Rivoluzione informatica e globalizzazione hanno determinato l’aumento della diseguaglianza all’interno degli Stati occidentali, quelli dove la classe media era più sviluppata. Ma nello stesso tempo si è ridotta la disuguaglianza globale, con una progressiva convergenza nei redditi pro-capite.

Dalla nascita della classe media alla globalizzazione

A partire dall’inizio degli anni Novanta è cresciuta l’attenzione non solo per la diseguaglianza nella distribuzione dei redditi all’interno dei paesi, ma anche per quella globale, cioè tra paesi e tra cittadini del mondo considerati come appartenenti a una unica comunità.
Un contributo importante alla comprensione della diseguaglianza globale, e alla costruzione di indici atti a misurarla, era stato fornito nel 2010 da Branko Milanovic (The Haves and Have-Nots). Ora, lo stesso Milanovic in un recente volume ha ripreso il tema in una prospettiva di lungo periodo. L’ipotesi originaria di Simon Kuznets secondo la quale la diseguaglianza si modifica nel tempo in relazione alla dinamica del reddito medio, ed è rappresentabile come una curva a U rovesciato, non è in grado di spiegare la crescita del fenomeno verificatasi negli ultimi decenni all’interno di paesi occidentali come gli Stati Uniti. La dinamica nella diseguaglianza si presenta, invece, con un andamento ciclico, seguendo quelle che Milanovic definisce “Kuznets waves”.
I primi cicli, nel periodo pre-rivoluzione industriale, in tempi di redditi stagnanti, sono stati governati da dinamiche malthusiane. Con l’industrializzazione, le forze che determinano le “fluttuazioni” alla Kuznets, sono cambiate. Forze “maligne” – come le guerre, le epidemie, le catastrofi naturali – e forze “benigne” – come l’aumento dell’istruzione, le politiche sociali e la tassazione progressiva – hanno contribuito alla riduzione della diseguaglianza.
In un primo lungo periodo (1950-1970) il rapido processo di industrializzazione, insieme a politiche fiscali e di spesa pubblica progressive, hanno favorito la formazione della classe “media”, il consolidamento della democrazia e una elevata crescita in tutti gli Stati occidentali. In un secondo periodo, dal 1980 fino a oggi, la rivoluzione informatica ha determinato l’aumento della diseguaglianza.
Il processo di apertura e di liberalizzazione dei mercati nazionali e internazionali conseguente all’intensificarsi delle tecnologie informatiche e della globalizzazione sono tra i fattori più importanti per spiegare la crescita della diseguaglianza all’interno d’ogni paese e per spiegare la riduzione che invece si è verificata nella diseguaglianza globale. Il trasferimento di parti o di interi processi produttivi dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo ha indebolito il potere contrattuale dei lavoratori nei paesi ricchi. Alla perdita di posti di lavoro relativamente ben pagati nei paesi industrializzati ha corrisposto la crescita di posti a basso salario nei paesi in via di sviluppo. È andata così formandosi, in paesi come la Cina e l’India, una classe media.

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Nuovi equilibri internazionali

Questi mutamenti rappresentano una grossa sfida per gli equilibri interni e internazionali non solo economici, ma anche politici. L’aumento dei redditi nei paesi in via di sviluppo significa miglioramenti nelle condizioni abitative e sanitarie, maggiori livelli d’istruzione e riduzione della povertà estrema. Al contrario, la riduzione della classe media e l’aumento della diseguaglianza nei paesi industrializzati riduce la formazione di capitale umano, indebolisce la democrazia e può alimentare, come già sta accadendo, movimenti nazionalisti e di chiusura dei diversi sistemi economici e politici, fino a conflitti e guerre.
L’indice della diseguaglianza “internazionale” evidenzia una progressiva convergenza nei redditi pro-capite dei diversi paesi ponderati per la popolazione di ciascuno. Secondo Milanovic, la convergenza sarebbe destinata a permanere anche in futuro, grazie alla crescita sostenuta di alcuni paesi in via di sviluppo.
Nel lungo periodo insieme alla diminuzione della diseguaglianza globale si è verificato un mutamento nella sua composizione. È aumentato il peso della componente che dipende dalla localizzazione (“premio di cittadinanza”). Sono proprio i differenziali di reddito derivanti dal vivere in un paese piuttosto che in un altro, oltre a fattori politici, a spiegare, secondo Milanovic, le migrazioni dai paesi più poveri verso quelli più ricchi. La crescita della diseguaglianza tra paesi può essere vinta solo favorendo il processo di sviluppo di quelli più poveri che alimentano i flussi migratori.
Per attenuare la crescita della diseguaglianza all’interno dei paesi industrializzati, invece, è necessario adottare politiche di redistribuzione delle dotazioni (beni capitali e capitale umano attraverso l’istruzione). Altri fattori all’origine dell’aumento della diseguaglianza come l’innovazione tecnologica, la crescita del settore dei servizi, la finanziarizzazione dell’economia difficilmente possono essere contrastati, e dunque “l’ondata” corrispondente all’aumento della diseguaglianza all’interno dei paesi avanzati è destinata a perdurare, così come, in parallelo, è destinata a verificarsi una progressiva convergenza tra paesi con una riduzione della diseguaglianza globale.

Questo articolo è disponibile anche su www.tvsvizzera.it

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