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Quantitative easing, inutile aspettare la fase 3

Un impegno esplicito della Bce a prolungare il programma di acquisto di titoli non ne avrebbe mutato l’efficacia. Consumi e investimenti delle imprese sono poco sensibili a tassi di interesse tanto bassi. Stimolo al credito nei paesi dove c’è meno bisogno.

Uno strumento ormai convenzionale

Con il Quantitative easing (Qe) la banca centrale acquista titoli di Stato (e non) dalle banche e in cambio accredita loro maggiori riserve (detenute presso la banca centrale stessa). In un periodo di tassi a zero, base monetaria e titoli governativi dovrebbero essere perfetti sostituti, e quindi l’operazione del tutto neutrale: il Qe dovrebbe avere lo stesso effetto di sostituire una banconota di 100 euro con 100 monete da 1 euro.  Tutto ciò è vero, però, se la banca centrale acquista titoli a breve termine. Se la stessa banca acquista titoli a lungo termine, l’effetto del Qe passa da una riduzione dello spread tra tassi a lungo termine (più rischosi) e  tassi a breve (meno rischiosi).
È altresì frequente l’opinione che il Qe sia un tipico strumento di politica monetaria non convenzionale. La lezione principale che abbiamo imparato negli ultimi anni è però diversa: il Qe è di fatto una politica monetaria del tutto convenzionale. Perché a essere convenzionali sono i suoi effetti principali, cioè la riduzione dei tassi di interesse a lungo termine. In altre parole, il Qe si configura come uno strumento che potrà rimanere nell’arsenale normale delle banche centrali anche in futuro, quando la fase eccezionale di tassi a breve pari a zero (o negativi) potrà dirsi terminata.
Questa osservazione è utile perché modifica la logica della domanda più ricorrente degli ultimi tempi: il Qe è stato uno strumento efficace? La stessa domanda va riformulata: bisogna chiedersi se una compressione duratura dei tassi di interesse a lungo termine sia, generalmente, uno strumento utile per stimolare un’economia in una fase di stagnazione. Indipendentemente dal fatto che ciò avvenga, in tempi normali, via una riduzione diretta dei tassi di interesse a breve termine da parte della banca centrale (che poi, di solito, si trasmette ai tassi a lungo termine); o, in alternativa, via programmi di Qe in tempi “eccezionali” di tassi pari a zero.

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Quando e dove è efficace la politica dei tassi bassi

Il punto centrale è che esiste una profonda asimmetria nella capacità delle banche centrali di gestire il proprio impatto sull’economia: le politiche monetarie restrittive (di salita dei tassi) sono molto più efficaci nel frenare l’economia di quanto le politiche monetarie espansive (di discesa dei tassi, diretta o via Qe) lo siano nell’espanderla. Nelle fasi di stagnazione, la sensibilità dell’economia agli impulsi monetari sembra modificarsi profondamente.
La decisione della Banca centrale europea di mantenere invariato il programma di acquisto di titoli è quindi sostanzialmente irrilevante. Un impegno esplicito a prolungarlo al di là della scadenza minima di marzo 2017 sarebbe destinato a non mutarne l’efficacia. La vera questione riguarda il perché i consumi e, soprattutto, gli investimenti delle imprese siano così poco sensibili alla presenza di tassi di interesse tanto bassi.
Una spiegazione classica del fenomeno è che durante le fasi di recessione molti agenti hanno vincoli di accesso al credito. In tal caso, per una famiglia o un’impresa è poco rilevante il prezzo (cioè il tasso di interesse) a cui tale credito potrebbe idealmente essere concesso.
Questo aspetto riguarda però solo il lato della domanda di credito. In economie dominate dal sistema bancario (Europa e Giappone), il lato dell’offerta di credito (i bilanci delle banche) è forse ancora più importante per comprendere perché il meccanismo di trasmissione degli impulsi monetari possa a un certo punto diventare asfittico. In queste economie è ipotizzabile che tassi di interesse sempre più bassi inducano le banche poco capitalizzate (in numero tanto più grande quanto più grave è la recessione) a estendere prestiti a imprese più rischiose (meno produttive), nonché a richiedere garanzie sempre più deboli. In altri termini, più la stagnazione persiste, più si erode il capitale delle banche, e più le banche stesse tendono a prestare soldi ai settori meno efficienti dell’economia, con un impatto negativo sulla produttività aggregata, aggravando in tal modo (in un circolo vizioso) la stagnazione stessa.
L’evidenza empirica in Europa mostra che finora tassi di interesse ultra bassi (o negativi) sulle riserve detenute presso la Bce inducono sì le banche a ridurre la loro liquidità in eccesso (quindi effettivamente a estendere il credito). Ma questo avviene solo negli istituti che già avevano un ampio eccesso di liquidità, che sono, ovviamente, maggiormente concentrati nel Nord Europa. In altre parole, tassi di interesse negativi stimolano il credito nei paesi dove c’è meno bisogno di farlo. Se quindi è vero (come precisato da Mario Draghi) che le politiche espansive della Bce hanno, nell’aggregato, riattivato l’offerta di credito nella zona euro, il problema più grande risiede ancora nella sua composizione: sia geografica (Nord o Sud) sia, soprattutto, tra tipologie di imprese (produttive o non produttive). Tenere conto di questa eterogeneità è una sfida quasi impossibile per la politica monetaria.

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14 commenti

  1. antonino

    Due commenti:
    – Non trovo corretta la spiegazione del QE come cambio nella sostituzione delle liabilities. Le riserve create dalla BC alle banche non esistevano prima, vengono create nel momento in cui si acquistano i bond. Perciò si tratta piuttosto di un’espansione delle liabilities (e degli asset anche) della BC. Ma immagino Monacelli questo lo sappia, anche se l’esempio delle banconote e monete non calza per nulla.
    – Domanda: perche’ un’erosione del capitale delle banche dovrebbe indurle a concedere prestiti più rischiosi? In che modo prestare aumenta il suo capitale (inteso come own equity)?
    Un saluto, grazie.

    • SpeculaThor

      Anche a me nn quadra il mero scambio di passività. Ma credo sia solo semplificazione espositiva. Mi interessano effetti limitati. Io sono assolutamente sicuro che nel giro di 5 10 anni tutto occidente passerà da Qe (nuova base a tempo formalmente limitato ed in Europa veicolata tramite le banche Commerciali x ragioni di Statuto&veto Germania) ad Helicopter Money (finanziamento senza scadenza e diretto agli Stati x finanziar Spesa e Tagli Fiscali). Ora sembra fantasia spesso contestata dai liberisti ler Moral Hazard ed Perdita Autonomia delle Bc. Ma sarà imposta dai fatti di fronte a fallimenti finanziari sistemici ed ondate di rivolta antisistema o populista che X ORA le Elite riescon ancora ad arginare.

      • fatti neri

        lei crede che finché esiste il denaro contante l’interesse è renderlo carta straccia…….?
        il mondo è grande,,e le valute non si fermano all’euro-patacca

    • Tommaso Monacelli

      Grazie del commento.

      1) Concordo che la frase non sia per niente chiara (Ho fatto semplificare il testo). Con scambio di passività mi riferivo al vincolo di bilancio cosiddetto “consolidato” di autorita fiscale e monetaria. Se l’ottica è solo quella del bilancio della banca centrale, ovviamente il Qe corrisponde ad un’espansione delle riserve, che sono una passività (bilanciato da una espansione delle attività = acquisto titoli di Stato).

      2) L’esempio delle banconote è una semplice analogia per dare un’idea della neutralità di sostituire un asset come la moneta con un altro asset (titoli) a lui perfettamente sostituibile (se i tassi sono zero)

      3) Riguardo a capitale delle banche e rischiosità dei prestiti: le banche tendono in questo caso a “reach for yield”. E c’è evidenza empirica forte su questo in Europa (ad esempio diversi papers di JL Peydro’)

  2. paolo mariti

    Caro Monacelli, ma tutto questo – con la possibile eccezione che se ne sarebbero avvantaggiati sopratutto gli istituti con maggiore liquidità – non era abbastanza noto da tempo?

  3. Forse sarebbe il caso di aggiungere che le politiche monetarie in generale e sopratutto in una crisi e trappola della liquidità più di tanto non possono fare , e questo Draghi lo sa benissimo etra le righe lo ripete, ci vuole ancheuno stimolo fiscale, sopratutto più investimenti ( ma che fine ha fatto il ridicolo piano Junkers?) , i soldi quindi ci sono si tratta di farli girare, creando tramite investimenti Statali un circolo positivo ( moltiplicatore) , queste cose sono piuttosto banali e conosciute tranneche dai politici europei

    • paolo mariti

      totalmente d’accordo. Ciò era abbastanza noto: la corda monetaria può essere tirata ma non spinta. E poi perchè vincolarsi ad un target di inflazione anziche ad uno di aumento del prodotto monetario che, risultando dal prodotto di due variabili, consente più “scappatoie” se le cose non si mettono come previsto?

    • fatti neri

      concordo e aggiungo che la nostra generazione vede un vero e proprio scandalo commerciale in corso dove anche nella stessa ue le aziende migrano come piccioni viaggiatori grazie alle diverse fiscalità, retribuzioni ect

  4. Attualmente le società più solide dell’Eurozona si finanziano a tassi praticamente negativi, grazie alle modalità molto discutibili (e, a mio avviso, illegali) con il quale viene attuato il QE (con partecipazione delle BCN ai private placements!!!). Mi potrebbe spiegare l’autore dell’articolo come possono le banche prestare ai prenditori più solidi, se vengono spiazzate tramite l’emissione di corporate bond? Di fatto la BCE (e la BoJ) stanno sancendo l’inutilità di un sistema bancario privato…

  5. fatti neri

    dissento in todo dal pensiero banche centrali=babbo natale. mi spiego: avere con qe ts non significa rischio assoluto in quanto detengono solo una percentuale di singoli titoli con determinati requisiti ma questo non significa che ne abbiano altri che cedono in plusvalenza ergo i primi credo servono solo a ridurre il peso fiscale di questa ed è per questo che NULLA cambia nell’economia reale dove NULLA torna di questi guadagni, anzi, le masse stanno perdendo molti soldi di rendimento che non tornano appunto sui consumi reali a differenza di quelli citati che ritornano sempre nel vizioso circuito finanziario in cento modi che comunque non sortiscono neanche un posto di lavoro in più, anzi grazie al web ed ai potenti software il calo occupazionale è segnato anche tra i bancari, putroppo

  6. Matteo Montedoro

    Nei lunghi periodi di crisi congiunturale acuta, è la politica fiscale l’arma fondamentale per stimolare consumi ed investimenti, accompagnata da consistenti contributi di politica monetari.
    E’ in assenza di politiche fiscali adeguate che le politiche monetarie “non convenzionali” si traducono, in termini di efficacia, in “convenzionali”.
    In condizioni asfittiche della domanda per consumi e della domanda per investimenti, in sistemi economici non bancocentrici, la finanza “reale” manifesterebbe ugualmente difficoltà nel convogliare flussi finanziari verso imprese sfiduciate dalle preoccupanti previsioni future della domanda.
    Una domanda: in assenza di una sostanziosa politica fiscale, quale sarebbe il quadro economico attuale senza le politiche monetarie “convenzionali e non convenzionali” della BCE?

  7. Enrico

    L’incentivo da parte delle banche a disfarsi della propria liquidità aggiuntiva privilegiando particolarmente gli agenti ad alto rischio dovrebbe in realtà trovare una compensazione con le nuove e più stringenti regole di Basilea 3,almeno nel lungo periodo quando diverranno completamente operative. Questo è noto ai guru della Bce, ed è per questo forse che stanno ancora puntando forte sulla politica monetaria. Temo tuttavia che sia solo una pezza,viste anche le accresciuto difficoltà degli istituti di credito a mettersi in regola in merito alla capitalizzazione, e che solo solo una tanto agognata politica fiscale centralizzata otterrà i risultati sperati

  8. Maurizio Cocucci

    Per sostenere se il QE ha avuto efficacia o meno occorre intanto stabilire rispetto a quale obiettivo misurarlo. Il tasso di crescita dei prezzi? Quella del PIL? Era abbastanza evidente che questa misura di politica monetaria, convenzionale o meno, avrebbe dato un apporto ridotto e che quella più determinante era ed è tuttora quella fiscale che il nostro governo, come del resto i precedenti, stentano a perseguire. E’ sufficiente osservare i DEF degli ultimi anni con un freno della crescita della spesa corrente ma un taglio drastico a quella in conto capitale (investimenti). esattamente il contrario di quello che si doveva fare e difatti Mario Draghi lo ha ribadito numerose volte che la politica fiscale avrebbe dovuto accompagnare quella monetaria altrimenti quello che sta facendo da parte sua la Banca Centrale Europea risulta poco efficace.
    In ogni caso leggendo i rapporti dell’ABI non emerge che questa sua stata inutile se ad oggi (o meglio a giugno 2016) i prestiti alla clientela da parte delle banche è stata di 1.826 mld a fronte di una raccolta di 1.669 mld di euro. A fine 2007 (prima della crisi) i prestiti alla clientela ammontava a 1.673 mld. Occorre quindi analizzare a chi sono andati e come sono stati utilizzati. Ritengo che erano sovrastimate le aspettative del QE.

  9. enzo

    se il cavallo non vuol bere … avrebbe detto qualcuno il secolo scorso. Il costo del denaro di per se non è sufficiente a determinare gli investimenti , questi sono dettati principalmente dalle aspettative e queste mancano. D’altro canto draghi non ha a disposizione altri strumenti : una trappola istituzionale. Un uso del QE a favore di una redistribuzione del reddito stimolerebbe certo i consumi ( e l’inflazione ) ma in tempi di mercati globali per beni , imprese e finanza , si viaggia in terra incognita.

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