del teatro di Becket! non credo che il capitalismo così pensato sia ormai più riprendibile. cambiate le regole, almeno!
Enrico Motta
I politici devono scegliere tra due possibilità: 1) politiche espansive aumentando il deficit e rinviando il pareggio di bilancio, o 2) politiche di contenimento del deficit senza stroncare la ripresa. Ma anche gli economisti (non parlo di Daveri e Bordignon)dovrebbero schierarsi chiaramente, e in particolare non dire cose del tipo: rinviamo il contenimento del deficit a quando ci sarà una ripresa più forte. A parte il fatto che il deficit pubblico in Italia si è formato soprattutto in anni di crescita del PIL, e che il deficit è stato anzi il motore della crescita, scommetto che, una volta che ci fosse una crescita stabile e forte, gli economisti neokeynesiani direbbero che per mantenerla sarebbe un delitto fare una politica di controllo del deficit. Insomma, dite chiaramente se e quando è necessario raggiungere il pareggio di bilancio; su questo dovete schierarvi anche voi, non solo i politici.
Giovanni De Lorenzi
La legge di stabilità 2016, da quanto si è potuto apprendere, contiene importanti novità sul fronte della finanza locale. Sembra profilarsi l’eliminazione dell’IMU e della TASI senza peraltro precisare quale forma di “compensazione” otterranno gli enti locali (speriamo che non vengano premiati, come accaduto con l’abolizione dell’ICI sulla prima casa, quegli enti che hanno aumentato le proprie aliquote) . Ottima (se effettivamente posta in essere) l’eliminazione dei vincoli del patto di stabilità per il finanziamento di determinate e selezionate spese in conto capitale, a condizione che avvenga attraverso l’utilizzo di fondi già disponibili (l’avanzo di amministrazione degli enti locali è una risorsa molto consistente!).
Michele
Manovra tutta elettorale. Lo conferma anche l’annunciato incremento della soglia massima dei pagamenti in contanti a 3000€, supportata dalla ridicola teoria che sosterrebbe i consumi. Un peccato sprecare un altro anno di condizioni generali irripetibilmente favorevoli (tassi, qe, petrolio, cambio) senza fare nulla per attuare politiche di riqualicazione della spesa, lotta alla evadione fiscale e riduzione del debito/gdp
marcello
Se le previsioni sono così fosche avere una manovra restrittiva a che servirebbe? Meglio spendere al massimo consentito, visto che non si vuole usare Cassa Depositi e Prestiti come Kfw (75% degli investimenti in aziende private) e si preferisce che continui a detenere una liquidità superiore al 50%. Il moltiplicatore fiscale farà crescere il PIL e quindi le entrate, gli errori sulla sua rilevanza nel caso dell’austerità espansive sono ormai storia. Semmai si può discutere della sua composizione: si potevano tagliare le componenti di risultato degli stipendi dei dirigenti pubblici e degli enti locali uno scandalo che vale diverse centinaia di milioni. Si poteva fare un’azione selettiva sulla Tasi o introdurre una patrimoniale. Si poteva mandare a regime lo Zero Base Budgeting, tuttavia come suggeriscono in molti la spesa in deficit è necessaria, vista la sua natura anticiclica. perchè il problema è passare una notte che sembra non finire mai.
prome teo
Gli economisti vogliono nuotare senza bagnarsi; perciò discutono sempre sul bagnasciuga e non si muovono. Così dimenticano di farsi le domande serie:
1.Con una crescita di decimali dove andiamo a parare?
2. E senza una crescita seria come fa a calare il rapporto deficit-pil?
3. E come cavolo si fa partire la crescita seria, nelle condizioni date dell’Italia?
E’ incredibile lo stravolgimento logico della realtà! I politici-alla Renzi- si assumono la responsabilità delle loro scelte e decidono in tempo reale e vengono tacciati di elettoralismo (con elezioni al 2018!!!). Gli economisti giocano al cerchiobottismo, in attesa del ….vedere come va! A ognuno il suo gioco, ma almeno diamo merito a chi rischia di suo. Ma una draconiana spending rewiew aumenta, da subito, la crescita? Tutti sanno di no, ma giocano al furbismo. Altra cosa è una drastica riduzione degli sprechi, con la contrazione delle centrali di acquisto -e si è fatta-.L’eliminazione di un milione di dipendenti pubblici è il sogno di tutti i rigoristi; peccato manchino-e costino- le camere a gas! Per spostarli in settori carenti, si deve passare per la cruna dell’ago sindacale, lasciando, sempre furbescamente, al politico coraggioso il rospo degli scioperi. La politica è una cosa complessa, perciò gli economisti giocano a semplificarla.
marcello
Allora cominciamo a dire delle cose che hanno senso. Quanti sono i dipendenti pubblicic in paesi europei come il nostro, tipo UK e Francia? Rispettivamente oltre 5,5 milioni e oltre 5 milioni, in Italia sono 3,2 milioni. Riprendendo una rispcerca Eurispes 2014 si rileva che. “È significativo il dato della Svezia, dove la Pubblica amministrazione conta circa 135 impiegati ogni mille abitanti, in Germania invece si contano 54 impiegati ogni mille abitanti. Gli altri Paesi posti nelle posizioni intermedie sono la Spagna con 65 impiegati ogni mille abitanti, la Francia con 94 dipendenti ogni mille abitanti, l’Italia con 58 impiegati ogni mille abitanti e il Regno Unito con 92 dipendenti ogni mille abitanti”. Come segnalava il Ministro Barca, sotto un certo numero di dipendenti la macchina smette non di essere efficiente, ma persino di operare. Questo non toglie che siano possibili miglioramenti, a esempio se si abolisse quello scandalo della compenente di risultato dello stipenddio dei dirigenti pubblici che vale diverse centinaia di mln di euro e si usassero quei fondi x nuove assunzioni e sviluppo dell’IT forse le cose potrebebro migliorare. Invece si parla solo tagli.