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Politiche eccezionali per una disoccupazione eccezionale

Tornata a crescere con la crisi del 2008, la disoccupazione in Europa resta alta in modo persistente. Tocca alla politica monetaria affrontare esplicitamente il fenomeno. Ma purtroppo la Bce ha come obiettivo statutario la sola stabilità dei prezzi. Stagnazione e difficoltà del Quantitative easing.
Una combinazione mai vista prima
La zona euro è in una fase di persistente (e preoccupante) stagnazione. È bene cogliere la portata gigantesca del problema, perché si tratta di una sfida del tutto nuova per la politica monetaria.
Tre elementi rendono il quadro europeo storicamente originale: 1) persistenza nel tasso di disoccupazione; 2) asimmetria nel tasso di disoccupazione tra Nord e Sud; 3) limite zero sui tassi di interesse (detta anche “trappola della liquidità”). Neppure la banca centrale del Giappone negli anni Novanta (la cosiddetta “decade perduta”) fronteggiava una situazione tanto complessa.
È opinione di molti che in Europa stia ritornando il fenomeno dell’isteresi nel mercato del lavoro: la disoccupazione non solo tipicamente sale durante le recessioni, ma rimane alta in modo persistente nel tempo.
La figura illustra il fenomeno. Nel 1970 la disoccupazione in Europa era la metà rispetto agli Stati Uniti. Ha cominciato a crescere con le crisi petrolifere degli anni Settanta, fino a eguagliare il tasso di disoccupazione Usa nel 1984. Da allora, è sempre stata relativamente più alta in Europa.
Con la crisi del 2008, la disoccupazione è tornata a crescere in entrambe le economie; mentre negli Stati Uniti è ora scesa intorno al cinque per cento, in Europa continua a rimanere persistentemente più alta (sia relativamente agli Stati Uniti che al proprio livello naturale).
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Le cause del fenomeno
L’isteresi può essere dovuta a diversi motivi. Ad esempio, una segmentazione del mercato del lavoro tra “insider” e “outsider” (fenomeno, guarda caso, tipicamente europeo), con sindacati che attribuiscono un peso sproporzionato agli insiders nella determinazione del salario. In recessione, gli insider proteggono la loro posizione dominante, impedendo ai salari reali di aggiustarsi verso quei livelli più bassi a cui gli outsider sarebbero disposti a lavorare pur di uscire dal gruppo dei disoccupati. Il risultato è disoccupazione persistente.
La ricerca recente mostra che, se il problema di fondo è l’isteresi nel mercato del lavoro, la politica monetaria dovrebbe includere esplicitamente la disoccupazione (o meglio, la deviazione del tasso di disoccupazione dal suo valore naturale) come proprio obiettivo. Quando la disoccupazione tende a essere così persistente, non è sufficiente riportare l’inflazione al suo valore obiettivo (ad esempio, due per cento) per ottenere anche, simultaneamente, un ritorno della disoccupazione al suo valore naturale. È necessario aggredire quest’ultima esplicitamente, abbinando quindi un obiettivo “reale” (la disoccupazione) all’esistente obiettivo “nominale” (l’inflazione).
Vale la pena ricordare quanto questo contrasti con il mandato ufficiale della Banca centrale europea, che ha come obiettivo statutario la sola “stabilità dei prezzi”. Ne deriva una implicazione centrale. Anche assumendo, nella migliore delle ipotesi, che il programma di Quantitative easing della Bce riesca, in tempi relativamente brevi, a riportare l’inflazione al suo valore obiettivo del due per cento (un’ipotesi già eroica, condiderata la evidente, ma non sorprendente, difficoltà del Qe a generare effetti apprezzabili sull’inflazione), non aspettiamoci di vedere la disoccupazione dell’Eurozona calare in modo significativo.
La combinazione di isteresi della disoccupazione e trappola della liquidità è un fenomeno storicamente mai esperito prima. Dopo sette anni di stagnazione, è ora che il dibattito in Europa si focalizzi in modo preciso su quali politiche radicalmente innovative debbano essere intraprese, sia dal lato monetario che da quello fiscale. Circostanze macroeconomiche eccezionali richiedono, senza ulteriori indugi, politiche eccezionali.
 
 

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  1. EzioP1

    Forse sarebbe utile scoprire quali razionali hanno portato alla creazione del numero magico del “2%” di inflazione che nessuno osa mettere in discussione, nonostante non sia da parecchio tempo raggiungibile e nonostante il mercato a fronte di una maggiore inflazione tenda a contenersi maggiormente (riduzione dello spending e aumento dei depositi). Sembra un numero inciso sulle “tavole” delle leggi economiche per le economie sviluppate (USA, UE, Giappone) mentre per le altre (Cina, e altri paesi che possono) il numero magico è più sostenuto.

  2. Maurizio Cocucci

    Non credo che la politica monetaria possa fare più di tanto. Questa è una situazione di scarsità di domanda dovuta ad un calo generale di reddito disponibile delle famiglie. In questi ultimi decenni si sono poi accentuate le disparità nella distribuzione di ricchezza ed i Paesi che non dispongono di un welfare adeguato e di calo della competitività ne hanno risentito maggiormente. La Banca Centrale Europea ha adottato gli strumenti di cui dispone e anche includendo tra i suoi obiettivi l’occupazione o (la lotta alla) disoccupazione poco di più potrebbe fare. La situazione negli Stati Uniti era (ed è) diversa, la tempesta finanziaria ha ridotto l’offerta di moneta ma sostanzialmente il tessuto economico era (ed è) competitivo. Si trattava quindi di ridare ossigeno, ovvero moneta, alle imprese attraverso il sistema di trasmissione che diversamente dall’Europa non passa quasi esclusivamente dalle banche, il tutto con una spinta dal settore pubblico che se non ha aumentato sensibilmente la spesa ha evitato quantomeno di tagliarla. Le misure adottate dalla BCE stanno comunque avendo effetti positivi sebbene, come ha più volte ripetuto Mario Draghi, devono essere accompagnate dalle riforme che i Paesi sono chiamati ad effettuare. Soprattutto da noi non è immaginabile pensare di proseguire con questo livello di pressione fiscale a fronte di un livello di servizi decisamente inadeguato.

  3. Alessandro

    Concordo con le conclusioni del Prof. Monacelli. Resta tuttavia un aspetto non toccato: posto anche che la BCE includa questo obiettivo nel suo mandato, come può effettivamente avere un impatto sull’occupazione quando abbiamo mercati del lavoro diversi, strutture sociali diverse, dinamiche industriali eterogenee,..?

  4. Nicolò boggian

    Non sarà che politiche conservatrici in Ue tutelino più chi ha accumulato ricchezza negli ultimi 50 anni rendendo meno conveniente lavorare e creare lavoro o impresa che in UK e Usa per esempio?

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