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Tariffe autostradali: l’aumento è sempre opaco

Fin dall’inizio, le società che hanno realizzato e gestito le autostrade italiane si sono avvantaggiate di una garanzia statale di fatto. Le privatizzazioni hanno poi aggiunto una procedura per l’aumento dei pedaggi ben poco trasparente. È necessario riequilibrare il rapporto concessionari-utenti.

Il peccato originale

La prima autostrada italiana, la Milano–Laghi, inaugurata nel 1924, fu realizzata dalla società privata, dell’ingegner Piero Puricelli, che dell’infrastruttura era stato il promotore. Quando però, dopo qualche anno, il traffico si rivelò insufficiente, subentrò lo stato, che se ne accollò la situazione debitoria.
Fin dall’inizio, dunque, si ebbe di fatto una garanzia statale a vantaggio delle società che realizzarono e poi gestirono le nostre autostrade: un cammino tante volte ripercorso. Basta ricordare le recenti vicende della BreBeMi (Brescia-Bergamo-Milano), dove, per inciso, l’eliminazione del “rischio di impresa” per chi l’ha costruita e la gestisce non è solo a carico dello stato, ma anche degli utenti, tramite i pedaggi.
I sostegni dello stato sono molto rilevanti, dal punto di vista economico e finanziario, ma, per così dire, “passano inosservati” al cittadino e all’utente. Quest’ultimo, invece, percepisce molto chiaramente gli aumenti delle tariffe.
Quanto segue sono proprio le considerazioni di un utente, che tenta di informarsi e ha raccolto un piccolo dossier sui pedaggi pagati nel tempo su alcune tratte.

Contratti molto riservati

La privatizzazione della rete autostradale italiana, avviata negli anni Novanta, ha creato una situazione nuova: gli aumenti delle tariffe, che fino a quando la proprietà era stata dell’Iri erano stabiliti dal Cipe e rivisti al massimo ogni dieci anni (legge 498/92), sono fissati in base a formule specifiche, definite nel contratto di concessione e di fatto rivisti annualmente.
Le formule tengono conto dell’inflazione (Indice Nic), ma la componente preponderante, per fissare gli aumenti, è costituita da valori assegnati a parametri (coefficienti e valutazioni di qualità del servizio, nonché a copertura degli investimenti effettuati dai gestori). I parametri non sono discrezionali, ma lo sono i valori che a essi vengono assegnati. La legge 101/2008 ha affidato all’Anas il compito di approvare gli adeguamenti di tariffe richiesti dai concessionari.
L’Anas è una società per azioni, quindi il suo rapporto con le società concessionarie è privatistico e, come tale, i terzi non ne possono conoscere i termini (esempi: coefficienti inclusi nelle formule di calcolo delle tariffe, valutazione della qualità del servizio, tassi di remunerazione degli investimenti). Tutto è riservato, nonostante le conseguenze di accordi e decisioni ricadano sugli utenti, cioè sul pubblico, costretto a subire condizioni imposte da altri.
Le norme che fissano criteri e responsabilità di decisione in merito alle tariffe hanno subito negli ultimi vent’anni varie evoluzioni. È stata costituita l’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) che, per le nuove concessioni, ha il compito di valutare le tariffe proposte dalla struttura di vigilanza del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Per le concessioni esistenti, l’Autorità non ha questo compito, che quindi compete all’Anas, con i limiti indicati.
L’aumento delle tariffe è costante. A titolo di esempio nelle figure che seguono si confrontano con l’inflazione (Indice Nic) gli andamenti nel tempo delle tariffe di alcune tratte, assegnate a concessionari diversi; tutte sono riferite a un veicolo di classe A.

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Grafico 1

boscarelli 1

Grafico 2

boscarelli 2

Grafico 3

boscarelli 3

Tabella 1 – Rapporto tra incremento delle tariffe autostradali e inflazione

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I fortissimi aumenti sulle tratte Milano-Torino e Milano-Ivrea, travagliate da interminabili lavori, con grave disagio agli utenti, inducono a chiedersi anche perché la dimensione delle opere debba essere così ampia (si veda il nuovo raccordo tra la bretella Santhià-Ivrea e la A5, oppure gli svincoli sulla tratta Milano-Torino). Il motivo tecnico è discutibile; il vantaggio economico dei concessionari è chiarissimo, perché l’incremento delle tariffe è collegato principalmente ai loro investimenti (i cui tassi di remunerazione sono ignoti).
Doveroso sarebbe che l’Anas spiegasse il valore attribuito al parametro “servizio”, nella formula per adeguare le tariffe, dato quello pessimo offerto all’utente in quelle tratte.
Pur non mettendo in dubbio la correttezza dei rapporti giuridici tra i contraenti, appare necessario che gli enti preposti alla regolazione, in particolare l’Autorità dei trasporti, esercitino un ruolo di riequilibrio nel rapporto che oggi è totalmente a favore dei concessionari rispetto agli utenti.

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  1. BELLAVITA

    sarebbe bene avere dei paragoni con le tariffe in euro di altre autostrade europee, per auto e per TIR: ho l’impressione che il traffico merci tenda a evitare di passare per porti e autostrade italiane

  2. serlio

    Sono circa 25 anni che percorro sempre lo stesso tratto autostradale e ricordo che costava £ 2.500 e ora costa € 5.50 per una percorrenza addirittura inferiore causa “liberalizzazione” di un tratto di circa 25 Km.
    Direi che come inflazione non è male!

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