I dati macroeconomici non giustificano il risultato del referendum nel Regno Unito. Persino il dato sulla disuguaglianza è migliorato negli ultimi dieci anni. Ma ha prevalso l’irrazionalità. Soprattutto perché è mancata un’efficace campagna a favore della permanenza del paese nell’Unione Europea.
Spiegazioni razionali, ma non funzionano
Le spiegazioni dell’esito del referendum britannico non funzionano: scarsa affluenza giovanile (pro “remain”), manifattura prostrata dall’immigrazione che compete con gli autoctoni per i posti di lavoro disponibili, correlazione tra basso reddito pro capite e voglia di Brexit su base territoriale sono al massimo nobili tentativi di mettere d’accordo le basi razionali delle decisioni con l’esito irrazionale. Ma non c’è verso di riuscirci. Alcuni numeri parlano chiaro. Dalla tabella 1 si vede che il Regno Unito negli ultimi dieci anni ha un tasso di crescita più che triplo di quello dell’area euro: 10,9 per cento contro 3 per cento.
Tabella 1 – Alcune variabili macroeconomiche: confronto Regno Unito-area euro
La crescita dell’occupazione è incomparabilmente più dinamica: 6,7 per cento contro 0,3 per cento. Il tasso di disoccupazione (non riportato in tabella) nel Regno Unito è la metà di quello dell’area euro e si colloca attorno al 5 per cento. Dopo di che resta l’ultima carta da giocare, l’asso nella manica di coloro che puntano il dito contro il mercato e la globalizzazione: la concentrazione dei redditi. Magari, chissà, tutto il nuovo reddito è finito nelle mani di pochi e questo spiegherebbe la deriva demagogica. Forse la nuova occupazione è precaria e cattiva (anche se non ci sono evidenze di questi fenomeni). In realtà, l’indice di concentrazione dei redditi (indice di Gini) scende notevolmente proprio nel Regno Unito, mentre cresce nell’area euro. Dunque, sulla base di pochi ma significativi dati aggregati si può affermare che negli ultimi dieci anni di permanenza nell’Unione Europea, il Regno Unito è diventato più ricco, inclusivo e meno diseguale. Ne consegue l’assenza di buone ragioni per uscirne. Né può giustificare l’esito del referendum il saldo negativo delle partite correnti (esportazioni meno importazioni di beni e servizi più saldo dei redditi da e verso l’estero). Nella tabella 2 si evidenzia il punto debole della Gran Bretagna.
Tabella 2 – Saldo di conto corrente in percentuale del Pil
I paesi mediterranei hanno centrato l’obiettivo di un difficile e costoso aggiustamento del saldo estero, a fronte di crescenti avanzi della Germania (in contrasto con i regolamenti internazionali che considerano squilibrio macroeconomico un surplus superiore al 6 per cento del Pil nella media di un triennio). Per il Regno Unito, lo sbilancio nei confronti dell’estero potrebbe risultare problematico nel medio termine perché va finanziato con crescente indebitamento o con ingenti flussi di capitale in entrata che acquistano attività dei residenti (per esempio nel mercato immobiliare). Quand’anche i sostenitori della Brexit fossero stati preoccupati da queste dinamiche, la conclusione di uscire si confermerebbe del tutto sbagliata. La politica monetaria britannica è già libera, né si ridurrà il grado di coordinamento con quella delle altre banche centrali una volta fuori dall’Unione. La politica fiscale era già agibile, mentre peggiorerà notevolmente la fluidità dell’interscambio commerciale con il resto dell’Europa, esattamente l’opposto di quanto desiderato dal Regno Unito da sempre (no all’unione politica, sì al mercato unico). Un paese isolato con una valuta più debole attirerà meno capitali, rendendo di fatto più complicato acquistare il saldo di conto corrente mostrato dalla tabella.
La menzogna in democrazia
Per spiegare la Brexit non resta che ammettere la questione della menzogna sistematica e prolungata che ha tratto in errore i cittadini. Si può mentire in democrazia? Certamente, ci mancherebbe. Infatti, una democrazia funzionante non solo si può permettere una quota di “falsi profeti” perché ha anticorpi atti a smascherarli, neutralizzandone intenti e potenziali effetti, ma anzi una frazione di falsità serve come “sparring partner” per forgiare persone più consapevoli e, quindi, migliori istituzioni. Perché non ha funzionato? Perché è mancata la controparte. Nel Regno Unito, come in Italia e in quasi tutta Europa, le posizioni oggi sono due: chi è contro l’Europa e dice “leave” e chi è contro l’Europa e dice “remain”. La prima posizione, c’è poco da fare, è più coerente – anche se irragionevole oltre che irrazionale – ed è stata premiata. Finché non ci sarà qualcuno che sosterrà senza troppi distinguo l’Europa che c’è come presupposto di quella che vorrebbe e che si impegna a realizzare, la porta resterà aperta, soprattutto per uscire.
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Andrea
Sono assolutamente d’accordo che e’ mancato il messagio pro-remain. Detto questo, non sono pero’ convinto che i dati macro riportati nell’articolo raccontino tutta la storia, e che quindi sia immediato e ragionevole scontare ragioni economiche per il voto.
Primo, il paragone con il resto dell’Europa lascia il tempo che trova. Dire che la disoccupazione e’ piu’ bassa che nel continente, ad un inglese non interessa molto. Inoltre, nonostante la bassa disoccupazione, un problema serio in UK e’ sicuramente la bassa crescita dei salari.
Secondo, la bassa disoccupazione, cosi’ come misure di disuguaglianza, includono tutti i residenti, compresi gli immigrati. Credo sia evidente che, se il 5% dei disoccupati (nel caso limite) fossero tutti britannici, mentre tutti gli immigrati avessero un lavoro, un certo malcontento sociale possa emergere piuttosto facilmente.
Parlando con amici inglesi, sembra poi esistere, in alcune parti del paese, un sentimento xenofobo strisciante che il referendum ha in qualche modo legittimato. Personalmente, sono convinto che i fattori economici abbiano comunque contribuito ad esasperare questo elemento, anche se una prova definitiva di questa mia convinzione e’ difficile da trovare.
Marcello
1) la variazione del 10% del PIL in 10 anni non è un gran risultato, lo diventa solo quando confrontato con quello ancora peggiore della media UE. Non lo sbandiererei come dimostrazione che stare dentro alla UE ha fatto bene all’economia della GB.
2) Perché far vedere un arco temporale così breve dell’indice Gini, faccia vedere un intervallo di 10-20 anni. Le cose appariranno per quel che sono la variazione statistica di un indice che rimane sostanzialmente immutato anche nel periodo UE!
Henri Schmit
Penso che il triste spettacolo di un’immigrazione extra-europea mal gestita (dall’UE e dai governi nazionali) sia stata determinante per la formazione del (ri-)sentimento anti-europeo nel RU. Ricordo il campo a Calais e i numerosi tentativi disperati di attraversare a Manica, l’incapacità delle autorità francesi di evitare un accampamento disumano e incontrollato; la situazione analoga in miniatura a Ventimiglia; il rischio di una replica sotto il Brennero; la rotta dei Balcani apertasi dopo le dichiarazioni improvvise e imprudenti della cancelliera tedesca (in seguito a un voltafaccia a 180° dopo la scoperta di decine di cadaveri in un TIR alla frontiera con l’Austria); i flussi attraverso il Mediterraneo, la disperazione, la morte e l’incapacità dei governi nazionali di gestire il fenomeno (a parte l’innegabile bravura della guardia costiera e dei servizi italiani); l’incapacità in Italia (e in Grecia) di gestire l’identificazione, le procedure giuridiche e la permanenza nei centri di transito, spesso cornice dei peggiori vizi ed abusi tipici del carattere (o della caricatura) nazionale. Come non capire chi preferisce salvarsi davanti a tanta incapacità? Se poi aggiungiamo le debolezze finanziarie e fiscali (che toccano meno il RU mai entrato nell’euro), la decisione è presto presa. Il rischio ora è che ci saranno altre “ribellioni” contro la razionalità dei numeri. L’UE mi piace meno dopo il Brexit, ma non è solo colpa di menzogne; è anche colpa nostra.
Josef
c’è chi dice che il Regno Unito sia uscito per sfuggire al tentativo del suo assorbimento da parte di questa entità denominata UNIONE EUROPA, dove la fanno da padrone le Multinazionali Private e i Grandi Apparati Bancari e Militari.
Con la Brexit, il Regno Unito ha ribadito la Sua indipendenza innanzitutto dalla BCE, dai piani militari NATO ed dell’Unione Europea, nonchè dalle scellerate politiche commerciali imposte dall’Unione Europea verso la Russia; ecco forse il cuore del problema sono i rapporti militari, economicie finanziari tra UE e Russia, terreno su cui il Regno Unito può ora decidere di avere una propria politica globale completamente autonoma rispetto al quella di Stati Uniti e Unione Europea.