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In ricordo di Luigi Spaventa, l’economista

Economista lucido e appassionato, intellettuale curioso e indipendente, Spaventa è stato l’anello di congiunzione tra due generazioni di studiosi: la sua, prevalentemente formatasi nella tradizione inglese e quella degli italiani cresciuti nelle università degli Stati Uniti.

Luigi Spaventa è stato ricordato dai giornali e dal mondo politico soprattutto per il suo ruolo nelle istituzioni e la sua partecipazione attiva e sempre indipendente alla vita pubblica. Qui vogliamo invece ricordarlo per il ruolo unico e insostituibile che ha avuto per molti economisti della nostra generazione.

SISTEMA MONETARIO E DEBITO PUBBLICO

Già nel periodo della nostra formazione, la prosa lucida e graffiante dei suoi articoli sulla stampa quotidiana ha fornito a molti di noi i primi stimoli ad appassionarsi allo studio dell’economia come chiave di lettura delle scelte politiche italiane ed europee. Ma ancor più importante è stato il suo ruolo quando, rientrati da studi fatti all’estero, abbiamo trovato in lui l’interlocutore privilegiato con cui confrontarsi sui problemi quotidiani della politica economica: l’evoluzione del sistema monetario europeo, la politica fiscale e la sostenibilità del debito pubblico, e poi più avanti la regolamentazione finanziaria, le ragioni della crisi finanziaria tuttora in corso.
Nella decisione cruciale che tutti noi a un certo punto prendemmo – se rimanere all’estero o rientrare – Luigi ha avuto un’influenza importante. Se non ci fosse stato, alcuni di noi forse non sarebbero rientrati.

ANELLO DI CONGIUNZIONE TRA DUE GENERAZIONI

L’unicità di Luigi era la sua capacità di farci appassionare ai dibattiti concreti della politica economica,  senza mai dimenticare che questi dibattiti rischiano di essere vuoti, o perlomeno deboli, se non sono saldamente ancorati alla teoria e all’evidenza empirica. Luigi era in grado di farlo perché mai perse la curiosità e mai smise di studiare. Resosi conto molto presto che i suoi studi sraffiani stavano finendo su un binario morto, ebbe il coraggio di ricominciare: a studiare la matematica delle aspettative razionali, poi i problemi econometrici dell’identificazione, poi ancora l’applicazione della teoria dei giochi alla politica economica. Ciò che rendeva Luigi unico era il fatto che, unico fra gli economisti della sua generazione, la sera “faceva gli esercizi”, non si limitava a orecchiare le novità. È questo il motivo per cui Luigi è stato l’unico anello di congiunzione fra due generazioni di economisti: quelli che avevano studiato in Inghilterra negli anni ’60 e poi avevano partecipato ai primi dibattiti sulla politica economica negli anni ’70, e noi che avevamo studiato negli Stati Uniti e ci affacciammo ai problemi della politica economica un decennio più tardi.

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TUTTO MA NON LA STUPIDITÀ

Nelle nostre animate discussioni, Luigi portava un contributo di enorme fascino per noi: una comprensione basata su intuizioni fulminanti e intrisa di una conoscenza diretta e incredibilmente dettagliata dei dati e dei fatti rilevanti per le questioni sul tappeto, e al tempo stesso un interesse intenso per i dibattiti aperti nella ricerca su quelle stesse questioni, anche apparentemente astratte. E, aspetto non secondario, era lo stile della discussione: la passione e l’eleganza con cui Luigi costruiva le sue argomentazioni, il rispetto con cui era disposto ad ascoltare quelle degli altri, non disgiunto dall’ironia a volte sferzante di fronte a ragionamenti deboli o contraddetti dai dati. Come Franco Modigliani c’era una sola cosa che lo faceva arrabbiare: la stupidità, qualità più diffusa di quanto spesso non si creda.
In queste discussioni, in molti casi Luigi è stato una guida preziosa per orientarci su quali fossero le domande davvero importanti, e al tempo stesso un esempio di indipendenza critica nell’affrontarle, rispetto alla ”opinione dominante” tanto nella ricerca quanto nella società italiana. È accaduto spesso che, di fronte a una novità importante, “ci si cercasse” a vicenda, quasi istintivamente, per tentare di capire insieme e confrontarsi.
Le lucide riflessioni di Luigi sulle responsabilità intellettuali degli economisti nella crisi finanziaria hanno unito la capacità di sgombrare il campo da critiche ingiustificate con il riconoscimento dei gravi limiti dei modelli comunemente accettati dagli economisti e dei danni che essi hanno causato nella gestione della politica economica e nella regolamentazione finanziaria (rileggere Economists and economics: What does the crisis tell us?, Cepr Policy Insight No. 38, 2009).

LE CAUSE DELLA CRISI NELL’EUROZONA

Scoppiata la crisi nell’area dell’euro fu forse il primo (almeno un anno e mezzo prima che Martin Wolf ne scrivesse sul Financial Times) a individuarne l’origine non nella politica fiscale interna bensì nell’eccesso di indebitamento estero reso possibile dall’integrazione finanziaria e nella concomitante miopia della vigilanza bancaria (si veda Why the current account may matter in a monetary union: Lessons from the financial crisis in the Euro area, Cepr Discussion Paper n. 8008, 2010).
L’energia, la passione e la curiosità scientifica di Luigi hanno alimentato molti progetti di ricerca e convegni, a partire da quelli del Centre for Economic Policy Research (di cui fu uno dei primi research fellows e fra i pochi la cui continuità nella produzione scientifica gli consentì di essere riconfermato in quella posizione per oltre un ventennio), sui temi dell’unificazione monetaria europea e del debito pubblico italiano – non a caso tuttora temi di importanza centrale nella politica economica europea. Le considerazioni che Luigi offriva su questi temi sono infatti tuttora di bruciante attualità: si veda per esempio il suo capitolo introduttivo nel libro High public debt: the Italian experience (Cambridge University Press, 1988).
Nel suo ruolo di presidente di Mts spa, la società che gestisce la maggiore piattaforma di intermediazione del debito pubblico italiano e una delle maggiori in Europa, Luigi ha lanciato un programma internazionale di ricerca sul funzionamento dei mercati dei titoli a reddito fisso che si è concretizzato in sei prestigiosi convegni internazionali tra il 2003 e il 2010, e ha reso disponibile ai ricercatori di tutto il mondo i dati prodotti dalla piattaforma telematica di Mts.
Per noi è scomparso non solo un amico, ma un maestro. La lucidità e indipendenza del suo sguardo, la sua ironia, la sua singolare capacità di combinare passione e distacco, la sua eleganza ci mancheranno molto -e anche le sue burbere telefonate il mattino presto, se gli era capitato di leggere una delle tante stupidaggini che scriviamo. Possiamo solo sperare di trasmettere almeno in parte la sua eredità intellettuale a chi verrà dopo di noi.

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Quando l’analisi economica dice sempre di sì

  1. Claudio Buriani

    Spaventa è pure stato presidente della Fondazione Monte Paschi di Siena.
    Poi abbiamo avuto l’avvocato Mussari, che è riuscito a distruggere il Monte con un indebitamento pauroso, passando poi alla presidenza dell’ABI (?).
    Mulas qui fricabat consul factus est.

  2. Piero

    L’onesta intellettuale e’ ricordare le critiche di Spaventa, rilevatosi oggi giuste, all’adozione dell’euro in presenza di paesi con squilibri economici. Forse se all’epoca avessimo dato peso ai suoi consigli la situazione attuale dell’Italia sarebbe migliore.

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