Le nuove regole sui mutui devono rispondere al problema di conciliare l’esigenza di procedure più rapide e meno costose di recupero dei beni in garanzia con quella di tutelare chi è in difficoltà economica. Gli strumenti che abbiamo oggi a disposizione sono sufficienti? L’esempio della Spagna.
Il patto tra banca e cliente
Nella discussione parlamentare sul decreto legislativo di recepimento della direttiva europea 2014/17 sui mutui ipotecari, l’attenzione si è concentrata soprattutto sulla norma che consente un patto tra banca e cliente affinché, in caso di inadempimento, il debito si estingua con la restituzione o il trasferimento alla banca stessa dell’immobile oggetto della garanzia reale. L’articolo 40 del Testo unico bancario già adesso permette alla banca di chiedere la risoluzione del contratto di credito in caso di ritardo nel pagamento della rata del mutuo per sette volte consecutive. L’effetto congiunto delle due norme fa sì che sette mesi di morosità autorizzano la banca a vendere direttamente l’abitazione ipotecata, senza passare per l’asta indetta dall’autorità giudiziaria.
Questa possibilità ha sollevato molte polemiche poiché se da un lato la vendita diretta deve essere prevista nel contratto di mutuo, e quindi con l’assenso del cliente, dall’altro il cliente stesso potrebbe trovarsi in una condizione di debolezza nel rifiutarne la sottoscrizione, soprattutto se il finanziatore la pone come condizione per concedere il mutuo.
La banca potrebbe anche rendere “conveniente” per il cliente accettare la condizione offrendo uno sconto sul tasso di interesse: in fondo, la possibilità di vendere direttamente la casa riduce, per la banca, il rischio connesso all’asimmetria informativa.
I miglioramenti
Il governo si è successivamente dichiarato disponibile ad accogliere le indicazioni contenute nei pareri delle commissioni parlamentari, apportando alcune significative modifiche al testo originario. Non sarà più possibile, per la banca e il cliente, accordarsi per il trasferimento dell’abitazione anche dopo la sottoscrizione del contratto: viene così meno la preoccupazione che le nuove norme possano essere applicate anche ai mutui già ora in sofferenza. Si risolverà anche un altro dubbio: se il prezzo ricavato dalla vendita, effettuata previa la stima di un perito indipendente, non è sufficiente per saldare il debito, la banca non può pretendere altro dal debitore, mentre invece sarà tenuta a restituire l’eventuale maggiore importo incassato. In deroga al comma 2 dell’articolo 40 del Tub, il governo dovrà, inoltre, introdurre una norma che eleva a 18 il numero delle rate mensili non pagate prima che si possa procedere alla vendita della casa.
Miglioramenti da molti ritenuti ancora insufficienti, soprattutto se si pensa alle famiglie in difficoltà economiche e che potrebbero perdere l’abitazione, con il pericolo quindi di generare rilevanti problematiche sociali.
Aiutare chi ha realmente bisogno
Al di là di facili slogan e derive populiste, sempre in agguato nei periodi preelettorali, c’è oggettivamente il problema di cercare un equilibrio tra due distinte esigenze: accelerare le esecuzioni immobiliari, con tutti i dovuti presidi di trasparenza e correttezza, poiché è uno dei presupposti per rendere più efficiente, rapida e meno costosa l’attività di erogazione, senza però ulteriormente gravare su clienti che attraversano situazioni di oggettive difficoltà e disagio in grado di degenerare con la perdita dell’abitazione.
Nel nostro sistema, al ricorrere di determinati eventi, già oggi chi si trova in difficoltà economiche può chiedere alla banca di sospendere il pagamento di diciotto rate del mutuo. Sono strumenti effettivamente utilizzati, a testimonianza di una problematica di indubbia rilevanza sociale.
In altri ordinamenti, il legislatore è intervenuto con specifiche procedure. Ad esempio, in Spagna un decreto del 2012, attraverso la definizione di un codice di “buone prassi”, prevede che le famiglie in difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo possano proporre un piano di ristrutturazione del debito fatto per l’acquisto della prima casa. L’adesione della banca comporta la sospensione dell’ammortamento del capitale per quattro anni e, durante questo periodo, un tasso di interesse pari all’Euribor aumentato di 25 punti base; il periodo di rimborso può essere allungato fino a quaranta anni. Se, malgrado queste misure, l’importo annuo delle rate del mutuo non si abbassa al di sotto 60 per cento del reddito familiare (che è condizione e obiettivo al tempo stesso del piano di ristrutturazione), può essere chiesta anche una riduzione della parte capitale del debito.
Quando non ricorrono queste condizioni può essere concordata una procedura attraverso la quale il cliente può saldare le sue pendenze con la banca cedendo l’abitazione. La banca è tenuta ad accettare l’offerta e la consegna dell’abitazione comporta la cancellazione totale del debito garantito e di ogni altra pretesa nei confronti sia del debitore sia di eventuali terzi che avessero fornito altre garanzie reali o personali.
Per conciliare le due esigenze anche in Italia, si tratta, allora di valutare se la tastiera di strumenti a disposizione sia sufficiente o se non se ne debba ampliare la portata (e la dimensione finanziaria) per far fronte a quelle situazioni di maggior impatto sociale in grado di pregiudicare il diritto all’abitazione e a una vita decente.
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Anna
Noi di Altroconsumo pensiamo che l’articolo in questione non sia così male.
Ovviamente serve un perito davvero indipendente. In questo modo dalla vendita della casa ai prezzi di mercato potrebbe anche rimanere qualcosa per il mutuatario (cosa impossibile oggi con le valutazioni sottostimate delle case all’asta). Inoltre pensiamo che nel lungo termine anche i tassi si potrebbero abbassare.
Nessuno poi parla di un aspetto molto importante dell’articolo sull’inadempimento del consumatore: per la prima volta si dice per legge che le banche devono predisporre apposite procedure per dare appoggio ai consumatori in difficoltà nel pagamento delle rate. Ora qualche banca già lo fa: prevede la sospensione delle rate o l’allungamento del piano di ammortamento; ma è solo una facoltà non un obbligo. Ora diventa un obbligo per legge: prima di arrivare all’inadempimento serio deve essere data la possibilità al cliente ad accedere a misure per fronteggiare misure di crisi o di difficoltà.
Marco La Colla
Come sempre la Spagna, considerata con sufficienza dai nostri governanti, si dimostra molto migliore di noi negli aspetti fondamentali. La norma citata dall’articolo è del 2012 e noi stiamo affrontando lo stesso problema solo nel 2016 e, come al solito, in maniera confusa e disordinata. Negli anni in cui si guardava allo spread come indice di un inizio di ripresa, tale valore veniva confrontato con quello spagnolo, in quel momento più alto del nostro, per dimostrare la bontà delle politiche economiche da noi messe in atto. Oggi, che il nostro misero aumento del Pil dello 0,7% si dovrebbe confrontare col 3,2 spagnolo, nessuno o pochissimi ne parlano e sarebbe il caso che da parte Vostra si spiegasse come tale paese sia riuscito in tale eccezionale risultato, partendo da una situazione simile o addirittura peggiore della nostra
Alessandro
“la Spagna deve anche recuperare un crollo dei posti di lavoro del 4,9% e del 3,5% nel 2012 e 2013 e ha un tasso di disoccupazione ancora al 22,3%. A fronte di tutto ciò colpisce il sistematico sforamento del tetto del deficit: 10,4% nel 2012; 6,9% nel 2013; 5,9% nel 2014; 4,8% l’anno scorso e 3,6% quest’anno. La Spagna cioè spende sempre molto più di quanto incassa e di conseguenza il suo debito pubblico è passato dal 45% del Pil nel periodo precedente alla crisi del 2007 al 101,2% previsto nel 2016.la Spagna deve anche recuperare un crollo dei posti di lavoro del 4,9% e del 3,5% nel 2012 e 2013 e ha un tasso di disoccupazione ancora al 22,3%. A fronte di tutto ciò colpisce il sistematico sforamento del tetto del deficit: 10,4% nel 2012; 6,9% nel 2013; 5,9% nel 2014; 4,8% l’anno scorso e 3,6% quest’anno. La Spagna cioè spende sempre molto più di quanto incassa e di conseguenza il suo debito pubblico è passato dal 45% del Pil nel periodo precedente alla crisi del 2007 al 101,2% previsto nel 2016.” cit. da Corriere della Sera “Enrico Marro”
Henri Schmit
Il modello a cui ispirarsi potrebbe essere la Svizzera non la Spagna. E giusto prevedere delle tutele per la prima casa, p. es. la ristrutturazione a richiesta del debitore del piano di ammortamento. Non capisco la regola dello spread del quarto di percento, mi sembra uno scherzo. Ricordo che in Svizzera i tassi ipotecari sono molto bassi perché gli immobili sono ottime garanzie delle banche e sono facilmente realizzabili in caso di mora. Servono regole severe sulla vendita a condizioni di mercato, non in base a stime di esperti. Lo Stato deve tenere il costo delle cessioni immobiliari basse, per permettere a chiunque di cambiare facilmente la propria abitazione in caso di esigenze nuove: ingrandimento, riduzione o divisione della famiglia, minor reddito che non permette più di onorare gli impegni del mutuo. Il vero aiuto che il governo possa dare ai (piccoli) proprietari è di rendere gli immobili merce facilmente scambiabili (fiscalità e mercato). Questo alla fine agevola anche i finanziatori ipotecari, e a cascata tutta l’economia, il settore edile in primis. Con tale sistema quadro in Svizzera le banche finanziano gli immobili SENZA AMMORTAMENTO fino a un certo valore, diciamo il 50/60% del valore e il 30% del reddito, a condizioni di spread o di tasso fisso molto vantaggiose per i debitori. Chi desidera finanziare oltre quel valore deve mettersi d’accordo con la banca pagando di più. Quando il debitore vende l’immobile lo fa insieme al debito, non rimborsa
sandro
il reddito medio pro-capite annuo in §Svizzera è 30.000 euro lordi/anno, il doppio dell’Italia, cosa che spiega la capacità di risparmio svizzera e la possibilità dui pagare di tasca propria il 40-50% del prezzo di acquisto delle case. condizioni inapplicabili nell’economia italiana.
la direttiva mutui insiste sull’indipendenza del perito incaricato a posteriori di stimar eil valore dell’immobile. La norma italiana non insiste per niete su questo aspetto. il perito deve essere indipnednete non solo dalle parti contraenti, ma anche e soprattutto da chi svolge attività di intermediazione sull’immobile pignorato: chi mi ha venduto la casa, favorairà il mutuatario; chi vend el’immobile pignorato, favorirà la banca. Il perito non deve svolgere o avere rapporti di lavoro con intermediari immobilirari operativi nel comune dove si trova l’immobile pignroato. Chiaro e semplice.
Base dell’estimo catastale, è il principio per il quale lo SCOPO della valutazione cambia del tutto il valore stimato. Una buona legge dovrebbe imporre che la valutazione sia fatta AI VALORI DI MERCATO, CORRENTI ALLA DATA DI VLAUTAZIONE (valori di mercato, no nfair value che è un’altra cosa).
Mancano in Italia, come in molti Paesi, criteri di estimo imposti per legge, ma esistono linee guida internazionali recepite nella convenzione ABI-COnaf o nel manuale di Tecnoborsa: il giudice dovrebbe avere facoltà di imporre al perito incaricato di segurie un determinato standard di estimo, con mandato vincolante.
sandro
aggiungiamo che afronte di 250.000 famiglie italiane con mutuo in sofferenza, un pò di Stato Sociale non guasterebbe. La banca è un’impresa privata e non un ente benefico, ma lo Stato deve pur tutelare le famiglie in difficoltà.
Per un periodo transitorio di 5 anni, la banca potrebbe capitalizzare la nuda proprietà dell’immobile pignorato, lasciando l’usufrutto con affitti calmierati a equo canone per le famiglie in difficoltà: dove c’è a carico tre figli minorenni, o un disabile al 65%, o un famigliare con più di 65 anni, e ISEE inferiore a una certa cifra (15-20.000 euro/anno??).
siamo d’accordo che lo Stato dovrebbe avere un piano per l’emergenza abitativa, senza ddossare i costi a banche e risparmiatori, ma l’emergenza viene a crearsi per una legge in loro favore che rivoluziona le regole da un mese all’altro. e poi le banche in difficoltà hano più volte beneficiato di aiuti di Stato, a partire dai Tremonti-bond.
Henri Schmit
Sono interessanti le osservazioni di “Sandro”, ma non bastano per farmi cambiare idea, anzi. In particolare non mi fido degli esperti indipendenti; è roba da casta che sta con il più forte, ovunque. Il sistema svizzero (dove ho vissuto per tre anni da straniero) è quello più favorevole alle famiglie, alla gente comune, ai giovani che entrano (forse) nel ciclo del lavoro e ai meno giovani che sempre più spesso non hanno davanti a se una vita prevedibile, un reddito certo e in continuo aumento. In Svizzera una percentuale decisamente minoritaria della popolazione abita in una casa di proprietà; la situazione è l’inverso di quella italiana; l’affitto è la modalità più diffusa e numerosi immobili sono intestati a società d’investimento immobiliare o a fondi, creando così enormi benefici macroeconomici (efficienza, trasparenza, prezzi, realizzazione). Non esiste esenzione fiscale per la prima casa, ma c’è un’accanita concorrenza fra i cantoni per attrarre con una tassazione immobiliare minore residenti di (che lavorano in) altri cantoni. Bisogna tener questo in mente come modello di funzionamento futuro dell’UE, non tanto sotto il profilo del “residence shopping” (l’Italia è abbastanza grande per rendere tale rischio marginale) quanto dal punto di vista degli investimenti: gli investitori (internazionali, anche quelli grandi italiani lo sono) investono dove le prospettive di rendimento netto sono le più alte e le più probabili. Non in Italia.
Alessandro
Manca un solo piccolo tassello… Premetto che al contrario di altri io ritengo la nuova norma un ottimo compromesso (e vi posso assicurare che io le banche le odio!). Secondo me mancano due semplici commi alla nuova norma:
1. La banca non può vendere in nessun caso ad una società o privato a lui collegato (ex dipendenti, o dipendenti e nemmeno familiari di primo grado di dipendenti)
2. Il mutuante ha a disposizione 12 mesi dalla messa in vendita di trovare lui stesso o mediante società esterne apposite un compratore.
Aggiunti questi due commi la nuova norma sarebbe perfetta!
febo
Non mi è chiaro il seguente passaggio: “se il prezzo ricavato dalla vendita, effettuata previa la stima di un perito indipendente, non è sufficiente per saldare il debito, la banca non può pretendere altro dal debitore, mentre invece sarà tenuta a restituire l’eventuale maggiore importo incassato”. Potrebbe chiarire? E’ spesso prassi che le banche erogano il mutuo non sul valore d’ acquisto dell’immobile ma sul valore peritale. Questa norma attua un cambiamento? Ringrazio. Saluti.