Per aumentare la natalità nel nostro paese non basta una campagna pubblicitaria o una ridefinizione del bonus bebè. Servono risorse e misure strutturali che creino condizioni più favorevoli alla scelta di fare figli. Occupazione femminile, investimenti per la prima infanzia e ruolo dei padri.
Perché non basta il bonus bebè
Oggi, in Italia, il bonus per bimbo nato è di 80 euro mensili, complessivamente 960 euro all’anno per tre anni alle famiglie con un reddito che non superi i 25mila euro. I cambiamenti anticipati dal ministro della Famiglia Costa sono tre. Il primo riguarda l’età della madre (già discussa nell’articolo di Francesco Billari). Il secondo è un ampliamento dei tempi in cui è possibile percepire il bonus, disponibile dal settimo mese di gravidanza. Il terzo riguarda la stabilità dell’intervento, a differenza delle misure una tantum precedenti. L’intervento ha come obiettivo la ripresa del tasso di fecondità nel nostro paese, che gravita attorno a 1,4 figli per donna ormai da anni ed è stimato dall’Istat a 1,35 per il 2015. Tuttavia, non è solo la stabilità del bonus bebè (o la possibilità di percepirlo prima della nascita del bambino) che può incentivare la natalità italiana. La letteratura che studia l’impatto delle politiche pubbliche sulla fecondità mostra che i trasferimenti monetari alle famiglie hanno effetti limitati: al massimo inducono quelle che già sono orientate ad avere figli ad anticipare la data delle scelte riproduttive.
L’obiettivo generale delle politiche deve essere ridurre i livelli di incertezza in cui si trovano le giovani coppie in Italia, che le porta a spostare più avanti – e a volte a rinunciare – alle tappe della vita adulta: indipendenza dalla famiglia di origine, lavoro, casa, figli. Secondo i dati Ocse, nel 2014 l’Italia era il paese in cui le madri alla nascita del primo figlio avevano l’età più elevata d’Europa: 30,7 anni contro una media Ue-28 di 28,5. La stima Istat per il 2015 è in ulteriore salita a 31,6. Mentre sono in Francia le mamme più giovani: 28,3 anni alla nascita del primo figlio. Questi dati possono giustificare la proposta di condizionare il bonus all’età della mamma. Ma non è necessariamente una buona idea per le ragioni che sono già state discusse. Come argomentano Marco Albertini e Alessandro Rosina, il bonus bebè rischia di essere solo “una misura di sostegno al reddito per coppie la cui situazione economica è poco florida”.
La bassa fecondità non è spiegata da una preferenza a non avere figli: la maggior parte delle donne italiane dichiara di volerne (la fecondità desiderata è di circa due figli per donna), a sottolineare come un contesto più favorevole potrebbe avere un ruolo importante per aumentarla. Un’analisi recente svolta su un campione casuale di circa 700 donne italiane senza figli tra i 20 e i 40 anni rivela che il 91 per cento si aspetta di avere un figlio in futuro e il 68 per cento di averlo nei prossimi tre anni.
Le misure che servono
Cosa crea un contesto favorevole? Servono politiche che incentivino l’occupazione femminile (che come si vede dai confronti internazionali e da quelli tra regioni italiane è positivamente correlata ai tassi di fecondità) e, in particolare, l’occupazione delle madri: secondo i dati Istat, circa il 25 per cento lascia o perde il lavoro dopo la gravidanza.
Occorrono investimenti per la prima infanzia, fortemente rallentati negli ultimi anni: continua a prevalere un modello di cura fortemente legato alle reti familiari e al supporto dei nonni. La possibilità di avere aiuti dai nonni aumenta la probabilità di avere un figlio, ma i nonni difficilmente possono farsi carico di più bambini, e questo limita le scelte di fecondità a un unico figlio. Il rilancio degli investimenti sulla prima infanzia risulta ancora più urgente per le dinamiche demografiche ed economiche che renderanno sempre più difficile il ricorso ai nonni: età di pensionamento allungate, tassi di fecondità tardivi, maggiore mobilità geografica nel mercato del lavoro. È cruciale rafforzare le politiche di incentivo ai congedi dei padri (ancora troppo poco coinvolti nella crescita dei figli, specie nei primi anni di vita (Del Boca e Casarico Profeta), con conseguenze penalizzanti in particolare sulle possibilità occupazionali e sulle carriere delle mamme. Ogni politica di rilancio della fertilità deve includere, come è stato fatto nei paesi nordici, il ruolo dei padri. Associare il rilancio della fecondità solo a incentivi monetari alle madri può non essere particolarmente efficace se il nodo principale che blocca la decisione di fare figli è la divisione del lavoro di cura dei bambini tra uomini e donne, totalmente sbilanciata sulle madri. Dove madri e padri dividono in modo più equo e bilanciato il tempo da dedicare alla cura dei bambini, a partire dai periodi di congedo, la fecondità aumenta.
Le politiche abitative, poco sviluppate nel nostro paese, sono un altro elemento importante per ridurre le incertezze delle coppie giovani e favorire le scelte riproduttive.
Non a caso i tassi di fecondità sono tornati a crescere, dopo un forte declino, nei sistemi di welfare più amichevoli nei confronti delle famiglie – nei paesi nordici e in Francia, ma anche in quelli, come la Germania, dove gli interventi sono più recenti e meno generosi. È ora di ripartire, anche nel nostro paese.
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oscar
Ma perche’ volete aumentare la natalita’? Sia l’ambiente che la qualita’ della vita ne soffrirebbero, molti pensano che i giovani oggi siano la garanzia del pane di domani. Non in una societa’ opulenta come la nostra, come anche indirettamente dimostrato dal problema della disoccupazione giovanile.
Regaliamo un mondo migliore ai nostri figli attraverso una natalita’ ridotta.
michele
Tutto giusto…ma non sufficiente a risollevare le sorti socio economiche di questa nazione.
Si invocano troppi provvedimenti che nel tempo breve non si realizzeranno..
A mio parere, basterebbe una sola legge chiara ed immediatamente applicabile:
Dare la possibilità a tutte le mamme d’Italia di poter scegliere di restare a casa a gestire la famiglia in cambio di uno stipendio decoroso correlato al numero dei figli.
Si otterrebbero concreti risultati:
1-Si avrebbero più famiglie “normali” in ogni senso;
2-Le mamme non sarebbero frustrate, disponendo di una speciale indipendenza;
3-Si libererebbero tanti posti di lavoro da destinare ai milioni di disoccupati;
In definitiva si comincerebbero a porre le basi per la nascita di una nazione moderna…finalmente.
E, non costerebbe più di tanto, considerando l’improduttività dei miliardi buttati via in questi ultimi decenni.
Un saluto michele
Chiara Fabbri
Spiace costatare che anche i lettori di un sito come La voce esprimano opinioni del genere. Perche’mai il sussidio che il sig Michele propone dovrebbe essere indirizzato solo alle mamme? Le statistiche ci dicono che le donne ormai costituiscono la parte piu’educata della popolazione, perche’sarebbe giusto lascirale a casa? Ci perderebbero non solo le donne ma anche il paese. Chi ha detto che al paese serve liberare i posti di lavoro attualmente occupati da mamme lavoratrici per darli a disoccupati, che poi sarebbero solo maschi o anche le donne infertili?!!! Mi sfugge poi quale sarebbe una famiglia normale. Sono figlia di una madre che ha lavorato tutta la vita e a mia volta lavoro e non ritengo affatto che ne’la mia famiglia di origine, ne’ la famiglia che ho costruito con mio marito siano anormali. Fortunatamente siamo molto felici, anche grazie alla serenita’economica che il mio lavoro garantisce alla famiglia. Il modello familiare della nazione moderna che il sig Michele auspica e’sparito in Italia dai tempi di mia nonna, stiamo parlando del 1920 e non mi pare che fossimo una grande democrazia in quel periodo.
michele
Mi dispiace d’ essere stato, forse, poco chiaro.
Non ho sostenuto che le donne debbano essere lasciate a casa!
Ho auspicato una libera scelta. E posso assicurare che tante mamme che lavorano da mattina a sera, ed anche dopo in casa, accetterebbero con entusiasmo uno stipendio certo e sicuro.
Non mi riferisco alle mamme che lavorano e brillantemente riescono a portare a casa un lauto stipendio.
Ma, ce ne sono tante, tantissime che con il loro “miserevole” stipendio pagano appena la luce ed il gas…nel mentre la famiglia “sbanda” o cresce alla sans façon…
Ovviamente, la scelta riguarda anche il genitore…alla pari.
Meditate, forse è l’uovo di Colombo
Saluti michele
gabriele
Accolgo il suo saluto michele; per il resto il suo commento esprime solo qualunquismo e disinformazione. Lei vorrebbe contraddire l’articolo che invece è ricco di fonti informative e spunti di riflessione.
Personalmente ritengo che la mancanza di una educazione sessuale fin dai primi anni scolastici e una società con connotazioni troppo maschiliste non permettono all’Italia un approccio corretto, sia sotto l’aspetto sanitario e e sia sotto quello sociale, alla questione della fertilità.
michele
Signor Gabriele, il mio non mi pare essere “qualunquismo e disinformazione”
Ho espresso una possibile ed attuabile soluzione.
Ella (lei) non mi sembra ne abbia fatta alcuna…concreta.
Poi non mi permetto di contraddire alcunché, semmai mi piacerebbe leggere meno teoria e suggerimenti per soluzioni più immediate.
Un saluto michele
Andrea
Non sono d’accordo! Questi commenti confondono le politiche economiche e sociali per favorire la natalità (necessarie, importanti e urgenti!), con il problema medico dell’infertilità e la necessità di informarne la popolazione. In Italia, il 20% delle coppie sono sterili, e una coppia impiega in media ca. 2 anni prima di affrontare il problema sanitario. ‘E possibile prevenire l’infertilità ponendo maggiore attenzione alle numerose patologie e stili di vita che la causano. ‘E dovere del ministero della salute sensibilizzare, …. e non è necessario vincolare queste campagne di sensibilizzazione sanitaria all’avvio di politiche economiche-sociali. Il fatto che in Italia si faccia figli a un’età più avanzata ha cause economiche-sociali. Il ministero della Salute non ha strumenti per questo, ma può intervenire per aumentare la fertilità delle/dei 30- e 40-enni.
Giuseppe
A mio avviso gli incentivi (bonus e quant’altro) non servono a granché. Quello che ci vuole è un vero sostegno alla famiglia che sia duraturo e proporzionato alla numerosità. Ossia il famoso quoziente familiare: si sommano tutte le entrate del nucleo e si pagano le tasse sugli importi pro-capite. Stesso discorso per i ticket sanitari: è assurdo che un single ed una famiglia di 5 persone si trovino nella stessa fascia a parità di entrate. Non si riuscirà mai ad aiutare la famiglia se non si pone rimedio a queste inequità.
Marco Trento
Secondo me qui si continua a mancare il bersaglio. Il problema di fondo è il femminismo. I tassi di natalità maggiori in Europa sono in paesi dove il femminismo ha attecchito poco. Fino a quando continueremo a inculcare nella testa delle bambine che diventare madre coincide con la fine della libertà, e che le donne che lavorano a tempo parziale per occuparsi dei figli sono delle fallite, fino ad allora, dicevo, non ne veniamo fuori. Non ci sono asili nido o congedi per i padri che tengano. I cuccioli hanno bisogno delle madri in tutte le specie di mammiferi.
marco giorgini
C’è una soluzione a tutto questo: si chiama Scuola Coranica, ci vanno solo i maschi, le bambine vengono date in spose giovanissime e iniziano subito ad avere figli, che talvolta restano orfani.
salvatore
Il bello è che in una trasmissione TV (Report o simile) si mostrava come veniva affrontata l’educazione sessuale, in quei Paesi del Nord Europa, a scuola.
Forse la ministra guarda solo soap-opera
Massimo
Giuste tutte le considerazioni riportate. Tra le condizioni socio-economiche da rivedere profondamente, aggiungerei la netta discriminazione che molte mamme subiscono quando rientrano al lavoro, e senza possibilità di replicare: cambi di mansione o di posto di lavoro ecc ecc, come se la maternità fosse una colpa!! Se sta bene è così, altrimenti a casa..(conosco 12 neomamme e tutte hanno subito un trattamento del genere, ovviamente occupate nel settore privato. E vivo in una ricca regione del centronord..). Stando all’attualità politica invece è evidente la tristezza di questi provvedimenti: il simbolo degli 80 euro, come numero assurto ad emblema della c.d. politica economica di questo governo. Il limite dei 26k euro è sempre più ridicolo oltre che ad aprire ulteriori voragini di ingiustizia sociale..la cosa più triste è però il limite dei 30 anni per l’età della madre..INCOMMENTABILE. a quando una vera politica economico/sociale che parli al futuro e si finisca di spendere soldi quasi del tutto improduttivi?
Lorenzo
Sono padre di un bimbo di 2 anni. Costo nido annuale circa 6000.Nessun supporto dei genitori perché vivono a 1000 km di distanza. Con la dich. redditi ho recuperato 120 euro dei 6000 spesi. Credito d’imposta per spese sostenute per i figli aumenterebbe la natalita’ lasciando invariata l’occupazione femminile anche all’aumentare dei
figli
giovane arrabbiato
L’occupazione femminile, per quanto desiderabile, è inversamente proporzionale al numero delle nascite.
La massiccia disoccupazione giovanile non aiuta nemmeno. L’istruzione ha creato una massa di giovani sovraistruiti e senza prospettive. Niente lavoro, niente soldi per la casa o per i figli.
marco giorgini
Su quali dati basa un’affermazione così superficiale?
E’ vero il contrario.
Dati:
http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2015/569049/EPRS_BRI(2015)569049_EN.pdf http://www.indexmundi.com/map/?l=it&r=eu&v=25
Michele Arslan
Il fertility day è uno strumento per informare le coppie sui rischi di infertilità ed i comportamenti da tenere per minimizzarli. È una misura di prevenzione medica, non una politica demografica. Il titolo del vostro intervento, soprattutto nel contesto delle polemiche di questi giorni, mi demoralizza, in quanto segnala che tre donne, pur dotate di curriculum impeccabili e specifiche competenze, non hanno nemmeno capito la differenza tra queste due cose (o si prestano ad una polemica strumentale di piccolo cabotaggio). Non so quale delle due cose è peggio e lo trovo molto triste.
Marco Trento
A me sembra che non si voglia vedere il problema di fondo, quello che è veramente alla radice della denatalità, ovvero il femminismo. Il modello di riferimento per le giovani oggi è quello della donna in carriera, che vede la maternità come un freno al suo sviluppo professionale e la cura della casa come un’inaccettabile costrizione. Le donne in carriera non fanno figli, se li fanno ciò accade spesso dopo i 35 anni e una volta fatti hanno poco tempo per occuparsene. La questione degli asili nido e dei nonni è pretestuosa. I figli devono trascorrere del tempo coi genitori. È necessario ridimensionare gradualmente il mito della signorina Rambo, per dirla con Vecchioni, lasciando alle ragazze un’effettiva libertà di scelta. Se una donna si vuole dedicare alla famiglia non deve subire la pressione delle femministe che la dipingono come una donna del secolo scorso, una debole se non addirittura come una fallita.
michele
Complimenti signor Marco.
Lei ha centrato il problema.
Dal mio canto, ho suggerito solamente di dare la possibilità di scegliere se fare le mamme a tempo pieno col riconoscimento di uno stipendio pubblico certo e sicuro, al fine di non essere “mortificate” dalle cosiddette “rambo” nella più belle delle missioni umane…
Tutto il resto è politica spicciola, sostenuta banalmente dagli pseudo progressisti del politicamente corretto..
Un saluto michele
Luca Trieste
Mi scusi Marco Trento (di ieri 14:00 e di oggi 10:08 ), a beneficio degli altri utenti, può indicare quali sono le fonti a cui fa riferimento per dare il “nome” al problema? Se non ho capito male lei equipara il femminismo all’impiego femminile nel mondo del lavoro.
Ebbene le sue convinzioni si reggono su pregiudizi o su personali esperienze; provi a dare un’occhiata al sito di Eurostat e provi a confrontare le statistiche sul tasso di fertilità (fertility rate) con quelle sull’occupazione di genere (female employment rate) e troverà una corrispondenza (per lei sicuramente incredibile) diretta molto forte fra alti tassi di occupazione e alti tassi di fertilità. Al limite si può discutere su poche eccezioni dove la corrispondenza continua ma con un nesso più debole e di cui potremmo lasciare agli studiosi dei fenomeni sociali di spiegarci le motivazioni.
Parafrasando Proust: “Siamo costretti, per rendere la realtà sopportabile, a coltivare in noi qualche piccola … bugia”.
Marco Trento
Gentile Luca Triste,
assolutamente no. Femminismo non equivale a partecipazione femminile al lavoro. Il femminismo è un’attitudine e una ideologia di stampo vetero-marxista che predica l’uguaglianza dei risultati (invece che delle opportunità), l’identità sessuale come puro costrutto sociale, e infine la lotta di genere per la fine del (presunto) sfruttamento dell’uomo sulla donna (patriarcato, fallocrazia, e cose simili). È una ideologia ormai desueta che deve essere combattuta perché genera alienazione culturale e discriminazione contro i maschi (quote rosa e simili).
marco giorgini
Uhhh? Ma dove è vissuto il sig Trento e in quale secolo?
Il sig Trento non si è accorto che c’è correlazione positiva tra occupazione femminile e tasso di natalità in molti paesi?
Basta guardare il caso di Francia, Svezia, Norvegia, Lussemburgo, Olanda, Danimarca con tassi di natalità superiori a 10 per 1000 abitanti (Italia a 8) e tassi di occupazione femminile superiori a 50% (mentre noi siamo a 45).
Purtroppo la maternità è un freno allo sviluppo professionale nei paesi dove il maschilismo è dominante. In molti altri paesi, come quelli sopracitati, questo non avviene.
Dati:
http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2015/569049/EPRS_BRI(2015)569049_EN.pdf
http://www.indexmundi.com/map/?l=it&r=eu&v=25
Marco Trento
Gentile Marco Giorgini, ho letto attentamente i due documenti da lei citati, ma da nessuna parte si stabilisce un legame causale fra tasso di fertilità e occupazione femminile. Anzi. Paesi come la Turchia hanno alti tassi di natalità e bassi tassi di partecipazione femminile al mercato del lavoro, mentre è vero l’inverso per la Germania. Quello che può favorire natalità e partecipazione al mercato del lavoro è il part-time. Ma questo è proprio quello che le femministe non vogliono. Le femministe attaccano le donne che rinunciano al tempo pieno giudicandole deboli. Oggi vince il modello delle carrieriste. Il vero problema quindi è il femminismo Dobbiamo liberarci da questa ideologia e lasciare le donne veramente libere di scegliere se dedicarsi alla famiglia o al lavoro senza subire la pressione delle femministe.
Amegighi
Senza alcuna ironia vorrei sottolineare due aspetti dei suoi commenti che meritano una valutazione, neruobiologico comportamentale, il primo, e socioeconomica il secondo.
Partiamo dall’affermazione che sostanzialmente le donne debbano accudire i piccoli come in tutto il mondo animale. Volendo essere pelosi, ciò non è vero, ma non siamo ad un esame di Biologia. Piuttosto, è da considerare che nel mondo animale il maschio alfa, spesso il padre dei piccoli, alla fine diventerà il “bersaglio” dei giovani procreati, e, quando sconfitto, si troverà spesso nella tragica situazione di dover abbandonare il comando e anche il gruppo, finendo i suoi giorni solitario.
Non mi pare che nella nostra vetusta società di arzilli settantenni che detengono sedia e potere, ciò accada, per cui il suo richiamo alla indole naturale che ci contraddistingue come specie animale, andrebbe estesa anche ai maschietti. Altrimenti il messaggio è chiaramente maschilista e nettamente antinaturale.
Se consideriamo invece il fatto che la donna debba dedicarsi solo alla famiglia, dobbiamo allora chiederci che tipo di società vogliamo essere. Una società avanzata, moderna e economicamente agiata ? E possiamo permettercelo escludendo dalla sua gestione il 50% delle persone ? Non solo, ma escludendo dalla sua gestione anche un modo di vedere, di approcciare e di risolvere le cose diverso e differente dal nostro di maschi alfa dediti solo ad azzuffarci con altri maschi alfa ?
Amegighi
Leggendo i commenti (alcuni dei quali trovo eccessivamente polemici per un giornale in cui le opinioni e i fatti dovrebbero essere discussi in tono pacato ed intelligente) noto come manchi del tutto un riferimento sostanziale, quale che sia l’obiettivo di un Ministro dell Sanità per la campagna annunciata.
Appunto, l’obiettivo. Quale obiettivo ? Quale politica sociale chiara, lineare, che si propone di raggiungere un traguardo in x anni ? Io penso che un problema, se esiste, debba essere profondamente analizzato, si debbano considerare le correzioni per risolverlo e infine si debba risolvere. Qui siamo ancora alla discussione sul problema, anzi, se posso dire, alla pelosa e solita e ritrita difesa di una situazione che le Autrici hanno evidenziato chiaramente e che chiunque abbia superato il confine del nostro Stato,vede che è stata affrontata e risolta da anni, in un modo o nell’altro. E’ innegabile che l’Italia ha uno dei più bassi tassi di natalità mondiali, senza, al contempo, avere un tasso si occupazione femminile, un coinvolgimento delle donne nell’amministrazione e nel lavoro privato degno di un Paese del Nord Europa. E allora perchè ? E come risolverlo in modo che quei numeri cambino ? Insegnando alla gente come compare l’infertilità ? Dicendogli che sostanzialmente il problema della scarsa natalità è un problema medico ? Facendo passare l’idea che noi siamo così bravi che possiamo anche fare a meno del 50% della forza intellettuale, professionale e lavorativa?
Hk
Fare figli è di destra.
ms
E questa cos’è, una nuova arma biologica per sterminare la “sinistra”?
mamma & lavoratrice
Un altro problema è che anche chi ha “normale” lavoro, casa, vive in contesto dotato di servizi ed è andato oltre gli stereotipi di ruoli, genere ecc. non è libero nelle scelte famigliari perchè il reddito disponibile non basta alle esigenze di una famiglia. Oltre all’odioso problema delle opportunità, della discriminazione sul lavoro e delle dimissioni in bianco, madri e padri vengono insultati anche in busta paga e tramite prelievo fiscale, decisamente oltre i limiti della giusta contribuzione. Adesso che sappiamo di essere fertili, ci aspettiamo premurose notizie circa “con cosa mantenere i frutti della fertilità se il lavoro manca o se il lavoro c’è ma non basta” dai nostri illuminati governanti.
Andrea
Per completare il quadro sarebbe interessante una analisi dei costi sanitari dell’infertilità dovuta al desiderio di procreare in età avanzata, se possibile mi piacerebbe leggere un articolo anche su questo aspetto.