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Intrecci pericolosi per le Poste che vanno in borsa

Per Poste italiane l’attività di recapito è la meno importante e redditizia, superata di gran lunga dalle assicurazioni di Poste Vita e dal Bancoposta. E tuttavia è il segmento su cui ricade la maggior parte delle perdite. Un intreccio che sarebbe stato meglio sciogliere prima della quotazione.
La trasformazione di Poste
La quotazione in borsa di Poste italiane rappresenta una privatizzazione atipica, realizzata secondo un modello di “azienda invariante”: a perimetro aziendale immutato e senza alcun processo preliminare di riordino e riorganizzazione. Molte ragioni avrebbero invece reso preferibile l’opposto. Atipica è anche l’azienda postale stessa, nella quale l’attività tradizionale del recapito rappresenta meno di un sesto del fatturato, una quota minoritaria e persino trascurabile.
Sembra dunque utile rispondere a tre domande: cos’era Poste, cos’è divenuta, com’è fatta ora.
Prima della riforma Ciampi del 1993, Poste era un’azienda di recapito in forte disavanzo: ogni due lire di ricavo ne perdeva una e dalla seconda metà degli anni Cinquanta aveva accumulato oltre 50mila miliardi di lire di deficit. Nel 1998, primo anno di gestione sotto forma di società per azioni, era ancora in perdita (per 1,4 miliardi di euro) e il recapito rappresentava ancora più del 60 per cento del fatturato (3,5 miliardi contro i 2,2 del Bancoposta). Nel 1999 veniva costituita Poste Vita, dando avvio all’impegno del gruppo nel settore assicurativo. Nel 2001 è completato il risanamento del bilancio e dal 2002 il gruppo registra utili crescenti, che hanno superato il miliardo di euro nel 2012 e 2013, per poi contrarsi nel 2014. Nel 2003, con 4,8 miliardi di premi raccolti, il segmento assicurativo è divenuto il principale business del gruppo Poste. Nel 2006 il Bancoposta ha raggiunto lo stesso fatturato dei servizi di recapito (4,6 miliardi), superandolo nell’anno successivo. Dal 2007, dunque, il recapito è il minore dei tre business. Nel 2012 Poste Vita supera, con 9,5 miliardi di premi, il fatturato congiunto dei due segmenti dell’intera capogruppo, per poi accrescere notevolmente la distanza negli anni seguenti.
Poste Vita
Oggi il gruppo Poste è, dal lato dei ricavi, principalmente un’assicurazione: Poste Vita coi suoi 15,5 miliardi di premi incassati nel 2014 si confronta con i 5,2 miliardi di fatturato del Bancoposta e i 3,1 del recapito realizzati dalla capogruppo.
Poste Vita è una storia di successo: nonostante una struttura molto snella e soli 330 dipendenti è riuscita in dieci anni di attività a divenire la prima compagnia assicurativa per raccolta premi in Italia ed è anche la prima compagnia nel comparto della previdenza integrativa. Nel 2014 ha realizzato utili ante imposte per 540 milioni e utili netti per 325.
Sarebbe riuscita a conseguire gli stessi risultati se avesse dovuto dotarsi di una propria rete distributiva anziché avvalersi dei 13mila sportelli postali? Non vi è dubbio che la preesistente rete abbia dato una grossa mano al suo sviluppo. Il contributo di Poste Vita alla rete postale appare invece di portata limitata: le provvigioni versate da questa società al resto del gruppo hanno raggiunto il livello più alto nel 2014 con 370 milioni, poco meno del 2,4 per cento dei premi totali raccolti. Non siamo in grado di valutare se siano congrue o meno, tuttavia è un dato di fatto che rappresentino una quota minuscola, solo il 4,2 per cento, degli 8,8 miliardi di costi operativi totali sostenuti dalla capogruppo.
 Il Bancoposta
L’altro segmento rilevante del gruppo è Bancoposta: a differenza di Poste Vita, non è una società partecipata, bensì ha solo un patrimonio separato, costituito nel 2011 su richiesta dell’autorità di vigilanza. Nel suo conto economico per il 2014 si evidenziano ricavi complessivi per 5,4 miliardi, comprensivi delle provvigioni versate da Poste Vita, e costi per 4,7, con utili ante imposte di poco inferiori ai 700 milioni. I costi non comprendono tuttavia le spese di funzionamento degli uffici postali e del relativo personale che non appartengono al Bancoposta bensì alla restante parte della capogruppo e sono imputati dunque alle funzioni connesse al recapito. Il Bancoposta ha infatti solo 1.800 dipendenti e riconosce alla capogruppo un compenso complessivo di 4,5 miliardi per tutti i servizi svolti in suo favore. È congruo? Copre almeno i costi della rete? Non lo sappiamo.
Il recapito (e le perdite)
Quello che sappiamo è che Bancoposta assieme a Poste Vita realizza con soli 2.100 dipendenti un fatturato di quasi 21 miliardi di euro (10 milioni a dipendente) e utili ante imposte pari a 1,2 miliardi (oltre mezzo milione a testa).
Da questa contabilità restano fuori 13mila uffici, quasi 140mila dipendenti e tutte le attività connesse ai recapiti postali. Secondo il bilancio di Poste, tali attività hanno generato nel 2014 costi per 8,6 miliardi che si riducono a 4,1 miliardi con i 4,5 rimborsati dal Bancoposta. Quanti sono stati recuperati grazie ai recapiti postali? Dalla clientela meno di 2,9, cui si sono aggiunti quasi 300 milioni di compensi pubblici per il servizio universale. Il restante miliardo circa di euro è una perdita operativa che nel bilancio consolidato di gruppo va a erodere in modo significativo i consistenti margini di Bancoposta e Poste Vita.
Il gruppo è stato quotato così com’è. Crediamo che l’analisi precedente dovrebbe convincere molti che sarebbe stato preferibile porre ordine in questo intreccio. Nell’interesse di tutti e forse anche del Tesoro.
 
 

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Una precisazione sui contributi alla Verdi

  1. Fabrizio

    ogni volta che vado in posta per un servizio postale “fumo” nel vedere l’inefficienza con cui opera il personale.
    Ma Cairo non va mai in un ufficio postale?
    Se frequentaste gli uffici postali in Svizzera vi rendereste subito conto dell’abissale differenza. Lì può capitare anche di fare una raccomandata in non più di 10 secondi.

    • Emiliano

      Signor. Fabrizio, le faccio presente che presso gli sportelli postali c’è gente che guadagna 1.100 euro al mese per 36 ore settimanali di lavoro ed è li anche da 20 anni e in Svizzera? Perché voi utenti non verificate questo prima di confrontarci con i bancari e/o gli uffici postali all’estero?

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