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Dal Regno Unito un dibattito desolante dall’esito incerto

La campagna elettorale del referendum sulla permanenza o l’uscita del Regno Unito dalla Ue si è presto trasformata in una rissa. Neanche la Bbc ha aiutato i cittadini a comprendere quanto fossero fondate le affermazioni a supporto dell’una o l’altra tesi. Il confronto tra due idee di società.

Chi vuol uscire dalla Ue e chi vuol rimanere

Il 23 giugno il Regno Unito voterà se rimanere (“remain”) o lasciare (“leave”) l’Unione europea. Vista dall’interno del paese, la campagna elettorale è stata aspra e ostile e ha finito per creare una spaccatura profonda nella società. Sebbene il risultato sia incerto, sono emersi quattro punti da considerare in caso di consultazioni simili in altri paesi europei, inclusa l’Italia.
Innanzitutto, il confronto tra “remain” e “leave”, iniziato con la correttezza tipica del protocollo inglese, è diventato presto una rissa con colpi sempre più bassi, soprattutto da parte dei “leavers”. L’assassinio della parlamentare Jo Cox non è attribuibile solo a questa campagna elettorale, ma i toni esasperati raggiunti nelle ultime settimane non hanno aiutato.
I titoli apocalittici dei tabloid su orde di rifugiati alle porte, le affermazioni di Nigel Farage sull’abuso della sanità pubblica da parte di immigrati malati di Aids e le accuse mosse da Boris Johnson a Barack Obama riguardo alla sua “antipatia ancestrale verso l’Impero Britannico”, in quanto ex-suddito kenyano, hanno veramente toccato il fondo.
Secondo, sebbene si fosse partiti con due temi principali – economia e immigrazione – il referendum è diventato uno scontro più ampio tra due ideali di società. Da un lato, chi vorrebbe riprendersi il proprio paese (“take our country back”); dall’altro chi ne vorrebbe creare uno nuovo (“take our country forward”).
L’unica certezza è che la popolazione è chiaramente divisa: per esempio, i giovani sono per “remain”, i pensionati per “leave”. Altre linee di frattura sono tra laureati e non; e città e campagna. In sintesi, è molto probabile che un trentenne scozzese, laureato e residente a Edimburgo voti “remain”; mentre è altrettanto probabile che un pensionato, con nessuna qualifica superiore, residente nella campagna inglese voti “leave”. Paradossalmente, i fautori di “remain” sono più concentrati in aree di alta immigrazione.
Terzo, nonostante le centinaia di report, articoli e saggi (soprattutto contro la Brexit), molti elettori compiranno una scelta emotiva. Se erano da aspettarsi le prese di posizione di alcuni media – Daily Mail, Sun e Daily Telegraph per “leave” e Financial Times, Guardian e, più a sorpresa, Times e Mail on Sunday per “remain” – il ruolo giocato dalla Bbc è stato deludente. Invece di ergersi ad arbitro, la Bbc ha deciso di riportare la cronaca, ma di non aiutare gli spettatori a comprendere la fondatezza di certe affermazioni. Le stime presentate da “remain” sono state spesso esagerate e fondate su scenari catastrofici; i dati presentati da “Leave” (sul contributo netto della Gran Bretagna all’Ue o sull’ingresso “imminente” della Turchia nella Ue, per esempio) spesso fasulli. Ma dalla Bbc non si è mai alzata una voce critica.

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Leader senza spessore

Il quarto punto è che il dibattito ha messo in luce non solo l’incertezza che attanaglierebbe società ed economia britanniche in caso di “leave”, ma anche la pochezza di molti politici. I fautori di “remain” hanno commesso gli stessi errori del referendum sull’indipendenza della Scozia (settembre 2014). Sono apparsi distaccati, incapaci di parlare alle persone se non attraverso statistiche, e costantemente intenti a tingere il futuro a tinte fosche (vedi la “finanziaria d’emergenza” intimata il 15 giugno in caso di Brexit). Sebbene i temi clou fossero due, sull’economia sono quasi riusciti a perdere, mentre sull’immigrazione hanno proposto poco, nel disperato tentativo di evitare la questione. Eppure vi sono decine di studi che provano come l’immigrazione europea sia in media altamente specializzata (contro la retorica degli europei impiegati nei campi), come contribuisca proporzionalmente di più all’economia della forza lavoro locale e come sia stata sempre inferiore in numero a quella extra europea. I fautori del “leave” appaiono invece come l’armata Brancaleone: Boris Johnson, di origini turche, da sempre a favore dell’ingresso della Turchia nell’Unione, è ora nemico giurato della Ue in quanto – a causa del presunto ingresso della Turchia – l’Inghilterra sarebbe invasa da 76 milioni di turchi. Nigel Farage (di origini ugonotte, sposato prima con una donna irlandese, ora con una tedesca) è il più noto anti-europeista, nonostante sia deputato del Parlamento europeo, e non sia mai riuscito a vincere un’elezione in Gran Bretagna. Gisela Stuart, deputata laburista anti-Corbyn, è una cittadina tedesca (nata Gschaider), che ha acquisito la cittadinanza inglese in età adulta e ora è evidentemente più realista del re. A livello programmatico, i fautori del “leave” sono divisi su tutto, in quanto uniscono ultra-conservatori e sinistra radicale, chi vuole ridurre drammaticamente il livello di immigrazione e chi vuole avere più cittadini dell’ex-Commonwealth, chi vorrebbe “salvare la sanità pubblica dalla Ue” e chi vorrebbe privatizzarla.
Nonostante ormai tutti i sindacati, le grandi-medie imprese e gli organismi internazionali si siano schierati a favore di “remain” e la maggior parte degli studi economici indichi che i risultati di Brexit sarebbero assai nefasti, la campagna referendaria continua, con il “leave” in testa ai sondaggi. Speriamo che alla fine della scazzottata almeno un vincitore resti in piedi.

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11 commenti

  1. Henri Schmit

    Nella sostanza sarei pure d’accordo con l’autore che evidenzia le contraddizioni di alcuni protagonisti del referendum britannico e i rischi di un voto casuale. Rimane tuttavia il dato di fatto che l’UK di Cameron è l’unico paese che abbia organizzato (sia pure per precisi calcoli di politica interna ed europea) un dibattito pubblico con verdetto popolare su una questione di primaria importanza formulata in modo chiaro e preciso permettendo quindi una presa di posizione univoca. Putin ha chiesto un paio di giorni fa come mai il primo ministro britannico abbia potuto indire una consultazione così gratuita (perché gli istruiti tutti sanno che bisogna rimanere) e pericolosa. Tutta l’Europa assomiglia più a Putin che al valoroso Cameron e all’autentica democrazia britannica. In Italia si voterà in ottobre su un miscuglio di proposte non decidibili attraverso un verdetto popolare. L’unico referendum italiano all’altezza degli standard democratici rispettati in UK sarà quello abrogativo con due quesiti contro l’Italicum. Vedremo se il dibattito pubblico sarà all’altezza dell’importanza dei temi su cui il popolo sovrano è chiamato a votare.

    • EF

      Certo, però chi come me ha seguito tale vergognoso “dibattito pubblico” può confermare alla lettera il contenuto dell’articolo e confermare che i referendum sono sempre l’aspetto più falso della democrazia. Ben lungi dall’obbligare le popolazioni ad informarsi e a prendere decisioni motivate, scatenano isterie di massa che praticamente sempre si ritorcono contro la popolazione stessa.
      Confermo anche che la maggior parte dei media “neutri” è caduto nella trappola della falsa equidistanza; in ogni articolo in cui il “remain” ha citato fatti incontestabili e statistiche, è sempre stato necessario (e fastidioso) sorbirsi la replica scontata del “leave”: “sciocchezze, balle, paura”.
      Infantile.

      • Purtroppo propendo per il giudizio offerto da EF: la campagna referendaria e’ stata un calvario e alla fine le conseguenze saranno comunque negative. Molto, nel caso di Leave; abbastanza, nel caso di Remain, in quanto il partito conservatore e’ oramai spaccato e ingestibile da Cameron e Osborne. Affidare una questione cosi’ complessa a un voto binario, in Gran Bretagna, non ha funzionato.

        • Henri Schmit

          L’avevo capito. Grazie comunque dell’attenzione. Non metto in dubbio l’irrazionalità e la volgarità di gran parte del dibattito, ma insisto sull’importanza del dibattito pubblico e sulla legittimità del verdetto popolare. Dovremmo permettere anzi garantire a tutti di poter mettere in questione le decisioni più importanti e deciderle a certe condizioni per referendum invece di continuare ad affidare il nostro destino a despota di turno che troppo facilmente dimentica la ragione perché c’è e a chi deve rendere conto. Bravo Cameron che invece sarà più forte di prima sia nel suo partito e nel parlamento sia a Bruxelles. Speriamo che altri abbiano il coraggio di seguire le sue orme.

        • Henri Schmit

          Spero di non abusare: La critica condivisa della qualità del dibattito pubblico ovviamente non vale per i discorsi di Cameron che in caso di successo del remain entreranno nella storia della retorica e di una certa filosofia europeista. È pure possibile che sarà questa l’ideologia vincente, in ogni caso avrà un peso enorme.

      • Henri Schmit

        Grazie delle inreressanti osservazioni ampiamente condivise. Anch’io ho seguito alcuni media britannici e so bene quanto i dibattito è stato irrazionale, di pancia (crisi, povertà, immigrazione e sicurezza, temi poco affini al quesito). Ma non è quello il punto. Quello che conta è che Cameron e la democrazia britannico hanno organizzato un dibattito pubblico su un tema cruciale con un verdetto popolare su un quesito chiaro e netto. Non difendo la campagna propagandistica né il linguaggio di Farange, ma il referendum in se. Sto con Cameron e se vuole con gli Svizzeri, non con Putin e TUTTI gli altri. Bisogna aver il coraggio del verdetto pubblico. Solo così si affrontano anche i problemi irrazionali che covano sotto i discorsi ufficiali delle élites chiuse in se stesse..

  2. Maurizio Cocucci

    lei ha toccato un aspetto di cui si è parlato poco, anche in Gran Bretagna, ovvero la questione Scozia. Ha menzionato il fallito referendum passato in cui si è chiesto agli scozzesi se volevano separarsi dal resto del Regno Unito o meno. In caso di vittoria dei sostenitori dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea come si comporteranno gli scozzesi? Io credo che sarà l’occasione per riproporre la questione della separazione con la motivazione che la maggior parte degli scozzesi è contraria all’uscita dal resto dell’Europa. Sebbene io non creda che vi sarà la Brexit, concordando con le previsioni dei bookmakers, prevedo però che in questa circostanza il futuro della Gran Bretagna sarà alquanto movimentato, e non solo finanziariamente.

    • Ha ragione, non ho parlato della Scozia per motivi di spazio. Nicola Sturgeon (primo ministro scozzese) e’ stata chiara: se il risultato fosse Leave, ma gli scozzesi fossero piu’ in favore di Remain, lei chiederebbe subito un nuovo referendum. Il Galles, piu’ timidamente, potrebbe proporre lo stesso. Si’, si corre il rischio di disintegrazione.

  3. enzo

    Forse infine ci sono anche delle problematiche reali che hanno portato i britannici alla possibilità di uscire dalla UE, ma ne parleremo un’altra volta. Un secondo punto : si tende spesso a dire , di fronte ad una scelta, che una è positiva per l’intero paese l’altra no. questo è falso , è vero invece che ad alcuni sarebbe più utile la prima ad altri la seconda . dubito fortemente che chi ha più voce mediatica rappresenti anche la maggioranza dei soggetti coinvolti.

  4. Mario Rossi

    è chiaro oramai a tutti che la UE ha perso tutti i caratteri con cui era stata presentata quando ero molto più giovane, quando sapevo che ci sarebbe stato un futuro migliore. A bruxell oramai stanno solo personaggi dediti all’arrichhimento personale e alla speculazione finanziaria, stanno servi di grando lobby internazionali di affaristi ed importatori di materie prime che hanno fatto votare ad un parlamento pieno di personaggi di dubbia fama come cirino pomicino di tutto a danno anche dei suoi stessi concittadini. La UE è diventato un sistema per imporre decisioni ad un intero continente con facilità grazie ad un sistema centrale facilmente raggiungibile e corruttibile. Solo che nel vecchio continente, per la paura della guerra sono stati trapiantati i semi della democrazia che permettono e permetteranno sempre grandi colpi di scena come quello di ieri. I signori della speculazione devono capire che non ce la faranno mai ad imporre la fame ad un popolo europeo senza prima o poi incorrere nella mannaia democratica. E provate a fomentare qualche dittatura come in america latina se ci riuscite. Ma ricordate che in europa la cultura democratica è centenaria e molti stati hanno già provato le dittature e ne hanno sviluppato gli anticorpi. Quindi se avessimo governanti seri gli dovremmo fare un bello scherzetto ai fondi internazionali con una bella tosata ai capitali.

  5. Concordo pienamente su tutto l’articolo. Ad urne chiuse e constatata la vittoria del Brexit, effettivamente si vedrà chi aveva ragione, ci saranno politiche di lacrime e sangue come auspicato dai leave, oppure ci sarà un periodo di espansione economica? Personalmente sono convinto che i cittadini europei non vogliono questa Europa di lacrime sangue.

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