Alcune banche italiane potrebbero aver bisogno di ricapitalizzarsi. Il governo cerca di contrattare con Bruxelles una diversa applicazione del bail-in per non coinvolgere nelle perdite gli obbligazionisti subordinati, spesso piccoli risparmiatori. Ma è una scelta sbagliata, per almeno tre motivi.
Quando scatta il bail-in
Le banche italiane tornano a preoccupare i mercati in vista dei risultati degli stress test, che L’Autorità bancaria europea (Eba) rilascerà alla fine del mese e che potrebbero rivelare la necessità di aumenti di capitale. Al centro della discussione tra Roma e Bruxelles c’è la possibilità di utilizzare fondi pubblici e le conseguenze che ciò avrebbe per contribuenti e detentori di obbligazioni bancarie. Le regole europee prevedono che una banca che necessiti di capitale cerchi di procurarselo sul mercato da investitori privati. Il fatto che abbia bisogno di ricorrere al supporto pubblico è normalmente sufficiente affinché sia messa in risoluzione. Se la banca entra in risoluzione, l’uso di fondi pubblici è concesso dopo aver imposto parte delle perdite a azionisti e obbligazionisti. La direttiva europea in materia di risoluzione bancaria prevede che il contributo (bail-in) sia pari ad almeno l’8 per cento del passivo totale. In Italia, il requisito è problematico per via della quantità di obbligazioni bancarie detenute dai risparmiatori al dettaglio, spesso all’oscuro del rischio. Per rimediare “disturbi” all’economia nazionale o per preservare la stabilità finanziaria, l’articolo 32(4.d) della direttiva permette di effettuare una ricapitalizzazione precauzionale con fondi pubblici senza che la banca venga messa in risoluzione. In questo caso, la ricapitalizzazione è soggetta alla disciplina che regola gli aiuti di stato, che prevede comunque il contributo dei creditori della banca, ma limitato ad azionisti e obbligazionisti subordinati. Questa opzione limita il requisito di bail-in rispetto al caso in cui la banca sia messa in risoluzione, ma non lo elimina. Il costo politico resta rilevante, perché in Italia i piccoli investitori detengono circa metà di tutte le obbligazioni bancarie subordinate.
L’eccezione all’eccezione
La situazione è evidentemente delicata: c’è la necessità di rafforzare il capitale delle banche italiane per rassicurare gli investitori, ma la disciplina europea prevede che l’uso di fondi pubblici sia normalmente soggetto all’imposizione di perdite su azionisti e – come minimo – obbligazionisti subordinati. Prospettiva non allettante per un governo che prepara un referendum cruciale in ottobre, dopo segnali preoccupanti dalle recenti elezioni. La Comunicazione bancaria emessa dalla Commissione europea nel 2013 contiene un’eccezione all’eccezione: permetterebbe di limitare ulteriormente o di sospendere il bail-in degli obbligazionisti subordinati previsto nel regime degli aiuti di stato, se anche questo minimo bail-in mettesse a rischio la stabilità finanziaria o avesse “effetti sproporzionati”. Il governo italiano potrebbe invocare questa eccezione all’eccezione, ma non dovrebbe farlo, per tre motivi. Primo, l’idea del “diritto costituzionale al risparmio” – popolare in Italia tra gli oppositori del bail-in – è fuori luogo. Confonde i due concetti di investimento e risparmio: investire i propri risparmi in obbligazioni bancarie comporta un rischio. La Costituzione italiana non garantisce – e non dovrebbe garantire – il diritto a essere sempre e comunque salvati dalle conseguenze di scelte d’investimento sbagliate. Ciò che tutti dovrebbero vedersi garantito è il diritto di fare scelte d’investimento consapevoli e di non essere truffati. Il che ci porta al problema della vendita fraudolenta, rilevante nel caso italiano. Queste pratiche avrebbero dovuto essere prevenute in passato, ma non sono motivo sufficiente per giustificare il salvataggio di tutti gli obbligazionisti subordinati oggi. Sarebbe sbagliato dare per scontato prima di averlo accertato che tutti gli obbligazionisti subordinati fossero completamente inconsapevoli del rischio sottoscritto o che tutti siano stati truffati. Sembra più saggio optare per il bail-in degli obbligazionisti subordinati ora e poi mettere in piedi uno schema di compensazione per le vittime di frode, come fatto l’anno scorso. Secondo, il rischio per la stabilità finanziaria, necessario per sospendere il minimo bail-in richiesto nel caso di ricapitalizzazione precauzionale, non è ovvio. Il bail-in degli obbligazionisti subordinati condotto nel 2015 non ha avuto effetti distruttivi e non c’è un’ovvia ragione per cui una ricapitalizzazione precauzionale – che includa uno schema credibile di compensazione per le vittime di frode e la protezione dei creditori senior – debba creare necessariamente instabilità finanziaria. Il rischio semmai è politico, perché lo shock sarà immediato e il rimborso richiederà tempo. Infine, la gestione della situazione Italiana ha importanti implicazioni a livello Ue: è la prima occasione in cui la direttiva in materia di risoluzione viene sperimentata nel mondo reale. Lo scopo delle regole è fornire chiarezza sulla gestione dei problemi bancari in futuro ed è necessario che vengano applicate coerentemente perché siano credibili. Non c’è una soluzione facile: in un paese in cui l’alfabetizzazione finanziaria è bassa e circa un terzo delle obbligazioni bancarie è in mano a investitori retail, il bail-in sarà doloroso. Ma piegare le regole – che si sono negoziate, trasposte e si conoscono da tempo – per evitare anche il coinvolgimento minimo degli obbligazionisti subordinati previsto in caso di ricapitalizzazione precauzionale creerebbe una confusione pericolosa con effetti imprevedibili a livello europeo.
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Rino Impronta
Se lei mi permette aggiungerei un piccolo tassello allo scenario da lei raffigurato in modo completo. Che fine farà il nostro sistema bancario? In questo particolare momento in cui l’informatica la fa da padrone (acquisti e vendite di titoli e attività finanziarie tutte on.line ), pochissimi clienti che si servono delle agenzie per effettuare operazioni bancarie, l’uso sempre più limitato del contante (vedi il maggior uso della moneta elettronica e l’eccessivo costo della gestione del contante – sette miliardi e più di euro all’anno -). Certo stiamo andando incontro ad una necessaria riorganizzazione del Sistema Bancario in tutti i sensi (territoriale e surplus di risorse umane). Cosa faremo? Qualcuno si è posto il problema del “dopo”? O si aspetta sempre la manna dal cielo, qualche provvedimento estemporaneo della BCE in aiuto delle malmesse aziende (bancarie)? Nei bei discorsi dei nostri politici troviamo sempre dei rifermenti a come gestire ed uscire dal grande problema occupazionale dei giovani, il loro mancato inserimento nel mondo del lavoro (se ciò accadrà e quando!).E’ ora di rimboccarsi le maniche sul serio e non con le solite prediche che lasciano il tempo che trovano. Rino Impronta.
Maurizio Cocucci
Confido nella Commissione Europea che proibisca il solito contributo pubblico al salvataggio delle banche in crisi. A questo proposito vorrei poi sapere perché solo in Italia una banca non può fallire mentre all’estero si è assistito a soluzioni drastiche di questo genere e non mi risulta che il Paese abbia avuto ripercussioni tragiche. La questione è quindi politica, la quale teme di perdere consensi dal lasciare che si arrivi a soluzioni così drastiche. Se per evitare il fallimento vi è la possibilità di procedere con un piano di risanamento non vedo perché ad esso devono partecipare cittadini che con quell’istituto non hanno nulla che vedere. L’intervento pubblico deve essere limitato a casi di particolare gravità, esattamente come previsto dalle attuali normative. Inoltre un aggiramento delle regole non risolverebbe il problema alla radice che a differenza dei luoghi comuni non è dovuto alla crisi economica, bensì al modo con cui alcuni istituti di credito sono stati amministrati, al come ed a chi hanno prestato somme ingenti di denaro che poi non è rientrato. Le nuove normative come il Bail-in rappresentano un ottimo deterrente in quanto respnsabilizzano maggiormente i soci nella scelta e nel controllo del management, anche se a breve comportano sacrifici di soggetti in buona fede.
Stefano
la divisione risparmiatore investitore mi incuriosisce , in un paese dove per dare un minimo di remunerazione al risparmio si deve per forza investire sia pure in bot.
Un dubbio ma investire in obbligazioni bancarie quindi in banche che raccolgono il risparmio non mi sembra equivalente ad investire in obbligazioni di altri settori merceologici.
Stefano Paglia
Stefano Scarabelli
Io guarderei al caso Novo Banco per avere un’idea degli effetti di un bail-in maldestro: sono stati colpiti (solo) gli investitori istituzionali e lo spread del paese è ormai insensibile pure all’azzardo morale innescato dal QE. Poi, venendo al caso di specie, quale fattore specifico ha interessato la banca MPS e ne ha peggiorato le prospettive reddituali? La risposta è semplice: il cambiamento di atteggiamento da parte della vigilanza, non certo il fallimento del principale azionista-debitore Rio Forte come nel caso Novo Banco. E, se come sembra, nei nuovi stress test risulteranno ammanchi di capitale per le banche italiane, come la mettiamo con i risultati degli esercizi 2014? Questi ultimi erano completamente errati? La situazione è forse peggiorata in questi 2 anni nonostante si continui a sostenere che è in corso la ripresa? Il QE forse non serve a nulla ed i tassi negativi ancor meno? La cosa sorprendente è che ci si aspetta dagli investitori retail qualcosa che non è nemmeno preteso dai regolatori, i quali cambiano idea a seconda dei consulenti ai quali si rivolgono. Poi non stupiamoci se vince la Brexit…
Stefano Scarabelli
Puntualizzo: sono un azionista MPS che ha sottoscritto l’ultimo aumento di capitale.
Henri Schmit
Ottimo articolo, chiaro, preciso e convincente. Il problema sono le subordinate piazzate spesso in tempi sospetti presso la propria clientela retail indistinta, e la super-eccezione nella normativa europea. “Ciò che tutti dovrebbero vedersi garantito, dice giustamente l’autrice, è il diritto di fare scelte d’investimento consapevoli e di non essere truffati”. Una domanda: ma da quale attivo, patrimonio, fondo o cassa dovrebbero essere indennizzati i creditori subordinati truffati? e due osservazioni: per credibilità e equità devono essere i tribunali ordinari a pronunciarsi, caso per caso, sulle responsabilità accertate e sui danni creati dalle emissioni truffaldine. Solo così, attraverso la certezza del diritto, e non attraverso soluzioni tirate fuori da non si sa quale cilindro, si “educa” o alfabetizza la massa dei risparmiatori-investitori, cioè disciplinando gli intermediari finanziari e sanzionando quelli colpevoli. Lo Stato, gli organi di vigilanza e i tribunali sono vario titolo garanti della fede pubblica, cioè di tutela contro truffe da parte di soggetti VIGILATI. Rimane la questione: quale patrimonio copre l’indennizzo.
Marcello Romagnoli
Vorrei che si ricordasse che la legge sul Bail-in viola l’arto.47 della Costituzione Italiana:
“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.”
I correntisti oltre i 100.000 euro non sono tutelati. La Costituzione non pone limiti nè rimanda a leggi ordinarie per farlo.
“Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. “. Un banca è un complesso produttivo del paese quindi anche i suoi azionisti dovrebbero essere favoriti. Il mancato controllo che lo stato non può delegare ad enti privati stranieri che lo fanno con regole opinabili. Ad esempio pesa negativamente di più avere un titolo di stato in portafoglio che un derivato….è tutto un dire!
Maurizio Cocucci
Come si fa a ricordare qualcosa che non è mai stata decretata ufficialmente? Al momento la norma sul salvataggio interno (o Bail-in) è legittima costituzionalmente, almeno fin quando la Corte Costituzionale non dovesse decretare il contrario su richiesta specifica (ricorso), che in questo caso può essere presentata da un tribunale.
Massimo
Complimenti per l’articolo. Come giá avuto modo di seguire su bruegel.org, l’autrice sa esemplificare molto chiaramente i concetti fondamentali. Uno dei migliori articoli che spiega tutta la faccenda..condivido al 100% i concetti espressi, soprattutto la divisione tra investimento e risparmio..solo bisogna accertare eventuali responsabilitá di chi ha piazzato tutte quelle obbligazioni subordinate in modo forse truffaldino..possibile non sapere che per correre meno rischi possibili si prendono titoli di stato o buoni postali e simili..solo che i rendimenti sono quelli che sono, non certo come altre forme di investimento più rischiose..
SpeculaThor
Ciò che ti sfugge è che intero sistema bancario (inclusa la Cina) se uscissero i numeri veri (inclusi derivati ancorchè nettati ed i moderni CoCo) è fallito. Soprattutto se emergesse il vero fair value. Mps ed Unicredit nn son certo peggio di Credit Agricole o Db o Credit Swiss o Hsbc.
Il fatto che tu nn dica che Bail In è stato progettato da Germania dopo che aveva iniettato almeno 200 mld x nn finanziar quelle del Sud. Perchè te lo sei dimenticato ? E perchè ti sei dimenticata che i 50 miliardi che abbiam dato col salva stati alla Grecia han poi salvato tedeschi e francesi. E gli spagnoli a cui abbiam salvato Barcellona e Real. Il bail out verrà concesso per evitar il bail in di Deutch Bank e per evitar dopo Brexit la Italiexit.
Maurizio Cocucci
Secondo quali principi contabili verrebbero determinati i “veri” fair value, i suoi? La spiegazione sulle ragioni per cui si è introdotto il Bail-in è altrettanto singolare. Se permette, non solo alle banche tedesche non va di contribuire al salvataggio di banche di altri Paesi, ma anche a quelle italiane di fare lo stesso verso quelle straniere. Evitiamo la barzelletta dei tedeschi egoisti e degli italiani (o altri) caritatevoli. Anzi, io approvo in pieno la norma perché anche solo in qualità di semplice contribuente non condivido di intervenire, anche se nel mio piccolo se non microscopico contributo, nel salvataggio di un istituto bancario con il quale non ho nulla a che fare. Oggi come oggi personalmente non tollero ‘ignoranza’ finanziaria e coloro che investono in una forma unica la liquidazione o comunque i propri risparmi di una vita sono sprovveduti e ingiustificati dal richiedere come fosse una sorte di polizza assicurativa (di cui non pagano premio) l’intervento pubblico. Infine rammentiamo che in ogni caso l’intervento pubblico non è escluso ma è seguente a quello di azionisti e una parte di creditori, almeno fino a coprire l’8% del passivo (e questo l’autrice lo ha scritto!). Lasciamo perdere la bizzarra tesi che con i fondi salvastati si siano salvate le banche francesi e tedesche, che a quanto pare erano i creditori, e non il sistema bancario o greco o spagnolo, che erano i debitori, e da che mondo è mondo sono questi ultimi ad essere salvati.
Sergio
Quello della dott.ssa Merler è il classico articolo di un tecnico, certamente competente, che però non tiene conto delle conseguenze sociali di quello che scrive sul piano teorico. Credo che nessun governo potrebbe reggere politicamente l’ applicazione del bail in a migliaia e migliaia di obbligazionisti e al contagio che questa scelta avrebbe sui mercati. Banca Etruria era una piccola banca, l’impatto era limitato e gestibile. E comunque Renzi ha fatto fatica. Ragionevolmente, si può ritenere che il governo non seguirà il suo consiglio, tratterà con la Commissione, che a sua volta non penso che sarà intransigente, alla fine si troverà un compromesso accettabile. Se sarà così, la dott.ssa Merler dovrebbe riflettere prima di prendere posizioni che rischiano di avere una scarsa attendibilità.
Carmelo Catalano
Cosa dire? Che l’inizio dell’articolo è completamente sbagliato. Tutti sanno, infatti perchè l’EBA l’ha chiarito più volte, ma evidentemente alla Merler la notizia non è pervenuta, che gli stress test 2016 non potranno mai rivelare la necessità di aumenti di capitale. In quanto sono esercizi che verrano utilizzati nell’ambito del processo SREP della BCE per determinare i parametri patrimoniali e le azioni per porre rimedio alle criticità eventualmente emerse dagli stress tes.
Gino
Il bail-in DEVE assolutamente essere rivisto.
E’ giusto che in prima istanza debbano rispondere gli azionisti (che per definizione sono soci, dunque spartiscono gioie e dolori con la società), discutibile ma tutto sommato accettabile che intervengano gli obbligazionisti.
Del tutto sbagliato a mio avviso che si arrivi in ultima istanza a toccare i correntisti, anche se sopra determiante cifre.
Tanto per intenderci: personalemte non rientro in quest’ultima fascia ma ritengo sia SACROSANTO che se un correntista lascia i soldi sul conto (che sia 10 euro o un miliardo di euro non cambia) – e quindi non li investe – la banca li DEVE garantire.
Ma stiamo scherzando?!
Io sono cliente della banca, mica loro socio!
Sarebbe come a dire che il controllore dei biglietti del treno passasse anche ad emettere fattura ai passeggeri muniti di biglietto per la manutenzione del treno…