In tutti gli articoli che ho letto, sui siti più disparati, sulla tracciabilità dei pagamenti, accanto agli apprezzamenti, appaiono commenti critici ricorrenti. Provo ad elencarli ed a dare risposta.
Tutte le evasioni contano
La prima critica si può riassumere così. Con tutte le evasioni che fanno le grandi banche e le multinazionali perché ve la prendete con i cittadini, le famiglie, i commercianti e le piccole imprese? Il primo sottinteso è che i pagamenti tracciabili siano uno strumento di persecuzione verso questi ultimi mentre i primi vengono risparmiati. Il secondo sottinteso è che, se ci sono, le piccole evasioni dei cittadini siano poca cosa mentre quelle di banche e multinazionali siano quelle importanti. A nessuno sfugge che delle banche possano evadere, così come delle grandi aziende. Lo fanno con fatture false, pagamenti estero su estero, o eludendo, portando la loro sede fiscale in paesi in cui la tassazione è molto bassa. E non sfugge neanche che si tratta di cifre importanti. Queste evasioni si combattono con le indagini e con nuove normative, come si sta facendo anche se in modo, a mio avviso, insufficiente, rendendo trasparenti i rapporti tra multinazionali e stati a bassa pressione fiscale.
Ma la tracciabilità serve per l’Iva
Dovrebbe tuttavia essere chiaro che se si parla di tracciabilità dei pagamenti, si sta parlando essenzialmente di una particolare evasione fiscale su una tassa: l’Iva. Questa tassa riguarda i consumi e viene pagata tutta dal consumatore. Gli anelli precedenti della catena infatti la possono scaricare. E’ quindi ovvio che se c’è evasione dell’Iva questa avviene con una complicità tra consumatore ed esercente o professionista o artigiano o azienda. Si dice, a questo punto, ma si tratta di poca cosa. Magari fosse così. Può essere poca cosa per ogni transazione, persino per il singolo cittadino e la singola impresa, ma la somma delle stesse fa la bellezza di quasi 50 miliardi (per l’esattezza 47,5 miliardi nel 2013) di euro evasi. Se li dividi per 25 milioni (sono quasi 26) di famiglie viene fuori 1.800 euro. Cifra modesta, ma che, appunto, moltiplicata per milioni di cittadini danno diverse decine di miliardi, circa il 3 per cento del Pil. Questo non vuol dire che tutte le famiglie evadono e non vuol dire che tutte le famiglie evadono allo stesso modo, ma è evidente che il fenomeno è molto diffuso. Infine, se si considera che l’evasione in Italia è complessivamente di 120-150 miliardi, è altrettanto evidente che l’evasione Iva vale almeno un terzo del totale.
Nessuna libertà è messa a rischio
La seconda critica riguarda la libertà del cittadino di usare il contante come meglio crede. Il sottinteso è che se ciò non può avvenire la nostra libertà è minacciata. In un precedente articolo ho parlato di una misura che se applicata restituiva al cittadino medio diverse centinaia di euro, fino a 50 euro ogni mille spesi. Una misura libera di essere accettata o rifiutata, quindi una misura volontaria. Naturalmente, la misura, si basa sull’uso della moneta elettronica e su un limite nell’utilizzo del contante. Le critiche più generose sono state di regime comunista e Urss. Bene ricordare che nell’Unione Sovietica le carte di credito non esistevano. Le quattro maggiori carte di credito al mondo sono americane e negli Usa queste carte sono nate.
E la privacy non viene (ulteriormente) violata
La terza critica riguarda la privacy. Viviamo in un mondo in cui la privacy di ciascuno di noi è facilmente violabile. Quando navighi in Internet o telefoni, quando passeggi per la tua città o ti iscrivi ad un social forum, lasci tracce di te stesso. Possono essere i siti che hai visitato o numeri di telefono che ti hanno chiamato o hai chiamato o celle telefoniche che dicono dove sei stato, oppure immagini riprese da una telecamera o cose che hai scritto. Per quanto riguarda l’uso della moneta elettronica non cambia niente rispetto all’esordio della stessa. Che hai pagato con carta lo sanno la banca e l’esercente, oltre a chi può leggere il tuo conto corrente. Se uno si vuole tutelare maggiormente può utilizzare carte prepagate ed anonime. Da questo punto di vista sono anonime come il contante, ma lasciano traccia del pagamento effettuato.
La quarta critica riguarda il costo dei pagamenti elettronici. Le commissioni bancarie sono alte, però un aumento delle transazioni può favorirne un ribasso e un incentivo dello stato può contribuire ad abbassarle ulteriormente. Neanche il denaro contante ha costi bassi, anzi. Il costo annuo del contante è di 8 miliardi, 0,52 del Pil (fonte Banca d’Italia) e 0,33 per cento dell’importo delle transazioni. Ma solo perché, nonostante il contante sia usato molto, è usato soprattutto per transazioni di importo basso. Infatti, questo costo, rapportato con le carte, nel valore medio delle transazioni delle carte stesse, è del 2 per cento, contro 1,91 della carta di credito e 0,74 di quella di debito. Anche per questa ragione le banche avrebbero margini per abbassare le commissioni e lo stato un ulteriore interesse a ridurre la circolazione del contante. Volendo chiudere con una massima: non tutti i pagamenti in contante sono pagamenti in nero, ma tutti i pagamenti in nero sono pagamenti in contante.
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Filippo
Dato per buono il dato dell’evasione (invariato o addirittura aumentato negli ultimi anni) allora è certificato che il limite al contante portato fino a livelli parossistici non è servito a nulla. Come al solito si sbaglia la prospettiva.
Marco
Dipende da cosa si intende per limitazione all’uso del contante. Se si intende limitazione alla singola spesa potrebbe essere come dice lei (anche se non sono d’accordo neanche su questo). Ma nel caso della proposta dell’autore non si tratta di questo, ma di una risposta di sistema e sistematica. che va ad incidere su tutte le spese. Se funzionasse porterebbe l’Italia ad un utilizzo degli strumenti tracciabili pari a quello di altri paesi che, questo è vero, non hanno avuto bisogno di incentivi, come quelli descritti nell’articolo, per arrivare a quel risultato. Riassumendo, il limite del contante sulla singola spesa non incide particolarmente sull’evasione, ma l’incremento dell’uso degli strumenti tacciabili incide in modo decisivo..
Daniele
Voglio pubblicare anche qui una valutazione che ho fatto in un precedente articolo dell’autore.
Con questa norma applicata alla famiglia definita media (20 mila euro anno spesi in modo tracciabile, con rimborso al 5% di mille euro) ci guadagnano quelli che fino ad ora non pagano in nero o al massimo effettuano pagamenti fino a 5 mila euro, quelli che usano il nero per pagamenti complessivi superiori ai 5 mila euro ci rimettono. Il calcolo è semplice, applicando un’aliquota IVA media del 20% su 5.000 euro si ottiene appunto 1.000. La cifra che si potrebbe ottenere come rimborso nel caso di pagamenti tracciati di 20 mila euro.
Andy Mc TREDO
Commento interessante ! in effetti il limite per singola operazione non è un granchè rilevabile dal sistema (se non in flagranza di reato) mentre un più sensato limite al prelevamento (non di tipo argentino ma una tassa propozionalmente crescente sul totale mensile ) sì… Chiaramente ciò presuppone una canalizzazione bancaria e/o postale di tutti i redditi (compresi gli affitti) , di tutte le entrate degli esercizi commerciali, ecc ecc ma credo che alla lunga si verrebbe solo a creare un circuito parallelo, non necessariamente illegale, che utilizzi come unità di conto o una moneta straniera o altre forme non necessariemente antieconomiche (ore-lavoro, crediti, bit-coin, gettoni, miniassegni, figurine panini…) ma difficilmete rilevabili. Ci tengo aprecisare che nonstante la mia professione sarei per l’eliminazione totale del contante… però forse è un’utopia.