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L’ambasciator porta lo smartphone

Si chiama “diplomazia per la crescita”. È il tentativo di trasformare l’immagine del mondo dei diplomatici dalle tradizionali feluche ai panni dei manager dotati delle tecnologie più aggiornate. Per affrontare la complessità della globalizzazione. Dopo il salvataggio dell’Ice, rimane ancora molto da fare.

Il governo tecnico non è stato secondo ai governi politici precedenti nel coniare nuove formule per fare presa su un elettorato dominato dal’antipolitica. Così è nata anche la “diplomazia per la crescita” con l’obiettivo di dissociare l’immagine del mondo dei diplomatici dalle tradizionali feluche ai più moderni panni dei manager pubblici con tablet e smartphone. In pratica si è opportunamente ritornati indietro rispetto alla disgraziata abolizione tremontiana del’Ice (il decreto Salva-Italia è stato anche un decreto salva-Ice) e si sono intensificati gli sforzi di presenza delle aziende italiane in mercati lontani.
Molto rimane ancora da fare in questo campo. Dopo aver salvato l’Ice, bisogna trovare i soldi per farlo funzionare. Non il carrozzone di Stato del passato ma un organismo snello che accompagni l’internazionalizzazione delle Pmi che vanno all’estero. E bisogna sbloccare passaggi amministrativi e contabili per attuarne l’operatività.
Quello diplomatico per la crescita è uno sforzo utile e che dovrà essere continuato dal futuro governo, sia pure nella scarsità di risorse finanziarie da destinare allo scopo. È importante continuare perché la demografia punta a Oriente e a Sud. È un mondo nel quale il futuro segretario del Wto non sarà più europeo (francese) e nel quale otto dei nove concorrenti al posto oggi di Pascal Lamy provengono dai paesi emergenti o poveri.
La soluzione della crisi europea e il consolidamento delle posizioni raggiunte in paesi culturalmente vicini come gli Stati Uniti sono passi cruciali. Ma devono andare di pari passo con un’effettiva globalizzazione della società italiana che coinvolga la sfera dell’accoglienza e dell’integrazione di chi arriva da lontano nel nostro sistema di regole oltre all’accresciuta penetrazione del Made in Italy – in tutte le forme – in mercati ancora oggi troppo lontani.

 

Autovalutazione Governo Politica estera

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Le lobby in aula, freno alle liberalizzazioni

  1. Giancarlo Guarino

    Cari Amici,
    tra i molti errori della politica estera italiana e di chi la dirige e la ha diretta, c’è stato (non va ascritto a questo Governo, ma tant’è) quello della soppressione dell’Ufficio del Contenzioso diplomatico. che nei paesi normali è una istituzione benemerita che, grazie alla consulenza di esperti (leggi, innanzitutto, professori universitari di discipline internazionalistiche), che lo guidano, indirizza in termini giuridici l’attività del Ministero e quindi del Governo nella sua politica estera e, quindi, nelle sue decisioni in merito alle non poche questioni giuridiche controverse.
    Si tratterebbe, e si potrebbe trattare se non fosse stato abolito brutalmente, di un vero e proprio centro di studi e di analisi giuridiche, fondamentale per evitare, o almeno ridurre, comportamenti (e dichiarazioni!) scorretti da parte del Governo in politica estera. E inoltre, più sommessamente ma assai utilmente, servirebbe ad aiutare il Governo anche ad aggirare o se si preferisce violare senza eccessivi danni le norme che la politica ritenga utile o necessario violare.
    Sarebbe, insomma, ciò che altrove è, una sorta di avvocatura del Governo in attività estere e non interne come attualmente fa l’avvocatura dello Stato.
    Cordialmente
    Giancarlo Guarino

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