L’Italia è di gran lunga prima tra i paesi europei per l’incidenza degli incentivi erogati alle rinnovabili in rapporto alla produzione totale di energia. Un primato che costa caro ai consumatori e alle imprese. Ed è frutto di politiche poco coerenti.
L’Europa degli incentivi alle rinnovabili
Il rapporto del Ceer (Consiglio dei regolatori europei dell’energia), uscito pochi giorni fa, offre un interessante panorama sui sussidi concessi per promuovere le energie rinnovabili in ventisei paesi europei. L’Italia è di gran lunga la prima per l’incidenza degli incentivi erogati in rapporto alla produzione totale di energia: circa 44 euro a MWh (megawattora) contro una media, esclusa l’Italia, di 13,8 (tabella 1).
Tabella 1 – Sussidi alle rinnovabili in rapporto alla produzione totale di energia elettrica (anno 2014)
I sussidi gravano dunque sulla nostra produzione elettrica totale per più di tre volte la media degli altri venticinque paesi europei. Il nostro non invidiabile primato dipende in parte da una più elevata percentuale di energia ottenuta da fonti rinnovabili, ma ancor di più dal generoso livello di incentivazione concesso su tutte le tipologie non fossili. Il 25 per cento della nostra produzione totale deriva da fonti rinnovabili sussidiate, cui si somma un altro 15 per cento di energia idroelettrica non sussidiata.
La quota sussidiata della produzione totale è in Italia superiore alla media, ma non è molto più alta di quella della Germania o della Spagna. Dove distacchiamo tutti, invece, è nell’avere sussidi elevati per ogni fonte rinnovabile (tabella 2).
Tabella 2 – Sussidi per fonte di produzione (euro per MWh)
Le conseguenze di incentivi generosi
Siamo di gran lunga i più generosi per incentivi unitari tra tutti i ventisei paesi (ad esclusione della Repubblica Ceca); i nostri sussidi per MWh, nella media tra le varie fonti, sono quasi il doppio di quelli degli altri paesi; la Francia è più generosa nel solare, ma per un ammontare complessivo molto contenuto e solo per impianti di piccola taglia.
Il sussidio medio di 44 euro per ogni MWh prodotto non è lontano dal costo di produzione elettrica dalle fonti più efficienti: con gli aiuti alle rinnovabili abbiamo quasi raddoppiato il costo medio dell’energia elettrica prodotta in Italia. I sussidi, che costituiscono la gran parte degli “oneri generali di sistema” quantificati nelle nostre bollette non vengono pagati solo dai consumatori. Per più di due terzi gravano sulle imprese, per le quali l’energia costa un 20 per cento in più della media europea con evidenti effetti negativi per la competitività del paese e quindi per crescita e occupazione.
Il primato raggiunto non è il risultato di un disegno politico coerente, consapevole e approvato dal parlamento, ma il punto di arrivo di una combinazione di interessi di bottega, di ideologie astratte e, soprattutto, di malgoverno.
L’esempio più lampante è il fotovoltaico: partito col decreto Bersani-Pecoraro Scanio che prevedeva come obiettivo il raggiungimento di una potenza istallata di 3 GW nel 2016, ha fatto registrare una capacità di 18 GW. Non si è trattato dunque di una politica voluta: semplicemente, prima i governi di sinistra non hanno previsto massimali e poi quelli di destra non hanno ridotto gli incentivi mentre crollava il costo dell’investimento. Si è quindi offerta una magnifica opportunità di lauti e sicuri profitti a tanti, inclusi fondi d’investimento esteri, senza nemmeno avere il tempo per sviluppare un’industria nazionale.
È il più rilevante intervento dello stato nell’economia da decenni, ma non c’è da meravigliarsi se nessuno ama parlarne e tantomeno assumersene la responsabilità politica. Se ci fossimo allineati alla media europea per quota di produzione sussidiata e per entità unitaria dell’incentivo, il costo annuale sarebbe stato di 4,6 miliardi e non di 12,7 (cui andrebbero aggiunti poi i “capacity payments” per indennizzare le centrali termiche che devono stare in stand by per quando manca la produzione da rinnovabili). Un’operazione colossale, equivalente a tre punti di Iva, determinata solo da decreti ministeriali e gestita “fuori bilancio” perché i sussidi vengono addebitati alle bollette come “oneri generali di sistema” tramite la componente A3. Se per la copertura fosse stata prevista una “imposta ecologica” è verosimile che i governi avrebbero avuto grandi difficoltà a farla approvare in parlamento. E gli 8 miliardi in eccesso rispetto alla media europea avrebbero potuto essere destinati a ridurre il cuneo fiscale e migliorare così la competitività delle imprese che, invece, è stata pesantemente danneggiata dall’incremento del costo dell’energia.
Lo stesso modo di procedere nel disporre di ingenti risorse pubbliche sotto la spinta di lobby o per obiettivi astratti, ma privi di giustificazioni economiche valide lo troviamo anche in altri settori, in particolare in quello delle grandi opere ferroviarie o stradali a redditività bassissima quando non negativa, approvate senza adeguate analisi costi-benefici. C’è da chiedersi se uno dei principali motivi di debolezza dell’economia italiana non vada ricercato proprio nella scadente qualità della sua classe dirigente e di quella politica in particolare.
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Alessandro Bellotti
Per fare chiarezza, l’energia elettrica in Italia costa meno che in Germania.
Germania che non conosce crisi. Poi, sempre per fare chiarezza, gli incentivi per il fotovoltaico NON sono pagati dallo stato ma da tutti noi. Poi, sempre per fare chiarezza, i costi di trasporto dell’energia elettrica, in Italia, sono al top in Europa. Costi di trasporto che, ovviamente, non c’entrano nulla con le rinnovabili.
Anche i carburanti, in Italia, hanno costi assurdi: +15% rispetto alla Germania.
Evidentemente politiche dei pazzi incentivi al fotovoltaico sono state pensate come una ulteriore tassazione.
Lo Stato ci guadagna (IVA) sui 12 e rotti miliardi di euro che i cittadini e le imprese pagano ogni anni per gli incentivi alle rinnovabili.
Quindi di cosa parla questo articolo ? Di politiche dissennate per arricchire fondi ed altro sulle spalle dei contribuenti ? Se si, allora mi trova d’accordo.
Se invece il taglio dell’articolo è quello di mettere in cattiva luce le rinnovabili allora non ci sto.
Oggi si potrebbero installare altri 15 GWp di fotovoltaico SENZA incentivi, visti i prezzi dei grandi e medi impianti.
Si punta invece sul gas (TAP). E’ questo il vero scandalo. Gas al posto di rinnovabili.
Rinnovabili che oggi, se si parla di fotovoltaico, costano molto poco.
Fotovoltaico, oggi, penalizzato da assurde politiche fatte di burocrazia e leggi come quella che prevede di pagare l’IMU su tettoie e impianti a terra.
Tettoia senza PV no IMU, con PV si IMU.
Raffaele Piria
Va notato che il rapporto CEER su cui si basa questo interessante articolo fa riferimento alla “support expenditure”, cioè alle SPESE dei sistemi incentivanti e non al loro BILANCIO NETTO.
Per es. in Germania una parte dell’elettricità incentivata viene ceduta dai produttori ai gestori della rete che la rivendono e usano gli introiti (parecchi miliardi/anno) per ridurre il costo netto del sistema incentivante. Anche in Italia mi pare che esista un sistema analogo (ritiro dedicato).
Paragonando i costi lordi, questo utile articolo contribuisce a comprendere l’efficienza dell’ELEMENTO DI SPESA dei sistemi incentivanti, ma non permette una valutazione della loro EFFICIENZA COMPLESSIVA, per cui vanno considerati anche:
a) i ricavi ottenuti, e quindi i costi netti
b) le specifiche strutture di costo: in Italia c’è in media più sole che in Germania, ma meno vento; i siti sono a volte meno facilmente accessibili; in genere in Italia pesano i costi burocratici, i rischi politici (modifiche retroattive, opacità, giustizia lenta …), criminali (furti, estorsioni, mafia), geologici (frane, terremoti), e quindi maggiore il costo del capitale, che è decisivo per le rinnovabili.
Una valutazione generale richiederebbe anche di comparare i BENEFICI. Anche prima, l’Italia era uno dei paesi al mondo con elettricità più cara e coi massimi livelli di importazioni energetiche.
L’Italia ha più bisogno di rinnovabili che altri paesi. E innovare in Italia purtroppo è più caro che altrove.
edoardo beltrame
Un primato un po’ caro a 70 €/MWh di fotovoltaico in bolletta!
quintino lequaglie
condivido totalmente l’analisi e le conclusioni degli Autori: un Paese un tempo prospero è stato ridotto in povertà dalla scellerata spesa pubblica in migliaia di investimenti inutili/improduttivi
Roberto Breschi
Dati interessanti, ma non si fa menzione di vari punti a favore del fotovoltaico. Fra questi:
1) minore inquinamento rispetto a centrali a combustibile (carbone o petrolio)
2) grande contributo a raggiungere gli impegni di riduzione CO2 riguardo ai traguardi fissati nelle conferenze mondiali sul clima
3) energia consumata in massima parte vicino ai luoghi di produzione, quindi meno necessità di linee ad alta tensione, invasive per il paesaggio e soggette a perdite di energia sui lunghi tragitti, per non citare pure l’effetto elettrosmog
Stefano
“l’energia costa un 20 per cento in più della media europea” se è dovuto al fatto che il fornitore ha un introito minore per via delle rinnovabili per cui tende ad alzare i prezzi allora direi che non è un problema legato alle rinnovabili visto che si avrebbe anche per eventuali cali nei consumi o per altre cause di tutt’altra natura.
Allo stato attuale comunque, se la tabella sul 2015 non mente (anche se da allora mi pare ci siano stati altri ritocchi al ribasso da parte dei nostri governi) i sussidi alle rinnovabili per il fotovoltaico sono in media con gli altri paesi Europei.
Federico Leva
Grazie per la segnalazione dell’importante rapporto, ma l’articolo è un po’ superficiale. Per esempio ci si dimentica di citare i consistenti incentivi agli inceneritori, che sono fra le prime spese. Inoltre, anche considerando solo il costo dell’energia, secondo alcune stime il fotovoltaico ha in verità ridotto i costi totali, perché calmiera i prezzi all’ingrosso nei momenti di picco della richiesta.
Vedi anche http://www.qualenergia.it/articoli/20170413-incentivi-alle-rinnovabili-costi-e-prospettive-di-mercato-europa sullo stesso argomento (non trovo ora gli studi di cui sopra).
Gianluca Fioroni
Devo purtroppo rilevare la parzialità dei dati presentati, e in alcuni casi la loro presentazione diversa da quella fatta dal CEER.
In Tabella 1, per esempio, si è esclusa l’Italia dalla media, ottenendo così una “media degli altri paesi”, non presente nel rapporto CEER e più favorevole alla tesi degli autori.
Non viene menzionato il fatto che nel rapporto CEER l’Italia (pur essendo sempre più “generosa” di quasi tutti gli altri paesi) è in buona compagnia: Germania, Repubblica Ceca, altri paesi minori hanno il nostro stesso livelli di incentivi, a seconda di quali statistiche esaminiamo.
Ai numeri si può far dire tutto, la professionalità sta nel presentare correttamente i dati.
Che in Italia si potesse spendere meglio è un dato assodato.
E’ anche vero però che, nell’articolo, non vengono citati gli effetti “immateriali” delle energie rinnovabili: riduzione dipendenza dall’estero, peak shaving, rispetto delle normative comunitarie, sviluppo industria locale, riduzione emissioni CO2…
Invito tutti a leggere il rapporto originario CEER e non l’articolo, a mio giudizio chiaramente “a tema”.
Infine, come divertissement, riporto un dato: in Italia, il volume di giochi e scommesse è di più di 70G€/anno: altro che rinnovabili…
Andrea Bartolazzi
Sono d’accordo sul fatto che gli incentivi sono stati generosi per alcuni. Per quelli che hanno realizzato gli impianti con la sovvenzione ancora alta e i prezzi degli impianti ridotti.
Mi dispiace però non vedere neanche un cenno al fatto che da quando ci si è accorti di questo errore dello Stato di non rimodulare abbastanza velocemente gli incentivi sono stati introdotti vari correttivi: robin tax, spalmaincentivi, revisione delle regole su IMU/ICI. Inoltre il GSE che gestisce gli incentivi, attua da alcuni anni una politica quasi terroristica di taglio degli incentivi a tutte le situazioni dubbie anche solo per cavilli.
Enzo Cripezzi
A tutti coloro che commentano richiamando che quanto meno il FV è energia pulita e contribuisce alla indipendenza energetica…. Andate a guardare il contributo del FV su tutto il fabbisogno energetico complessivo del Paese (elettrico, trasporti, termico, dati bilancio energetico): poco più del 2% . Ma di che parliamo…