La disuguaglianza economica è un tema di grande attualità. Ma quali sono le sue dinamiche di lungo periodo? Tra il 1300 e oggi, la tendenza è stata all’aumento costante. Con due eccezioni: il periodo immediatamente successivo alla peste nera del 1348 e quello compreso tra le due guerre mondiali.
La disuguaglianza nell’Italia preindustriale
Negli ultimi anni, le dinamiche di lungo periodo della disuguaglianza economica sono tornate al centro dell’attenzione. Almeno per alcune aree dell’Europa, possiamo ricostruire l’evoluzione della disuguaglianza a partire dal 1300 circa. In questo ambito, l’Italia svolge un ruolo fondamentale non solo per le eccezionali fonti storiche di cui dispone, ma anche grazie alle attività di un progetto Erc ospitato dall’Università Bocconi: Einite-Economic Inequality across Italy and Europe, 1300-1800.
Il progetto ha già prodotto accurate ricostruzioni per alcune regioni italiane (Piemonte, Veneto, Toscana, Puglia), ciascuna appartenente a un diverso stato preunitario. In tutte queste aree, durante l’età moderna la disuguaglianza economica ha teso a crescere costantemente. Nella figura 1 sono riportati gli indici di Gini della disuguaglianza di ricchezza (0 = perfetta eguaglianza, 1 = perfetta disuguaglianza: un solo individuo o famiglia detiene tutta la ricchezza). Le misure riportate fanno riferimento alla ricchezza, ma nel contesto delle società agrarie preindustriali è difficile immaginare che nel medio-lungo periodo la disuguaglianza di reddito si muova in direzione diversa rispetto a quella di ricchezza, visto che la terra era la principale fonte di reddito.
Figura 1 – La disuguaglianza di ricchezza in Italia, 1450-1800 (indici di Gini)
È la tendenza della disuguaglianza a crescere ovunque (Einite ha riscontrato una dinamica analoga anche altrove in Europa), più che il suo livello, ciò su cui dobbiamo soffermarci. Si tratta infatti di un risultato non scontato, visto che la sua crescita sembra essersi verificata anche in fasi di ristagno economico – come nel caso dell’Italia del XVII e XVIII secolo.
Mentre in passato gli storici individuavano nella crescita economica l’unico fattore propulsivo della disuguaglianza preindustriale, oggi sappiamo che la situazione è molto più complessa e che dobbiamo tenere in considerazione diverse possibili concause. Ad esempio, perlomeno nel Piemonte sabaudo e nella Repubblica di Venezia, ma probabilmente anche altrove in Europa, la crescita della disuguaglianza in periodi di economia stagnante fu conseguenza dello sviluppo di un sistema fiscale più efficiente e capace di “estrarre” una proporzione maggiore della massima disuguaglianza possibile. Per due ragioni: la natura regressiva dei sistemi fiscali d’antico regime (i poveri erano tassati proporzionalmente più dei ricchi e pertanto la disuguaglianza “post-tax” era superiore a quella “pre-tax”),e gli impieghi a cui erano destinate le maggiori risorse acquisite (guerra, non welfare).
La quota dei più ricchi in Europa dal 1300 a oggi
Se dall’età moderna ci spingiamo ancora più indietro, ai secoli conclusivi del Medioevo, troviamo una situazione diversa. Mentre vi è qualche indizio che tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo la disuguaglianza stesse già crescendo, la peste nera che colpì l’Europa nel 1347-52 ebbe importanti effetti “egalitari”. Ciò è evidente se guardiamo alla quota di ricchezza detenuta dal 10 per cento più ricco della popolazione (figura 2).
Figura 2 – La quota di ricchezza del 10% più ricco della popolazione in Europa, 1300-2010
La peste nera eliminò metà della popolazione del continente. Dopo l’epidemia, in un contesto di salari reali fortemente crescenti, più ampi strati della popolazione poterono accedere alla proprietà. A ciò contribuì anche la frammentazione dei patrimoni causata da un sistema ereditario di tipo prevalentemente egalitario (sistema che sarebbe stato “corretto” nei secoli successivi proprio come reazione istituzionale alla peste). Sta di fatto, che in tempi molto brevi il 10 per cento più ricco della popolazione perse il controllo del 15-20 per cento della ricchezza complessiva.
Per trovare un altro evento capace di sortire effetti redistributivi altrettanto vistosi, occorre attendere un’altra catastrofe, o per meglio dire la serie di catastrofi compresa tra le due guerre mondiali. Se colleghiamo i dati prodotti da Einite per il 1300-1800 con quelli pubblicati da Thomas Piketty per i due secoli successivi, troviamo una perfetta continuità nel ritmo di accrescimento della disuguaglianza passando dall’età moderna al XIX secolo, e una quasi perfetta coincidenza nei livelli attorno al 1800 (Piketty stima che nel 1810 il 10 per cento più ricco della popolazione europea possedeva l’82 per cento della ricchezza complessiva, mentre le stime Einite indicano il 77 per cento nel 1800). Il vertice fu toccato alla vigilia della prima guerra mondiale, quando il 10 per cento più ricco deteneva il 90 per cento della ricchezza. Al termine della seconda guerra mondiale, la distanza tra ricchi e poveri si era ridotta nettamente e, benché a partire dal 1980 circa la quota di ricchezza dei più ricchi sia tornata a crescere, siamo ancora lontani dalla situazione di inizio XX secolo. In effetti, oggi la quota del 10 per cento più ricco della popolazione europea (64 per cento nel 2010) è analoga a quella tipica della vigilia della peste nera. Vi è senz’altro da sperare che per il futuro sia possibile contenere le disuguaglianze senza l’aiuto di eventi così estremi.
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Piero Fornoni
La ricchezza dei genitori crea la base di partenza per i figli e senza un intervento dello stato per assicurare una eccellente educazione a tutti le disuguaglianze non possono che aumentare perche’ non solo i figli dei poveri e ormai anche della classe media non solo non ereditano la stessa ricchezza di quelli del 10% piu’ ricca della popolazione, ma ricevono una educazione non adeguata.
Una misura che potrebbe aiutare e’ un UBI “Universal Basic Income” che permetterebbe anche ai “poveri “ di rischiare per scoprire e sviluppare i propri talenti ed approfittare di opportunità’ rischiose ma che possono offrire grossi guadagni in denaro e/o soddisfazione professionale.
Il problema del “Universal Basic Income” e’ come introdurlo senza mandare in bancarotta lo stato ed incentivando la maggior parte della popolazione ad usarlo per attività’ educative, creative, produttive, etc. .
La mia tesi che mentre gli scienziati, gli ingegneri, i dottori, economisti, etc. in questi secoli hanno fatto progredire l’umanita’, i politici e gli addetti alle discipline sociali hanno prodotto poco o niente sia teoricamente che sperimentalmente per aumentare la mobilita’ sociale ed ridurre la diseguaglianza.
attilio
Salve, non credo nell’UBI (problemi disegno dello schema per incentivare al lavoro, etc..), credo che una soluzione sia tassare molto più aggressivamente la parte di ricchezza trasferita intergenerazionalmente, ad oggi in europa abbiamo tasse di successione troppo basse (gli USA sembrano sovietici rispetto all’Italia sul tema..), queste tasse raccolte in più dovrebbero alimentare una migliore istruzione a chi è più sfortunato (principio di equivalence of input, non output..), tassazione più bassa sui salari più bassi.. ed altre agevolazioni ai redditi inferiori. Credo che in un sistema europeo in forte invecchiamento, con gli ultra 60 che detengono più 60/70% della ricchezza è l’unica arma di redistribuzione in senso più egualitario.
Qualsiasi misura di reddito a pioggia disincentiva la produzione e la crescita del prodotto totale.
alex
negli stati uniti il problema diseguaglianza c´é ed é molto forte nonostante le tasse di successione, la questione di diminuire le tasse ai redditi bassi é gia stata sperimentata ampiamente (non in italia) ma non é sufficente anche perché se poi lo Stato non garantisce un’ottima scuola per mancanza di soldi….non é convincente quando dici che il reddito a pioggia disincentiva produzione e prodotto totale, poiché in questo momento non esiste un reddito a pioggia ed i livello di produzione e prodotto totale non sono buoni. credo che dobbiamo cambiare schema, tassazione piú alta ai redditi alti, il pubblico puó guadagnare? paradisi fiscali….finanza…..
Emanuele
Molto interessante. Per caso sono disponibili pubblicazioni sulla distribuzione di inequality comparata storicamente in diversi Paesi? Grazie
Guido Alfani
Sulla disuguaglianza / estrazione della disuguaglianza nel periodo 1500-1800, ho pubblicato un articolo compativo che include i Paesi Bassi spagnoli (all’incirca l’attuale Belgio), la Repubblica Olandese, lo Stato Fiorentino e lo Stato Sabaudo: G. Alfani e W. Ryckbosch, “Growing apart in early modern Europe? A comparison of inequality trends in Italy and the Low Countries, 1500–1800”, Explorations in Economic History, 62, 2016
In un secondo articolo, dedicato alla quota dei più ricchi e al loro numero nel periodo 1300-1800, oltre agli Stati di cui sopra ho incluso il Regno di Napoli (Puglia) e parzialmente la Repubblica di Venezia e la Catalogna: G. Alfani, “The rich in historical perspective. Evidence for preindustrial Europe (ca. 1300-1800)”, Cliometrica, 11(3), 2017 (la versione working paper è open access: http://www.igier.unibocconi.it/files/571.pdf)
Wallerstein
Le disuguaglianze sono intrinseche al funzionamento del sistema – se libero da correttivi – come furono il new deal e le socialdemocrazie post guerra. Quando i patti vengono sciolti (patteggiamenti tra capitale e lavoro) la popolazione che vive con il reddito del proprio lavoro invariabilmente imbocca la discesa delle proprie condizioni di vita. In barba alla ‘razionalità ed efficienza’ dei mercati.
Alessandro Sebastiani
Sarebbe interessante conoscere un altro dato: come varia, all’aumentare della disuguaglianza, il reddito a disposizione delle varie classi di popolazione. Potrebbe verificarsi, come mi sembra probabile, che l’aumento del PIL aumenti la diseguaglianza, ma anche il reddito delle fasce di popolazione meno ricche. Se così fosse dobbiamo auspicare che ben venga un sistema più liberale, più competitivo e con un’assistenza sociale limitato a coloro che si trovano in uno stato di disagio importante (potrebbe essere una affermazione non “politicamente corretta”, ma vera). Grazie della possibilità di partecipare a questo interessante dibattito