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La raffica di decreti che corregge ma non riforma la Pa

Licenziamento dei fannulloni in 48 ore, trasparenza amministrativa, cambio delle regole della conferenza dei servizi, taglio delle società partecipate e dei Cda, accorpamento della Forestale nei Carabinieri: i nuovi decreti sulla Pa più che una vera riforma sono correttivi necessari. 

I primi provvedimenti attuativi della legge delega Madia appaiono dei (necessari) correttivi più che una vera e propria riforma.
Per riforma si dovrebbe intendere una modifica profonda, radicale e sostanziale di istituti e ordinamenti. Nella gran parte dei provvedimenti decisi, invece, sembra di essere soprattutto in presenza di correzioni di rotta, peraltro non sempre coerenti.

Licenziamento dei fannulloni e trasparenza

Si pensi al licenziamento degli assenteisti: le nuove norme non lo hanno certo introdotto, perché la risoluzione del rapporto di lavoro era già prevista. La novità consiste nell’obbligo della sospensione dal servizio entro 48 ore dalla conoscenza dell’evento (col problema si sapere quando lo si conosce), nonché nell’accorciamento del procedimento disciplinare.
Sarebbe stato fondamentale esentare i dirigenti da responsabilità contabile nel caso di reintegra del lavoratore licenziato (sempre che l’articolo 18 si consideri applicabile alla Pa). Invece è stata introdotta un’ipotesi di licenziamento nel caso non si sospenda il dipendente assenteista o non si avvii l’azione disciplinare.
Ampio è l’intervento riguardante la trasparenza amministrativa, collegata alla normativa anticorruzione. Soprattutto per questo intervento risulta evidente l’intento di sistemare i molti problemi della norma, più volte denunciati dall’attuale presidente dell’Anac Cantone: quantità eccessiva di adempimenti, mancata commisurazione alla dimensione e alla forza degli enti, ridondanza delle banche dati. Il decreto legislativo, lasciando l’impianto fermo, rivede quasi per intero la normativa, eliminando le troppe ridondanze e rafforzando l’accesso, avvicinandosi davvero al concetto di Freedom of information act: il diritto di conoscere i dati non sarà limitato a quelli pubblicati sui siti, ma riferito a tutte le informazioni e atti in possesso della Pa senza dover dimostrare uno specifico interesse.

Conferenza dei servizi e società partecipate

Un correttivo è anche l’intervento sulla conferenza di servizi – strumento che da oltre 25 anni avrebbe dovuto snellire e semplificare l’azione amministrativa quando più enti sono coinvolti in un procedimento complesso – che sinora ha fallito totalmente gli obiettivi. Lo schema di decreto legislativo impone una formidabile sforbiciata ai tempi e, soprattutto, regola in modo chiaro come le amministrazioni coinvolte debbano esprimere i loro assensi e dissensi, introducendo il principio che nel caso di silenzio o di dissenso immotivato, il loro “parere” si considera positivo. Resta, però, molto farraginoso il sistema di tutela delle amministrazioni dissenzienti contro la decisione finale, che dà l’ultima parola al Consiglio dei ministri.
I provvedimenti sulle società partecipate hanno quanto meno il merito di chiarire meglio in cosa consista l’autoproduzione (in-house providing) e di limitare le ipotesi in cui è consentito costituire società, con penetranti poteri di controllo anche preventivi dell’Autorità antitrust e della Corte dei conti.

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Risparmi e benefici limitati

Resta tuttavia sullo sfondo il problema concreto: l’impatto del complesso di queste riforme sull’economia. Proprio l’intervento sulle società, che dovrebbe essere quello più incisivo economicamente, appare timido e incerto: non sembra proprio che si riesca ad ottenere la famosa riduzione da 8 mila a mille enti, mentre i costi del personale interessato da processi di chiusura resteranno in piedi con l’aggravante di un sistema di mobilità dei dipendenti da società impostato secondo il sistema utilizzato per le province (che fin qui ha dato prova non certo positiva).
I risparmi derivanti dalla semplificazione delle conferenze di servizi, come dall’accorpamento della Forestale nell’Arma dei carabinieri si potranno quantificare solo nel medio periodo.
L’azione sui fannulloni è certo doverosa e necessaria, ma in assenza degli altri decreti legislativi riguardanti il complesso dell’organizzazione della Pa di certo non basta ad assicurare da sola maggiore efficienza e produttività. Doveroso ma insufficiente il rispetto dell’orario di lavoro ma è fondamentale che in quell’orario la macchina pubblica produca benefici concreti per la popolazione amministrata e si introducano sistemi di valutazione della produttività meno velleitari di quelli fin qui sperimentati.
Il rilancio della Pa deve passare per la meritocrazia, a partire dalla selezione dei vertici. Entro l’estate il governo emanerà la delicatissima parte riguardante la riforma della dirigenza. Tuttavia, l’idea di riforma delle nomine dei direttori generali delle aziende sanitarie, impostata sulla creazione di un albo che consente agli iscritti di partecipare a selezioni curate da commissioni di esperti – che però rimettono ai presidenti delle regioni solo delle terne dando ai presidenti stessi pieni poteri di scelta – non sembra cogliere nel segno e garantire che incarichi e carriere siano frutto reale di merito e competenza tecnica.

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  1. elena scardino

    Spero che le norme anti corruzione siano fatte in modo da impedire quello che sta succedendo a un extracomunitario che conosco, costretto a pagare un funzionario della prefettura per poter concludere in tempi ragionevoli una pratica a cui ha diritto.

  2. Michele

    È chiaro: una serie di provvedimenti minori, fatti tanto per poter dire di aver riformato la PA. Quello che interessa veramente è “poter dire” di aver fatto una riforma, non i suoi contenuti e/o la sua efficacia! Anzi meno efficace è, meno consensi vengono persi…

  3. Paolo Surace

    A proposito del licenziamento dei fannulloni: mi spiace che l’autore si accodi al giudizio “la risoluzione del rapporto di lavoro era già prevista”.Se nel 2014 sono stati licenziati per assenteismo 227 dipendenti pubblici su 3,2 milioni, vuol dire che il problema non esiste o la legge non è adeguata o è male applicata. Allora, è giusto, secondo me, che il dipendente assenteista, e il dirigente distratto sappiano che saranno sanzionati sicuramente e in tempi brevi. Queste decisioni (e certezze) sarebbero un ottimo deterrente per il potenziali infedeli e, cosa che non guasta, un buon segnale per i cittadini (che saranno informati, in tempo reale, sia della colpa, sia della sanzione). Ancora più efficace sarà la norma se: 1-il sindacato farà capire chiaramente che, in questi casi, sta dalla parte del cittadino e della PA; 2-saranno sempre meno le sentenze di reintegro (come quella letta qualche giorno fa) motivate dal fatto che il danno arrecato alla PA è irrilevante rispetto alla sanzione. Come dire che non fa differenza sostanziale se il dipendente pubblico è presente o meno al lavoro. Paolo

    • bob

      Se si potesse stilare una classifica dei “Paesi senza memoria” il nostro non solo sarebbe al 1° posto ma staccherebbe il resto di molti punti. Ci siamo dimenticati chi ha creato e messo nei posti pubblici questa pleteora di persone, ma soprattutto con quale mentalità e concetto di etica. Ci siamo dimentcati di alcuni slogan ” abbattere il padrone” ” diritti prima che doveri” per non parlare di quello che hanno (dis)fatto i sindacati a cui la massa di dipendenti pubblici in particolare, serviva come materiale da utilizzare per farsi rieleggere. Il resto, professionalita, etica, correttezza, diventava cosa secondaria. Pensiamo solo alle ore bruciate dai ” permessi sindacali” cosa vergognosa.

  4. Marina

    Il dirigente che “denuncia” un dipendente per assenteismo o altra colpa viene molto mal giudicato dagli altri dirigenti (che si sentirebbero vincolati a fare la stessa cosa) e soprattutto dal suo superiore gerarchico a cui in genere non piace gestire quest tipo di “rogne” . Il dirigente in questione cadrebbe inoltre sotto la lente di ingrandimento dei sindacati e la pagherebbe al successivo “scatto” di carriera. Esperienza docet…..

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