In molti paesi a una forte diseguaglianza si accompagna l’ereditarietà nelle posizioni economiche e sociali. Perché le famiglie con reddito più alto investono di più nel capitale umano dei figli. E perché hanno connessioni sociali che permettono l’accesso a occupazioni e retribuzioni migliori.
La curva del grande Gatsby
Nel libro La grande fuga. Salute, ricchezza e le origini della disuguaglianza, il neo-premio Nobel Angus Deaton spiega che nonostante oggi la vita sia “meno dura di quanto sia forse mai stata nel corso della storia”, il mondo è sempre attraversato da “diseguaglianze straordinariamente profonde”.
Negli ultimi decenni, la diseguaglianza dei redditi è aumentata in gran parte dei paesi Ocse: dal 1985 al 2012, in Italia, l’indice di Gini (che la misura) è cresciuto da 0,31 a 0,33 (Rapporto Ocse 2015) e, nel 2009, l’1 per cento del segmento della popolazione italiana più ricca percepiva il 9,4 per cento del reddito.
La diseguaglianza negli esiti potrebbe essere giustificata in base a un concetto di equità come riconoscimento del merito: se la gara sociale non è truccata, la disparità nei premi può servire a incentivare gli individui a mettere pienamente a frutto i propri talenti. Più difficile, invece, giustificare la diseguaglianza nelle opportunità, che si manifesta quando le opportunità di benessere sociale e economico dipendono dalle condizioni di partenza, per cui i figli dei ricchi tendono a restare ricchi e quelli dei poveri a persistere in una condizione di disagio.
La distinzione è certo di grande importanza dal punto di vista teorico, ma sembra esserlo meno dal punto di vista pratico. Infatti, per molti paesi si riscontra una regolarità empirica, nota come curva del grande Gatsby, che associa a una maggiore disuguaglianza nella distribuzione del reddito una più alta probabilità che la posizione sociale in termini di reddito dei figli dipenda da quella dei genitori (elasticità intergenerazionale). Come si può vedere dalla figura, in Italia e Gran Bretagna, a una forte diseguaglianza si accompagna una forte ereditarietà nelle posizioni economiche e sociali. Situazione analoga si osserva negli Stati Uniti, che da terra delle opportunità rischiano di diventare la terra dell’immobilità.
Fonte da Corak (2013)
Ma perché paesi per altri aspetti molto simili – come Canada e Stati Uniti – occupano posizioni così diverse sulla curva del grande Gatsby? Cosa spiega la forte interdipendenza tra la posizione economica e sociale dei padri e quella dei figli?
Investimenti in capitale umano
Un importante meccanismo di trasmissione intergenerazionale è costituito dagli investimenti in capitale umano. Ad esempio, in Italia la probabilità di laurearsi è molto maggiore per coloro che hanno almeno uno dei due genitori laureati. Poiché il reddito dipende dal livello di istruzione acquisito, l’interdipendenza intergenerazionale nel livello di istruzione tende a creare anche interdipendenza nei redditi, come documentato da molte ricerche. Tuttavia, da alcuni studi recenti, che hanno cercato di stimare l’entità della trasmissione intergenerazionale al netto degli effetti dovuti all’istruzione, è emerso che in molti paesi, tra cui l’Italia e la Gran Bretagna, individui con lo stesso livello di istruzione, ma con background familiari diversi, guadagnano redditi molto diversi.
Ciò potrebbe essere causato dal fatto che il capitale umano, dal quale dipendono le retribuzioni, non coincide con il livello dell’istruzione e, dunque, potrebbero non essere pienamente colte le differenze di abilità tra gli individui. Famiglie più ricche iscrivono i figli in scuole e università di qualità migliore, li coinvolgono in attività formative extrascolastiche e permettono loro di confrontarsi con un ambiente più ricco di stimoli. Inoltre, il mercato del lavoro compensa non solo le abilità cognitive, ma anche le abilità non cognitive (come propensione al rischio, impazienza, abilità relazionali) che possono a loro volta dipendere dal background familiare.
Connessioni sociali
L’effetto diretto (cioè a parità di capitale umano) prodotto dall’ambiente familiare sul reddito dei figli potrebbe anche scaturire dalle connessioni sociali che permettono (sempre a parità di capitale umano) l’accesso a occupazioni e retribuzioni migliori. Non ci sono dati che permettano di distinguere in maniera rigorosa questo canale da quello che opera attraverso l’acquisizione di capitale umano. Tuttavia, qualche evidenza circa l’importanza assunta dalle connessioni sociali viene offerta in due studi (Franzini, Raitano e Vona (2013) e Raitano e Vona (2015)), che focalizzano l’attenzione su coloro che sperimentano una mobilità sociale verso il basso (svolgono lavori meno prestigiosi di quelli dei loro padri) e si confronta il loro reddito con quello percepito da individui che occupano la stessa posizione professionale, ma il cui background familiare è meno vantaggioso. I risultati mostrano che nel Regno Unito e nei paesi del Nord Europa non esiste nessuna differenza significativa, mentre in Italia vi è una sorta di paracadute che protegge nella discesa sociale coloro che provengono da un ambiente familiare vantaggioso. È facile che il paracadute sia il frutto di relazioni sociali, poiché se gli individui esaminati fossero stati dotati di elevato capitale umano non-osservabile non avrebbero perso posizioni nella scala sociale.
L’importanza che hanno nel nostro paese le connessioni sociali come meccanismo di trasmissione intergenerazionale è indirettamente confermata dal fatto che mentre gli Stati Uniti e la Gran Bretagna (ma anche la Francia e la Germania) sono caratterizzati sia da un elevato premio all’istruzione sia da una elevata interdipendenza nei redditi di genitori e figli, in Italia la forte ereditarietà nelle posizioni economiche e sociali non è accompagnata da un alto rendimento dell’istruzione.
La peculiarità dell’Italia pone importanti problemi etici e di policy. Mentre le diseguaglianze che scaturiscono da differenze nel capitale umano possono essere percepite come meno inique, quelle che derivano dalle connessioni sociali sono più difficilmente accettabili. Le evidenze riportante suggeriscono che in Italia, per attivare l’ascensore sociale, non bastano adeguate politiche per il diritto allo studio, ma sono richiesti interventi molto più complessi, che facciano sì che sia il merito a determinare il successo individuale.
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AM
In Italia le connessioni sociali sono collegate molto anche alla politica. Cariche e redditi possono derivare anche da legami con la politica. Altri fattori di connessione sono rintracciabili anche nella religione, specie se si tratta di gruppi religiosi di minoranza e ben coesi.
guido maraspin
Va bene la politica e la religione, ma non tanto o non solo i gruppi di minoranza, a maggior ragione invece quelli maggioritari, oggi la religione cattolica, domani quella islamica, più siamo più ci divertiamo…
AM
In verità io pensavo in particolare agli ebrei, ma anche nel mondo cattolico italiano ci sono gruppi organizzati che possono aiutare la carriera di ragazzi dotati, ma non appartenenti a famiglie importanti o benestanti. Questi ragazzi possono usare come ascensori sociali anche partiti movimenti politici e sindacati
M.S.
E certo una sventagliata di antisemitismo non ci sta mai male, no? Invece di dire perché le relazioni sociali hanno riacquistato maggiore peso in assenza di meccanismi seri e ben attuati di selezione, e di una propaganda a favore del capitale sociale relazionale come soluzione low cost per selezionare, cercare lavoro etc…. Veramente disgustoso in questo quadro, e sono vent’anni che va così… fare propaganda antisemita o verso altri “gruppi” (ovviamente diverso è il discorso del cattolicesimo organizzato se discrimina e trucca le carte in tavola, giacché è maggioritario e non minoritario).
AM
A parte il fatto che anche gli arabi sono semiti per se appartengono ad altre religioni Le chiedo cosa vi è male se un ragazzo particolarmente dotato, ma di famiglia non benestante, possa trovare un ascensore sociale nell’appartenenza a una comunità religiosa d’elite
davide445
La mia personale esperienza conferma: da genitori con scuola dell’obbligo ho ricevuto istruzione universitaria di qualità (fisica in ateneo ai primi posti), rafforzata da un MBA a Milano e specializzazione in risk a Zurigo. La famiglia non solo non mi può aiutare a questi livelli, ma non capisce nemmeno di cosa mi occupo (business design), ne ha potuto consigliarmi nel percorso. Sia per trovare nuove posizioni che per fare sviluppo business in Italia contano quasi solo le relazioni sopra posizioni junior. Una questione di cultura che é molto difficile da scardinare, come tanti altri sto guardando posizioni all’estero.
Marco Trento
Insomma, questo articolo dice in modo asettico e scientifico quello che bene o male la vulgata chiama “la Repubblica dei raccomandati”. E volete sapere la mia? Non si può fare molto per cambiare, perché lo Stato, per una volta, non c’entra. È la cultura millenaria degli italiani che ha creato questa realtà, e ciò a partire dal tempo dei comuni: le caratteristiche del popolo italiano sono l’individualismo familiarista (“tengo famiglia”), il campanilismo (vedi guelfi-ghibellini e le lotte intestine che portarono al crollo degli stati regionali italiani, conquistati da Carlo V durante il rinascimento) e il corporativismo (che nel fascismo trovò il suo involucro politico perfetto, tanto le sue strutture essenziali come l’IRI sopravvissero al crollo del regime). In altre parole, l’Italia è quella che è perché gli italiani sono quelli che sono. Il capitale umano conta, ma conta di più quello sociale. Il quale, si intende, presenta anche vantaggi. La famiglia in Italia, così come in Spagna, resta l’unico grande ammortizzatore sociale. Credere di cambiare la storia millenaria di un popolo con una legge è vano.
Savino
Non ci faranno uscire dalla crisi i figli di papà, magari con una vita legata alla scapigliatura. E’ urgente trovare idee innovative, in tutti i settori dell’economia e della vita pubblica, tra le auree risorse umane di ragazzi intelligenti, preparati, colti e raffinati che provengono da famiglie normali, le quali hanno fatto sacrifici enormi per tirarli su e formarli. Il tempo degli yuppies è finito da circa 30 anni, ora deve meritare soldi carriera e prestigio chi è davvero capace.
M.S.
Molto condivisibile. Lo dovrebbero leggere, e ci dovrebbero pensare sopra, tutti quei “sociologi” (senza offesa a quelli veri/seri), che hanno propagandato (in Italia!) il capitale sociale come soluzione globale, ad esempio ai problemi del Mezzogiorno, usando il modello di Putnam (il quale a tutt’altro era probabilmente interessato).
E tutti quegli economisti che gli sono corsi appresso o li hanno anzi anticipati, perché il capitale sociale in fondo “costa meno” (un po’ di solidarietà accattona invece di politiche pubbliche ben fatte, monitorate e senza margini di spreco). Quanto al fatto che lo Stato non c’entri, e sia la cultura millenaria (bla bla), è tutto da dimostrare…. Se lo Stato promuove meccanismi affiliativi, modello cosca, invece che procedure che neutralizzino il capitale sociale relazionale nelle selezioni, allora non si può affatto dire che lo Stato non c’entri. C’entra eccome!
I cosiddetti “servitori dello Stato”, espressione che, va forse spiegato, alludeva ad un servizio esclusivo per l’interesse generale (non al servire l’interesse proprio della pubblica amministrazione o di gruppi al suo interno), sono alla meglio presi in giro da personaggi che si rivendono competenze fasulle, o che fanno “marketing istituzionale”.
marcello
Lo scorso anno uno studio della BI sui farmacisti, categoria seconda solo ai notai per reddito medio percepito, indicava come la probabilità di un figlio di farmacista/i di diventare a sua volta farmacista fosse di circa 15 volte superiore a quella di un figlio di non farmacisti di poter fare il farmacista (cito a braccio potrei sbagliare per difetto). Inoltre circa la metà dei mananger italiani hanno solo la terza media, in queste condizioni quale mobilità sciale dovrebbe garantire l’investimento in istruzione mi risulta oscuro. Siamo il paese delle corporazionii e del familismo ma di che cosa parliamo?